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FEBBRAIO 1939
VIAGGIO IN POLONIA
25 febbraio - 3 marzo 1939 - XVII
Nel viaggio di andata a Varsavia, sosto per alcune ore a Vienna. Noto che la
città ha l'aspetto piuttosto addormentato e stanco. Il Console Generale
Rochira dice che infatti la vita di lusso, nei quartieri centrali, è
notevolmente calata di tono, ma che la grande massa popolare lavora tutta, sta
meglio e si mostra sempre più favorevole al nuovo regime. Accoglienze
da parte delle Autorità e del pubblico, buone.
Il mattino del 25 arrivo a Varsavia. Il ricevimento della popolazione è
caratterizzato dalla curiosità e forse anche da una simpatia senza calore.
La città è bigia, piatta, tristissima, benché, cosa inconsueta,
il sole illumini le vie di questa capitale senza carattere. Vengo informato
che già da alcuni giorní piccole dimostrazioni antitedesche scoppiettano
qua e là in tutte le città polacche. Le hanno provocate alcuni
incidenti che endemicamente si producono a Danzica. La Polonia, nonostante tutti
gli sforzi della politica di Beck, è fondamentalmente e costituzionalmente
antitedesca. La tradizione, l'istinto e gli interessi la portano contro la Germania.
Paese cattolico, con grandi nuclei ebraici, venato da forti minoranze tedesche,
ha fatalmente in sé tutti gli elementi di contrasto con l'imperialismo
teutonico. Non manco di far notare alle Autorità polacche che le agitazioni
antigermaniche mi mettono in una situazione imbarazzante. Mi viene risposto
che è provato essere queste dovute all'azione svolta dalla propaganda
francese a mezzo di elementi contrari al Governo nazionale. La Polizia ha agito
con energia procedendo all'arresto di ottanta studenti (molti dei quali ebrei)
e dimettendo quattro funzionari che avevano dato prova di debolezza nei confronti
dei dimostranti. Per noi italiani vi sono invece elementi positivi di simpatia,
ma si tratta di una simpatia generica e quindi inoperante.
Amano piú la nostra arte che la nostra vita. Conoscono meglio i nostri
monumenti che la nostra storia. Per troppo tempo siamo stati rappresentati in
Polonia da pittori, scultori, architetti e siamo stati rappresentati con l'inevitabile
servilismo dell'artista, che trova, lontano, il mecenate straniero. Amano ancora
nell'Italia, piú la grazia del pennello che la forza delle nostre armi,
nella quale ancora non credono completamente.
Ho colloqui con diversi uomini politici, ma specialmente con Beck. Le conversazioni
hanno un carattere piuttosto generico. La Polonia continuerà nella sua
politica di equilibrio, quale è imposta dalla situazione geografica.
Con la Russia, niente piú dei contatti strettamente necessari. Con la
Francia, alleanza difensiva sulla quale però non si fa affidamento illimitato.
Con la Germania buon vicinato, mantenuto a fatica dati i tanti elementi spirituali
e concreti di contrasto. Per Danzica, ferma intenzione di giungere ad una soluzione
definitiva e piú chiara. Ma Beck vuole che questa scaturisca da liberi
negoziati diplomatici, evitando ogni inutile e dannosa ed artificiosa pressione
di opinione pubblica. Inquietudine ancora viva per la questione rutena. La Polonia
non si rassegna a considerare definitiva la frontiera della Cecoslovacchia e
si spera ancora nella realizzazione di una frontiera comune con l'Ungheria.
La preoccupazione per il problema ucraino domina silenziosamente il cuore polacco,
benché Beck sottolinei spesso, con compiacimento e senza convinzione,
le assicurazioni ricevute da Hitler. Parlando della situazione attuale della
Cecoslovacchia, l'ha definita: "Un provvisorio che potrà anche durare
a lungo, senza però cessare di essere un provvisorio."
Io mi sono limitato a fare un giro di orizzonte della nostra politica, sottolineando
con grande energia la consistenza dei legami che ci uniscono alla Germania ed
affermando che l'Asse è e rimane la base permanente della nostra politica.
Ho visitato alcune organizzazioni militari, ma particolarmente quelle aeronautiche,
che mi hanno fatto buona impressione. Le industrie sono direttamente gestite
dallo Stato e i risultati appaiono soddisfacenti. Il materiale che mi è
stato mostrato era modernissimo, di buona fattura e di solide caratteristiche.
Il personale sembrava buono.
Non molto posso dire del regime interno, perché non molto ho visto. Ma
anche la stessa inquietudine determinata dalle manifestazioni studentesche,
la preoccupazione che suscitava nel Governo la necessità di contenerle,
l'atteggiamento equivoco di buona parte della stampa, confermano che si è
ben lungi dalla esistenza di un regime autoritario e totalitario. La sola voce
che conta in Polonia è quella di un morto, il Maresciallo Pilsudski,
e troppi sono coloro che si contendono il diritto di essere i veri depositari
della sua parola. Il fatto che il Paese sia governato ancora da un dittatore
postumo, prova che una forza nuova non si è ancora affermata e forse
neppure manifestata.
Riassumendo le impressioni e riportandole nel piano dei nostri interessi, mi
pare giusto concludere che sarebbe pericolosa leggerezza affermare, come in
certi circoli tedeschi si è fatto, che la Polonia è un Paese acquisito
al sistema dell'Asse e del Triangolo, ma sarebbe anche ingiustamente pessimista
qualificarla addirittura un Paese ostile. Quando la grande crisi si produrrà,
la Polonia resterà a lungo con le armi al piede e solo quando le sorti
saranno decise si schiererà dalla parte del vincitore. E cosí
facendo, agirà, da un suo punto di vista, bene, poiché è
un Paese che ha interessi e contrasti, amici e nemici, da ambo i lati.
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webmaster Fabio D'Alfonso