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NOVEMBRE 1939
LETTERA ALL'AMBASCIATORE A BERLINO
Roma, 8 novembre 1939 - XVIII
N. 7547
Personale
Caro Attolico,
dal colloquio che hai avuto con Ribbentrop il 2 corr., e sul quale hai riferito
col tuo rapporto n. 8501 del giorno 6, risulta che malgrado l'evidenza degli
avvenimenti prodottisi nei giorni precedenti lo scoppio del conflitto e nonostante
che non siano successivamente mancate nostre chiare "messe a punto"
- vedi colloquio Göring-Teucci - sussiste in codesti ambienti una strana
misconoscenza di quello che è stato il nostro atteggiamento.
Particolarmente ingiustificata è la permanenza di tale stato d'animo
presso Ribbentrop, il quale conosce perfettamente, in ogni dettaglio, l'attività
svolta dall'Italia ed è stato testimone della perfetta scrupolosa lealtà
con cui l'Italia ha espresso sempre il suo pensiero, ha segnalato tempestivamente
i pericoli della situazione ed ha infine impiegato tutto il peso della sua influenza
diplomatica per la quale lo stesso Führer ha espresso al Duce la sua riconoscenza.
È effettivamente probabile che, come tu dici, Ribbentrop cerchi sopratutto
delle giustificazioni di fronte a se stesso. Ma noi non possiamo permettere
che certe interpretazioni a certi stati d'animo, oggi ancora forse fluidi ed
incerti, vadano cristallizzandosi a nostro danno in dispregio della più
elementare verità. È quindi necessario che tu chiarisca una volta
per sempre con Ribbentrop che le sue affermazioni circa le cause dell'intervento
inglese - da lui attribuito principalmente alla conoscenza della neutralità
italiana - sono assolutamente arbitrarie e categoricamente smentite dalla storia
diplomatica di quei giorni.
A prescindere infatti dalla considerazione che l'Inghilterra, già da
molto tempo prima dell'estrema crisi dell'agosto, aveva ripetutamente e ufficialmente
comunicato la sua decisione di entrare in guerra se si fosse verificato un attacco
del Reich alla Polonia (argomento da me ripetutamente sottolineato nei colloqui
di Salisburgo), sta di fatto che al momento decisivo le determinazioni dell'Inghilterra
non poterono essere influenzate dall'atteggiamento italiano, poiché la
non belligeranza dell'Italia fu nota solamente attraverso il comunicato del
Consiglio dei Ministri del 1° settembre, quando cioè le truppe tedesche
avevano già invaso la Polonia scatenando l'automatica esecuzione di quel
Patto di assistenza anglo-polacco che - è bene ripeterlo - era stato
firmato sin dal giorno 25 agosto. E, d'altra parte, le misure militari adottate
dall'Italia in pronto fiancheggiamento dell'azione tedesca non potevano certo
far sorgere presso gli inglesi la persuasione della astensione italiana, della
quale assolutamente nessuno poté aver notizia prima che il Duce stesso
l'avesse decisa il 1° settembre, come è provato, tra l'altro, dal
fatto che la sera del 31 agosto il Governo inglese interruppe le comunicazioni
telefoniche e telegrafiche con l'Italia oltre che con la Germania e non le riattivò
che il giorno successivo. I motivi della astensione italiana, come è
ben noto a Ribbentrop, sono consegnati in documenti irrefutabili se pur non
conosciuti dal pubblico.
Attribuire l'intervento inglese alla non belligeranza italiana è dunque
affermare il falso e la stessa lealtà da noi sempre mantenuta verso la
Germania ci impone di non permettere che sussistano equivoci in questa materia.
E del resto equivoci non dovrebbero sussistere da che, con suo telegramma del
1° settembre (che codesto Governo non ha finora voluto rendere noto al popolo
tedesco), il Führer ringraziò il Duce per l'aiuto diplomatico e
politico fornito dall'Italia alla Germania.
Ti prego di far presente a Ribbentrop quanto precede assicurandomi circa l'interesse
che egli porterà a questa nostra precisazione che è di natura
fondamentale per il presente ed il futuro dei nostri rapporti con la Germania.
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