Giovanni Battista Pergolesi
i pochi anni di un grande maestro
di Elsa Dal Monego
Una breve presentazione delle opere di un grande maestro... ma poco conosciuto.
Le caratteristiche della sua musica sono la malinconia e la dolcezza che traspaiono
dalle sue melodiche creazioni.
Giovanni Battista Pergolesi, compositore di musica teatrale, vocale strumentale
e strumentale. Scrisse musica sacra, fra tutte la più celebre è
lo "Stabat Mater" per soprano e contralto, archi e organo, numerose
sono anche le opere teatrali fra le quali l'intermezzo "La serva padrona"
del 1733 il suo capolavoro che ebbe influenza sull'opera comica francese, poi
sonate per violini e basso, concertini per archi, una sinfonia.
Queste opere sono importanti non solo per la loro simpatica cantabilità,
ma anche per il tematismo, e fanno di Pergolesi uno dei maggiori esponenti del
movimento musicale agli inizi del secolo XVIII.
Giovanni Battista Pergolesi nasce a Jesi in provincia di Ancona il 3 gennaio
del 1710 da Francesco Andrea e da Anna Vittoria. E fu battezzato il giorno dopo
nella Cattedrale di S. Settimio.
Il padre che era sorvegliante della milizia di Jesi con diversi incarichi tra
cui quello di amministrare la proprietà della Compagnia del Buon Gesù.
Il suo cognome era Draghi, ma come si usava allora nel centro dell'Italia discendeva
da una famiglia di Pergola, piccolo centro del marchigiano e da qui prese il
cognome di Pergolesi.
Il piccolo Giovanni Battista ha dimostrato subito un talento naturale, tanto
che è stato considerato un ragazzo prodigio, i suoi primi maestri sia
di musica che di grammatica li ha avuti nella sua città natale. Il futuro
violinista, organista e compositore, le prime nozioni di musica le ha ricevute
ancora bambino da due sacerdoti e da un marchese del posto, prima di passare
alla scuola del maestro di cappella comunale F. Mondini e di quello del duomo,
F. Santi. Che in lui vedevano la promessa di un grande talento.
Il padre che aveva il beneficio di una posizione di rilievo che gli permetteva
di conoscere alcune personalità locali, tra le quali il marchese Cardolo
Maria Pianetti, per il quale prestava servizio e con l'appoggio finanziario
del marchese che gli veniva incontro e desiderava che il ragazzo studiasse,
riesce a mandarlo a studiare a Napoli, dove all'età di quindici anni
frequenta il Conservatorio dei poveri di Gesù Cristo e dove continua
con De Matteis lo studio del violino e inizia il inizia il contrappunto e suono
di tasti con il maestro Greco. Nel 1728 passa sotto la guida di Francesco Durante,
uno dei grandi padri della scuola di musica napoletana, e che ha contribuito
a formare quella tradizione che ha reso celebre la scuola napoletana.
Durante il periodo dei suoi studi si dimostra un valente violinista e nei registri
scolastici degli anni 1729 - 1730 risulta "capo-paranza" e gli viene
affidato di dirigere un piccolo numero di strumentisti nella manifestazioni
pubbliche che si svolgevano a Napoli, (feste pubbliche o anche private, messe,
funerali etc.) ai quali partecipavano anche numerosi allievi del Conservatorio.
Nel 1731 Pergolesi prende commiato dall'Istituto dove tra gli altri aveva avuto
Francesco Durante e Leonardo Leo come maestri e presentando come era in usanza
un saggio finale nel quale inserì una comica e nuova e irresistibile
vena comica con il titolo: "Li prodigi dela Divina Grazia nella Conversione
di S. Guglielmo Duca d'Aquitania" la "Messa in Re maggiore",
per cui lo stesso Leo ha avuto parole di elogio. "Salustia" prima
opera seria con adattamento di Alessandro Severo di Zeno, con cui esordì
al teatro di S.Bartolomeo. In quello stesso anno compose anche l'oratorio in
due parti "La fenice sul rogo" ovvero la morte di S.Giuseppe. Mentre
la sua prima esperienza sul difficile percorso del melodramma la portò
a termine nel 1732 componendo la "Salustia" presentata con successo
al Teatro San Bartolomeo.
