Morale delle truppe

"Relazione del Generale Roatta"
25 agosto 1943


Il morale delle truppe dell'Esercito, specie di quelle della Madre Patria, già non eccessivamente brillante a causa dei precedenti avvenimenti militari, è stato ed è in questi ultimi tempi, ed attualmente, insidiato da varie circostanze che enumero:
a) - Convinzione che il mutamento di governo portasse automaticamente alla pace;
b) - Esaltazione del comportamento della popolazione siciliana;
c) - Esaltazione della difesa di Augusta-Siracusa e del contributo in genere delle forze navali ed aeree nella campagna di Sicilia;
d) - Esaltazione del comportamento delle masse operaie e trattazione con esse di questioni esorbitanti il loro lavoro;
e) - Incomprensione della situazione da parte dei tribunali militari di guerra.
Esamino, qui di seguito, ognuno dei suddetti argomenti.
A) - Convinzione che il mutamento di governo portasse automaticamente alla pace.
I reparti sono composti, massa degli ufficiali compresa, da "uomini della strada" temporaneamente insigniti di uniformi e stellette. Pertanto detti uomini hanno tratto dal mutamento di Governo la stessa convinzione tratta dal 90% dei loro colleghi in civile: quella cioè che la guerra fosse finita.
E - come naturale da parte di gente provata, soggetta a disagi, non avente molta fiducia nel proseguimento vittorioso della lotta, e che non può considerare in pieno le conseguenze di atti di tale importanza - se ne sono rallegrati.
Successivamente, come risulta da segnalazioni concordi, la truppa - almeno dei reparti mobilitati - si è ripresa.
Non cosí la massa dei giovani ufficiali di complemento, i quali, per origine, formazione e mentalità, rappresentano - nella massa - la parte piú scadente del nostro inquadramento.
Attualmente però una nuova insidia al morale dei reparti, anche in questo ambito, è rappresentata dalle circostanze di cui in D).
B) - Esaltazione del comportamento della popolazione siciliana.
Le unità reduci dalla Sicilia, e molte altre unità ormai, sanno benissimo che le popolazioni siciliane - per cause sulle quali è inutile indagare - si sono comportate tutt'altro che patriotticamente e fieramente.
A parte le naturali esagerazioni e generalizzazioni, è ormai di dominio pubblico che alcuni reparti formati di siciliani si sono disfatti ancora prima dell'urto con l'avversario (tra l'altro un intero battaglione M.V.S.N., comandante in testa), che moltissimi gregari, ed alcuni ufficiali siciliani isolati, hanno rivestito abiti civili e si sono diretti sin dall'inizio delle operazioni alle loro case, che civili isolani hanno servito di guida a reparti avversari, e che diverse popolazioni hanno accolto festosamente il nemico (come dimostrato - fra l'altro - da fotografie di giornali anglo-sassoni).
Alte necessità di carattere internazionale e nazionale, perfettamente riconosciute dalle persone istruite, hanno indotto a tacere sulle suddette circostanze e ad esaltare invece il comportamento della Sicilia.
Senonché la truppa, specie quella che ha duramente combattuto nell'isola, non è in grado di apprezzare le suddette necessità, e si chiede semplicemente se valga la pena di compiere il proprio dovere, visto che tanto viene lodato anche chi non lo compie.
C) - Esaltazione della difesa di Augusta-Siracusa e del contributo in genere delle forze navali ed aeree nella campagna di Sicilia.
È convinzione generale nei comandi ed unità reduci dalla Sicilia, e lo diventa man mano in altri ambienti militari, che la difesa della piazza M.M. di Augusta-Siracusa sia stata del tutto impari alla sua missione.
Senza entrare in merito a tale giudizio - che può anche essere immeritato - sta di fatto però che detta piazza è caduta in brevissimo tempo e che numerose sue batterie ed installazioni sono state distrutte assai prima che ciò fosse legittimato dalla situazione.
Orbene, se l'esaltazione di detta difesa, consigliata anche essa da considera­zioni d'ordine generale, può avere sortito in altri ambienti un effetto salutare, ha avuto effetto contrario sulle unità reduci dalla Sicilia, poco sensibili alle considerazioni di cui sopra.
