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APRILE 1937
COLLOQUIO DEL DUCE
COL CANCELLIERE AUSTRIACO
Venezia, 22 aprile 1937-XV
I1 Cancelliere Schuschnigg comincia il suo dire affermando che ogni cambiamento
nelle sue linee di politica estera, cambiamento cui in questi ultimi tempi è
stato fatto piú volte cenno, è senz'altro da escludersi. La politica
austriaca rimane orientata sui Protocolli di Roma e, per quanto è possibile,
sull'Accordo dell'11 luglio. Sta di fatto che le relazioni con la Germania sono
oggi corrette, ma bisogna distinguere le relazioni col Governo da quelle col
Partito, che cerca attivamente nella sua propaganda e nella sua azione di oltrepassare
i limiti dell'Accordo dell'11 luglio. Anche la stampa, per la quale si era rispettata
un'utile tregua, ha in questi ultimi giorni ripreso i suoi attacchi per futili
motivi e con una violenza senza precedenti. Ciò rende difficile il lavoro
del Cancelliere, diretto a polarízzare la collaborazione con la Germania,
dato che gli elementi radicali del Fronte Nazionale prendono lo spunto da tali
polemiche per rimproverare al Cancelliere il riavvicinamento con Berlino. Sarebbe
necessario che la Germania compisse in questo momento un gesto di simpatia verso
l'Austria, gesto che è stato atteso da molto tempo. L'ambiente che fino
ad ora si è mostrato più malleabile è quello dei militari:
tra le due forze armate della Repubblica Federale e del Reich si sono stabiliti
rapporti di cordialità, ma il Partito continua invece nella sua politica
di propaganda intensiva, che assai spesso prende un sapore anti-italiano.
Nonostante ciò il Cancelliere ha l'intenzione di continuare a svolgere
una politica di collaborazione e di pace con la Germania e a tal fine si impegna
di applicare integralmentc l'Accordo dell'11 luglio.
Riferisce le voci che si sono sparse a Vienna relativamente al viaggio in Italia
del Principe di Rohan e afferma che in seguito a tali voci le trattative che
erano in corso con gli ambienti nazionalsocialisti hanno subíto un tempo
di arresto (il Duce mette in chiaro quanto è stato fatto da Rohan a Roma,
e particolarmente che egli non lo ha neppure ricevuto, limitandosi a leggere
il promemoria lasciato al Ministro degli Esteri dal Rohan stesso).
Gli emigrati austriaci hanno ancora in Germania il permesso di svolgere una
sostanziale attività. Il loro numero è ancora altissimo e si calcola
che vadano da dieci a ventimila.
Tutto ciò premesso, il Cancelliere afferma che non c'è nessuna
possibilità che l'Austria autoritaria possa orientarsi sull'asse ultrademocratico
Parigi-Praga. Ciò comporterebbe un necessario cambiamento di politica
interna che è da escludersi.
Si è molto parlato in questi ultimi giorni dei rapporti tra l'Austria
e la Cecoslovacchia. In realtà i due Paesi hanno un comune interesse,
ed è quello di non venire attaccati dalla Germania. È evidente
che un attacco tedesco alla Cecoslovacchia, determinante un semiaccerchiamento
della Repubblica austriaca, sarebbe letale anche per quest'ultima. Ciò
nonostante nessun accordo di carattere politico esiste né è previsto
tra i due Paesi.
Hodza, nella sua ultima visita a Vienna, fece il punto della politica cecoslovacca
nel seguente modo: oggi, nessun patto militare con la Russia; una tendenza a
migliorare le relazioni con la Polonia; impossibilità di mettersi d'accordo
con l'Ungheria; costante pressione tedesca. Praga in queste condizioni non può
rimanere isolata: qualora ogni altro legame venisse a mancare, la Cecoslovacchia
dovrebbe gettarsi in braccio alla Russia. Ma ciò si può anche
evitare con altre amicizie: quella sopra tutte preferita, sarebbe l'amicizia
con l'Italia.
