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 LA MORTE DELL'ETERE
di Bruno Franchi

 

        I due fisici Michelson e Morley, nel 1887, hanno messo fine alla disputa di secoli tra "spazio vuoto" e "spazio pieno" facendo un esperimento che durò mezz'ora, tempo nel quale si decretò che la luce viaggiava a velocità invariata quindi non c'era nessun mezzo che interferiva. Con tale inequivocabile sentenza scientifica si dette inizio all'era dello spazio vuoto, da cui il "newtoniano" Albert Einstein, il quale sostiene con la sua teoria della relatività (1905) che l'etere non esiste. Con la morte dell'Etere si aprì una nuova ipotesi sull'origine dell'universo che oggi viene riconosciuta da tutta la Scienza Ufficiale ossia che c'è stata una grandissima esplosione, "big bang", che ha generato galassie, soli, pianeti, e vita. L'uomo di Scienza, quindi, contraddicendo se stesso prima fa morire la matrice universale, poi da questa inesistente matrice fa nascere, in un punto ipotetico nel vuoto assoluto, l'universo materiale in cui egli è la parte più importante; unica specie conosciuta che indaga se stessa e l'universo da cui è nata. L'universo così trova la sua spiegazione da un evento cosmico di cui nessuno può verificare la veridicità poiché non riproducibile in laboratorio. Con tale premessa come può la scienza affermare un qualcosa senza averne le prove? Io credo che la morte dell'etere sia stato un evento catastrofico perché una delle premesse dell'esperimento di Michelson-Morley era costituita dall'assunzione che l'etere si trova in stato di quiete; di conseguenza la terra si muove attraverso un etere stazionario. Tale assunzione ha fatto si che si ritenesse lo spazio immobile rispetto la terra, così la terra era come una palla di gomma che oscilla sull'acqua stagnante; ritenere l'etere con questa premessa non poteva che essere fatale per la sua comprensione, poiché l'etere va visto come energia priva di massa, di cui la "luce" non si muove affatto, ma è un effetto locale della radiazione luminosa dell'etere. Una simile asserzione potrà sembrare assurda per un astro fisico, ma non mai tanto assurda da far nascere un universo dal nulla, poiché tutto diventerebbe più comprensibile di facile lettura, far nascere galassie, da vortici rotanti come uragani, giacché come mai se si guarda un uragano assomiglia a una galassia?
        Come mai guardando un nodo nel legno assomiglia a una galassia? Come mai tutto in natura e simmetrico; ossia quello che è a destra è anche a sinistra? Ho chiesto alla Scienza di spiegare perché abbiamo due occhi, e gli scienziati non hanno saputo rispondere, quindi la simmetria deve avere in sé la chiave per capire l'origine dell'universo stesso, basti guardare le nostre impronte digitali, se si osservano attentamente, e sovrapponendo la parte destra con quella sinistra si avrà il disegno di una galassia a spirale. Naturalmente per lo scienziato del "big bang" diventa pericoloso accostare tali analogie perché si torna a un tipo di osservazione del tipo:
     -   il sole gira intorno alla terra e non viceversa, poiché l'effetto ottico soggettivo dava adito all'illusione, più che alla realtà oggettiva poi dimostrata. Il visibile però, se visto con attenzione, può mostrare qualcosa che è stato tralasciato, dal momento che si è abbandonato l'osservazione del visibile, come se il visibile non fosse in relazione dell'invisibile:
    -    particelle subatomiche di cui la scienza studia così assiduamente con il metodo degli acceleratori per verificarne nuove prove spaccando la materia come fa un minatore. "L'apparenza inganna", tale detto la scienza lo ha preso come motto per la sua ricerca, poiché la realtà oggettiva, che tutti possono vedere in bella mostra davanti ai propri occhi, non è più fondamentale perché si crede che tutto il visibile non ha più niente da dire. Credo che questo approccio sia stato negativo per i fisici perché il peggior servizio alla conoscenza e negare l'evidenza bollandola per eresia, per fandonia, o per fantasia. Tale atteggiamento ha prodotto un "dogmatismo scientifico" di un pensiero dominante che sempre di più si sta cristallizzando in un modello mentale a senso unico dove non ci sarà più spazio alle intuizioni poiché tutto viene relegato alla logica dominante, tralasciando il sentire soggettivo che ha caratterizzato ogni nuova scoperta. Credere allo "spazio vuoto" ha messo in ginocchio la ragione funzionale per una ragione meccanicistica della vita e dell'universo; quest'ultima è nata dalla incapacità di sentire e poiché è nel sentire che poi si vede e non viceversa, così l'osservatore diventa di importanza fondamentale per scoprire il nuovo, un nuovo che non può essere visto se si ha il vecchio dentro. Solo chi fa morire il vecchio modello può far nascere un nuovo modello, ma il nuovo modello lo si potrà vedere se l'osservatore sentirà prima se stesso, poiché fin dall'inizio del viaggio mentale dell'uomo si è cercato prima di capire l'esterno, visto era l'elemento primario di sopravvivenza. Oggi si dovrebbe cambiare rotta, fare un salto evolutivo di conoscenza, perché la verità è davanti a noi, ma chi la vede non la sente, lo "spazio vuoto" ne è la prova tangibile di come l'universo che si è creato a propria immagine e somiglianza rispecchia la sua natura distorta che gli impedisce di sentire quello che un neonato libero sente in ogni suo libero pulsare, che non divide se stesso dall'universo che lo circonda giacché egli è l'universo nato dal "buio impensato perché scontato", poiché è il buio che crea la luce non viceversa. Basterebbe guardare lo spazio per chiedere a se stessi: come mai c'è più buio che luce?
        Ma noi siamo attratti dalla luce, giacché il buio lo abbiamo rimosso, lo abbiamo fatto morire ma è da esso che tutto è nato per esistere, per essere reale per essere amore per sempre; negare questo vuol dire negare se stessi e vivere nel "vuoto assoluto", poiché come diceva un grande filosofo: "Quale è la cosa più difficile di tutte? Quella che sembra la più facile: con gli occhi vedere ciò che davanti agli occhi si trova".


 
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