In quanto all'azione navale ed aerea in genere nella campagna di Sicilia non vi ha dubbio che le forze navali ed aeree italiane scarsissime di mezzi si siano prodigate oltre ogni limite, ed abbiano raggiunto dei risultati proporzionalmente insperati. Ma le unità reduci dall'isola, che hanno visto l'indisturbato allineamento sotto costa di migliaia di mezzi da sbarco e navi trasporto, che hanno subito per giornate intere il bombardamento delle navi anglo-americane schierate in parata, in pieno giorno, a breve distanza da Catania, e che sono state continuamente assillate dall'aviazione avversaria, senza mai scorgere sul proprio capo un aereo amico, non comprendono, e non possono d'altra parte comprendere, l'esaltazione di cui trattasi, che considerano - nella loro semplicità - come una cosa non giusta.
D) - Esaltazione del comportamento delle masse operaie, e trattazione con esse di questioni esorbitanti al loro lavoro.
Immediatamente dopo il cambiamento di governo, le masse operaie, quali piú quali meno, hanno invocato la pace immediata.
E in alcune località, frazioni di dette masse, sia pure minime ed inframmezzate da teppisti non operai, hanno innalzato bandiere rosse e inneggiato al comunismo.
Successivamente, repressi questi eccessi e concorrendo gravi bombardamenti aerei, dette masse hanno cominciato ad astenersi, totalmente, parzialmente o saltuariamente, dal lavoro, nuocendo cosí gravemente alla già di per se stessa molto insufficiente produzione bellica.
Pretesti a tale atteggiamento: alcuni di indole lavorativa (mercedi - sussidi - organizzazioni interne - ecc.) ed alcuni di politica interna ed internazionale.
In seguito a ciò da parte delle autorità politico militari si è venuti a contatti e trattative con le masse in parola, nelle quali (caso Torino) i desiderata politici degli operai si sono concretati nientemeno che nei principali seguenti:
- abolizione del cosiddetto "stato di assedio";
- pace immediata;
- cacciata delle forze germaniche dall'Italia;
- alleanza con la Russia, condizione sine qua non per detta cacciata.
Le suddette pretese, che le autorità predette hanno ascoltate, sono trapelate rapidamente, per lo meno fra i quadri dell'Esercito. Ed i giornali si sono affrettati a divulgarle tra le truppe, sia pure in senso generico.
Infatti la stampa (non l'"Avanti", che non esiste, ma la stampa piú ortodossa) ha lodato lo "spirito di disciplina" delle masse operaie, ha espresso verso di esse "la sua ammirazione" ed ha annunciato che i rappresentanti operai "hanno richiamato l'attenzione delle autorità politiche e militari su tutti i problemi che angustiano in questo momento le classi lavoratrici, e cioè: guerra, stato di assedio, detenuti politici, arresti di operai..."
Non solo, ma è stato anche annunciato che i rappresentanti operai hanno indicato "su tutti questi problemi" (ossia anche su quello "guerra") "quei provvedimenti, che, se accolti, sarebbero di natura tale da tranquillizzare le masse operaie".
Ed infine i giornali hanno concluso che un ministro ha risposto "dimostrando la massima comprensione di tutti i problemi di cui sopra... ed ha annunciato provvedimenti che dalla commissione operaia sono stati riconosciuti atti a ridare alla città (Torino) la tranquillità di cui ha bisogno".
In sostanza, in parole crude, il soldato, che è astretto a ferma disciplina, che ha corso, corre e correrà pericolo di "dare la pelle" che fa una vita disagiata lontano dai suoi, che - in molti casi - non ha mai avuto e non avrà licenze, che ha abbandonato i suoi ordinari interessi, e che è miseramente pagato, che non viene mai collettivamente lodato per la sua disciplina (considerato fenomeno naturale)
sa ormai e constata
che il suo concittadino operaio, magari esentato e militarizzato o mobilitato civile, che è rimasto a casa sua, che è in confronto largamente pagato, può abbandonare quando crede il lavoro, è lodato successivamente per la sua disciplina, chiede la cessazione immediata della guerra e l'alleanza con la Russia, ed è ascoltato dalle maggiori autorità politiche e militari, le quali dimostrano piena comprensione dei suoi desiderata e gli danno in merito affidamenti tranquillizzanti.
