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Quando
di Enzo Cicchino
 
 

 
 
 
 

SLOT-MACHINE

Nel bollore l'umore ha un forte sapore d'amore
e tra mille dimore il rossore e' si' forte per ore;
si colora il pudore d'un nibbio tremore fanciullo
che m'entra nel cuore. Un po' grullo! e' tortore
che mi tortura da ore: gelosia, chiaman questa
malinconia. La odo signora e' un rumore infido
da cui traggo orrore. Mi sbatte l'odore, mi strugge
l'onore, qual Dido l'adoro e anch'io a quel fuoco
brucio le ciglia ed imploro! il dolor non scompare
m'appiglio al tepore, tu… giglio. Un bullo stridore
mi mura, busso, tu n'apri; la sorte mi pasce l'arsura.
Ferito, addentato, il tuo pane addolcito invano e' ardito
spezzato. Lontano mi vedo eruttato lenito, ingoiato
d'asprezza qual fossi affilato. Ti voglio. Perfino il veleno
qui e' tenerezza! Imbroglio. Incertezza mi spezza. Che sia
gelosia la pena piu' ria, o forse… la tua nostalgia?
Godi… Perche' questo pallore di mani? O questi
tremori vani! Tu donna sognata neppure dal sole
ti vedo domata! Forse venato e' il dolor dell'amore,
rincorre… sorprende. Il labbro, felice, mi rende.
Le braccia tu apri tu cerchi tu prendi e mi arrendo;
m'accori, la bocca è l'or tuo che mi fende; la lingua
il tuo canto. Si. Invoco peana fra i tuoi capezzoli
arguti su cui la mia forza in umana dolcezza tu muti.
Sol la vita fottuta mi da' gelosia, tu… sol, malia.
Oh, troppo acuto e' l'ardore, divento un salice scosso
da baci ed e' facile esser felice come tu dici, …tu
fragola muta il cui corpo risuona d'un velo terreno:
tu bruci ed io gelo; una febbre mi tiene al tuo capo,
ne muoio: mi arrapo sconvolto. Giglio! L'eterno
dell'amor ha il tuo volto… forse ancor di fanciulla
e sei molto. Stringo tue vene, ardosa, vestuta, gemme
di carne perduta. Del mio carme… chissa' che farne
se calor tuo non sento sul melo? Che spasmo! E' un
lamento in rivolta nei bui meandri, l'orgasmo… tu
sveli. Sul cuore m'avvento svenuto, astore sul pube
astuto… vi ritrovo l'odore, il sapore il distacco
il sudore di bacco… e la brezza che vagola intorno
alla fragola, il core e' contento. Ma sovvien… un
memento: questa e' gelosia! O forse… pazzia…
perche' mi spavento a sognare!? Sento freddo.
Emozioni rare. Che notte! Mi strazia, evvia! E
che sia! Non e' gelosia l'amore. Dio! Quest'e'
frenesia che brucia e mi piega, m'acceca.
Sciocco a sperar che sia pia la stanza dell'ore
che fanno all'amore. Ho fame ho un ammanco.
Non fingo ti faccio la corte, degusto la sorte il tuo
labbro... che mordo. Risogno. Dipingo parole
sull'erba e son spose parole irose. Risorte zampille
pupille. Parole rimosse, parole percosse d'amabili
stille. Parole coìte. Rapprese. Mai miti. Parole
animali dall'agile stizza. Parole rubizze per strada.
Rugiade. Ognun faccia il gioco! parole di fuoco!
fuggenti strappate coi denti. Parol senza eta' che
non hanno pieta'. Di là sul minareto vien giu' l'alfabeto,
dal cielo un sudario di arcane figure. Dall'estuario la
cura! A nozze è pur la scrittura: incinta del vocabolario,
non ho paura! Gravida prol le parole, è nato un erbario!
 
