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A COLLOQUIO COL FÜHRER
Berchtesgaden, 24 ottobre 1936-XIV
Il colloquio si è svolto nello studio privato di Hitler, al secondo
piano della sua villa.
Il Führer esprime il suo compiacimento per la mia visita in Germania
e si dichiara lieto dei risultati raggiunti per la collaborazione dei nostri
due Paesi. Lo ringrazio e gli dico di essere incaricato dal Duce di portargli
un saluto particolare, dal Duce che ha sempre nutrito per Hitler sentimenti
di cordiale simpatia e di vivo interesse per la sua opera, anche nei momenti
difficili.
Il Führer appare molto toccato da queste dichiarazioni che gli vengono
da parte di chi: "è il primo Uomo di Stato del mondo, al quale
nessuno ha diritto di paragonarsi neppure da lontano."
Durante le sanzioni l'Inghilterra ha cercato piú volte di adescare
la Germania con promesse, talvolta anche lusinghiere, per attrarla nella sua
sfera d'azione anti-italiana. Il Führer non ha mai ceduto a tali lusinghe
perché ha sempre tenuto presente l'immane opera compiuta da Mussolini
per il suo Paese e per il mondo, e perché si è reso conto della
intenzione britannica di separare i nostri due Paesi per batterli isolatamente.
Un'alleanza guidata dall'Inghilterra contro l'Italia prelude ad un'alleanza
guidata dall'Inghilterra contro la Germania e viceversa. Le democrazie sono
saldate tra di loro in un blocco automatico che trova una specie di cemento
e di lievito nel bolscevismo. Queste forze sono egualmente nemiche della Germania
nazista e dell'Italia fascista.
Al Führer, che mi domanda lo stato attuale dei nostri rapporti con l'Inghilterra,
faccio un rapido esposto della situazione, mettendo in chiaro che non è
né nelle nostre intenzioni né nei nostri programmi di svolgere
una politica antibritannica per partito preso, ma che sarebbe sciocco e criminoso
da parte nostra di chiudere gli occhi di fronte alle continue manifestazioni
di preparazione anti-italiana da parte del Governo britannico.
La nostra contromanovra al tentativo di accerchiamento è rapida e decisa;
qualora l'Inghilterra credesse di voler saldare intorno all'Italia un anello
per soffocarla, la nostra reazione sarebbe immediata e violentissima. Ma -
aggiungo - la Germania non deve farsi íllusioni. La politica britannica
si rivolge altrettanto attivamente contro di lei. Se non se ne hanno manifestazioni
positive e dirette, è perché l'Inghilterra cerca di guadagnare
il tempo necessario per completare il suo riarmo.
A questo punto presento al Führer, come invio speciale del Duce, il documento
noto. Il Führer legge subito la circolare di Eden e il telegramma Phipps,
nel quale l'Ambasciatore d'Inghilterra giudica il Governo del Reich composto
da pericolosi avventurieri.
La lettura produce una profonda impressione nel Führer, che dopo un momento
di silenzio, ha una reazione violenta.
"A giudizio degli inglesi vi sono oggi nel mondo due Paesi che sono guidati
da avventurieri: la Germania e l'Italia. Ma anche l'Inghilterra era governata
da avventurieri quando fece l'Impero. Oggi è soltanto governata da
inetti."
La lettura dei due documenti ha animato il Führer. Allora egli dice che
all'intesa che esiste fra le democrazie bisogna opporne una guidata e capeggiata
dai nostri due Paesi. Ma non bisogna limitarsi a tenere un atteggiamento passivo.
Bisogna assumere un contegno attivo. Bisogna passare all'attacco. Ed il terreno
tattico sul quale conviene portare la manovra è quello dell'antibolscevismo.
Infatti molti paesi, i quali, insospettiti da un'amicizia italo-tedesca per
tema del pangermanismo o dell'imperialismo italiano si schiererebbero contro
di noi, saranno portati a fare parte della nostra costellazione se vedranno
nella unione italo-tedesca la barriera contro la minaccia bolscevica all'interno
e all'estero.
In Ispagna italiani e tedeschi hanno già scavato insieme la prima trincea
contro il bolscevismo. La Germania si è impegnata a fondo nella questione
spagnuola senza alcuna mira territoriale e politica: il Mediterraneo è
un mare italiano. Qualsiasi modifica futura di equilibrio mediterraneo deve
andare a favore dell'Italia. Così, come la Germania deve avere la libertà
di azione verso l'Est e verso il Baltico: orientando i nostri due dinamismi
in queste direzioni, esattamente opposte, non si potrà mai avere un
urto di interessi tra la Germania e l'Italia.