Per quanto concerne poi il dibattuto problema della restaurazione, il Cancelliere
dice che egli ha dato prova in tutta la sua politica di non amare i colpi di
testa: data la situazione attuale internazionale ed interna, si rende ben conto
che il problema non è attuale. Anche con Neurath, durante la sua recente
visita a Vienna, il Cancelliere si espresse in tal senso. Quindi nessuna sorpresa
si verificherà praticamente in tale direzione, ma, in linea di principio,
egli non può rinunciare alla restaurazione. Conferma che il problema
è di carattere interno e che egli non ha mai pensato a chiedere l'intervento
italiano. In realtà, in questi ultimi tempi, nulla si era verificato
in Austria che giustificasse tutte le campagne di stampa e le polemiche che
sono sorte sul problema della restaurazione. Ciò prova che i suoi avversari
si sono valsi di tali argomenti per creare a lui delle difficoltà, dato
che nella lotta che il Fronte Patriottico conduce contro la propaganda nazista,
la collaborazione apportata dai monarchici deve essere considerata utilissima
ed indispensabile. Il Cancelliere informa che Neurath ha fatto opposizioni specifiche
contro gli Absburgo e contro i Wittelsbach: accetterebbe, se del caso, il Liechtenstein.
La ragione per la quale Neurath ha dichiarato che la Germania osteggia la restaurazione
è stata quella del pericolo rappresentato dall'attrazione che una monarchia
in Austria eserciterebbe sui tedeschi del sud. Concludendo il Cancelliere tiene
a far sapere che egli ricerca e ricercherà l'amicizia con la Germania,
dato che nessun contrasto dovrebbe necessariamente separare questi due Paesi.
Le grandi linee della politica dei due Stati sono e necessariamente debbono
essere identiche, pur mantenendosi quelle differenziazioni determinate dalla
religione, dalla cultura e dallo stesso spirito nazionale austriaco. La pregiudiziale
della indipendenza deve essere considerata sostanziale oggi: se poi i tedeschi
intendono parlare di Anschluss, proiettato in un futuro indeterminato, egli
non fa obiezioni. Ma sta di fatto che la generazione attuale vuole conservare
l'indipendenza del Paese, la cui perdita potrebbe rappresentare un danno per
la stessa Germania e per la cultura tedesca.
In questo stato di cose egli si augura che, come non ha mai dubitato, la linea
politica dell'Italia nei confronti dell'Austria, non sia stata né sia
per essere modificata. In questi ultimi tempi si è spesso ripetuto che
l'Italia avrebbe preso un nuovo orientamento: ciò ha portato in Austria
un nervosismo che sarebbe bene eliminare subito, provando invece che l'Italia
si mantiene sulle vecchie posizioni, dato che niente nella politica e nella
situazione austriaca potrebbe suggerire nuovi orientamenti.
Il Duce risponde al Cancelliere che in occasione dell'ultimo colloquio avuto
con Göring, ebbe a confermargli che il nostro atteggiamento nei confronti
del problema austriaco era immutato, basandosi, come sempre, sulla necessità
dell'indipendenza dell'Austria. Göring disse che la questione dell'Anschluss
non era posta sul tappeto, ma che doveva far rilevare come l'Austria si portasse
male nei confronti del Reich, applicando insufficientemente e con molte riserve
mentali l'Accordo dell'11 luglio. Egli stesso passando in Austria, aveva dovuto
viaggiare con le cortine abbassate e la popolazione nazista era stata tenuta
lontana dalle stazioni per impedirle di manifestare verso di lui. Göring
aveva riaffermato che la Germania non poteva disinteressarsi della sorte di
sette milioni di puri tedeschi, cosí come non poteva disinteressarsi,
sia pure in certi casi, soltanto per la loro vita spirituale e culturale, di
tutti gli altri nuclei tedeschi esistenti in Europa. Ma ciò era stato
riconosciuto legittimo anche da parte nostra e dallo stesso Governo di Schuschnigg,
il quale affermava, come tutti i precedenti Governi austriaci, che Vienna non
poteva condurre la sua politica senza Berlino e meno ancora contro Berlino.