 

FINE

Hai vinto, millennio
rapito, di cicale
di vergogne smarrite.
Di feroci astronavi
e d'infanzia! Muto
il sartiame
scricchiola
impaziente
nella veglia.
Coi rebbi nel ventre.
Col diapason puntuto.
Troppo vergognoso
è il rimpianto
di adolescenze perdute.
Un coro taciturno
di angeli…
Confusa è la partitura.
 
 

QUANDO

Quando
i miei capelli saranno il vento
e le mie mani il vulcano erboso
che brucia canzoni e lacrime.
Quando dal fuoco che sommerge
nasceranno bionde foreste marine.
Quando i tuoi occhi incatenati
all'ancora salperanno per nuovi
abissi e di navi sarà il firmamento.
Quando le stelle sussurreranno
parole avide fra i seni eburnei
e la notte. Quando il sole vestirà
il silenzio con la musica di mille
volti immoti. Quando il profumo
della terra avrà mutato la tua ombra
in roccia... la sera conficcherà
la sua spada nella luce per imbrunire
...le voglie mercenarie d'amore.
Quando le mie unghie morranno
sulla tua carne strappata invano
al nulla. Quando il sale delle
mie lacrime sarà morso per la tua
innocenza e la mano sul tuo corpo
troverà un lenzuolo bianco e non
il cavallo, tu scoprirai d'essere
ancora semenza che brucia le mie orme.
 
 

INSONNIA

Questa notte sono stato sveglio
pensando a te che respiravi
con un altro sotto i lapilli
dei miei occhi e guardavo l'aorta
svanire le sue furie in sismiche
praterie di corallo. Tu.
C'era una pesca matura sul tavolo
di marmo. E sveglio sono rimasto
a cercarti fino all'alba, corriere di tuono.
Si. Tra rocce scolpite crollanti, inghiottite,
eros veglio ed ho nutrito pirate seduzioni...
colpi d'ala e graffiti; ansimi rutilanti. Si.
Questa notte, amore, divenni fuoco e pioggia
per vederti! son corso fin al tuo seggio nudo
ov'era abbandonato il guanto; con i tuoi capelli
t'avrei offesa mentre fuggivi. T'ho essudata
nel core invece legandoti al carro delle nuvole.
Anch'io, ero fuori. Si. Tradito, libero,
truce mendicante dell'anima attendevo te
sulla soglia coperta di perle. Si, amore!
Questa notte ho toccato le tue pene
adagiate in un vascello di vimini, intessute
di specchi senza foglie, senza rami, senza
discorsi intagliati a coltello nella scorza.
Pene senza ferite aperte, con l'orlo abbrunito
dal vento, ricolme di piccole stelle... ornamento
beltà poco monda. Eros veglio quando ti ho
incontrata e non era un sogno la tua miseria
di angelo, i tuoi confini ad oriente non ancora
ceduti, le tue audaci brame sul vinto e l'impassibile
urgenza d'esser del cervo ancor vincitora. Questa
notte ho esplorato le tue vene, amore, la ruggine
irrimarginabile che il ferro ed i suoi atomi han
confitto dentro te per vent'anni... Il cuore
dissangua, dissangua e si nutre, mi succhia
le arterie l'aorta il colore e la pelle che affronta
il ventricolo incollerito e risuona. Tuc! tutuc!
tuc! Donna, anch'io! mi sono toccato
questa notte, mi sono toccato il cuore!
 
 

PAURA

Eccola in agguato
felina. Ti espira
t’annienta coi sassi
t'inventa... Di vizio
è ingorda e ti brucia
con l'unico suono
dopo Dio: il silenzio.
 
 

SEI BELLA

Sei bella in questo terribile momento
in cui mi chiedi parole così sincere
che in cuor ne provo sottil spavento
temendo ch’esse potess’esser vere.

Perché sei bella mentre parli al sole
o semplicemente giù alla finestra,
con quei tuoi occhi vivi vive viole
dai a chi al profum tuo s’addestra.

