Fascismo in Alto Adige

di Elsa Dal Monego

 

Capitolo primo

 

L'Alto Adige una regione tranquilla però con tristi esperienze.

Il primo interessato al fascismo in Alto Adige è stato Il conte Ettore Tolomei, nato in provincia di Trento. Nel 1904 sale il Glockenkarkopf, alto 2912 metri, sullo spartiacque fra l'Alto Adige ed il Salisburghese, e scolpisce nella roccia la parola "Italia" e ribattezza il monte con il nome con cui è noto anche oggi: "Vetta d'Italia". Per Tolomei la Vetta d'Italia dovrà diventare il punto più a nord della penisola. Lo scopo politico di Tolomei sarà, da questo momento in avanti, quello di impegnarsi con tutte le forze, senza risparmio di mezzi, per far giungere il confine d'Italia allo spartiacque alpino.
Nel 1906, Tolomei si trasferisce in provincia di Bolzano e a Trento fonda il suo giornale "Archivio per l'Alto Adige con Ampezzo e Livinallongo", un periodico su cui egli pubblica sempre nuovi articoli con i quali cerca di rivendicare il diritto dell'Italia sull'allora Sudtirolo. E Sull'Archivio Tolomei comincia ad italianizzare la toponomastica alloglotta, trasformandola nella futura toponomastica altoatesina, coniando oltre 8.000 toponimi. Sull'Archivio egli sollecita in seguito l'italianizzazione dei cognomi germanizzati.
Tolomei poté vantarsi di un eccezionale successo politico, presentandosi sul suo Archivio come "padre del confine al Brennero". Per le sue eminenti benemerenze verso la Patria, il Re lo nominò Senatore del Regno il 1° marzo 1923.
Iscritto al PNF sin dal 1° marzo 1921, diventa il principale esponente del Fascio bolzanino. In tale veste si adopera strenuamente per l'Italianizzazione dell'Alto Adige. 'E tra i promotori dell'innalzamento del monumento alla Vittoria presso il ponte Talvera, a Bolzano. Nel giugno 1923 organizza l'occupazione del Municipio di Bolzano e la deposizione dell'ultimo borgomastro tedesco, Julius Perathoner.
Il 15 luglio 1923, con un memorabile discorso al Teatro Civico di Bolzano, iniziato con un entusiastico "Camerati fascisti! Spunta l'alba radiosa di una nuova epoca, oggi inizia a Bolzano l'Era Fascista", si fa promotore di un manifesto per l'Italianizzazione dell'Alto Adige in 32 punti, riassumibili come di seguito: proibizione dell'uso ufficiale del tedesco; Italiano unica lingua ufficiale; chiusura delle scuole tedesche; scioglimento dei partiti tedeschi; trasferimento degli impiegati allogeni; italianizzazione totale della toponomastica alloglotta, comprensiva di cognomi, strade e vie; soppressione dei giornali tedeschi. L'opera di sradicamento del germanesimo è seguita costantemente dal Governo centrale e dal Duce in prima persona.Bolzano contava allora 40.000 abitanti, in maggioranza tedeschi. Tolomei si prefisse
Bolzano contava allora 40.000 abitanti, in maggioranza tedeschi. Tolomei si prefisse di ingrandire la città con l'obiettivo di raggiungere i 100.000 abitanti, favorendo l'immigrazione di Italiani provenienti dalle altre Province. Nell'estate 1935 inizia la costruzione di un'ampia zona industriale presso i prati di Agruzzo; contemporaneamente a sud-ovest della città sorgono nuovi quartieri organizzatissimi, con caseggiati, scuole, chiese, istituzioni sociali. Quando le prime fabbriche cominciano a funzionare, arriva anche la prima ondata di immigrati; nel 1936 sono circa 4.000, nel 1937 quasi 8.000. Bolzano diventa così una grande città più marcatamente Italiana.