Faccio presente al Führer che fin dal 1919 Mussolini ha innalzato nel
mondo la bandiera antibolscevica e che l'azione svolta all'interno è
stata tale da far scomparire nel modo piú assoluto in Italia ogni minaccia
comunista. Anche la rivoluzione spagnola, che pure tanta eco ha avuto nel
mondo, non ha prodotto la minima ripercussione nelle masse operaie e contadine
italiane, che hanno definitivamente divorziato da una ideologia marxista e
comunista. Anche la nostra azione in Ispagna, dichiaro, non ha mire territoriali:
abbiamo soltanto voluto sbarrare la strada al bolscevismo che cercava di installarsi
alle bocche del Mediterraneo. Adesso siano pronti e decisi a compiere uno
sforzo maggiore pur di dare il tracollo al Governo di Madrid. Dico al Führer
l'intenzione del Duce di mandare ancora 50 aeroplani e due sottomarini. Il
Führer approva pienamente, dice che è disposto a compiere qualunque
sforzo pur di non lasciare la via libera a Mosca e mi assicura che darà
istruzioni in tal senso alle sue autorità militari. Se fosse necessario,
egli sarebbe disposto anche a mandare dei reparti di truppa. Gli dico che
al momento della lotta per le Baleari noi avevamo già preparato due
battaglioni di Camicie Nere.
Il Führer mi espone quindi la linea di azione che dovrebbe venir seguita.
A suo giudizio, non v'è dubbio che l'Inghilterra, se avrà la
sensazione di poterlo fare impunemente o facilmente, attaccherà l'Italia
o la Germania, o tutt'e due. Questi Paesi, che rappresentano le forze giovani
dirette ad ottenere una migliore e più giusta distribuzione di ricchezza,
sono le naturali nemiche della potenza conservatrice inglese, la quale trova
comodo accusarle di voler turbare la pace del mondo soltanto perché
costituiscono una minaccia ai suoi interessi costituiti e che vorrebbe vedere
consolidati nella cristallizzazione del mondo attuale.
Ma se l'Inghilterra vedrà - ed è quella la parte attiva dell'azione
che il Führer propone - costituirsi gradualmente una costellazione di
Potenze che sotto la bandiera dell'antibolscevismo sono disposte a far fronte
unico con la Germania e con l'Italia, se l'Inghilterra avrà la sensazione
di una nostra comune forza organizzata in Europa ed in Oriente ed in Estremo
Oriente e anche nel SudAmerica, non soltanto si asterrà da una lotta
contro di noi, ma cercherà di trovare con questo nuovo sistema politico
un mezzo ed un terreno di intesa.
Se poi invece l'Inghilterra continuasse a meditare piani offensivi e cercasse
soltanto di guadagnare tempo per il suo riarmo, allora noi la batteremmo su1
suo stesso terreno perché il riarmo tedesco e quello italiano procedono
molto più rapidamente di quanto rion possa procedere il riarmo in Gran
Bretagna, ove non si trami soltanto di costruire navi, cannoni ed aeroplani,
ma ove si deve ancora procedere al più lungo e difficile riarmo spirituale.
La Germania fra tre anni sarà pronta, fra quattro sarà prontissima,
se saranno cinque meglio ancora. Ma la potenza militare raggiunta dai nostri
due Paesi sarà tale, anche in questa seconda ipotesi, da far desistere
l'Inghilterra da ogni proposito aggressivo.
La Germania lavora già attivamente per creare questo sistema di amicizie
nel mondo. Bisogna cercare qualche cosa di più solido e profondo. Le
intese devono sorgere da affinità spirituali e da identità di
interessi. Quando queste condizioni sono realizzate, si fa presto, se è
necessario, a consacrare sulla carta quello che già esiste di fatto.
La Germania è già effettivamente andata molto in là nella
sua intesa col Giappone. Anche con la Polonia il lavoro compiuto è
abbastanza buono. Ma il Führer è un po' scettico sulle reali possibilità
polacche perché quel Governo, ben lungi dal trovare, come il tedesco
e l'italiano, le sue basi nel consenso popolare, si regge soltanto "sulla
punta delle baionette". Un Paese con il quale la Germania è in
buoni termini e che si augura possa ben presto arrivare ad una salda intesa
con l'Italia, è la Jugoslavia. Bisogna che Roma agisca in primo luogo
su Budapest per consigliare i magiari ad orientare il loro irredentismo verso
la Cecoslovacchia, anziché contro la Jugoslavia. La Germania ha già
dato consigli analoghi. D'altra parte bisogna riconoscere che le rivendicazioni
ungheresi verso i serbi sono di portata molto modesta, mentre quelle verso
i cechi sono di estrema importanza. La Jugoslavia è preoccupata delle
intenzioni aggressive che l'Italia nutrirebbe nei suoi riguardi. Basterà
darle assicurazioni in tal senso per acquistarla al nostro sistema e sottrarla
definitivamente all'influenza francese e sopratutto per impedire che le mene
inglesi, dirette a fare di Belgrado un centro di azione anti-italiano, riescano.
