"SPIA DEL BÜRO MARINE"
Di Giannetto Bordin
Come esplicita il sottotitolo "Un Balilla Moschettiere nei servizi segreti
tedeschi", questo libro narra l'evoluzione adolescenziale dell'autore
al servizio della Patria, intesa come missione di pensiero e azione, secondo
l'afflato risorgimentale, sorretta, prima da una castità di fede, quindi
da maturazione di idee sui binari della dottrina, a fondo conosciuta, offrendo
così alla fede il sigillo della convinzione.
E' un lavoro che ha implicato la stesura di appunti quasi quotidiani coi nomi
dei personaggi allora presenti e fatti accaduti in quei determinati frangenti,
onde non correre il rischio di troppe lacune dovute a vuoti di memoria che,
con il passare del tempo avrebbero potuto alterare il ricordo. La ricerca
insomma di un'esattezza su quanto accaduto, in omaggio alla verità
che deve presiedere anche nell'archivio della propria storia.
La bellezza della vita - per l'autore - (implicita nelle pagine del libro)
è che la giovinezza non conosce ostacoli: ti sprona a fare, ad andare
avanti, a costruire, a mettersi in gioco. Un modo sempre rinascente di acciuffare
il destino per un lembo della veste, e sognarlo eterno in atto di fede.
Per questo Giannetto Bordin si arruola quattordicenne nella Repubblica Sociale
Italiana. E' una spinta interiore più forte di lui, che non può
reprimere. Oltre che testimone vuole - in qualche modo - essere anche protagonista,
seppure in piccolissima parte, della Storia Patria.
Attraverso la sua avventura di giovanissimo volontario, del tutto inedita
anche per tipologia di eventi nonostante la pubblicistica sterminata che ha
visto la luce negli ultimi anni, Bordin, scrittore autodidatta, ci narra la
sua personale esperienza in quel tragico contesto.
Il tutto visto con gli occhi di un adolescente, ancor puro nell'anima e nella
mente, che si è gettato nella tempesta per l'onore della sua Bandiera,
pur senza illusioni di vittoria, con una fede, uno slancio, una forza d'animo
e un amore per la Patria che sicuramente devono apparire "entità
aliene" al suo coetaneo di oggi
Ma affinchè il letttore meglio si compenetri nei concetti esposti,
l'autore si aiuta pubblicando un articolo del suo amico e coetaneo Stelvio
dal Piaz, anch'esso giovanissimo volontario, che qui riproduciamo, dove sono
descritte le ragioni ideali del volontarismo di tanti giovani.
"Il fenomeno del "volontarismo" non deve e non può confondersi
con l'arruolamento volontario ordinario che è in uso in tutti gli eserciti
accanto al servizio obbligatorio.
Dopo l'infausto 8 settembre 1943, nel disfacimento morale e materiale della
Nazione, la grande impresa volontaristica coinvolse direttamente oltre cinquecentomila
italiani (molti provenienti anche dall'estero) i quali superando anche l'eccessivo
formalismo della disciplina militare tradizionale comune a tutti gli eserciti,
affermarono brillantemente - con il loro comportamento - le ragioni spirituali
di una disciplina più intima e più consapevole, e fornirono,
alla stessa scienza militare elementi pratici e psicologici di grande importanza.
Un patrimonio, questo, che noi sopravvissuti abbiamo il dovere di trasmettere
ai giovani ancora sensibili a questi nobili sentimenti, nella speranza che
il substrato spirituale volontaristico riesca a superare gli attuali tempi
bui e possa rappresentare quell'elemento dinamico di un riscatto nazionale
che - prima o poi - si dovrà verificare, nella consapevolezza che "più
buio che a mezzanotte non viene!"
