ANDREA MANTEGNA
"La Storia"
di Marco Maggioni
Marco Maggioni
un esperto di orientamento al MANAGEMENT
LEI - oggi si torna alla storia, caro mio
LUI - nel senso che anche noi siamo alla ribalta?
LEI - certo, anche noi, perché no! Nel nostro piccolo...
LUI - facciamo storia anche noi, dici?! Al massimo facciamo un po' di storia dell'arte
LEI - e ti pare poco!!
LUI - comunque, a quel tempo la storia era davvero l'argomento principe
LEI - altroché! Ed è vero anche che nel rinascimento ogni artista, almeno tra i grandi, ha inteso la storia a modo suo
LUI - rivalutare i tempi passati, questo era lo scopo essenziale...per tutti. Poi, nella pratica, era l'incontro tra filosofia e scienza pittorica che faceva la differenza
LEI - la storia come solo nobile pretesto, quindi?
LUI - bè, in un certo senso, credo proprio di sì: il vero obiettivo era ridare centralità all'uomo
LEI - ti dispiace se uso il vocabolo che hai usato prima: ribalta. che strano, è proprio la parola chiave per definire l'artista di cui stiamo per parlare e per capirne la filosofia espressiva
LUI - che vuoi dire, che questo artista intende la storia come una ribalta, come un vero e proprio boccascena teatrale?
LEI - sì esatto, con tanto di attori e scenografia sontuosa
LUI - ho capito allora, non è difficile, non può essere altri che il Mantegna, Andrea Mantegna
LEI - bene, il nostro viaggio per l'Italia del Rinascimento quindi continua: dopo Firenze abbiamo toccato Napoli con Antonello da Messina, poi l'Umbria con Piero della Francesca
LUI - e, prima di parlare del Mantegna, più al Nord che cosa succede intanto?
LEI - nell'Italia settentrionale spicca Padova sulle altre città, pure importanti, come Venezia, Milano o Bologna. Padova è la città dell'Italia settentrionale piu' pronta ad accogliere e a sviluppare lo stile rinascimentale
LUI - è certo quella che aveva i contatti più stretti con la cultura fiorentina! a onor del vero, è straordinario come una città da sola, Firenze, sia stata davvero il faro della cultura e dell'arte di ben due secoli
LEI - l'Italia settentrionale, invece, fino alla metà del Quattrocento, è una specie di terra di conquista del "gotico internazionale", cosiddetto
LUI - ed è grazie a queste influenze nordiche che alcuni artisti del centro sud poterono assorbire le novità fiamminghe...come abbiamo sentito in altra puntata
LEI - ed è grazie ad artisti fiorentini che vanno a lavorare a Venezia e a Padova, che il rinascimento attecchisce anche lì
LUI - piuttosto, perché Padova per prima?
LEI - fu piu' facile a Padova per un motivo: pur essendo un possedimento veneziano, con tutti i vantaggi economici che le garantiva il legame con la ricca città lagunare, non era però bloccata dal tradizionale retaggio culturale bizantino e orientale, fortissimo invece a Venezia. Questo è il motivo!
LUI - del resto Padova fin dal XIV secolo, è stata al centro delle esperienze artistiche più avanzate, ricordiamoci soprattutto di Giotto nella cappella degli Scrovegni. E' più tardi, nella metà del '400 secolo, che s'intrecciarono nuovi contatti con Firenze, no?
LEI - attenzione però, i contatti con la capitale toscana non furono soltanto artistici, ma anche economico-finanziari. si deve tener conto del fatto che Cosimo de' Medici, esule da Firenze nel 33- 34, si trasferì assieme alla sua banca a Padova, e non fu l'unico
LUI - diciamo che c'era un gruppetto di banchieri molto attivi in campo culturale e artistico...sai quante ricche committenze per gli artisti presenti
LEI - proprio così, e fondamentale per lo sviluppo artistico della città non fu tanto la presenza dell'università...