Assicuro il Führer che tali sono anche i nostri sforzi e che in realtà
in questo periodo di tempo si è determinata una notevole détente
tra l'Italia e la Jugoslavia. E noi siamo pronti ad andare molto piú
in là: a raggiungere una vera e propria intesa.
Il Führer, concludendo la conversazione, ha ripetuto il compiacimento
per gli accordi raggiunti a Berlino ed ha ripetuto la sua volontà di
eliminare, sempre, nel futuro ogni difficoltà che, nella pratica, possa
sorgere tra l'Italia e la Germania. Bisogna annullare gli ostacoli di dettaglio,
quando la posta del gioco è troppo grande.
Il Führer ha fatto quindi entrare nella stanza Neurath, al quale ha brevemente
riassunto la conversazione. Neurath, che ha sempre nei colloqui con me, e
particolarmente negli ultimi giorni, manifestato un atteggiamento nettamente
antibritannico, ha portato nuovamente il discorso sull'Inghilterra. Ciò
ha dato motivo al Führer di ripetere che egli non si fa nessuna illusione
sulle intenzioni che la Gran Bretagna nutre nei nostri e nei suoi riguardi;
egli intende soltanto essere estremamente prudente per guadagnare tempo e
raggiungere quella preparazione militare che dia la sicurezza assoluta del
successo.
Ho parlato ancora al Führer di quella che è la nostra preparazione
militare ed ho rimarcato che ne è rimasto vivamente impressionato.
Neurath, quando abbiamo lasciato piú tardi la Villa del Führer,
mi ha detto che la fermezza con la quale avevo esposto al Führer gli
intendimenti del Duce di collaborare per la pace se sarà possibile,
ma in pari tempo di prepararci duramente alla guerra, se sarà necessario,
aveva vivamente colpito Hitler.
La conversazione si è svolta durante due ore e un quarto. Hitler, che
parlava lentamente e sottovoce, aveva degli scarti violenti allorché
parlava della Russia e del bolscevisino. Il suo modo di esprimersi era piano,
piuttosto prolisso. Ogni questione formava oggetto di lunga esposizione ed
ogni concetto era da lui ripetuto piú volte con diverse parole.
Come ho sopra detto, gli argomenti principali del suo dire erano il bolscevismo
e l'accerchiamento inglese. Su questo ultimo punto però, a volte, manifestava
delle incertezze. Neurath dice che dipendono dall'azione di Ribbentrop, che,
ogni tanto, cerca ancora di fare al Führer delle iniezioni di ottimismo
filobritannico. Ma il Ministro degli Esteri del Reich è molto scettico
sui risultati dell'azione che Ribbentrop si propone di svolgere a Londra.
Ieri sera, a tavola, Neurath diceva testualmente: "Ribbentrop si accorgerà
presto che è più facile farsi dire di sì a Londra come
rappresentante di una marca di sciampagna, che non come rappresentante del
Governo del Reich." Comunque oggi Neurath mi sembra acquisito alla causa
italiana. Se non altro, per fatto personale. Il duello tra lui e Ribbentrop
è di pubblica ragione e tutti, in Germania, attendono di vederne i
risultati, oggi che Neurath è riuscito a mandare il suo avversario
ad operare sul terreno che egli stesso designava quale il migliore per gli
sviluppi della politica germanica. Qualunque successo di Ribbentrop a Londra,
del resto molto improbabile, sarebbe l'insuccesso di Neurath. Quest'ultimo
lo sa ed è pronto a battersi con ogni arma per impedirlo. Della Francia
il Führer ha parlato, come del resto gli altri uomini tedeschi ne parlano,
soltanto per inciso e con lieve disprezzo. Qualche ingiuria agli ebrei che
la governano e nulla piú. Nel loro giudizio la Francia ha cessato,
almeno per ora, di essere un soggetto di politica estera per diventarne un
oggetto.
Il Führer si è mostrato particolarmente cordiale con me, ha chiesto
ripetutamente notizie della vita e delle attività del Duce ed ha infine
trattenuto a colazione tutto il personale del seguito, col quale è
stato premuroso e cortese. Durante la sosta, ha telefonato due volte a Monaco
per avere il resoconto del ricevimento fattomi, per il quale, del resto, personalmente
aveva impartito le piú accurate istruzioni.
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