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VIAGGIO IN JUGOSLAVIA
18-23 gennaio 1939 - XVII
In primo luogo desidero mettere in rilievo le eccezionalmente cordiali accoglienze
ricevute in Jugoslavia sia da parte delle gerarchie come da parte della massa
popolare. Mentre in occasione del mio primo viaggio nel 1937 il ricevimento
ufficiale contrastava singolarmente col gelido contegno del popolo, adesso l'atteggiamento
della folla è apparso del tutto identico a quello del Governo. Ovunque
sono state rivolte calorose manifestazioni all'Italia e al Duce: in nessun Paese,
compresa l'Ungheria dopo lo Arbitrato di Vienna, ho sentito scandire con tanta
frequenza e con tanto calore il nome del Duce.
Situazione interna. - Ho parlato a lungo col Presidente Stoiadinovic circa la
situazione interna del Paese in considerazione anche delle molte voci allarmistiche
diffuse particolarmente dalla stampa francese. Stoiadinovic ha dichiarato di
essere assolutamente tranquillo circa la situazione interna e la sua posizione
personale. È vero che le elezioni, fatte da Korosec con un sistema di
esagerata, incomprensibile ed ingiustificata libertà, hanno dato dei
risultati notevoli in favore delle opposizioni, ma bisogna tener presente che
immediatamente dopo la votazione le opposizioni stesse si sono scisse nei 17
gruppi che le compongono, mentre gli elettori di Stoiadinovic si raggruppavano
in un Partito unico che trova la sua maggiore forza nella vecchia Serbia e negli
elementi piú battaglieri e piú decisivi della gioventù
nazionalista.
La questione croata esiste ed è di natura tale da non poter venire risolta
in breve giro di tempo. Soltanto gli anni e il succedersi delle generazioni
potranno modificare uno stato di fatto che richiama alla mente l'attrito che
per lungo tempo è esistito fra Prussia e Baviera, tra Nord e Sud d'Italia.
Comunque Stoiadinovic è convinto che nell'attuale situazione parlamentare,
che gli consente un'assoluta libertà di azione, potrà prendere
provvedimenti atti a migliorare anche questa situazione. Egli procede con la
piú grande energia alla costituzione e alla organizzazione del Partito
radicale jugoslavo, modellato nel contenuto e nella forma sul Partito Nazionale
Fascista. In occasione della mia visita alla sede centrale di Belgrado, ho potuto
osservare attentamente le formazioni militari del Partito, tutte in uniforme,
inquadrate come le organizzazioni italiane, con qualche elemento giovanile armato.
Nella sede del Partito l'unica fotografia di personaggio straniero che appare,
è quella del Duce accanto a Stoiadinovic alla manifestazione del Foro
Mussolini. Le accoglienze ricevute alla adunata del Partito sono state eccezionalmente
calorose.
La Monarchia appoggia l'azione di Stoiadinovic. Il Principe Paolo parlando con
me della situazione interna, mi ha detto che nonostante alcune difficoltà,
egli la considera con molto ottimismo ed ha affermato che Stoiadinovic è
l'uomo politico serbo di cento cubiti piú in alto di tutti gli altri.
Politica estera. - Da quanto mi ha detto il Reggente Paolo, il Presidente Stoiadinovic,
gli altri uomini politici e da quanto mi è stato dato di capire attraverso
i contatti avuti con differenti ambienti, due sentimenti dominano l'opinione
pubblica jugoslava nei confronti dell'estero: un senso di profonda soddisfazione
per il consolidamento delle relazioni amichevoli con l'Italia; una diffusa e
greve preoccupazione nei confronti delle mire prossime e remote dell'espansionismo
germanico.
Stoiadinovic, parlando della situazione in generale, ha ripetuto che per la
Jugoslavia è indispensabile mantenere relazioni di ottimo vicinato e
di stretta collaborazione con la Germania. Ma, pur rendendosi conto di una tale
necessità, il popolo sente il disagio della vicinanza tedesca, della
pressione politica ed economica di una cosí paurosa massa di vicini,
aggravata dalle frizioni che, assai spesso involontariamente, la politica tedesca
determina nei vari ambienti jugoslavi. Questo sentimento è valso a spingere
sempre piú fortemente il popolo jugoslavo verso l'Italia. È da
tutti compreso che non saranno mai né la Francia né l'Inghilterra
geograficamente lontane e militarmente di forza dubbia, a tutelare il popolo
jugoslavo nei confronti della Germania. L'unico Paese che può fare questo
è l'Italia. Questa convinzione, unita ad una naturale attrazione del
popolo jugoslavo verso la civiltà romana, fa si che si desideri un sempre
maggiore rafforzamento dei legami con Roma, cosí che la Jugoslavia possa
trovare, nel quadro della politica dell'Asse il suo equilibrio e la sua sicurezza.