LUI - comunque rinomata in tutta Europa
LEI - sì, prestigiosa...quanto il fiorire degli studi antiquari attraverso le ricerche di alcuni importanti intellettuali dell'Italia settentrionale
LUI - insomma si sviluppò una rete di interessi culturali che furono alla base dell'umanesimo pittorico padovano
LUI - e chi è finalmente il genio che trasforma di colpo, radicalmente, la situazione? Andrea Mantegna. Anni?
LEI - dal 1431 al 1506
LUI - nato?
LEI - nato a Isola di Carturo tra Padova e Vicenza
LUI - entra ragazzo nella scuola dello Squarcione. Chi era costui? So che era un tipo stravagante..
LEI - sì, era un artista sul quale si favoleggiava a proposito dei viaggi fra antichità greche e romane, della sua collezione di statue e rilievi classici, delle raccolte di disegni dall'antico
LUI - ecco da dove il Mantegna ha preso il suo gusto per l'antico
LEI - Andrea Mantegna giovanissimo si reca a Padova, come allievo e figlio adottivo di Francesco Squarcione, appunto. Come hai detto è un curioso personaggio, sarto, e ricamatore, pittore, e soprattutto, organizzatore di una scuola artistica, dove gli allievi, spesso adottati come il Mantegna, venivano legati da contratti-capestro mediante i quali lo Squarcione ne sfruttava il lavoro
LUI - tanto che per liberarsene il Mantegna nel 1448 stipulò un compromesso, no? È grazie a quello che ottenne l'indipendenza, non sembra assurdo?
LEI - non solo, nel 1455, dovette addirittura ricorrere al tribunale di Padova per ricevere il pagamento delle opere dipinte precedentemente per conto del suo maestro
LUI - comunque il nostro se la cava presto, mi pare, il suo apprendistato dura solo due anni, e a 17 anni appena è già considerato un pittore di valore
LEI - ebbe comunque il tempo di assorbire gli insegnamenti di tre grandi artisti: Andrea del Castagno a Venezia, e Paolo Uccello e Filippino Lippi a Padova
LUI - senza dimenticare l'altare del Santo, di Donatello: quello è stato sicuramente la fonte principale della formazione del giovane Mantegna
LEI - sì, è vero! Dal punto di vista espressivo, direi, soprattutto! La sua era una cultura storica e filosofica, non solo figurativa; risente di quell'ambiente padovano, tutto indirizzato allo studio della storia
LUI - è proprio sul terreno della storia che avviene l'incontro del Mantegna con Donatello
LEI - una cosa è certa, il Mantegna, nel 1448, quando comincia a dipingere la volta della Cappella Ovetari agli Eremitani, ha veduto sicuramente gli affreschi di Andrea del Castagno a Venezia
LUI - che era appunto un seguace fervente dello stile di Donatello, con quell'uso così...statuario delle immagini ...
LEI - Benché giovanissimo, il Mantegna diventa ben presto, per un séguito di circostanze, il solo, grande protagonista della cappella Ovetari
LUI - cappella fantasma, oggi! non esiste più purtroppo! E' stata completamente distrutta...o quasi, durante un bombardamento aereo nella seconda guerra mondiale. E' quindi per un caso fortuito se oggi possiamo vedere le opere che il Mantegna vi realizzò: pensa che fortuna! poco prima della devastazione era stata interamente fotografata a colori
LEI - Grazie a quel servizio fotografico si hanno così almeno le riproduzioni di tutti gli affreschi. Descriviamoli!
LUI - Sulla parete absidale dipinge l'Assunta, sulla parete sinistra le storie di San Giacomo e, sulla parete destra, il Martirio di San Cristoforo.