Alla fine degli anni trenta Tolomei ha un grande ruolo nel celeberrimo accordo Mussolini-Hitler sulla questione altoatesina: si tratta delle "opzioni", ovvero la migrazione volontaria nel Grande Reich Germanico dei sudtirolesi tedeschi e ladini che sceglieranno la cittadinanza tedesca. Tale soluzione ebbe un precursore nell'irredentista Adriano Colocci-Vespucci, che già prima della Grande Guerra disse a Tolomei: "La soluzione migliore per risolvere il problema della minoranza in Alto Adige è quella di ricacciare in massa i tedeschi oltre il Brennero".
Tolomei è entusiasta della situazione: ormai lo scopo è totalmente raggiunto. Grazie a Mussolini e Hitler la questione altoatesina sta giungendo a soluzione. Egli scrive nel suo Archivio: "Il trattato fra Roma e Berlino sul trasferimento dei sudtirolesi nel Reich Germanico è qualcosa di meraviglioso, la cosa più grande che sia stata intrapresa dalla Guerra in qua per l'assimilazione dell'Alto Adige". In questo periodo accresce anche la sua attività parlamentare, divenendo Membro della Commissione dell'Educazione Nazionale e della Cultura Popolare (17 aprile 1939-14 novembre 1940) e Membro della Commissione degli Affari Esteri, degli scambi commerciali e della legislazione doganale (14 novembre 1940-5 agosto 1943).
Tuttavia non si riuscirà a completare la ratifica delle "opzioni": giunge il II conflitto mondiale, che travolge ogni desiderio ed ogni speranza. Tolomei, distrutto dagli eventi, si ritira a Roma, dove morirà il 25 maggio 1952.
L'italianizzazione fascista
Le trattative per un'ampia autonomia furono immeditamente contrastate da gruppi nazionalistici, a capo dei quali si pose Ettore Tolomei. Gruppi nazionalisti si batterono per la cancellazione della cultura tirolese dai nuovi territori, anche con la violenza. Il primo episiodio violento si verificò il 24 aprile 1921, quando uno squadrone fascista agli ordini di Achille Starace assaltò con armi da fuoco e bombe a mano un corteo di cittadini di lingua tedesca, che sfilava nel corso di una manifestazione antiitaliana. Quarantacinque persone furono ferite, in parte gravemente. Franz Innerhofer, un maestro di Marlengo, rimase ucciso da colpi di pistola, si dice mentre tentava ripararsi sotto un portone con uno scolaro. Quel giorno viene ricordato come la "Domenica di sangue". Il 4 ottobre 1922 squadristi fascisti, ancor prima della Marcia su Roma occuparono il Municipio di Bolzano, costringendo alle dimissioni il sindaco Julius Perathoner e il consiglio liberamente eletti.
Dopo la presa di potere dei fascisti, avvenuta il 28 ottobre 1922, l'Alto Adige germanofono fu sottoposto a una poltica di progressiva italianizzazione: fu vietato l'insegnamento della lingua tedesca nelle scuole (riforma Gentile), fu censurata tutta la stampa germanofona, molti nomi e addirittura i cognomi furono italianizzati. Fu incentivata l'immigrazione dalle regioni più povere d'Italia, promuovendo l'industrializzazione dell'Alto Adige, con l'intento di aumentare la consistenza dell'etnia italofona. Tutto ciò suscitò notevoli rancori, soppressi anche con la forza, fra la popolazione di lingua tedesca, che si oppose in vari modi ai tentativi di assimilazione: anche l'insegnamento del tedesco continuava nella clandestinità delle "Scuole nelle Catacombe" (Katakombenschule), il cui fondatore fu Michael Gamper. Nell'autunno del 1928 furono create scuole parrocchiali tedesche ove s'insegnava la religione nella madrelingua.