Però importava riaffermare che il problema dell'Anschluss non bisognava
porlo adesso e che invece si doveva mettere l'accento sull'indipendenza e sull'integrità
austriaca.
Il Duce, parlando del problema della restaurazione dichiara che su di esso si
era espresso giudicandolo inattuabile fin dai tempi in cui l'aveva discusso
con il Cancelliere Dollfuss e con il Generale Gömbös. Riafferma la
sua fede nel sistema monarchico, ma dice anche che la restaurazione in Austria
presupporrebbe un clima internazionale che oggi non esiste e rappresenterebbe
un grave pericolo di perturbazioni.
L'atteggiamento assunto dal "Giornale d'Italia" qualche tempo fa circa
tale problema fu determinato dall'alternativa che ci era stata posta dalla stampa
franco-britannica: l'Italia deve scegliere: o 1'Anschluss o la restaurazione.
Tale manovra era evidentemente suggerita dal desiderio di provocare un urto
tra Roma e Berlino e di rendere difficili le trattative allora in corso con
la Jugoslavia, la quale è stata e si mantiene ostile alla restaurazione
particolarmente per il riflesso che la monarchia avrebbe in Croazia. Allorché
il "Giornale d'Italia" escluse che il Governo Fascista favorisse la
restaurazione absburgica, la speculazione internazionale continuò affermando
che dunque a Roma si voleva l'Anschluss. Ciò è falso. L'alternativa
non esiste. Nessuna delle due soluzioni è urgente: l'Austria può
continuare a vivere, come ha vissuto finora col suo regime federale, riservandosi
di vedere nell'avvenire, che deve essere ancor decifrato, quali nuovi elementi
possano entrare a far parte del gioco.
La situazione in Europa è oggi caratterizzata dalla esistenza pratica
di due blocchi che automaticamente si sono venuti a formare su una base ideologica,
e la cui differenziazione e stata accelerata e accentuata dagli avvenimenti
in Spagna. Non si può nascondere che oggi il pericolo bolscevico esiste
e che esso diventerebbe ben piú grave se il Comintern riuscisse vittorioso
nel conflitto spagnuolo.
In questa eventualità non c'è dubbio che la Francia si orienterebbe
anche piú marcatamente verso sinistra, e ciò determinerebbe certamente
una revisione della politica britannica dato che storicamente a Londra si è
sempre osteggiato ogni movimento apertamente rivoluzionario nella vicina Francia.
Per precisare, le ragioni che rendono solido l'asse Roma-Berlino sono di due
ordini. La prima di politica estera, in quanto l'Italia deve assicurarsi una
solida posizione continentale per poter continuare a fronteggiare nel Mediterraneo
la non troppo dissimulata ostilità britannica. Il gentlemen's agreement,
firmato in gennaio, è valso a dare soltanto una breve pausa di calma
nei rapporti tra Roma e Londra, ma ben presto la situazione è tornata
ad essere dura ed i due Paesi hanno dato prova di continuare a nutrire reciprocamente
sospetti e diffidenze.
L'altra ragione è determinata dalla solidarietà dei regimi autoritari.
È manifesto che tra il Fascismo e il Nazismo vi sono delle differenze
sostanziali. Noi siamo cattolici, fieri e rispettosi della nostra religione.
Non ammettiamo le teorie razziste, sopratutto nelle loro conseguenze giuridiche.