Dopo la morte del padre che gli aveva lasciato solo una piccola parte della
dote della madre, già morta nel 1727 e terminati gli studi presso il
Conservatorio a Pergolesi viene dato dal principe Stigliano Colonna uno degli
Eletti della municipalità napoletana e tra i nobili più in vista,
l'incarico come maestro di cappella. In questo periodo compose anche la sua
prima opera buffa "Lo frate 'nnamurato" l'opera ottiene un ottimo
successo, il genere per cui ancora oggi Giovanni Battista Pergolesi viene considerato
uno tra i più importanti compositori. Nel mese di dicembre sempre del
1732 la città di Napoli fu scossa da un terribile terremoto ed è
stata colpita nel più profondo del suo centro urbano, a Pergolesi gli
venne commissionato una messa solenne per implorare la protezione di S.Emidio.
In brevisimo tempo Pergolesi diventa nel panorama della musica partenopea uno
dei personaggi più noti e ammirati. Il suo continuo provare nei generi
più in voga, i successi ottenuti e la protezione degli Stigliano gli
aprirono una strada e consensi che parevano non potessero avere ostacoli.
Nel 1733 è in questo anno che avviene la vera consacrazione con l'intermezzo
buffo in due parti su testo di G.A. Federico, che ha avuto una immediata diffusione
in Italia e anche in Europa. Era un intermezzo che nella produzione del '700
si rappresentava negli intervalli di un'opera seria tra un atto e l'altro, per
intrattenere il pubblico spesso rumoroso e disattento.
Poi mette in scena al teatro San Bartolomeo "Il prigionier superbo"
i cui intermezzi col titolo "La serva padrona" e vengono salutati
da un vero trionfo e lo stesso successo va anche all' "Adriano in Siria"
l'anno successivo, queste composizioni di carattere scanzonato e allegro e non
prive di malizia realizzate in modo libero senza tener conto della procedura
musicale dell'epoca, permettendo così di presentare situazioni e personaggi
realistici pur essendo caricaturali, vicini a quelli della tradizionale commedia
dell'arte, e potendo includere così elementi di satira sociale che altrimenti
sarebbero stati impossibili di rappresentare in teatro.
"La serva padrona" è il comico capolavoro teatrale che in seguito
è diventato il modello di questo genere musicale seguito poi da musicisti
come Rossini e Mozart. Nel febbraio del 1734 viene nominato Maestro soprannumerario
della Cappella reale e forse per essa compose l'ultimo dei suoi due "Salve
Regina in do minore, ma in quello stesso anno nel mese di maggio Carlo di Borbone
entrava a Napoli e cacciava gli Asburgo d'Austria. Pergolesi ormai considerato
musicista di prestigio, lavorò e visse sempre a Napoli tranne nell'aprile
del 1734 per breve tempo a Roma dove è stato chiamato dal duca Marzio
Maddaloni per le celebrazioni in onore di S.Giovanni Nepomuceno, dove compose
e diresse nella Cappella Nazionale Boema della chiesa di San Lorenzo in Lucina,
l'esecuzione della "Messa in fa maggiore" per soli quattro cori e
due orchestre. Questo fatto significantemente filoasburgico, come d'altronde
lo era il suo nuovo protettore il duca Maddaloni. Questo avrebbe potuto procurargli
delle antipatie da parte della famiglia regnante. Dopo il successo della messa
in fa maggiore riceve l'incarico dal teatro Tardinona di Roma di comporre un'opera
seria "L'Olimpiade" su testo di Pietro Metastasio la quale però
non era stata molto ben accolta dal pubblico romano, ma che però oggi
da alcuni viene considerata la sua opera seria più bella. Ritornato a
Napoli ha rappresentato al S.Bartolomeo l'opera seria "Adriano in Siria"
con l'intermezzo "Livietta e Tracollo" conosciuto anche come "La
finta polacca" o la "La contadina astuta".