Questi sentimenti agiscono in modo che anche una distensione di relazioni con
l'Ungheria sia vivamente auspicata. Pertanto Belgrado salutò con profondo
compiacimento l'accenno amichevole contenuto nei brindisi scambiati in occasione
della mia visita a Budapest. Ma in pari tempo si deve sottolineare che da una
parte dell'Ungheria si mantiene sempre un contegno di ostile riserbo che non
può incoraggiare il Governo jugoslavo sulla via della definitiva ed aperta
conciliazione. Comunque Belgrado è disposta ad andare molto in là
su questa via, e considererebbe con favore anche la possibilità di concludere
un Patto di buon vicinato, collaborazione ed amicizia con Budapest, se da parte
magiara non si accentuasse, particolarmente in questi ultimi tempi, l'ostilità
nei confronti della Romania. Ciò impedisce la stipulazione di un Patto
jugoslavo-ungherese: bisogna tener presente che la Romania è legata alla
Jugoslavia da un Patto di alleanza e che un accordo diplomatico con l'Ungheria,
in questo momento, dopo lo sfacimento della Piccola Intesa, apparirebbe agli
occhi di tutti come un abbandono jugoslavo nei confronti del piú vecchio
alleato. Non è nella natura e nella morale del popolo jugoslavo agire
in tal modo. Nessuno meglio del Duce, che ha dato prove esemplari e indimenticabili
di lealtà politica internazionale, potrà comprendere ed apprezzare
questo punto di vista jugoslavo. In ogni modo, ai fini di quella distensione
che appare indispensabile nel Bacino danubiano, anche, e forse sopratutto, per
resistere alla crescente pressione tedesca, la Jugoslavia è disposta
a migliorare ulteriormente le sue relazioni con l'Ungheria nonché ad
agire con ogni mezzo sul Governo romeno affinché un migliore trattamento
delle minoranze ungheresi permetta la distensione dei rapporti romeno-magiari.
Ma se l'Ungheria metterà come condizione di una tale distensione la revisione
delle frontiere, il Governo jugoslavo deve sottolineare fino da questo momento
che la sua buona volontà non potrebbe essere sufficiente a risolvere
un tale problema, capace di creare le piú gravi complicazioni. Stoiadinovic
ha inoltre e ripetutamente sottolineato l'importanza che per il sistema italo-jugoslavo
ha l'amicizia romena: il paese è ricco di quelle materie prime che ci
sono indispensabili in pace e in guerra; data la situazione politica della Romania
è facile ottenere attraverso un'abile azione, dei vantaggi in misura
estremamente rilevante.
Dopo avere fissato cosí i punti piú importanti della politica
nel Bacino danubiano balcanico, Stoiadinovic ha riaffermato le direttive di
massima della politica jugoslava: avvicinamento sempre piú marcato a
Roma e quindi inquadramento nell'Asse; abbandono di fatto della Società
delle Nazioni ritirando a maggio la Delegazione che tuttora trovasi a Ginevra
e non partecipando piú alle sedute della Lega; esame con spirito favorevole
della possibile adesione al Patto anti-Comintern specialmente se anche da parte
della Germania sarà fatto sapere alla Jugoslavia che una tale adesione
sarà gradita a Berlino.
Albania. - Avevo già alcuni giorni or sono fatto un cenno al Ministro
Christic della situazione albanese e quindi ho trovato il Presidente Stoiadinovic
già preparato a sentirsi parlare di un tale argomento. Gli ho detto che
il disagio interno del Paese, l'odio che si accumula contro la persona del Re,
le molte zone di ombra che si notano nella politica dello stesso Zog, ci inducevano
a considerare con una certa preoccupazione l'avvenire dell'Albania. Tale preoccupazione
era in noi resa piú viva dall'imponente massa di interessi che si sono
gradualmente creati in detto Paese, alcuni dei quali, come quello dei pozzi
petroliferi, di fondamentale importanza per l'Italia fascista. Non intendevamo
quindi lasciare tali nostri interessi alla mercé degli eventi e volevano
sorvegliare con la massima attenzione lo sviluppo della situazione. Premesso
che consideravamo il problema albanese un problema unicamente ed esclusivamente
italo-jugoslavo, e che eravamo certi che nessuna altra Potenza avrebbe potuto
e voluto intervenire in tale questione, gli confermavo che il Duce non intendeva
compiere il minimo gesto senza previo accordo con l'amica Jugoslavia. Stoiadinovic
mi diceva che anche i suoi informatori lo avevano messo al corrente del disagio
che si è impadronito sempre piú del popolo albanese ed ha parlato
ín termini sommamente spregiativi della persona di Zog, facendomi intendere
che anche in tempi recenti ha fatto delle avances a Belgrado per mettersi al
soldo della Jugoslavia anche contro di noi. Mi ha detto che a suo avviso Zog
sarebbe capacissimo, se ben pagato, di servire Francia ed Inghilterra in un
momento di crisi per l'Italia. Quindi le nostre preoccupazioni erano assolutamente
