(già pubblicato IN RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE, 1997, P. 256 SS.)
SOMMARIO: 1. Le riserve manifestate in Germania nei confronti della nozione giuridica dei crimini contro l'umanità. - 2. La recente dottrina tedesca sviluppata in occasione dell'istituzione del Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia. - 3. Il principio nullum crimen nulla poena sine lege e il diritto naturale in Germania. - 4. La figura delittuosa dei crimini contro l'umanità come parte integrante del diritto consuetudinario. - 5. Riflessioni conclusive.
1. Nella Repubblica Federale di Germania la nozione giuridica
dei crimini contro l'umanità come parte integrante del diritto internazionale
penale è, a cinquant'anni dai celebri processi di Norimberga e Tokio,
tuttora oggetto di rigorose critiche (1).
Le riserve manifestate sia in dottrina sia in giurisprudenza
non si riferiscono unicamente alla controversa determinazione della fattispecie
delittuosa, bensì esprimono piuttosto una diffusa contestazione
dell'esistenza stessa della fattispecie normativa dei crimini contro l'umanità
(2).
Tali obiezioni, a loro volta, determinano attualmente una presa
di posizione contraddistinta da riluttanza rispetto allo Statuto istitutivo
del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia (3), soprattutto
con riguardo alla categoria giuridica dei crimini contro l'umanità,
così come ascritti ratione materiae alla competenza giurisdizionale
della Corte all'art. 5 del relativo Statuto (4). Un esempio in merito è
rappresentato dalle severe censure della dottrina maggioritaria tedesca
in riguardo alla posizione giuridica espressa dal Segretario Generale delle
Nazioni Unite al § 35 del Report of the Secretary General pursuant
to parapraph 2 of Security Council Resolution 808/1993, secondo cui la
fattispecie penale dei crimini contro l'umanità è indubbiamente
parte del diritto internazionale consuetudinario (5).
Occorre premettere in questo contesto che in Germania la resistenza
dottrinale nei confronti del concetto dei crimini contro l'umanità
(6) è stata corroborata dalla giurisprudenza della Corte suprema
federale di cassazione, la quale ha avuto occasione di precisare che la
Repubblica Federale di Germania non avrebbe mai riconosciuto le sentenze
di condanna pronunciate in base al diritto di occupazione qualora le pene
fossero state comminate in applicazione della figura delittuosa dei crimini
contro l'umanità (7), confutando in questo modo la validità
delle sentenze di condanna emesse dal Tribunale Militare Internazionale
di Norimberga (8).
Giova inoltre rilevare che il governo della Repubblica Federale
di Germania, in virtù dell'art. 103, comma 2 della Legge Fondamentale
tedesca (9) (il quale contempla una rigida versione del principio nullum
crimen, nulla poena sina lege, ossia di quel principio su cui era incentrata
la difesa dei criminali di guerra durante il processo di Norimberga), al
momento della ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) ha apposto
formalmente riserva in riguardo all'art. 7, comma 2 CEDU, che a sua volta,
in deroga al principio nullum crimen, nulla poena sine lege di cui all'art.
7, comma 1, dispone che non si debba comunque considerare esclusa la punibilità
di persone che abbiano commesso fatti, i quali secondo principi generali
riconosciuti dalla comunità dei popoli civili costituiscono reato
(10).
Tale riserva, peraltro l'unica espressa in merito alla succitata
convenzione, prevede di applicare l'art. 7, comma 1 e 2 solo nei limiti
previsti dall'art. 103, comma 2 della Legge Fondamentale tedesca (11).
In questo modo la Repubblica Federale di Germania ha dimostrato
di non accettare la cosidetta "Nuremberg Clause" (12) dell'art.
7, comma 2 CEDU, con la quale si sanciva l'applicabilità del diritto
internazionale penale (13).
2. Considerando la tradizionale scarsa disposizione
ad accogliere la figura dogmatica dei crimini contro l'umanità,
giova ora esaminare la recente dottrina tedesca sviluppata in occasione
dell'istituzione del Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia,
il cui relativo statuto all' art. 5 configura la competenza giurisdizionale
con riferimento ai suindicati crimini (14).
