A settanta anni dalla loro redazione ecco per
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PROBITÁ POLITICA DELL'ITALIA FASCISTA
Roma, 9 luglio 1936 -XIV
Ho ricevuto l'Ambasciatore di Francia il quale mi ha chiesto per prima cosa
informazioni circa i negoziati di Vienna per un modus vivendi austro-tedesco.
Gli ho dato risposta vaga e imprecisa dicendo che anche a noi risultava che
erano in corso negoziati, ma che non potevo affermargli se qualche cosa di
positivo fosse stato concluso.
Il signor Chambrun era preoccupato circa le voci di restaurazione monarchica
in Austria. Su questo argomento ho creduto di potergli dare ampie assicurazioni,
anzi ho aggiunto che il Governo di Vienna era annoiato dalla insistenza con
cui la stampa della Piccola Intesa, e particolarmente romena e jugoslava,
parlava dell'argomento. Di restaurazione absburgica non è adesso questione.
Accordi mediterranei. - L'Ambasciatore mi ha chiesto che cosa pensavo
dell'atteggiamento francese in merito. Gli ho risposto che le dichiarazioni
fatte da Léger a Cerruti avevano prodotto da noi buona impressione.
Mi riservavo però attraverso opportuni sondaggi fatti a Londra, Belgrado,
Atene e Ankara, di controllare se il punto di vista francese era condiviso
anche dagli altri.
Riunione di Brusselle - Mi ha chiesto se l'Italia aveva deciso di accettare
l'invito per Brusselle. Ho detto che, per quanto la decisione ancora non fosse
presa, pur tuttavia mantenevo - anzi ampliavo - le riserve che avevo fatto
nel nostro ultimo colloquio circa la possibilità di una nostra partecipazione
ad una riunione "pre-locarnista", assente la Germania. Gli domandavo
se riunioni di questo genere servivano la causa della pace o non valevano
invece ad aumentare le fratture e le scissioni.
Il signor Chambrun ha infine insistito a titolo personale affinché
venisse riammesso nel Regno il "Petit Niçois", giornale cui
è particolarmente interessato il Sottosegretario di Stato alla Presidenza,
signor Tessan. Contro tale giornale non esiste un vero e proprio decreto di
interdizione, ma le autorità di frontiera avevano avuto ordine di esercitare
l'ostruzionismo. Ho detto a Chambrun che il giornale aveva tenuto in momenti
difficili un contegno molto sgradevole per noi, ma che comunque, in via sperimentale,
avremmo lasciato libertà al giornale.
Uscendo il signor Chambrun, a titolo di conversazione, mi ha fatto accenno
alla utilità per l'Italia fascista di una "probità politica"
che le permettesse di mantenere una linea di condotta diritta e sicura. Faceva
accenno, evidentemente, alla nostra posizione di garanti per Locarno. Ho reagito
con una certa vivacità dicendo che in fatto di probità politica,
l'Italia fascista non aveva da farsi fare la lezione da nessuno e che anzi
anche nei recenti avvenimenti avevamo potuto constatare che la linearità
della nostra condotta non trovava sempre corrispondenza da parte di altri.
Chambrun ha incassato.
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