fondate. A suo avviso si presentavano due soluzioni: 1. quella di sostituire
con altra persona piú degna Zog, ma egli stesso aggiungeva di non essere
in grado di precisare con chi; 2. quella di procedere alla spartizione dell'Albania
tra Italia e Jugoslavia cosí come in altri tempi si era ventilato. Ha
aggiunto però che sul momento non era preparato a discutere a fondo la
questione non conoscendo nei particolari il problema. Gli ho risposto che anch'io
non ritenevo doversi discutere immediatamente la cosa, ma che consideravo sul
momento sufficiente questa presa di contatto. Avremmo al momento opportuno potuto
metterci in comunicazione diretta e prendere le decisioni del caso. Stoiadinovic
ha approvato e ha specificato che una tale trattativa non desidererebbe farla
passare attraverso Legazioni, bensí attraverso agenti fiduciari e personali
che abbiamo designato nelle persone del Ministro plenipotenziario Anfuso e del
fratello dello stesso Stoiadinovic. Stoiadinovic si è preoccupato anche
di quelle, che potrebbero essere le reazioni di altre Potenze, ma ha concluso
riconoscendo che se la Germania non farà obiezioni (egli è convinto
che nell'intimo del loro animo i tedeschi vedranno con molto disappunto la nostra
occupazione territoriale in Albania) l'operazìone sarà relativamente
facile. Gli ho detto quali vantaggi potrà avere la Jugoslavia da un tale
evento: 1) l'accordo per la smilitarizzazione delle frontiere albanesi; 2) una
alleanza militare con l'Italia che in quel momento sarà resa possibile
e giustificata nei confronti della Germania dal fatto che anche noi diverremo
Potenza balcanica; 3) alcune notevoli correzioni di frontiera nel Nord dell'Albania;
4) la eliminazione di un centro nazionale albanese che fomenta di continuo le
agitazioni di Kossovo; 5) infine la promessa dell'appoggio italiano il giorno
in cui la Jugoslavia deciderà, attraverso la occupazione di Salonicco,
di assicurarsi lo sbocco nel Mediterraneo.
Ho evitato di precisare con Stoiadinovic quali zone potrebbero essere occupate
dalla Jugoslavia e quali dall'Italia. Ma mentre egli ha parlato di spartizione
albanese, io ho sempre parlato di correzioni di frontiere. Comunque il problema
mi sembra avviato verso favorevoli soluzioni: lo stesso Stoiadinovic che è
apparso anche lusingato dall'idea di poter dare al suo Paese il concreto vantaggio
di una espansione territoriale, mi ha pregato di far cenno della questione al
Principe Paolo. Anche presso di lui ho trovato un'accoglienza favorevole. Anzi,
ha mostrato di avere meno interesse di Stoiadinovic per l'entità di territorio
da assegnarsi alla Jugoslavia. "Ne abbiamo già tanti albanesi nelle
frontiere" cosí egli ha detto "e ci danno tali fastidi, che
non sento nessun desiderio di aumentarne il numero." Attraverso tali colloqui
il ghiaccio che circondava il problema albanese è stato rotto e credo
che allorché il Duce giudicherà matura la situazione, la questione
potrà venire affrontata in modo definitivo. Né credo che troveremo
troppe difficoltà per la delimitazione di confini: in primo luogo perché
non ritengo che gli jugoslavi abbiano pretese esagerate e poi perché
non mi sembra per noi eccessivamente importante l'avere 1000 chilometri quadrati
in piú o in meno di territorio albanese, bensí fondamentale il
fatto di installarci definitivamente, in una posizione, sopratutto strategica,
nella penisola balcanica.
Relazioni economiche e culturali. - La frase nel comunicato ufficiale dato alla
stampa che concerne lo sviluppo futuro dei rapporti economici tra l'Italia e
la Jugoslavia, è stata voluta personalmente dal Presidente Stoiadinovic
e deve anch'essa giudicarsi in relazione a quanto prima esposto circa le preoccupazioni
verso la Germania. La Jugoslavia rifiuta di avere un solo cliente e di essere
cliente di uno Stato solo: anche in questo settore vede la via della salvezza
nella collaborazione con noi, e, se fosse possibile, in modo anche piú
esplicito che nel settore politico. Stoiadinovic ha ripetuto la volontà
di stringere con l'Italia legami indissolubili. A tal fine ha cominciato col
concludere la fornitura di mezzo miliardo già precedentemente trattata,
ma non definita, ed ha assicurato che dirigerà particolarmente verso
l'industria italiana gli ordini dei Ministeri militari e dei trasporti e ferrovie.
Anche per quanto riguarda le relazioni culturali l'azione verrà in futuro
intensificata. Mentre è allo studio il progetto di un accordo culturale
che permetta la diffusione e la conoscenza della lingua in vastissima scala,
si darà vita ad Istituti di cultura, ad invio di studenti, a Mostre,
ad Esposizioni ed in genere ad ogni iniziativa atta a sviluppare l'interscambio
spirituale tra i due Paesi.
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webmaster Fabio D'Alfonso