Secondo la dottrina maggioritaria tedesca in merito, tale nozione
giuridica non sarebbe compatibile né con il principio di tassatività
in virtù della sua indeterminatezza categoriale (15), né
con il principio nullum crimen, nulla poena sine lege dato che i
crimini contro l'umanità non farebbero parte del diritto internazionale
penale, in quanto non si sarebbe affermata una consuetudine consolidata
(16).
Ora, per quanto concerne il principio di tassatività si
esprime un severo giudizio in riguardo alla fattispecie normativa di cui
all'art. 6, par. 2c della Carta del Tribunale Internazionale di Norimberga,
all'art. 5(c) della Carta del Tribunale Internazionale di Tokio ed all'art.
II. Ic della Legge Nr. 10 del Consiglio di Controllo (interalleato) per
la Germania, sia a causa dell'impiego di concetti vaghi, come ad esempio
la clausola omnicomprensiva, la quale sancisce la punibilità di
coloro che abbiano commesso "altri atti disumani" (17), sia in virtù
del fatto che i precetti penali del diritto internazionale non determinano
né il tipo né il limite preciso della pena da irrogare (18)
.
Inoltre si confuta la necessità stessa della nozione dei
crimini contro l'umanità, soprattutto se è definita in modo
impreciso, vista l'intersezione di questa figura delittuosa con altre
categorie riconosciute, quali i crimini di guerra ai sensi delle convenzioni
di Ginevra e il genocidio (19).
Con riferimento all'assunto, secondo cui si debba ricusare il
fatto che la nozione dei crimini contro l'umanità sia parte del
diritto internazionale vigente a causa della pretesa impossibilità
di poter riscontrare una consuetudine consolidata, appare opportuno accennare
alla catena argomentativa propugnata dalla dottrina maggioritaria tedesca.
Essa, in primo luogo, confuta l'esistenza della succitata fattispecie
delittuosa per il periodo antecedente alla fine della seconda guerra mondiale
(20), in secondo luogo sostiene che i processi di Norimberga e di Tokio
contro i criminali di guerra, le cui rispettive carte istitutive, come
è noto, prevedevano la punibilità dei crimini contro l'umanità,
sarebbero rimasti due eventi isolati non essendo constatabile una ulteriore
prassi degli Stati (21) .
In tale contesto va specificato che la dottrina tedesca prende
atto sia del fatto che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la
risoluzione GA RES 95 (I) del 11. Dic. 1946, ha ribadito i principi della
Carta istitutiva del Tribunale Internazionale di Norimberga, sia del fatto
che la medesima, con la risoluzione GA RES 177 (II) del 21. Nov. 1947,
richiedeva alla Commissione del Diritto Internazionale (CDI) di formulare
e concretizzare i principi inerenti ai crimini contro l'umanità
(22) .
Parimenti vengono presi in considerazione i progetti proposti
per conto della CDI, ossia il Draft code of offences del 1954, il Draft
code of Crimes against the peace and security of Mankind e il Draft code
of Crimes del 1987 (23) .
Infine la dottrina tedesca valuta anche il fatto che in ambito
delle Nazioni Unite siano state aperte alla firma la Convenzione per la
protezione e la repressione del crimine di genocidio del 9. Dic. 1948,
la Convenzione sull'imprescrittibilità del crimine di genocidio
e dei crimini contro l'umanità del 26. Nov. 1968 e la Convenzione
sulla repressione e punizione del crimine di Apartheid del 30. Nov. 1973
(24) .
Nonostante l'esistenza dei suesposti elementi, la dottrina maggioritaria
tedesca confuta ad essi il carattere di atti costituenti una prassi degli
Stati, quale elemento indispensabile della consuetudine come fonte di diritto
internazionale ai sensi del art. 38, comma 1, lett. b) dello Statuto Internazionale
della Corte Internazionale di Giustizia (25) .
Difatti alle risoluzioni GA RES 95 (I) e GA RES 177 (II)
viene contestato il carattere di prassi statuale, valutando quest'ultime
solamente come atti interni di un organo internazionale, non costituenti
una prassi internazionale degli Stati (26) . Inoltre per quanto concerne
i progetti di codificazione della CDI si rileva che questi progetti sono
rimasti tali, non essendo state ancora adottate delle convenzioni (27)
.