LEI - Nel San Giacomo che risana lo storpio tutta la scena è vista dal basso, gli edifici formano due strette corsie prospettiche, come due feritoie visive, un porticato classico e una via cittadina
LUI - e in mezzo, in gran risalto, un pilastro
LEI - e davanti al pilastro, la figura in scorcio del centurione, che sembra che stia per uscire dal quadro
LUI - potente visione! Poi c'è il san Giacomo condotto al supplizio, un altro quadro della stessa portata. Qui è più evidente l'influenza di Donatello. Basta vedere il grande arco a volta e la figura centrale che si appoggia allo scudo. preciso!
LEI - comunque non sono tanto questi elementi esteriori che collegano il Mantegna al grande artista fiorentino, piuttosto è l'affermazione eroica dell'uomo, questo sì che è in linea
LUI - hai notato? in Mantegna non ci sono quasi mai aperture ariose, prospettive aeree, spazi panoramici, è tutto molto cupo, sembra quasi fisica la storia, la storia come un peso che incombe
LEI - è il peso della responsabilità: per questo proietta verso lo spettatore gli elementi del quadro
LUI - vuole coinvolgere anche chi guarda, lo rende corresponsabile, ti pare?
LEI - sì, il suo è certamente un approccio etico, pedagogico: questo è il senso della storia, l'azione umana ne subisce il peso, ma nello stesso tempo netestimonia la grandezza, questo dice
LUI - hai notato? sembra un bassorilievo il quadro: le architetture sul fondo, le figure umane, in primo piano, che spiccano protagoniste. Tutto molto statuario, una cosa questa che aveva già colpito il Vasari, il quale notava giustamente che "tira talvolta più alla pietra che alla carne viva", carne viva per dire umana, pensa tu come si esprimeva
LEI - bè, ma è appropriato, sai? la solidità delle figure, infatti, dà alle figure una vita eterna, come una statua, appunto, meno corruttibile della carne, più duratura, ha ragione il Vasari, quando dice carne viva
LUI - bene, mi hai convinto. Aggiunge anche, il Vasari, che la presenza di oggetti antichi o di architetture romane non è tanto prova di erudizione. E' ambientazione storica, un modo per nobilitare gli uomini che vivono fra quegli oggetti
LEI - il tempo è effimero, occorre collocarlo storicamente, perché duri: è questo che ci vuole dire
LUI - e la forza eroica dell'uomo? la sua dignità è nel mondo, nasce dalla coscienza umana, è laica. Per questo raffigura sempre le figure in spazi ristretti...ci fa capire meglio come sia drammatico il destino dell'uomo
LEI - non ti ricorda Piero della Francesca? la grandiosità delle figure, l'impianto prospettico?
LUI - è vero, ma in Piero tutto è immobile. ogni aspetto, anche il più piccolo sembra cristallizzato quasi. In Mantegna no, vedi ad esempio qui la folla, è come nei rilievi padovani di Donatello, è tutta ammassata, un brulichìo di presenze, c'è un movimento plastico continuo... è grazie al chiaroscuro che crea questo effetto
LEI - qui si fa interessante, continua, sembri ispirato
LUI - non mi prendere in giro, dai, è che sono concentrato, vedo il quadro, capisci, chiudo gli occhi per vederlo meglio, è così che si capisce di più...Dunque, volevo dire.. l'architettura non delimita lo spazio, ma sta nello spazio, come le figure; ha forme antiche come le persone hanno costumi antichi; è illuminata dalla stessa luce che illumina le figure; è anch'essa personaggio storico!
LEI - non fa da sfondo e basta, insomma. perfetto! Lo sapevo che scavi, scavi dentro alle cose...
LUI - lo credo, con tutti questi scavi archeologici...viene più facile scavare nella mente...