Ti guardo e sei bella pur se piangi
teneramente con le braccia chiuse
e mormori sussurri e ‘l seno cangi

in fior di desideri… a labbra fuse.
Scintilla nel mio cor il mar che tangi
divina la tua carne… in me si profuse.
 
 
 

VEGLIA

Ti immagino atrio
di quel nudo terzo
piano battuto dalla
penombra. Le
passeggiate
nella stanza;
ove rasoio fu il velo
delle tue ciglia.
Intimazione
di sedurre!
Tu. Anzi, or
che sei lontana,
un lontano… Lei!
Mormorii sugli
scalmi d'acanto:
Digiuno è il portatore
della tempesta!
 

EROS

Vorrei esser Romeo per vederti ogni sera
dal tuo vivo balcone sporgerti alla luna
intanto che’n me’l tuo silenzio impera
l’ordito ninfeo volto e sen di bruna.

Ti vorre'in me adesso, per offrirti dono
le naufraghe pupille’n mio vir bramore
agon duro è il pube, ghermito suono
“Son tua” “Ti voglio!” ansimi tremore.

Serro felino ‘l pregno respir c’avvita
e ti mordo le ciglia‘n vorticuso mare,
dio che tepor, grido! che soave ferita!
Vm! percorrerla forte vuol dir amare.

Afferro le tue cosce sode furie avidotte
dentro glutei ch'amor sento costringere
vedo entrarre’nfinito ‘a culmin di notte
ben tuo mio pen che bramerahi stringere.

Tu Vener sorgiva di labirinte stelle
carezzi alba e corpo… turgide sfere!
Ma tra quei capezzoli irati, tuoi, ribelle,
è vischio’l rubin più puro per il piacere.
 
 

L'ARCIERE

La vit'attorno a me scricchiola
angoscia infallibile bolsa inudibile
immite; laconica sibila baci di melma.
Che virtù respiro se il vento mi porta via?
trangugio vetriolo ridente e petali
cresciuti sul capestro. Non riesco... nell'estro.
Perché sigillare il sacco più in cima quando
stringo me stesso? E scalzo, dove corro?
Dove fermo le incudini!? Dove, i pianti?
Mi spezzo... ombelico di bestia selvaggia,
malvagia, sulle spade mi corico. E' la resa
dei conti. Eppur quanta tenerezza trovo
ancora nella mia storia. Nuda. Nascosta
in un pupazzo di neve che affida il giudizio
che temo al tempo che deruba. Si scioglie.
Provvisorio, anche il vento. E il cappello
svolazza. S'impregna di cambiali il mio pudore
rivestito di lordi stracci. Perché i miei occhi?
Perche' svelano la porta che imprigiona i raggi?!
Perché una donna affitta le mie mani! e non vede
che sono sgualcite, insipienti? Incapaci, prepotenti.
False. Furenti. Ho convinto dio a rendermi mortale!
per ardore, per empietà. Avevo timore dell'inferno
ed invece eccomi al banchetto fra i protervi più sinceri
perché veri! Sono un lurido mortale, un raglio morale.
No. Qui vorrei essere semplice. Sentire fra le mani
il larice che dimena l'intaglio. Rinsavire! …come truciolo.
O riemergere in un fatto d'armi, quando con incredibile
certezza carezzi la Beretta e ne senti il colpo in canna...
Meno arido è l'addio se, della vita, conosci il sapor della
sua dipartita. Ogni uomo è nato. Lo so. Ma davvero
siamo stati concepiti da donna, o proni soltanto? Cosa
ne è di quei nascondigli clandestini in cui la memoria
cela i biglietti di ritorno!? Che aspetto, perdio qui dentro?!
Voglio casseforti intarsiate. Voglio scavarti dentro,
rubandoti i tuoi merletti vivi... dentro! questa roccia
irsuta di camelie e fango, dentro! dentro! dentro!
 