Infine, con riferimento alla Convenzione per la prevenzione e
la soppressione del crimine di genocidio e alla Convenzione sulla soppressione
e la punizione del crimine di Apartheid, la dottrina tedesca riconosce
sì ai crimini di genocidio e di Apartheid la loro appartenenza al
diritto internazionale penale, in virtù della loro conferma pattizia,
ma specifica al contempo che i suddetti crimini di genocidio e di Apartheid
rappresentano due casi speciali del concetto generale dei crimini contro
l'umanità, e che la conferma di tali fattispecie non permetterebbe
di ascrivere anche alla nozione dei crimini contro l'umanità in
senso lato la qualità di diritto internazionale penale vigente (28)
.
In questo ambito giova altresì rilevare che la dottrina
tedesca non accetta nemmeno di contemplare la nozione dei crimini contro
l'umanità come ravvisabile nei principi generali di diritto riconosciuti
dalle nazioni civili ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. c) dello Statuto
della Corte Internazionale di Giustizia (29) .
La dottrina o contesta l'esistenza di una opinio juris
in merito (30) , o contesta la possibilità di sviluppare un precetto
penale da un principio generale di diritto internazionale a sua volta desumibile
da principi generali di diritto interno (31) .
3. Ora un'attenta disamina delle obiezioni esposte
dalla dottrina maggioritaria tedesca permette di addivenire a delle soluzioni
differenziate.
Indubbiamente la tipologia della figura delittuosa dei crimini
contro l'umanità è di difficile enucleazione cosi che occorre
auspicare una migliore determinazione della medesima (32) .
In primo luogo si deve riscontrare, come già accennato,
l'impiego di termini vaghi, omnicomprensivi del tipo "altri atti disumani".
In secondo luogo si deve anche constatare che i testi normativi
"sostanziali" contemplati agli artt. 6, par. 2c della Carta del Tribunale
Internazionale di Norimberga, 5(c) della Carta del Tribunale Internazionale
di Tokio, nonché all'art. II. Ic della Legge Nr. 10 del Consiglio
di Controllo per la Germania e i due testi normativi "procedurali" delle
attuali norme di competenza ratione materiae degli Statuti dei Tribunali
Internazionali per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda si differenziano tutti
- ossia rispettivamente sia i testi normativi "sostanziali" tra di loro,
sia quelli "procedurali" tra di loro - in merito all'estensione della fattispecie
normativa e in riferimento all'ambito di applicabilità (33) .
Infine non sono effettivamente garantiti né il tipo né
il limite preciso della pena da irrogare (34) .
Tali suesposti aspetti rendono dunque agevolmente comprensibili
i timori e le riserve espresse dalla dottrina tedesca.
Al contrario appaiono opinabili le obiezioni con riferimento
al principio nullum crimen, nulla poena sine lege in virtù
della confutata consuetudine consolidata in merito alla figura delittuosa
dei crimini contro l'umanità (35) .
Difatti, a prescindere dalla questione se il succitato principio
sia, per quanto auspicabile (36) , veramente un principio universalmente
riconosciuto dal diritto internazionale penale (37) , e indipendentemente
dall'eventualità che detto principio in ambito di diritto internazionale
penale possa differenziarsi tipologicamente dalla sua realizzazione in
un contesto di diritto interno a causa della differente struttura informativa
del diritto internazionale dovuta all'assenza di un "legislatore universale"
(38), occorre specificare che sin dai primi anni della Repubblica Federale
di Germania la Corte suprema di cassazione e la Corte costituzionale federale,
nell'intento di condannare gli efferati crimini perpetrati durante il periodo
nazionalsocialista, avevano disapplicato il precetto nullum crimen,
nulla poena sine lege ai sensi dell'art. 103, comma 2 della Legge Fondamentale
tedesca in virtù del diritto naturale (39).