LEI - buona questa...D'altra parte, al Mantegna non interessa uno spazio naturale, in cui collocare gli edifici e le persone, no: basta vedere le nuvole, sono corpi solidi, niente di realistico
LUI - il cielo? Anche, è una lastra turchina
LEI - se è per questo penso alla scena del Martirio, hai presente? ha sullo sfondo un vasto paesaggio, non ha nulla di naturale però: è un agglomerato di ruderi, di castelli, di strade, di campi coltivati
LUI - sì, sì, un paesaggio fatto dagli uomini, dove è la storia che la fa da padrona, con tutti quegli strati del tempo che si susseguono, pezzo su pezzo, rudere su rudere
LEI - e già, per lui anche la natura è storia; il bello è come rappresenta il concetto che la storia giunge fino a noi, ci comprende e ci oltrepassa: che cosa ti fa? propaga lo spazio a cominciare dal fondo, lungo le prospettive tese quasi annullate dallo scorcio, investe i personaggi, e si propende in avanti, oltrepassa il piano della cornice e quasi investe lo spettatore...nota il piede "fuori quadro" del centurione!
LUI - è come su un palcoscenico, come dicevamo prima: la storia come dramma, insomma. è la concezione donatelliana portata alle estreme conseguenze; ma il dramma non è là, nel passato, è qui, ora, attuale
LEI - E' la conseguenza logica del passato che si ripropone; e proprio perché la storia è logica, non è concitata, turbinosa come per Donatello
LUI - certo che mentre la visione storica di Donatello è bruciante, passionale, quella del Mantegna è così gelida; e tragica. Comunque ora basta con questa storia...che dici di passare oltre? Mi sto raffreddando!!
LEI - bè, capisco, l'argomento non è dei più caldi, soprattutto se visti con l'occhio del Mantegna
LUI - certo che era un po' cupo, il nostro! Andiamo oltre, suvvia, altrimenti cadiamo in depressione.. passiamo ai suoi momenti leggermente più distensivi.. molto leggermente, però...per esempio, il Trittico di San Zeno, ce l'hai presente, immagino, ti va di descriverlo?
LEI - figurati! Con piacere. È la sua opera più emblematica. La pala, eseguita a tempera tra il 1457 e il 1459, è ancora conservata nella sua sede originale, la chiesa di San Zeno, a Verona. si presenta completa della cornice di legno, intagliata e dipinta
LUI - fu realizzata su disegno dello stesso Mantegna, vero?
LEI - sì. I tre riquadri della predella, sotto, raffigurano l'Orazione nell'orto, la Crocifissione e la Resurrezione. .. il soggetto è una Sacra conversazione, con la Vergine sul trono al centro della composizione e ai lati i santi
LUI - La Sacra conversazione è ambientata entro un recinto marmoreo, decorato da fregi e tondi all'antica
LEI - lo scopo era di proporre uno spazio unitario. la suddivisione in piu' scomparti, infatti, tipica del polittico medievale, qui è superata dall'unità spaziale
LUI - sì, infatti le figure sono collocate in un'area quadrangolare LEI - che ha come supporti frontali le vere colonne in legno della cornice stessa
LUI - bene, e a queste corrispondono i pilastri dipinti, dividono lo spazio del recinto, segnato dai festoni di fiori e di frutti che diventano anch'essi parte della cornice. creano davvero un effetto teatrale
LEI - Mantegna lega spazi e tempi diversi: la presenza della Vergine e dei santi in un'aula pagana significa creare continuità fra paganesimo e cristianesimo
LUI - Lo spazio reale continua nello spazio dipinto, Mantegna gli dà una tale credibilità! Tutto grazie alla sua eccezionale perizia tecnica
LEI - e la luce? Anche per la luce trova il modo di far coesistere il vero con l'illusorio pittato: dirigendo personalmente le fasi della collocazione in loco della pala, infatti, fece aprire una finestra sulla destra del coro, in modo che la luce dipinta coincidesse perfettamente con la luce reale dell'ambiente
LUI - vedi? Sempre là siamo, crea una illusione tipica del teatro
LEI - Completano questa illusione visiva la figura di san Pietro appoggiata al pilastro di sinistra, i due angioletti musicanti seduti al bordo accanto ai pilastri e la figura di san Giovanni Battista, con i piedi che sporgono verso l'esterno a destra....fa da proscenio...