Anche in economia seguiamo dei sistemi diversi. Ma è positivo che i due
regimi si trovano a dover fronteggiare gli stessi nemici, dato che il blocco
delle democrazie la cui attiva esistenza si rivela sempre piú palesemente,
cerca di isolare i due Paesi per poterci infine eliminare. Tutta la speculazione
di stampa sul recente caso Degrelle, che non andava al di là di una lotta
elettorale, prova come in ogni modo le democrazie vogliono limitare l'area dei
Paesi a regime autoritario. Nel mancato successo di Degrelle si è voluto
identificare una sconfitta del Fascismo e del Nazismo.
È evidente che quanto piú si tenterà di isolarci, tanto
piú i due Paesi si serreranno in una comune politica ideologica e nazionale.
In tale stato di cose la separazione di Roma e di Berlino sarebbe gravissima
per ambo i Paesi in quanto la coalizione democratica avrebbe una ben piú
facile partita.
Ma ecco che qui si presenta, nel suo pieno valore, il problema austriaco. Si
pensa spesso che l'Austria debba rappresentare il punto di frizione nei rapporti
italo-tedeschi e perciò la speculazione internazionale cerca di lavorare
a creare delle difficoltà.
La politica seguita dall'Austria finora ha dato dei buoni risultati; quindi
si deve continuare a battere la stessa strada. A Vienna, pur premettendo di
essere uno Stato tedesco, bisogna affermare che esistono le differenze sostanziali
determinate dalla religione, dalla cultura, da una diversa visione del mondo
e che i rapporti di amicizia con la Germania saranno resi migliori dalla indipendenza
nazionale austriaca. E siccome anche nel Reich vi sono delle forti correnti
tedesche che desiderano una détente con l'Austria, bisogna appoggiarsi
su di esse e consolidarle. Le migliorate relazioni tra gli ambienti militari
sono certamente significative e promettenti. Bisogna lavorare attivamente in
tale direzione.
Per quanto concerne la Francia, il Duce ha detto che i nostri rapporti possono
venir sintetizzati nella seguente formula: piú la Francia va a sinistra
e più essa si allontana da noi. La situazione è strana dato che
questioni aperte fra i due Paesi non esistono; ma invece si mantiene ugualmente
uno stato d'animo di sorda ed irritante ostilità. Noi ci rendiamo conto
che la Francia sia molto esasperata dalla esistenza dell'asse Roma-Berlino.
Se risaliamo col pensiero ai tempi della guerra vedremo quale importanza possa
avere nel gioco francese l'intesa italo-tedesca. Fu soltanto per l'atteggiamento
benevolo italiano che l'avanzata tedesca si arrestò sulla resistenza
francese. Non c'è dubbio che anche adesso il solo pensiero che domina
lo spirito francese è quello della sicurezza sul Reno. Tale sicurezza
appare incerta, se l'Italia è legata alla Germania. Comunque non è
da ritenere che la Germania si prepari ad attaccare la Francia. I tedeschi non
vantano rivendicazioni territoriali in quella direzione e sanno bene che per
superare la linea di difesa francese bisognerebbe sacrificare milioni e milioni
di uomini. Bisogna invece pensare che il dinamismo tedesco si rivolge tutto
verso Est.
Un'altra pedina che il Governo austriaco non deve trascurare nel suo gioco del
mantenimento della indipendenza nazionale, è quella rappresentata dalle
buone relazioni esistenti tra Budapest e Berlino. Per troppe ragioni il Governo
magiaro deve considerarsi cointeressato alla esistenza dell'Austria, quindi
sarebbe il caso di far discretamente pesare l'influenza magiara sul Governo
del Reich. È vero che in questi ultimi tempi i rapporti tra Budapest
e il Reich si sono un po' raffreddati in seguito alla forte propaganda nazista
sviluppata particolarmente tra i nuclei tedeschi residenti in Ungheria, ma comunque
si deve considerare che le relazioni tra i due Paesi sono molto strette e che
la linea di condotta magiara di fronte all'eventualità dell'Anschluss
verrà vagliata e tenuta in giusta considerazione dai dirigenti tedeschi.