Si tratta soprattutto di trasmettere un messaggio pedagogico che specifichi
in maniera chiara e coerente che il volontarismo della RSI, più che
rappresentare un momento particolare della recente storia italiana, di quella
negata e travisata attraverso la menzogna elevata a sistema, testimonia un
atteggiamento dello spirito, in quanto attesta e rivela alcune peculiari qualità
come la volontà di osare, la prontezza e la tempestività della
risoluzione, il valutare il momento e l'efficacia dell'azione, ma soprattutto
il subordinare meschini interessi egoistici ai grandi interessi della Nazione
intesa quale comunità di popolo, di lingua, di storia, di tradizione,
di fronte ad avvenimenti drammatici e decisivi. È sotto questo profilo
che il volontarismo rappresenta un aspetto non contingente ma permanente nella
vita dei combattenti che, in un momento difficile e drammatico, si ribellarono
al tradimento e seppero opporsi all'imbelle adagiarsi sulle posizioni raggiunte,
al pavido conservatorismo di coloro che temettero di perdere ciò che
avevano accumulato, al vile ritirarsi di coloro che non seppero rischiare
pure nel momento in cui era in gioco l'Onore della Nazione e la sopravvivenza
della stessa Patria. Anche sul terreno concreto dell'azione politica il "volontarismo"
ha un suo modo d'essere universalmente riconosciuto nel senso che dà
rilievo e carattere ad un certo momento storico e ad una determinata entità
statuale che si distingue, come nel caso della Repubblica Sociale Italiana,
nella decisa volontà di osare l'impossibile nell'affrontare il destino
in maniera positiva e, al tempo stesso forzarlo, nella necessità contingente
di uscire dal vago, dall'incerto, dall'abulico, insomma "prender partito",
come suol dirsi, consapevoli che in caso contrario si viene sempre soggiogati
ed asserviti. La storia del volontarismo nella RSI costituisce pertanto uno
degli aspetti più tipici e significativi della partecipazione italiana
all'ultimo periodo della seconda guerra mondiale, una guerra ormai perduta
sul piano militare ma che esigeva il sacrificio della parte più genuina
del popolo per riscattare l'onta del tradimento che aveva finito per vanificare,
sul piano storico, le prove di coraggio e di eroismo che il soldato italiano
aveva fornito in cielo, in mare, e in terra su tutti i fronti e sotto tutte
le latitudini in cui aveva tenacemente combattuto per lunghi anni. Quindi
il fenomeno volontaristico della RSI si innesta naturalmente nel filone del
volontarismo che ha segnato le tappe di quella rinascenza nazionale che ha
evidenziato, fin dal Risorgimento e nei vari periodi, le caratteristiche di
una stirpe italica capace di dure rinunce e di sacrificio supremo nello spirito
di una ascetica dedizione alla Patria tendente a tradurre in realtà
le affermazioni ideali. Ma nel fenomeno volontaristico della RSI troviamo
un aspetto che rappresenta un "unicum" nello stesso mondo elitario
del volontarismo italiano, anche se questa consapevolezza è stata acquisita
razionalmente solo in un secondo momento da parte degli stessi protagonisti.
La guerra era ormai perduta sul piano militare e riprendere le armi aveva
come motivazione principale quella di combattere "PER L'ONORE D'ITALIA".
Ma questa scelta assumeva in quel particolare momento anche il significato
di servire l'Italia in mistica purità di spirito sacrificale. I volontari
della RSI, in comunione con i prigionieri di guerra "non cooperatori"
divenivano così "asceti della Patria" e traducevano in realtà
operante l'educazione ricevuta nella Scuola gentiliana, la cui etica e la
cui pedagogia si possono riassumere nel binomio "pensiero ed azione",
in cui l'azione non è pura prassi meccanica, non è semplice
attivismo - sia pure ideale - ma è azione cosciente della volontà
umana che tende a d attuarsi in una realtà oggettiva in quanto è
in possesso di un compiuto modo spirituale che urge alle soglie della propria
umanità per tradursi in offerta e sacrificio. Lo stato d'animo di questo
atteggiamento spirituale, lo ritroviamo emblematicamente nei versi di una
delle nostre più significative canzoni strafottenti della Repubblica
Sociale:
Vogliam morire tutti crocifissi
Per riscattare un'ora di viltà
Se ci restasse di vita un sol minuto
Noi lo vivremmo per l'eternità"
In questo libro si affrontano anche temi storici con notizie spesso poco note,
relative alle diverse responsabilità che portarono al 25 luglio 1943,
e fatti che la Storia deve ancora chiarire, quali l'incomprensibile apatia,
sconfinante nell'acquiescenza, di Benito Mussolini, al colpo di stato che
lo defenestrava, e ad alcune considerazioni sul Processo di Verona conclusosi
con la sentenza di condanna a morte inflitta ai firmatari dell'OdG. Grandi.
Quasi in risposta alle calamità e alle sciagure che avrebbero colpito
l'Europa in caso di una deprecata vittoria dell'Asse, immaginate da storiografi,
politologi e sociologi, non mancano alcune plausibili ipotesi sul diverso
tipo di rapporti che si sarebbero venuti a creare, in tale caso, tra l'Italia
e la sua alleata Germania, (ma qui come l'autore stesso riconosce, come sarebbero
tenuti a fare anche gli storiografi di cui sopra, che scivoliamo sul terreno
sdrucciolevole e imprevedibile della
fantapolitica, dal momento che con
i "se" e con i "ma" non si può certo fare la Storia).
L'autore nonostante le sue convinzioni e le sue idee, con molta onestà,
non mostra difficoltà alcuna a manifestare apertamente il suo rispetto
per coloro che, in buona fede, militarono sull'opposta barricata, in particolare
esprimendo la sua ammirazione per quel gruppo di partigiani che con coraggio,
eroismo e sprezzo della vita, con un improvviso colpo di mano liberarono il
sindacalista comunista Giovanni Roveda dalle carceri degli Scalzi di Verona.