LUI - un grande illusionista, insomma! E con quale perizia si serve della realtà, come la riproduzione raffinata e precisissima dei particolari naturalistici, delle erbe, delle piante, delle rocce
LEI - questa attenzione al particolare la deve certo alla pittura nordica: rende tutto così ...piu' quotidiano, palpabile....
LUI - anche qua, c'è lo zampino di Donatello! il legame tra mito classico e sentimento cristiano, no?
LEI - Il raccordo storia-realtà o passato-presente è evidente, certo
LUI - Ad esempio: i putti classici scolpiti sull'architrave diventano angeli musicanti in primo piano; le frutta del rilievo antico si trasformano in frutti veri nelle ghirlande del piano frontale. non c'è scampo, avevi ragione tu, sempre di storia dobbiamo parlare
LEI - La sua dimensione della storia non è una dimensione distaccata, eterna, dove tutto sarebbe placato, distante; è invece una dimensione dell'invariabile
LUI - ...dell'invariabile?
LEI - sì, dove tutto si fissa e permane nel tempo, ma che si ripropone ciclicamente
LUI - come il dramma che coinvolge l'uomo, sempre, come si diceva appunto all'inizio. Ma, la storia, non è anche la via percorsa dal cristianesimo? Si può supporre che tutto sia rimasto com'era prima della rivelazione cristiana?
LEI - perché non lo chiedi al Mantegna stesso? Chiamalo
LUI - bè certo il suo punto di vista non ci farebbe male, vero? Evochiamolo, maestro, maestro..
MANTEGNA - non gridare sono qua
LUI - maestro, scusa, ci siamo permessi di parlare di te e forse ci siamo un po' ingarbugliati sul tuo concetto di storia... se vuoi puoi chiarirci meglio
MANTEGNA - grosso modo quello che avete detto mi trova concorde. Per me non mutano le cose, ma mutano i significati delle cose; e mutano nel sensoche il " naturale" si sublima nello " spirituale ", è chiaro ora?
LUI - accidenti, che sintesi, maestro
MANTEGNA - Il trittico di San Zeno di cui state parlando ad esempio è un'esaltazione del lavoro umano (e dunque della storia) o, più precisamente dell'arte stessa, che ha intagliato i rilievi dell'architrave e i marmi preziosi del trono, che ha forgiato il disco a ruota del trono della Madonna, che ha tessuto il tappeto e le stoffe, che ha intrecciato le ghirlande di frutti...
LUI - tu parli, maestro, dell'arte intesa come abilità artigianale? Addirittura!
MANTEGNA - in un certo senso.. Tutte le materie naturali diventano, però, nell'opera spirituale dell'uomo, più rare, preziose; e questo processo di elevazione deve essere tutto visibile. Perciò intaglio le forme con la finezza con cui s'intaglia il diamante, cerco di rispettarne al massimo la purezza, la trasparenza, la luce; perciò i panneggi sono ritti, minuti, sfaccettati, quasi rallentati perché duri più a lungo quel lavorìo che purifica e sublima la materia. È chiaro?