 

 

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Capitolo secondo

L'italianizzazione

 

L'italianizzazione della scuola tedesca costituisce uno dei punti importanti del programma fascista:
1. Gli scolari tedeschi con cognomi italiani furono costretti a frequentare scuole italiane;
2. Furono istituiti asili infantili e scuole italiane;
3. Nel 1923-1924 l'italiano divenne l'unica lingua d'insegnamento.
Nel novembre 1925 il prefetto Guadagnini emanò un decreto segreto nel quale ordinava di combattere l'insegnamento del tedesco. La scuola tedesca divenne clandestina e sorse la "Scuola delle catacombe" il cui fondatore fu Michael Gamper.
Le autorità fasciste perseguirono quest'organizzazione con estrema durezza, ma in seguito nell'autunno del 1928 furono create scuole parrocchiali tedesche ove s'insegnava la religione nella madrelingua.
La popolazione fu percorsa da due grandi correnti: i "Dableiber" e gli "Optanti". I "Dableiber" erano coloro che volevano rimanere fedeli alla propria patria, invece quelli che volevano essere trasferiti nel "Terzo Reich" erano gli "Optanti".
La propaganda pro e contro le opzioni era intensa. I favorevoli all'espatrio intimidivano quelli che volevano restare nella loro terra con il terrore, spargendo la voce di un possibile insediamento nelle colonie italiane in Africa o in Sicilia, qualora avessero optato per rimanere in Italia. Taluni ritennero le opzioni una specie di consultazione popolare ostile all'Italia. Alcuni, per rimanere nel loro territorio, facevano riferimento ai vincoli fra viventi e cari deceduti che riposavano nei cimiteri. I rossi gerani in fiore che in Tirolo secondo la tradizione abbelliscono le finestre e i balconi delle case, e che sono chiamati "amore ardente" (brennende Liebe), simboleggiavano il vincolo con la propria terra che non si poteva abbandonare.
Molti scelsero l'emigrazione, ma altri rimasero nella propria patria. Alla scadenza del termine, 166.488 altoatesini avevano optato per la Germania mentre 63017 persone erano opposte. Coloro che avevano dichiarato l'intenzione di rimanere nella loro terra vennero sottoposti a gravi manifestazioni di ostilità ed intolleranza anche dagli stessi familiari.

 

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Capitolo terzo

L'Alto Adige dopo il 1918

 



Sudtirolo sotto il fascismo
Nei primi anni furono discussi progetti di autonomia per i nuovi territori. Essi erano però assai difficili da conciliare con l'idea unitaria e centralistica dello Stato che dominava allora in Italia. Furono rispettati alcuni diritti delle minoranze; ad esempio furono mantenute le scuole in lingua tedesca e slovena. Ma la situazione cambiò radicalmente col 1922.

L'avvento al potere di Mussolini e del fascismo non solo annullò ogni speranza di autonomia, ma diede il via ad una politica di rapida e forzata italianizzazione, che aveva come obiettivo la cancellazione delle minoranze linguistiche e culturali. In Alto Adige un ruolo importante in questo senso fu svolto da Ettore Tolomei, uno studioso nazionalista roveretano che già dai primi anni del secolo aveva cominciato a diffondere il concetto dell'italianità/latinità del territorio tra Salorno e il Brennero. Egli era stato l'artefice della diffusione in Italia della stessa indicazione geografica di "Alto Adige" (aveva ripreso il termine dal periodo napoleonico).

Secondo i suoi programmi, che in parte furono seguiti dal regime fascista, l'Alto Adige avrebbe dovuto essere immerso in un "lavacro di italianità": dalla lingua alla veste architettonica, fino agli stessi costumi di vita.

Fu introdotta la toponomastica italiana e abolita quella tedesca. Fu proibito l'uso del temine "Tirolo" e dei suoi derivati ("Südtirol"). L'italiano divenne l'unica lingua ammessa nell'amministrazione e nella scuola (Legge Gentile, 1923). Un decreto prevedeva persino la "restituzione alla forma italiana" di cognomi considerati "intedescati". Era un invito a italianizzare i nomi di famiglia, che per fortuna ebbe poco seguito.
Soprattutto le giovani generazioni sudtirolesi si trovarono così in una situazione di lacerazione interiore: dover accettare una vita pubblica ed esteriore italiana, avvertita come estranea, e allo stesso tempo custodire gelosamente la propria identità culturale nella sfera privata, familiare.

Nacquero dei corsi clandestini per insegnare ai bambini almeno i rudimenti della lingua tedesca. Furono chiamati "scuole delle catacombe" ("Katakombenschulen") dall'appello lanciato dal canonico Michael Gamper nel 1923: "Dobbiamo imitare i primi cristiani quando furono perseguitati: si rifugiarono nelle catacombe". Ovviamente le autorità italiane cercarono in ogni modo di scoprire e scardinare la rete di queste scuole.

Nel frattempo cresceva l'immigrazione italiana, soprattutto da quando, nel 1927, era stata istituita la Provincia di Bolzano, che veniva così staccata da Trento (alla quale rimaneva la Bassa Atesina). Lo scopo era di dare centralità al capoluogo, con l'apertura di nuovi uffici e l'avvio di grandi opere pubbliche. Nella seconda metà degli anni Trenta iniziò la costruzione della grande zona industriale di Bolzano. Arrivarono migliaia di famiglie di operai, impiegati, tecnici. Per accoglierle si costruirono nuovi quartieri, tra cui quello caratterizzato dalle "case semirurali".

