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COLLOQUIO DEL DUCE COL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E IL MINISTRO DEGLI ESTERI D'UNGHERIA
Roma, 18 luglio 1938 - XVI
Imrédy, dopo aver ringraziato il Duce delle accoglienze ricevute in Italia,
parla di alcune questioni di carattere commerciale e fa dichiarazioni sulla
situazione interna ungherese, situazione che egli definisce sostanzialmente
calma nonostante le agitazioni di alcuni partiti dell'estrema destra. Il Presidente
del Consiglio ungherese conferma comunque la sua intenzione di mantenere l'ordine
ad ogni costo e di procedere sulla via politica iniziata.
Il Duce dà assicurazioni di esaminare con la massima benevolenza le richieste
di indole commerciale. Per quanto concerne la politica interna, consiglia a
Imrédy di battere gli avversari politici annunziando e applicando programmi
di riforme sociali ancora più concreti di quelli esposti dagli avversari.
Dà ragguagli circa lo sviluppo delle organizzazioni corporative, dopolavoristiche
e assistenziali italiane.
Kànya prende la parola in materia di politica estera. Dice che nel momento
attuale la questione che polarizza l'attenzíone ungherese è quella
ceca. Per quanto non si possa prevedere il momento preciso della crisi, pure
è evidente che si dovrà giungere ad una soluzione. La Germania
rappresenta nel problema cecoslovacco il fattore principale. L'Ungheria non
inizierà mai l'azione contro la Cecoslovacchia. Interverrà però
a breve scadenza dopo che il conflitto sarà stato iniziato da parte tedesca.
Il Governo di Budapest intende conoscere le intenzioni della Jugoslavia. Kànya
non ha fiducia nelle dichiarazioni fatte da Stoiadinovic. Finora i tentativi
ungheresi per arrivare ad un accordo isolato con la Jugoslavia sono sempre naufragati
a causa della cortese ma immutabile opposizione del Presidente jugoslavo. L'Ungheria
necessita di una garanzia militare contro un eventuale attacco degli jugoslavi.
Senza questa garanzia nessun Governo responsabile potrebbe prendere iniziative
belliche contro la Cecoslovacchia.
Il Duce ricorda quanto fu detto da Stoiadinovic nei confronti della Cecoslovacchia,
definita dallo stesso Presidente jugoslavo "état saucisson".
Espone lo stato delle relazioni politiche tra noi e Belgrado. L'applicazione
del Patto, che per ora non ha che poco più di un anno di vita, è
stata soddisfacente. Le questioni che esistevano tra i due Paesi sono state
liquidate in modo utile per entrambi. La tranquillità dell'Adriatico
è raggiunta.
In base alle dichiarazioni di Stoiadinovic il Duce ritiene che l'Ungheria, intervenendo
nel conflitto dopo la Germania, non correrà rischio di attacchi da parte
della Piccola Intesa. D'altro canto la soluzione più sicura del problema
cecoslovacco è affidata alla rapidità di azione.
Ciano espone i risultati dei colloqui di Venezia e conferma la decisione del
Presidente Stoiadinovic di concertare la sua politica con la politica italiana.
L'unico caso in cui la Jugoslavia sarebbe obbligata ad intervenire in virtù
dei Patti firmati sarebbe quello di un attacco unilaterale ungherese contro
Praga. Kànya esclude una tale possibilità.
Il Duce dichiara di essere convinto che, anche se la Germania attaccherà
la Cecoslovacchia, nessuna crisi europea si verificherà. Non interverranno
né i francesi né gli inglesi. D'altra parte la Francia dovrà
fare i conti col nostro atteggiamento. La nostra posizione sarà di schieramento
netto e positivo a fianco della Germania. Ha detto a Hitler che l'Italia appoggerà
completamente la politica tedesca. Se una mobilitazione sarà sufficiente
ad immobilizzare la Francia, l'Italia mobiliterà e se sarà necessario
entrare in guerra, l'Italia attaccherà la Francia. Tra l'Italia e la
Germania non esistono Patti militari scritti ma questi potranno venire in un
tempo prossimo quando l'intesa tra i due popoli, che già sta diffondendosi
rapidamente, sarà ancora più completa. D'altra parte le relazioni
con la Germania non richiedono documenti scritti: esiste una totale solidarietà
di regime. Il Duce consiglia all'Ungheria di adottare, nei confronti di una
eventuale crisi, un atteggiamento di attesa nei primi tempi e di approfittare,
dopo il dislocamento della Cecoslovacchia, dell'occasione favorevole.
Kànya insiste lungamente sui pericoli che rappresenta l'incognita dell'atteggiamento
jugoslavo e chiede ancora che garanzie si possano avere in questo senso. Il
Duce ritiene che si possa porre nuovamente il quesito a Stoiadinovic. L'Italia
potrà anche far conoscere a Stoiadinovic il suo desiderio che i rapporti
tra l'Ungheria e la Jugoslavia vengano normalizzati ad un punto tale da poter
ad un certo momento avere l'adesione della stessa Jugoslavia ai Protocolli di
Roma. Si potrà anche far conoscere a Stoiadinovic che l'Italia è
favorevole ad un aumento di potenza ungherese.
A richiesta di Kànya il Duce aderisce a che nel comunicato relativo ai
colloqui italo-ungheresi, venga affermato che i Protocolli di Roma mantengano
il loro valore economico e politico per quanto concerne le relazioni tra l'Italia
e l'Ungheria.
Dopo un giro di orizzonte compiuto dal Duce, durante il quale fa il punto circa
la situazione in Spagna, le relazioni italo-britanniche e le relazioni italo-francesi,
il colloquio ha termine.
webmaster Fabio D'Alfonso