LEI - ma allora il vero eroe, secondo te, è l'artista stesso che ha il mandato di elaborare la materia pittorica per renderla più nobile
MANTEGNA - in questi termini non ci avevo pensato, però ci siamo vicini
LUI - ecco perché anche nel San Sebastiano del Louvre inserisci frammenti archeologici, in maniera evidente: vuoi legare la figura antica dell'eroe con il suo tormento, col dolore tutto umano. E lo rendi con la tua abilità, con la consapevolezza che grazie all'arte è possibile umanizzare la storia
MANTEGNA - preciso, sì. a volte l'inserimento di pezzi archeologici, diventa più scoperta, ciò accade ad esempio nella rappresentazione della morte drammatica di San Sebastiano. con queste citazioni classiche io volevo accennare simbolicamente alla caduta del paganesimo e quindi alla rovina dei suoi edifici; ed è per questo che il corpo del Santo, trapassato da tante frecce, straziato fisicamente, è comunque così poco realistico, acquista il significato di solidità monumentale, come di una statua. Solo distruggendo le cose che ha fatto, l'uomo si supera, attua la propria storia che ha come fine ultimo la trascendenza o la salvezza. Il San Sebastiano del Botticelli può evocare il mito di Adone o di Apollo; il mio San Sebastiano vuole evocare il mito di Prometeo, l'eroe dell'esperienza
LEI - interessante il fatto che fai entrare l'attualità solo di soppiatto: è data qui dalle figure dei carnefici, intenzionalmente brutte e volgari; e così vicine che non entrano, se non con la testa, nel campo del quadro. Una teatralità evidente
MANTEGNA - vedete, quello che voi chiamate teatralità non dovete intenderla come qualcosa di esterno, rappresentato e quindi distante, oggettivo. È il contrario per me, teatrale è la vita, e la storia non è altro che una tragica sequenza di momenti drammatici da cui possiamo riscattarci solo con la bacchetta magica dell'arte
LUI - vuoi dire che sei tu stesso coprotagonista dei tuoi quadri, che partecipi con l'atto dell'artista, ad una rappresentazione che ti riguarda, ne sei artefice e attore insieme?
MANTEGNA - bravo, esatto. Detta così è una scoperta anche per me, mi piace come l'hai datta, è in linea con quello che volevo, si vede che lo facevo intuitivamente
LEI - vogliamo andare oltre, scusate. Mi interessava sapere una cosa. Nel 1453 sposi la figlia di Jacopo Bellini, sorella di Giovanni Bellini. Si è molto insistito sull'influenza tua, maestro, su Giovanni Bellini; ma il rapporto forse è reciproco; e lo si vede nelle prime tue opere compiute a Mantova, dove ti trasferisti, alla corte dei Gonzaga, nel 1460. Ce ne parli?
MANTEGNA - sì, sposai Nicolosia Bellini, figlia di Jacopo e sorella di Gentile e Giovanni Bellini. apparteneva a una delle più importanti famiglie di pittori veneziani. Per me non si trattava solo di stabilire legami di parentela con i Bellini. Attraverso la quotidianità familiare si creano per forza dei rapporti artistici. Sul fatto di stabilire quanto Giovanni debba a me o io a mio cognato, non so. non credo che si possa redigere un bilancio del dare e dell'avere. L'incontro è stato fondamentale per tutti e due, questo è sicuro
LEI - e fondamentale è stato per l'intero rinascimento settentrionale, a dire il vero!
MANTEGNA - Il Bellini ricava dalla mia opera forza plastica, che alleggerisce con la dolcezza del suo colore veneziano, io, al contrario, ammorbidisco certe asprezze padovane senza per questo rinunciare alla mia forza
LUI - Con il tuo arrivo nella città dei Gonzaga hai inaugurato il piu' lungo e continuativo rapporto che un artista del XV secolo ebbe con una corte signorile...