Pergolesi era tornato a Napoli definitivamente, sentendo diminuire le sue forze
giorno per giorno combattuto da una brutta malattia contratta già da
bambino, la tubercolosi, anche da più grande è stato sempre di
salute delicatissima condannato dalla poliomelite che gli aveva procurato la
lesione a una gamba. Nell'autunno del 1735 rappresenta al Teatro Nuovo la sua
ultima opera buffa "Il Flaminio" con un buon successo. Pergolesi si
ritira a Pozzuoli (dove un clima più dolce sembrava potesse giovare alla
sua salute) nel convento dei cappuccini di Pozzuoli con la protezione del duca
di Maddaloni discendente dei fondatori del convento, dove è stato ospitato
con amore dai Padri Cappuccini in questa atmosfera amorevole si pensa che possa
essere nato lo scherzo di Pergolesi con i frati di Pozzuoli "Venerabilis
barba cappucciorum" per tenore e basso. E dove termina una delle più
importanti delle sue opere e forse anche il suo capolavoro più significativo,
lo "Stabat Mater" per soprano, contralto, archi, e basso continuo,
che già la "Confraternita di San Luigi al Palazzo" sotto il
titolo della vergine dei dolori gli aveva commissionato per sostituire quello
di Alessandro Scarlatti che veniva per eseguito ogni Venerdì Santo Dobbiamo
ricordare che Alessandro Scarlatti a quel epoca era un compositore molto famoso
e che il suo "Stabat Mater" era solo di pochi lustri più antico.
E' indicativa la scelta di sostituirlo della grande considerazione che in terra
napoletana godeva la musica di Pergolesi, e la musica dello Stabat Mater è
stata molto apprezzata da sempre tanto che Johann Sebastian Bach la usò
per il suo salmo "Tilge, Höchster, meine Sünden" per fare
una parafrasi, modificando l'orchestrazione della viola e aggiungendo l'uso
di un coro. Fra le sue opere più celebri è anche da citare il
"Salve Regina" in do minore del 1736.
Pergolesi è stato un acclamato compositore di musica sacra, oltre di
opere serie e buffe, risalgono al 1730 le composizioni delle sue prime opere
"La fenice sul rogo" ovvero la morte di S.Giuseppe, oratorio in due
parti, e "Li prodigi della divina grazia nella conversione di S.Guglielmo
duca d'Aquitania" dramma sacro e considerato il suo saggio finale.
Afflitto fino dall'infanzia da seri problemi di salute (tisi) l'ancora giovane
musicista tenta di riprendersi dalla malattia polmonare, ma la sua passione
per la musica si esaurì in solo cinque anni, Giovanni Battista Pergolesi
muore di tubercolosi il 16 marzo 1736 all'età di 26 anni nel convento
dei cappuccini di Pozzuoli, ma lasciò nell'aria le melodie della sua
musica che ancora oggi dopo tanti tanti anni ci parlano di lui. Fu sepolto in
una fossa comune come più tardi accadrà a Vivaldi ed a Mozart.
LA serva padrona
due intermezzi interpretati da tre simpatici personaggi:
Uberto un incallito scapolone, Serpina, una bisbetica e tirannica servetta,
e Vespone il servo sottomesso a Terpina.
LA SERVA PADRONA
Atto primo
Uberto si sta preparando per uscire, e esprime la propria disapprovazione contro
Terpina la cameriera che lui sin da bambina aveva preso con se, gli manca di
rispetto e lo ricatta , facendolo rinunciare alla abituale passeggiata mattutina
se vuole che lei gli serva la cioccolata.
Vespone un altro servo che non parla mai , al quale fa una scenata e lo schiaffeggia
perché non la tratta da padrona!
Uberto stanco di subire la serva , chiama Volpone e gli chiede di trovargli
una moglie, anche brutta ma servizievole. Mentre Serpina rende noto che sarà
lei la sposa, ma Uberto le dice di essere matta, però lei sa di non essergli
indifferente e vuole arrivare al suo scopo.