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Capitolo quarto

 

MERANO Tristi ricordi che si tramandano da generazione in generazione...

Notizie raccolte da persone che hanno vissuto quel periodo e ricordano i loro giorni difficili. Il Sud Tirolo è una regione dove la maggior parte della popolazione è tedesca e la vita dei Sudtirolesi era diventata sempre più difficile con la proibizione della lingua tedesca, specialmente per le persone anziane che conoscevano solo quella e spesso venivano trattati con sgarbo.

Quando esisteva il Regno d'Italia della famiglia reale Vittorio Emanuele III il Re d'Italia uomo piccolo e insignificante e la Regina Elena di Montenegro, molto bella. Dai quali sono nati cinque figli Iolanda, Mafalda, Giovanna, Umberto e Maria. Dai racconti si dice che allora la vita trascorreva serena, tutti si lavorava e il rispetto era reciproco a qualsiasi lingua uno appartenesse o parlasse. Ma arrivato il fascismo la vita per l' Alto Adige cambiò completamente, sui volti sorridenti della gente ora si leggeva tristezza e paura
La dittatura fascista non si fece aspettare e iniziò subito contro la madrelingua dell'Alto Adige che è tedesca, Vennero aboliti tutti i giornali in lingua tedesca, settimanali, riviste e il quotidiano "Alto Adige" essendo italiano nel giro di breve tempo è rimasto l'unico mezzo di informazione diventando così organo ufficiale del fascismo altoatesino. Sono state chiuse le scuole tedesche, e la chiusura delle banche e degli istituti di credito locale e l'abolizione di eventuali seconde lingue ufficiali. Sono state cancellate con il catrame tutte le insegne dei negozi e anche delle strade così pure nelle stazioni i nomi dei paesi, gli orari e ogni cosa che avrebbe potuto essere utile a chi doveva viaggiare, i monumenti venivano tolti dal loro posto e sostituiti con simboli fascisti etc. alla radio ci furono solo programmi fascisti e maggior parte inni al grande dittatore e il giornale radio era rivolto tutto alle grandi imprese fatte dal Duce e delle sue virtù di bontà,. di tedesco non rimase niente tranne il ricordo e la tristezza nel cuore. I fascisti in divisa non camminavano mai da soli, ma a gruppo minimo di tre e con i loro tacchi di cuoio si potevano sentire in lontananza.
La gente tedesca aveva imparato a tenere le tapparelle chiuse anche di giorno e si ci aiutava a vicenda chi sapeva l'italiano aiutava gli altri che non lo conoscevano. In qualsiasi posto o ente si doveva parlare solo italiano o portarsi un interprete.
Noi in Alto Adige che siamo una popolazione formata da italiani e tedeschi che sono la maggioranza E' capitato a una persona che parlava male l'italiano di entrare in un ufficio per dei documenti e cercò di spiegarsi con quel pò di italiano che sapeva, ma con sgarbo da una giovane italiana in divisa le venne risposto, "qui siamo in Italia perciò parli italiano".
Arrivò anche il turno che tutti i cognomi tedeschi sono stati cambiati in cognomi italiani, chi si chiamava "Gögele" ora si chiamava "Cogoli" chi si chiamava "Gruber" ora si chiamava "Groteo" "Gamper" venne cambiato in "Campello" e "Holzmann" in "Olzano" naturalmente tutti gli altri cognomi tedeschi. Fra le altre ingiustizie fasciste si aggiungono anche l'iscrizione al fascismo che era diventato d'obbligo dove agli neo iscritti veniva consegnato una tessera da fascista e un piccolo distintivo con lo sfondo la bandiera tricolore e al centro in rilievo in colore oro il fascio, da portare sempre, chi non si iscriveva veniva privato del lavoro, perciò anche se a malincuore non c'era scelta. i più fortunati erano i montanari che fino a quelle altezze il fascismo non era arrivato,

