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COLLOQUIO COL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO JUGOSLAVO
Venezia, 18 giugno 1938 - XVI
Il Presidente Stoiadinovic ha detto che lo scopo principale del suo viaggio
in Italia era quello di poter, attraverso un giro di orizzonte, conoscere la
nostra politica, informarci delle sue intenzioni e "sincronizzare"
in modo assoluto la sua attività internazionale con la nostra.
La questione che per il momento gli appariva più urgente era quella della
Cecoslovacchia. Gli ho esposto il nostro punto di vista in merito e le nostre
intenzioni. Stoiadinovic ha concordato ed assicurato che qualora una crisi dovesse
determinarsi e l'Italia rimanesse con le braccia conserte, la Jugoslavia farebbe
del pari. Egli non intende minimamente trascinare il suo Paese in un conflitto
con la Germania per tentare di salvare l'artificiosa e non amica Cecoslovacchia
né tanto meno far piacere alla Francia che gli è apertamente ostile.
A noi chiede soltanto di usare la nostra influenza perché l'Ungheria
non prenda l'iniziativa dell'attacco. In un tal caso la Jugoslavía sarebbe
obbligata, molto a malincuore, a tener fede agli impegni presi: non sarà
certo l'Italia fascista che ha provato di rispettare a qualsiasi costo la parola
data a rimproverargli un tale intendimento. Ma qualora, come sarà nella
realtà, l'Ungheria non prenda l'iniziativa dell'attacco e approfitti
invece di una crisi determinata dalla Germania, la Jugoslavia rimarrà
assolutamente indifferente al destino della Cecoslovacchia.
Ho assicurato Stoiadinovic che per parte nostra avevamo sempre consigliato l'Ungheria
in questo senso e che ero in grado di confermargli che gli ungheresi non avevano
alcuna intenzione di provocare il conflitto con Praga. Stoiadinovic si è
mostrato però lieto quando gli ho detto che noi, anche sulla base di
quanto ci è stato comunicato in varie occasioni dal Governo del Reich,
non ritenevamo immediata la crisi cecoslovacca, e che anzi pensavamo che, se
Praga si fosse mostrata ragionevole di fronte alle richieste di Henlein, la
situazione avrebbe potuto essere più o meno mantenuta per un notevole
periodo di tempo. Egli si è mostrato tanto più lieto in quanto
non nasconde che 1'Anschluss ha portato una fortissima reazione nell'opinione
pubblica jugoslava, allarmata non tanto dall'avvenimento in se stesso, che era
previsto e in parte scontato, quanto dalla forma usata dai germanici e dalle
agitazioni che si erano determinate nelle rilevanti minoranze tedesche. Adesso
la situazione si è placata ed il risultato più apparente dei recenti
avvenimenti è stato quello di popolarizzare al massimo l'amicizia con
Roma. Quelli che l'anno scorso attaccavano il Governo per avere firmato il Patto
di Belgrado, adesso lo attaccano per non essere Stoiadinovic andato ancora più
in là nei suoi impegni con noi. In tale stato di cose Stoiadinovic pensa
che un nuovo rafforzamento della Germania determinato dalla incorporazione di
tre milioni di Sudeti, non sarebbe da desiderare, neppure se i rapporti che
ci legano a Berlino sono i più cordiali. A suo avviso i problemi nella
mente dei tedeschi sono i seguenti: Austria, già risolto; Sudeti, in
via di soluzione; Colonie, per il momento rinviato; Corridoio polacco, rinviato
sine die ed infine, per quanto ciò sia escluso da tutti gli elementi
responsabili in modo tale da far ritenere tale intendimento sincero, sbocco
all'Adriatico. Benché, come ho detto, tale intenzione non possa per ora
in nessuna forma venire provata dall'atteggiamento tedesco, Stoiadinovic ritiene
che non dobbiamo del tutto dimenticarlo e che conviene all'Italia e alla Jugoslavia
vigilare in ogni momento, strettamente unite, la politica germanica. Tutto ciò,
naturalmente, conservando i più stretti rapporti di amicizia con Berlino,
dato che i due Paesi intendono mantenere alla base della loro attività
internazionale la collaborazione e l'amicizia con la Germania.