Tali constatazioni sono micidiali per il morale dei reparti. Perché non è affatto vero che la "disciplina" sia un fenomeno naturale ed immanente nelle truppe; essa è unicamente tale quando i gregari (che sono la grande maggioranza e che posseggono le armi) siano complessivamente "consenzienti".
Orbene, quando i gregari constatino ulteriormente che con essi "consenzienti" si tiene una misura e con i compagni "lavoratori", sebbene molto piú favoriti per vita e compenso se ne segue un'altra, unicamente perché essi alzano la voce, abbandonano il lavoro, minacciano e compiono violenze, anche i soldati cesseranno di essere "consenzienti", e chiederanno che anche con loro - molto piú interessativi degli operai - si discuta il problema guerra e quelli politici connessivi.
Quanto sopra rappresenta in questo momento il pericolo piú grave per il morale dell'Esercito e delle FF.AA., perché è cosí che si è giunti altrove, in passato e si potrebbe giungere ora in Italia, ai "consigli di operai e soldati".
A parte il lato militare della questione, non vi è dubbio che notizie come quelle menzionate, anche se limitate a quanto di esse riportate nei giornali, non possono non aumentare la sfiducia della parte germanica, e raffermarla nelle sue eventuali intenzioni ai nostri danni.
E) - Incomprensione della situazione da parte dei Tribunali militari di guerra.
Durante tutta questa guerra, salvo lodevoli eccezioni, il comportamento dei Tribunali militari di guerra è stato impari alle necessità contingenti ed ha dato luogo a continui rilievi da parte dei comandi competenti.
Peggio ancora avviene ora, quando si tratta, ovunque, di giudicare anche dei civili per reati od imputazioni di indole non militare
I procuratori militari - provenienti in tempo di guerra per la maggior parte dalla magistratura ordinaria o da avvocati che abbiano esercitato la professione civile per un certo numero di anni - non hanno compreso che la funzione principe dei tribunali di guerra non è quella di "fare della legge o della procedura", ma bensí quella di contribuire a mantenere una ferma disciplina ed un ordine pubblico assoluto.
Donde cavillosità, incertezze, lungaggini, eccezioni di ogni genere, provvedimenti immediati e di estremo rigore per presunti "abusi di autorità" e provvedimenti miti e procrastinati per reati gravi intaccanti veramente la compagine dei reparti.
I presidenti, scelti fra ufficiali della riserva o comunque in s.p.e., dopo che le loro categorie sono state "schiumate" per incarichi ritenuti piú importanti, nominati magari (a titolo quasi di sussidio) dopo che abbiano fallito in uno o piú dei suddetti incarichi, sono sovente del tutto inadatti alle loro funzioni.
I giudici, tratti da ufficiali delle armi combattenti per la maggior parte delle categorie in congedo senza speciale preparazione e che sovente da tempo immemorabile hanno perduto il contatto con la vita di reparto, di solito non hanno nulla di militare; tendono al quietismo e vanno a rimorchio delle argomentazioni piú o meno cavillose dei procuratori.
Dal complesso risulta per lo piú un ambiente grigio, lento, dubbioso, incline alle scappatoie e alla longanimità, paragonabile ad una pretura o "conciliatura" di provincia, e non certo ad un tribunale di guerra, degno di questo nome.
È necessario pertanto modificare di urgenza questo stato di cose:
- dando tassativi ordini ai procuratori militari;
- costituendo i tribunali con fiore di presidenti e di giudici in s.p.e. (per i giudici, traendoli - magari - a turno, dai reparti);
- oppure sostituendo gli attuali macchinosi tribunali con tribunali minori, di divisione od anche di corpo, a procedura molto spiccia, tipo tribunali straordinari.
Occorre altresí, a mio avviso, nel momento presente, comminare pene molto piú severe per i militari che si lascino andare a manifestazioni sovversive e per gli ufficiali che le tollerino.
IL CAPO DI STATO MAGGIORE
F.to Roatta


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