ATTO SECONDO
Serpina fa indossare a Vespone una divisa da soldatoe lo nasconde in una stanza
vicina.
Uberto si sta preparando per uscire, ma Terpina lo affronta e gli comunica che,
visto che lui è stanco di lei ha deciso di mettere su casa con un militare,
l'autoritario e violento Capitan Tempesta.
Uberto è disposto a conoscere il fidanzato, perché teme che una
simile unione non potrà offrirle molte felicità.
Terpina fa entrare Vespone travestito e avverte Uberto che il capitano la sposerà
solo se lei avrà quattromila scudi di dote. Ma Uberto non vuole sborsare
una tale somma. Vespone finge ribellione e minacce, mentre Serpina cerca di
calmarlo e dice al padrone che il suo pretendente, abbandonerà queste
condizioni e rinuncerà a tutto senza passare a vie di fatto, però
a un patto che sia Uberto a sposarla.
Uberto non è affatto dispiaciuto ma finge di rassegnarsi a sposare Terpina,
alla presenza del tanto temuto Capitan Tempesta, Serpina svela l'inganno e Uberto
fa buon viso s cattivo gioco, confidandole di aver sempre avuto del tenero per
la sua serva padrona!
SALUSTIA
Atto primo
Alla imperatrice Giulia Mammea madre di Alessandro Severo non piace la nuora
Salustia e le è ostile, e va mettendo discordia tra il figlio e la nuora
con menzogne.
Albina nobile romana e promessasi a Claudio intanto si dispera per l'indifferenza
di lui che si da interamente solo alla gloria militare.
Salustia si confida con Alessandro che le promette aiuto, e il padre generale
Marziano che minaccia vendetta su Giulia contro il giudizio della figlia stessa.
Atto secondo
In segreto contro Giulia, ordivano Claudio e Marziano, però c'è
Albina che ha sentito tutto e ora tenta di ricattare ma inutilmente Claudio,
e poi a Salustia svela l'imbroglio.
Salustia in seguito durante un banchetto salva Giulia, però non vuole
svelare i nomi dei partecipanti alla cospirazione. Viene incarcerata e condannata
a morte.
Atto terzo
Albina a Claudio racconta di aver agito per amore e i due si rappacificano.
Arriva Marziano per uccidere Giulia, ma viene ancora una volta salvata da Salustia.
Il generale viene incarcerato e la figlia chiede pietà, ma Giulia è
ostinata a non cedere e Alessandro rimane indeciso.
Salustia nell'ultima scena nell'arena con le belve riesce ad ottenere che il
padre deve lottare con una sola fiera , Marziano invece riesce a uccidere un
leopardo e ha salva la sua vita.
Giulia si è calmata e restituisce Salustra al suo sposo.
Intorno alla sua breve e sconsolata esistenza nasce una triste leggenda:
"Si racconta che egli amasse e fosse riamato da Maria Spinelli, una bella
e nobile fanciulla delle più riguardevoli famiglie napoletane. Ma la
superbia e la vanagloria della famiglia hanno impedito le nozze, e la fanciulla
per non sposare la persona alla quale i fratelli l'avevano destinata, ha preferito
entrare in convento e farsi suora di S.Chiara. Dopo che vide la fine del suo
sogno d'amore, e il suo dolore fu tanto grande che la fanciulla ben presto ne
morì. Pergolesi stesso ha diretto la messa funebre per l'amata fanciulla."
Ma Benedetto Croce dopo tante indagini che furono fatte attorno a questo caso
alcuni anni or sono, ha dato una grande smentita alla leggenda, dei impossibili
e tristi amori di Maria Spinelli e Giovanni Battista Pergolesi. Perchè
nessuna Maria Spinelli fu trovata in quelli anni e nemmeno vi fu un accenno
dalle suore di S.Chiara, dove la ragazza si sarebbe rinchiusa.
webmaster Fabio D'Alfonso