A settanta anni dalla loro redazione ecco per
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LETTERA A GRANDI, AMBASCIATORE A LONDRA
N. 9161 segreta
Roma, 14 novembre 1938 - XVII
Caro Dino,
come tu sai, il 16 entrerà in vigore il Patto italo-britannico e si chiuderà
cosí uno dei capitoli piú aspri e gloriosi della nostra storia.
Mentre firmerò, il mio pensiero non potrà a meno di volgersi all'opera
tua che è stata cosí efficace in ogni momento ed in ogni sviluppo
di questa veramente singolare vicenda.
Ma giunti a questo punto, non è, come tu immagini, nelle intenzioni del
nostro Capo di sostare neppure un momento. C'è subito un altro problema
che si presenta e che deve venire da noi considerato sotto l'aspetto delle nuove
realizzazioni imperiali del Regime. Parlo dei nostri rapporti con la Francia.
È chiaro che ormai, essendo sostanzialmente mutate le condizioni politiche,
militari ed anche geografiche del nostro Paese, le future conversazioni con
la Francia non possono venire riprese sulla base di un tempo. Le rivendicazioni
che una volta tenevamo chiuse nel nostro animo, ormai possono, a breve scadenza,
essere messe sul tappeto. Tre sono i punti fondamentali della nostra politica
nei confronti della Francia: la Tunisia, Gibuti e il Canale di Suez. Per la
Tunisia non è concepibile ritornare a parlare di quelli che furono una
volta gli Accordi Lava1. Siamo su un ben altro piano. Intendiamo migliorare
nettamente, decisamente e definitivamente la posizione delle nostre masse lavoratrici,
che hanno rappresentato e che rappresentano la sola forza viva della razza bianca
in quella zona. Non si tratta di reclamare puramente e semplicemente la cessione
territoriale, come già del resto qualche giornale estero scrive. Ci accontentiamo
di giungere, almeno in un primo tempo, ad una forma di condominio che permetta
lo sviluppo sicuro e fecondo delle nostre attività.
Per quanto poi concerne Gibuti, la situazione è ancora piú precisa.
Che cosa rappresenta quel porto avulso all'Impero? È chiaro che noi non
possiamo continuare ad impinguare col nostro lavoro e coi nostri traffici organismi
ed aziende francesi. Quindi bisogna fissare alcuni punti: la ferrovia deve essere
italiana totalmente; il porto deve essere amministrato globalmente dai due Paesi.
Anche qui in pratica bisogna giungere ad una forma di condominio. Se ciò
non fosse, dovremmo orientare in ben altro modo le nostre correnti di economia
e di traffico ed il porto di Gibuti, privato della linfa vitale che gli viene
dall'Italia e dall'Impero, diverrebbe rapidamente una foglia morta.
Terzo punto è quello del Canale di Suez. Non intendiamo, ora che i nostri
traffici verso il Mar Rosso, l'Oceano Indiano e il Pacifico si sono cosí
rapidamente moltiplicati, non intendiamo, ripeto, rimanere sottoposti all'esoso
sfruttamento della Compagnia del Canale. Qualsiasi opera diventa, ad un certo
momento, di pubblico dominio. Tanto piú se i capitali che furono in essa
investiti sono stati ripagati ad un tasso che si può definire le mille
volte usuraio. Noi non chiediamo questo. Ma vogliamo fermamente che le tariffe
del Canale siano sottoposte ad una revisione e che i tassi siano equi ed onesti.
Tutti i Paesi interessati ai traffici verso l'Oriente non potranno che condividere
il nostro punto di vista e la nostra giusta richiesta.
Ti scrivo queste cose, caro Dino, non solo perché tu sia informato di
quelle che sono per l'avvenire le direttrici di marcia della nostra politica
estera, ma perché fin da ora chiedo il contributo della tua collaborazione.
Il Duce desidera che tu, nella forma che riterrai del caso e con l'abilità
tua personalissima, cominci a far intendere agli inglesi che questi problemi
per noi esistono e che nessuno dovrà sorprendersi se ad un certo momento
li porteremo nettamente in discussione. Non si tratta di fare un "passo".
Basta lasciar cadere la parola al momento opportuno. Far sentire che qualche
cosa deve avvenire in tal senso. Predisporre, se non è addirittura possibile
preparare, l'opinione inglese a tali richieste. Non posso adesso dirti quando
e come tutto ciò avverrà: lo vedremo nello sviluppo degli eventi.
Ma è certo che il Duce ormai si è prefisso queste mete e ciò
basta per dire che saranno anch'esse conseguite. Ti abbraccio.
webmaster Fabio D'Alfonso