.Anche la stragrande maggioranza dei bambini era iscritti volenti o non volenti all'opera nazionale del balilla che poi divenne Gioventù Italiana del Littorio. Il saluto doveva essere fascista con il braccio alzato anche per i bambini. Naturalmente come in tutte le dittature c'erano i fanatici le quali mamme portavano in braccio bimbi di tre o quattro anni in divisa di "figli della lupa" venivano portati alla casa del balilla dove chiusi in un recinto e sorvegliati da una giovane italiana guardavano libretti del Duce nelle varie posizioni e nelle sue grandi opere che la giovane spiegava, invece ai più grandi veniva insegnato a marciare e come tenere in mano un moschetto. Per la popolazione meranese vedere questi bimbi che anzichè giocare con una palla o con il trenino erano chini sopra un finto moschetto a imparare il suo funzionamento con un visino serio serio senza un sorriso, davano loro tanta tristezza. Il saluto fascista era d'obbligo anche tra bambini cosi piccoli, quando arrivava un avanguardista che era un ragazzo di circa 15-16 anni in divisa,che aveva il compito di insegnare l'educazione militare i piccolini dovevano alzarsi in piedi e fare il saluto con braccino alzato. Un periodo molto triste per i meranesi.

Sulle fiancate delle case dove non c'erano aperture si leggeva: "Credere, obbedire e combattere" firmato Mussolini o "Il duce ha sempre ragione" è anche "Il libro e moschetto fascista perfetto" "Dio Patria. Ogni altro affetto, ogni altro dovere vien dopo." e altre scritte innegianti Mussolini. Sulle case abitate dai fascisti si poteva pure vedere in grande la faccia del Duce e la scritta "ideatore dell'Impero", oppure grandi fasci con la scritta "Duce Duce Duce". "Vincere e vinceremo" Tanti meranese tramite conoscenze si trasferirono in Austria o in Swizzara, per trovare una vita più tranquilla, che poi vi rimasero per sempre, mentre altri caduto il fascismo tornarono per la nostalgia della loro terra.
Un dono del Duce per i bambini più poveri era il regalo della Befana. Questi bambini tutti in divisa si radunavano al Kursaal che naturalmente si chiamava Casinò di cura. Uno alla volta furono chiamati davanti a un grande tavolo dove c'erano tanti sacchetti di carta con i manici e dove c'era scritto "Befana Fascista" dopo aver fatto il saluto fascista e pronunciata la frase "Viva il Duce" hanno ricevuto uno di questi sacchetti, che più o meno conteneva due aranci, tre mandarini, un sacchetto di noccioline e un pacchetto di biscotti.e naturalmente non poteva mancare la foto del Duce.
Su una collina di Merano viveva una anziana contadina questa donna che aveva un piccolo prato e e un piccolo, orto e viveva vendendo i prodotti della sua terra, per vivere e ben raramente scendeva in città per qualche spesa perciò ancora ignara di quello che succedeva attorno a lei e di tutte queste nuove regole di vita. Come era abituata a fare circa ogni tre o quattro settimane scendeva in città per i suoi acquisti, era il periodo di Natale e felice mentre scendeva dalla collina cantava una canzone natalizia "O Tannenbaum" (oggi viene cantata in tutte le lingue), in quel preciso momento nella strada sotto alcune spie fasciste la sentirono e la presero per le braccia e la portarono in prigione, la poverina spaventata non sapeva cosa stava succedendo e piangendo cercava di avere qualche spiegazione ma siccome non parlava italiano nessuno le diede retta. I suoi vicini non vedendola, tornare hanno preso cura dei animali e hanno incominciato a interessarsi di lei tramite un amico italiano, quando lo seppero e che il giorno dopo sarebbe tornata alla sua casa ringraziarono l'amico e se ne tornarono sulla collina senza lasciarte traccia per non essere rintracciati.
Dopo tre giorni la poveretta tornò a casa pallida e spaventata e raccontò cosa era accaduto.
Questa è una delle tante ingiustizie successe a Merano e che rimase impresso come un marchio negativo nei cittadini. Diversi capi fascisti si fecero padroni di case e negozi.di famiglie tedesche che si erano rifuggiate in Austria o in Swizzera. Chi aveva un orto anche piccolo veniva requisito dai fascisti e diventava un "orticello di guerra" perciò non si poteva più prendere niente perchè l'orto non era più nostro, però si doveva tenerlo curato, ogni giorno arrivavano due fascisti in borghese controllavano l'orto e potevamo prendere la verdura di cui avevamo bisogno. Un vicino di casa che aveva l'abitudine di fumare ma le sigarette si potevano avere solo con i bollini che erano molto pochi della "carta annonaria" noi gli passavamo i nostri bollini e in più in casa avevamo piantato nei vasi un paio di piante di tabacco (sempre di nascosto) perchè era proibito, lui poi le foglie le faceva seccare e dopo le pestava nel mortaio e faceva il tabacco per la pipa. Tutti i generi alimentari di prima necessità pasta, pane, olio, zucchero, latte, sapone, erano stati razionati, cosi anche altri generi alimentari, invece quelli di non immediata necessità, come il burro ed il caffè, divennero, con il passare del tempo, praticamente introvabili.