MANTEGNA - sono rimasto a Mantova parecchio, è vero
LUI - bè, fino alla morte...a 76 anni per essere precisi
MANTEGNA - eh, già, sono stato al servizio di tre membri della famiglia, ho ricoperto la carica di pittore ufficiale della corte ducale. si sono susseguiti: Ludovico, Federico, e Francesco Gonzaga. Mi assentai da Mantova, ricordo, solo in occasione di due brevi permanenze a Firenze e a Roma, vi andai comunque con il beneplacito dei miei signori. Non credete, non fu un rapporto facile però quello con i Gonzaga. Non sapete quante volte dovetti sollecitare il pagamento del salario dovutomi, oppure rifiutare richieste per opere troppo lontane dal mio stile. Per carità non mi lamento però, in compenso ebbi comunque importantissime commissioni, grande prestigio e uno stimolante rapporto con un ambiente in cui le belle arti e il classicismo erano per fortuna tenuti in gran conto
LUI - A Mantova immagino ti sei incontrato con Leon Battista Alberti, chiamato da Ludovico Gonzaga a erigere le chiese di San Sebastiano e di Sant'Andrea
MANTEGNA - sì certo, sai quante discussioni con lui...persona coltissima.. In particolare i miei interlocutori più validi nella famiglia ducale, sono stati Federico, collezionista di antichità classiche e Isabella d'Este, moglie di Francesco, collezionista anche lei, di anticaglie e di dipinti moderni
LEI - L'ambiente culturale mantovano, a cui l'Alberti aveva dato il primo impulso in senso umanistico, ti è stato certamente propizio; il marchese stesso era un cultore dell'antico: ti affidò la cura delle sue preziose raccolte
LUI - Tra il 1460 e il 1464 hai dipinto piccole tavole di tema religioso, per decorare la cappella del castello di Mantova. Tra di esse la celebre Morte della Vergine oggi un frammento conservato al Prado, a Madrid. In quest'opera la rigidità solenne delle figure si attenua e l'espressione dei sentimenti è piu' definita e articolata, che in altre opere, forse l'influsso di Giovanni Bellini, tuo cognato, la sua impronta è riconoscibile .... La diffusione della luce, l'umanizzazione del paesaggio...
MANTEGNA - non c'è dubbio, in quel caso feci esplicitamente riferimento a quanto avevo visto da mio cognato. Nella Morte della Madonna le forme non sono così fisse come il mio solito; le pieghe dei panni sono meno dure, indugiano, vi brillano fili di luce; i sentimenti, sui volti, benché contenuti, hanno modulazioni diverse; le figure sono allineate in prospettiva, una prospettiva che prosegue, va oltre la finestra ad incontrare un paesaggio "naturale", in cui ho voluto raffigurare la laguna mantovana. Tutti questi accorgimenti, diciamo più 'morbidi' è indubbio, li devo a Giovanni, e lo ringrazio, devo molto a lui. Sono stato troppo severo con me stesso e con la mia opera, la storia ha sì una sua esistenza che possiamo considerare con distacco, ma essa si intreccia bene o male con la nostra di esistenza, quella umana. Questo ho imparato da mio cognato e gliene sono grato
LEI - e ne hai tratto le conseguenze logiche nei lavori successivi, anche
MANTEGNA - diciamo che le mie conoscenze classiche si estendono, non sono più guidate dal rigore storicistico, archeologico e filologico dello Studio padovano: il mio punto di riferimento classico non è più lo storico Tito Livio, ma il poeta Virgilio, per intenderci
LUI - chiaro, la storia è filtrata dalla natura e dalla poesia
LEI - parliamo degli affreschi di Mantova?
LUI - ci incalzi, vero? Il tempo passa
LEI - e io vorrei affrontare giustamente altri aspetti del Maestro, ad esempio i cicli decorativi monumentali eseguiti a Mantova, il più complesso, misto a tempera e ad affresco, quello della Camera degli sposi, così chiamata, posta al primo piano del torrione nord del castello ducale di San Giorgio. Dai, parlane tu
LUI - ma no, che ne parli lui, maestro, te la senti? Maestro..maestro
LEI - se ne è andato
LUI - questi artisti! Basta distrarsi un attimo da loro, che pigliano e se ne vanno sdegnati
LEI - ma no, non credo, ha capito che stavamo in chiusura e per gentilezza si è dileguato prima che glielo dicessimo noi. Un gran signore
LUI - messa così mi piace. D'accordo. Allora, la Camera degli sposi al Palazzo ducale. Questo era una sala quadrata, con una volta su lunette. Su questa il Mantegna innesta una complicata architettura dipinta, con archi trasversali incrociati, che contengono monocromi, con soggetti mitologici, medaglioni con ritratti di imperatori, corone.