Ma denuncia anche le stragi e gli orrori del dopoguerra, ultimamente messe
in evidenza dai libri dello scrittore antifascista Gianpaolo Pansa, dovuti
alle decisioni del Comando del Corpo Volontari della Libertà, e le
mette a confronto con quelle che, in tempi non poi così lontani ed
in analoga situazione, il Generale Enrico Cialdini assunse dopo la vittoria
sui Borboni del 15 febbraio 1861. Eccole:
Disposizioni emanate - nero su bianco - a Torino, dal comandante del Corpo
Volontari della libertà, che avevano valore su tutto il territorio
nazionale:
"Corpo Volontari della Libertà
Comando Militare Regionale Piemontese.
(
. disposizioni) n°293 - riferimento e 27
15 aprile 1945
Oggetto: Costituzione e funzionamento Tribunali di guerra
[omissis]
sarà costituito un Tribunale di guerra per la città
di Torino [omissis]; spetta al tribunale di guerra giudicare coloro che [omissis];...
pertanto:
I Ministri di Stato, i Sottosegretari di Stato, i Prefetti, i segretari federali
in carica dopo l'8 settembre sono già tutti condannati a morte. Sarà
sufficiente l'accertamento dell'identità fisica per ordinare l'esecuzione
capitale. [corsivo e grassetto sono nostri].
Nei riguardi di coloro che hanno portato le armi a favore dello straniero
[omissis] sarà sufficiente stabilire l'appartenenza dell'imputato,
dopo l'8 settembre 1943, a qualsiasi formazione volontaria di parte, Brigata
nera, Muti, Decima Mas, SS italiane, Cacciatori degli Appennini, milizie speciali
indossanti la camicia nera, Rap, Rau, per pronunciare condanna all'esecuzione
capitale che dovrà essere immediatamente eseguita, senza diritto di
inoltrare domanda di grazia".
Timbro del CLN e firma del Comandante del settore)".
Il documento continua poi passando alle "spie" ed ai direttori dei
giornali.
Ed ecco il Proclama del generale sabaudo Enrico Cialdini, il quale dopo che
a Gaeta ebbe vinto la resistenza borbonica, concesse alle truppe nemiche di
sfilare con l'onore delle armi:
"Soldati! noi combattemmo contro altri italiani e questo fu necessario,
ma doloroso ufficio. Epperò non potrei invitarvi a dimostrazioni di
gioia; non potrei invitarvi agli esultanti tripudi del vincitore. Stimo più
degno di voi e di me, il radunarvi quest'oggi sotto le mura di Gaeta dove
verrà celebrata una gran messa funebre. Là pregheremo pace ai
prodi che durante questo memorabile assedio perirono combattendo tanto nelle
nostre linee che nei baluardi nemici.
La morte copre di un mesto velo le discordie umane e gli estinti sono tutti
uguali agli occhi dei generosi. Le ire nostre d'altronde non sanno sopravvivere
alla pugna. Il soldato di Vittorio Emanuele combatte e perdona"
Firmato: Enrico Cialdini
Il commemto viene lasciato al lettore.
Ma il filo rosso (anzi, nero, dovremmo dire in questo caso) che accompagna
le oneste e coraggiose 185 pagine del libro "SPIA DEL BÜRO MARINE",
è quello in cui l'autore, come dichiara nella premessa, ci tiene a
spiegare e far conoscere, senza protervia ne iattanza alcuna, quale è
stato il processo evolutivo ed i motivi che lo hanno portato, prima a diventare,
quindi, a rimanere, fascista, concludendo che si può ben condividere
quanto afferma Giuseppe Prezzolini, che fascista certamente non era, in quarta
di copertina dell'interessante e documentato libro di James Gregor "L'Ideologia
del Fascismo", dove afferma che "
nel mondo del pensiero politico
attuale, quello del fascismo non ci fa dopotutto una cattiva figura".
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P.S.
Il libro è stato recensito da "RINASCITA", "NUOVO FRONTE",
"L'ULTIMA CROCIATA", "CIAO EUROPA", "LA VEDETTA",
"CONTINUITA' IDEALE"(Uncrsi), "L'ARDITO", "L'ALMANACCO
VENETO".
E' IN ATTESA DI ESSERE RECENSITO SUL BISETTIMANALE LOCALE "LA TRIBUNA"
E, (come da promessa di Marco Zacchera, parlamentare di Aenne) su "IL
SECOLO D'ITALIA".
IL libro "SPIA DEL BÜRO MARINE", è edito da "LO
SCARABEO" Via delle Belle Arti 27/4 - 40126 BOLOGNA- T. e F. 051/229512
e-mail : loscarabeobo@email.it