"La domenica di sangue" Un disumano ricordo, agli ordini di Achille Starace uno squadrone di fascisti assali con pistole e bombe a mano un corteo di cittadini di lingua tedesca. Tra questi un maestro Franz Innerhofer, di Marlengo, rimase ucciso da colpi di pistola, si dice mentre tentava ripararsi sotto un portone con uno scolaro.
A capo di Gruppi nazionalisti che si batterono per la cancellazione della cultura tirolese anche con la violenza ci fu Ettore Tolomei.
A Merano come a Viareggio e altre città per carnevale si faceva la sfilata con i carri e ci si vestiva in maschera, tutti i bambini aspettavano quel periodo allegro e simpatico per mettersi in maschera, ma arrivato il fascismo è stato proibito il carnevale, si diceva che il motivo sia stato che i fascisti temevano che con i travestimenti e le maschere qualcuno potesse avere una pistola o altro e uccidere qualche fascista.
Con la caduta del fascismo tutti i più fedelissimi al Duce negavano di essere stati fascisti.

Finita la guerra L'Alto Adige è stato occupato dalle truppe tedesche, della Wermacht naturalmente anche Merano, ma la vita per i meranesi è diventata meno difficile e piano piano sono ricomparse le scritte in due lingue italiano e tedesco e come è sempre stato è tornato il bilinguismo.
Merano durante la guerra era diventata "Città Ospedaliera" tutti gli Hotel e pensioni avevano dipinto sul tetto una grandissima "Croce Rossa" dove venivano ricoverati soldati feriti in guerra, infatti non è stata mai bombardata dagli americani
Dopo la fuga della Wermacht sono arrivate truppe americane e con loro arrivarono i "Chewingum"! la gomma da masticare, cose che da noi non si conoscevano. Non so se per grandezza come liberatori o se per carattere, fatto stà che sono stati molto generrosi, regalarono coperte, ferri da stiro, viveri vari tutti in scattolette, sigarette e "Chewingum" a volontà!

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Capitolo quinto

 

Alto Adige oggi…

LAlto Adige è oggi al secondo posto in Italia per PIL pro capite, superato di poco dalla Lombardia, attestandosi sui 31.158 €. Nel contesto europeo il potere d'acquisto pro capite supera di oltre 40 punti percentuali la media dell'Unione Europea a 25 Anche la condizione occupazionale in provincia è eccellente, e con un tasso di disoccupazione che si attesta al 2,7% si parla tecnicamente di piena occupazione. Il notevole benessere è anche riconducibile alla oculata gestione delle notevoli risorse da parte dell'amministrazione provinciale: nel maggio del 2006 il Presidente Luis Durnwalder ha ricevuto lo "European Taxpayers' Award" per l'efficienza dell'amministrazione pubblica in Alto Adige

L'Alto Adige dal 1972 a oggi
Sono passati dodici anni di discussione e finalmente nel 1972 l'Alto Adige ottenne dallo Stato italiano un'amplissima e ricchissima autonomia, in base alla quale esso dispone del 90% delle imposte pagate in provincia. La provincia autonoma dispone di 9 mila euro di risorse all'anno per ognuno dei suoi oltre 480 mila abitanti (contro i 2 mila della Lombardia, superati però dai 12 mila della Valle d'Aosta. Complessivamente il bilancio dell'Alto Adige si aggira sui 5 miliardi di euro all'anno. Con l'entrata in vigore del secondo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige (in tedesco Trentino-Südtirol) le maggiori competenze e risorse sono state trasferite alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

webmaster Fabio D'Alfonso


 
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