LA LUNA

Profumo! Non ho bisogno di andare sulla luna,
perche' lei e' venuta quaggiu' per me. Sono
presuntuoso, ma io e la luna abbiamo un flirt
giornaliero e continuo da quarant'anni che talvolta
si serve del telefono altre della posta elettronica.
E' una luna particolare la mia, vien con me fino
al mare. Ed entrambe non sappiamo nuotare.
Da bambino, mi ricordo, andando con mio padre
per i sentieri del bosco giocavamo a farci rincorrere
dalla luna, che come una meravigliosa cagna
ci seguiva intorno. La nostra era una fuga vana,
perennemente in corsa con il magico sollievo
che fuggendole ci avrebbe raggiunto. Sempre.
Ancora non sapevo che quella luna sei...
 
 

ECLISSE

Sul mio corpo.
divoro penelopi
anni che tesso
con le unghie.
Tramo virtù
in labirinti.
Col gusto
dell'ozio e dell'ombra.

Dio è su questa soglia
…quaranta! Ssstz!
nei tuoi occhi è comparso
il ribrezzo. Odo felino
l'orrido colpo di frusta.
Ma perché lasci in me
inappagata la voglia
di tenerezze ancor…
giovani!? Età normale,
banale, inutile! del maschio
maturo. Bastarda età!
che puo' sembrare
addirittura… lì, muta.
A chi guardo?!

Senza rimpianto.
Lubrico.
Notturno…
ricomprerei
ad usura
la giovinezza
sperperata
nel vortice
dell'innocenza
di cui sono orfano.
La soglia è di marmo.
La resa è dei conti.
Cazzo! Vivo solo
per quest'unica storia.
No. Anzi…
...di -quest'amore-
non m'importa nulla!
nulla, nulla, nulla, ma importa!

Lo sapevo che tu
in questo malevole giorno
d'eclisse avresti convinto
il sole a fuggire.
Ho il timore di perderti,
spietato. La guaina
dei singoli fatti sputa
le midolla con il velo
tempestoso che le ricopre.

Diocane! Questa è soltanto
una lettera! Una lettera, a chi?
A te, Dio?! A Te. Di una lettera
eterna si tratta. Ne senti gli spasimi?
questi puntuti acini di sabbia che
mi feriscono, erodendo i miei ultimi
sogni? L'appartamento ne risuona.
Cupo. I muri, bianchi, si animano,
incisi di forme pulsioni compresse.
Si dipana lo spazio, riemerge
l'ansimo del Tuo fotogramma.
Corro. Al rallentatore. Scaglie
di gesti. Morsi. Dettagli costernazione,
abbagli, allucinazioni! Palpabili.
Mi pungo, cerco di convincermi.
Forse è un segreto che orchestra
la mia azione. Duro percorso mi imponi,
Dio, per farmi essere ancor uomo
delle stagioni! del lurido presente
visivo di cui sono schiavo. Brullo
dirupo. Mi sarei atteso un comodo
lieto fine dopo tanta ombra. Invece
le astute alchimie della passione
mi costringono. Questa notte...
Si. Lascia che v'immerga le labbra…
senza averle mai dischiuse. La poesia
è carne; la penna è sobria, spiraliforme
incertezza che mi porta sul precipizio.
Mi lascio perdere in feritoie che bramo
con la stessa tenerezza di un carceriere
imbrigliato ai facili amplessi di un acquario.
Dove sei? Creatore! Dove, tu, uomo?
Io sono qui. Ma è questa lettera
che scrivo ora a Te. Dio. Su, strappami
fuori l'anima! Fuori! Dio, non nasconderti!
Sii maniacale anche Tu. Vampiro. Insorgi
nella realtà con nibelungiche armonie,
fammi essere… la Tua lezione. Un fiore
mi taglia. Questa vertigine! che ho nella
bocca… i tuoi nudi capezzoli acerbi il cui
aspro mi manca. Ormai schiaffeggiato
dall'estasi della mia adolescenza vissuta,
la giovinezza è lontana. Resta solo nella
forza del perduto amore il vizzo presente:
che mi viene incontro su fili inesausti d'argento.


 
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