LEI - Al sommo della volta c'è un'apertura rotonda, una finta balconata, con figure affacciate. Sulle pareti sono dipinti pesanti tendaggi, aperti su due scene figurate: due momenti della vita di corte che vengono presentati come storici
LUI - e il tutto collocato in paesaggi di sfondo di tipo arioso e naturalistico. Pensa un po'! Una novità, per il Mantegna!
LEI - È il primo esempio di paesaggio "classico"infatti: la natura non è più sopraffatta dalle rovine, erosa dal lento trascorrere dei secoli e delle generazioni; gli edifici del passato qui si armonizzano alle linee dei colli, vivono di una luce naturale. Evviva, finalmente
LUI - il Nostro si è ammorbidito, mi pare, era ora! Il legame di passato e presente, quasi minaccioso nelle prime opere, si trasforma, con più... umanità
LEI - Come in altri dipinti e in molte stampe di questo tempo: l'artista evoca immagini dell'antichità, ripone tutto il significato e il valore dell'arte proprio nella sua capacità di evocare....
LUI - Ma che cosa significa evocare se non immaginare! per il Mantegna, il primo grande "classicista" nella storia della pittura, l'antico è immaginazione della storia o, ed è lo stesso, storia come immaginazione
LEI - Nel pensiero del Mantegna, l'antichità classica è il tempo in cui tutto veniva espresso in immagine; solo con l'avvento di Cristo, con la rivelazione, le immagini hanno assunto un contenuto e un significato certi. Allora l'immagine è diventata forma, il mito storia, l'allegoria concetto
LUI - Negli ultimi dieci o quindici anni dell'attività del Mantegna si possono distinguere abbastanza chiaramente due modi: da un lato l'ambiguità dell'allegoria, le infinite possibilità dell'immaginazione; dall'altro la dura necessità morale, i1 "credo" assoluto
LEI - Forse anche l'alto spirito del Mantegna è stato raggiunto e turbato, negli ultimi tempi, dalle turbolenze religiose
LUI - specialmente dopo la morte del Savonarola, è diffuso ovunque come un presagio di crisi imminente
LEI - lui, certo, vi reagisce con più rigore di fede
LUI - per finire non si può non parlare del suo testamento pittorico. il famoso Cristo morto, che è forse l'opera che si conosce di più
LEI - Lo scorcio più ardito del rinascimento
LUI - uno scorcio così violento che rende ancora più tragica la figura distesa del cristo. Il corpo è quasi deformato, le sporgenze anatomiche sono tutte in risalto, in modo particolare il torace, così rigonfio
LEI - I piedi in primo piano, feriti come le mani, dallo strazio dei chiodi, il panneggio mosso, il colore livido
LUI - tutto contribuisce a suscitare un senso di orrore, di incredulità, direi, di fronte alla morte. Anche quelle teste dolenti, a sinistra, che a qualcuno sono apparse come intruse, hanno invece una loro funzione drammatica, così incombenti sul Cristo, così concrete in tutta la crudezza dei particolari fisici
LEI - In quest'opera, così essenziale, il Mantegna riafferma la tragica grandezza dell'uomo che esaurisce in terra la sua missione umana
LUI - è una delle ultime dello scontroso pittore
LEI - fra i più grandi creatori del rinascimento italiano
LUI - è quasi il suo testamento.
LEI - come dirà Pietro Pomponazzi, professore di aristotelismo all'Università di Padova dal 1488, per il Mantegna l'uomo "non attende altro premio chedalla virtù stessa"
LUI - hai capito? senza speranza! nessun premio futuro e neanche "terrore" di pena: insomma aspettative di salvezza e senso di colpa sono atteggiamenti servili, contrari alla virtù...per il nostro artista
LEI - negli uomini del Mantegna, nessuna servilità, mai, ma una fiera, eroica affermazione della propria dignità!
LUI - hai detto niente! ed è con fermezza e dignità che diciamo in coro: fine della puntata.