Per quanto concerne l'Inghilterra, Stoiadinovic dopo essere stato informato
dello stato dei nostri rapporti, mi ha detto che le sue relazioni con Londra
sono cordiali, benché si siano molto raffreddate dal momento della firma
del nostro Patto. A titolo d'informazione ha aggiunto che se fino a qualche
mese la il linguaggio del Governo e dei Rappresentanti britannici era nettamente
ostile all'Italia, adesso si può notare un profondo mutamento. Ciò
nonostante egli si permette di consigliare la massima oculatezza. Gli Accordi
di Roma hanno rappresentato di fronte all'opinione pubblica internazionale la
sconfitta britannica. Molti elementi inglesi non lo hanno dimenticato e forse
non ritengono saldata la partita. Personalmente ha la massima fiducia in Chamberlain
e ritiene che egli sia in buona fede nel volere un accordo stabile e duraturo
con l'Italia. Ma la posizione di Chamberlain non è che una posizione
parlamentare, che potrebbe cedere da un momento all'altro, per una qualsiasi
ragione. Molti segni lasciano pensare che l'Inghilterra intenda rafforzare le
sue posizioni nel Mediterraneo. Il prestito fatto alla Turchia è stato
interpretato in Jugoslavia come un gesto diretto in tale senso e non ha prodotto
buona impressione nel Paese dato che, nonostante le apparenze e i legami dell'Intesa
balcanica, i rapporti tra Belgrado e Ankara si sono molto raffreddati. Del pari
si può dire nei confronti della Grecia. Il recente Patto greco-turco
è apparso come uno strumento diretto particolarmente contro la Jugoslavia
a causa delle sue strette relazioni con l'Italia e della politica di collaborazione
con la Bulgaria. Del resto anche a Belgrado le simpatie per la Grecia e la Turchia
non sono affatto aumentate in questi ultimi tempi e la questione dello sbocco
all'Egeo, per quanto considerata non attuale, è sempre presente al popolo
jugoslavo.
La Francia è apertamente in pessime relazioni con Belgrado. A ciò
contribuisce molto l'avversione personale per Stoiadinovic, il che induce i
francesi a spendere notevoli somme per cercare di indebolirne la posizione nel
Paese. Ciò lo lascia assolutamente indifferente e lo determina anzi a
continuare con maggiore decisione la sua politica di indipendenza nei confronti
di Parigi. D'altra parte anche la pubblica opinione jugoslava si allontana sempre
più dalla Francia rendendosi conto dello stato di profondo decadimento
nel quale si trova quel Paese e sentendo la fierezza di poter fare una politica
indipendente. L'Accordo con la Francia ha pesato estremamente sulla vita jugoslava.
I Francesi hanno avuto con Belgrado una mano molto pesante e hanno lasciato
comprendere che la Jugoslavia era tenuta in considerazione dalla Francia unicamente
fino a quando si prestava ad essere una pedina nel suo gioco. È finito
per sempre il tempo in cui con un colpo di telefono da Parigi si fissava la
politica jugoslava. Ed anzi Stoiadinovic ha trovato il modo di aggiungere, a
questo punto, che egli ha grandemente apprezzato la delicatezza del Duce nel
trattare con lui: egli sente benissimo quali sono le proporzioni delle forze
dei due Paesi ed appunto per questo trova significativo che l'Italia non abbia
mai voluto rendere pesante la sua amicizia. Questo sentimento è condiviso
da tutto il popolo jugoslavo.
Per l'Albania mi ha detto che non ha nessuna osservazione da fare e che approva
le attività da noi svolte in quel Paese. Da Tirana gli è stato
offerto in questi ultimi giorni di stringere un Patto di amicizia con la Jugoslavia:
la cosa gli è indifferente e si rimette al nostro giudizio. Quando gli
ho detto che gli albanesi ci avevano informato della cosa attribuendo però
l'iniziativa al Governo di Belgrado, ha reagito con assoluta chiarezza ed ha
aggiunto che per provare quanto essi siano nel falso, non stringerà il
Patto. D'altra parte, ha aggiunto, il problema albanese rappresentava una grossa
questione allorché le relazioni con l'Italia erano tese. Oggi, nella
fortunata situazione attuale, non attribuisce alcun particolare rilievo alla
questione albanese, ma riconosce all'Italia una posizione assolutamente eccezionale
nei confronti di quello Stato.
Dopo aver compiuto un giro di orizzonte ed avere esaminato questioni che meno
direttamente interessano i rapporti fra i nostri due Paesi, il Presidente Stoiadinovic
ha confermato il suo intendimento di armonizzare completamente in qualsiasi
circostanza e momento la sua politica con la politica del Duce e mi ha detto
di comunicare al Duce medesimo che lo prega di voler considerare la Jugoslavia
come Stato legato all'Italia da vincoli ancora più forti di quelli che
potrebbero risultare da un patto scritto di alleanza, che d'altra parte, qualora
le condizioni lo richiedessero, potrebbe nel volgere di poche ore venire raggiunto.
Per quanto concerne poi le relazioni degli scambi commerciali tra i due Paesi,
intende intensificarli al massimo e ciò anche come misura di difesa nei
confronti della pesante pressione germanica. A tal fine tornando in Jugoslavia
esaminerà personalmente la questione delle ordinazioni militari, e farà
in modo che la massima parte delle forniture sia comandata in Italia.
Dopo aver ringraziato per le accoglienze cordiali ricevute, il Presidente Stoiadinovic
ha espresso il desiderio di mantenere frequenti i contatti personali e mi ha
invitato per un'epoca da precisarsi, verso la fine dell'anno, a visitarlo in
forma del tutto privata ed a passare alcuni giorni ospite nella sua casa di
caccia nelle vicinanze di Belgrado. In linea di massima ho concordato con lui
ed ho accettato il suo invito con riserva dell'approvazione del Duce.
webmaster Fabio D'Alfonso