Esponendo infine le linee e gli scopi del recente accordo di Belgrado, il Duce
rifà una rapida storia delle alterne vicende attraverso le quali sono
passate in questi ultimi anni le nostre relazioni con la Jugoslavia. Bisogna
comunque considerare il Patto di Belgrado, oltre che suggerito dalla opportunità
di avere cordiali relazioni di amicizia con un paese di frontiera, anche in
funzione della nostra situazione strategica nel Mediterraneo. L'importanza politica
della Jugoslavia è evidente e tutti ricordano come una delle principali
preoccupazioni britanniche, allorché si determinò la tensione
dei nostri rapporti con Londra, fu quella di raggruppare in un solo sistema
di accordi anti-italiani la Turchia, la Jugoslavia e la Grecia. È vero
che cessate le sanzioni gli accordi furono dichiarati decaduti, ma comunque
ci è parso di singolare utilità determinare una nuova situazione
a noi favorevole. Tra l'Italia e la Jugoslavia non esistono delle questioni
aperte, anzi gli interessi economici facilmente adattabili agli scambi e complementari
fra loro suggeriscono e facilitano una naturale intesa.
Anche per quanto concerne l'Albania abbiamo potuto metterci d'accordo: tale
questione che in un certo momento aveva assunto un'importanza del tutto precipua
nelle relazioni italo-jugoslave, adesso è stata risolta con piena soddisfazione.
L'indipendenza albanese, garantita finora soltanto dall'Italia, è oggi
invece assicurata da Roma e da Belgrado. Per tale ragione anche in Albania l'accordo
è stato considerato favorevolmente. Non bisogna infine dimenticare che
la Jugoslavia ha concluso un cosí profondo ed importante patto politico
al di fuori della Società delle Nazioni.
Per quanto concerne infine le relazioni tra l'accordo di Belgrado e i Protocolli
di Roma, il Duce ritiene che tra qualche tempo si potrà eventualmente
far aderire la Jugoslavia agli accordi italoaustro-ungheresi. Riassumendo infine
la conversazione il Duce conclude dicendo che l'Italia conferma la sua politica
diretta a mantenere l'indipendenza e l'integrità austriaca, sincronizzandola
e armonizzandola con la politica dell'asse Roma-Berlino.
Nel successivo colloquio che ha avuto luogo il giorno 23 aprile alle ore 11
tra il Duce e Schuschnigg e al quale hanno assistito Ciano e Schmidt, essendo
stato esaurito l'ordine del giorno relativo alle questioni politiche, si è
parlato dei seguenti argomenti che qui brevemente riassumo:
1. Relazioni commerciali italo-austriache. - Il Cancelliere ha richiesto che,
anche per fini politici, non venga ridotto o per lo meno non in forma troppo
sensibile il contingente riservato all'Austria. Il Duce ha detto che darà
istruzioni a Guarnieri nel senso di esaminare il problema non soltanto in base
a criteri economici e valutari, ma anche tenendo presenti le necessità
politiche del momento;
2. Trattamento delle minoranze di lingua tedesca in Alto Adige. - Il Cancelliere
Schuschnigg ha chiesto ed ottenuto informazioni circa gli impegni da noi presi
con gli jugoslavi per il trattamento da farsi alle minoranze slovene. Ha chiesto
la istituzione di una scuola di lingua tedesca presso il Consolato austriaco,
ma gli è stato risposto che un tale desiderio non poteva venire accolto
in quanto anche il Reich avrebbe avanzato un'analoga richiesta e ci sarebbe
stato impossibile di opporre un rifiuto.
Senza entrare in particolari di merito, il Cancelliere ha chiesto e ottenuto
l'assicurazione che alle minoranze di lingua tedesca non verrà comunque
fatto un trattamento inferiore a quello riservato agli alloglotti sloveni.
Sono state infine esaminate e soddisfacentemente risolte alcune questioni di
minore importanza concernenti sempre le minoranze dell'Alto Adige.
webmaster Fabio D'Alfonso