Invero, in base a delle considerazioni giuridico-filosofiche
sviluppate da Gustav Radbruch, esponente principale insieme ad Hans Kelsen
del Südwestdeutscher-Neu-Kantianismus (40), la Corte suprema federale
di cassazione nella pronuncia BGH-St. 2, 237 affermava che la libertà
dello stato non è illimitata: "Nella coscienza dei popoli civili
vi è sempre un certo nucleo (Kern) di diritto, il quale, secondo
il diritto generale non può essere violato da nessuna legge o misura
di autorità. Esistono principi intangibili di comportamento umano,
i quali si sono sviluppati presso tutti i popoli civili sulla base di visioni
etiche fondamentali evolutesi nell'arco del tempo".
In seguito anche la Corte costituzionale federale nella sentenza
BVerfGE 3, 225, 232, esprimeva il concetto, che essa fondava la sua attività
e il suo processo di identificazione delle norme, non solo sull'autorità
derivante dalla Legge Fondamentale, bensì anche sul concetto di
diritto (Rechtsbegriff) e sull'idea di diritto (Rechtsidee) connaturata
all'essenza stessa della propria attività giurisprudenziale (41).
Inoltre, in un ulteriore pronuncia, la Corte costituzionale federale
reiterava il principio secondo cui leggi pervase di ingiustizia non debbono
essere accettate come aventi valori di diritto (42) .
Appare opportuno sottolineare come questa tradizione giurisprudenziale
tedesca, la quale in base al diritto naturale disapplica il principio nullum
crimen, nulla poena sine lege, sia stata recentemente ribadita dalla
sentenza della Corte suprema federale di cassazione BGH-St., 3. Nov. 1992,
Str 370/92 nell'ambito dei processi a carico di Honecker e dei funzionari
dell'estinta Repubblica Democratica Tedesca, i quali avevano violato gravemente
i diritti umani dei propri concittadini (43) .
Nelle motivazioni di questa sentenza è stato specificato
che una norma positiva del legislatore statuale può venire disapplicata
solamente nel caso in cui rappresenti una violazione delle norme di rango
superiore, ossia dei principi di giustizia e di umanità e che una
simile violazione deve essere di entità tale da contrastare la opinio
juris comune a tutti i popoli e a tutte le nazioni in merito al valore
della dignità umana (44) .
Ossia il conflitto tra il diritto positivo e il concetto di giustizia
deve essere talmente insopportabile da imporre l'esigenza che la legge
positiva venga soppressa dal concetto di giustizia (45) .
Ribadendo la preminenza del diritto di natura (Überpositives
Recht) la Corte rileva che anche se la ratio dell'art. 103, comma 2 della
Legge Fondamentale, il quale sancisce il principio nullum crimen, nulla
poena sine lege, consista nella tutela della fiducia che l'individuo possa
venire giudicato unicamente in base al diritto vigente al momento del fatto,
tale tutela non sussiste e non può essere invocata nel caso in cui
una nozione penale, avente funzione di causa di giustificazione, fosse
stata interpretata in modo non conforme ai diritti umani (46) .
Ora, in virtù di quanto esposto non appare difficile riscontrare
una certa ambiguità nelle deduzioni argomentative della dottrina
maggioritaria tedesca qualora intenda inficiare la validità della
nozione dei crimini contro l'umanità riferendosi al principio nullum
crimen, nulla poena sine lege in ambito di diritto internazionale (47)
, reiterando in questo modo le critiche mosse all'assetto giuridico del
processo di Norimberga, senza prendere in considerazione il fatto che al
contrario in ambito di diritto interno le stesse Alte Corti della Repubblica
Federale di Germania disapplicano il precetto dell'art. 103, comma 2 della
Legge Fondamentale in base al diritto naturale (48).
4. A prescindere dalle suesposte osservazioni in riferimento
all'applicabilità del principio nullum crimen, nulla poena sine
lege, come già accennato, la censura principale mossa dalla
dottrina tedesca, corroborata dalla giurisprudenza della Corte suprema
federale di cassazione (49), consiste nel contestare alla nozione dei crimini
contro l'umanità il carattere di diritto internazionale vigente
a causa della confutata riscontrabilità di una consuetudine consolidata,
la quale, notoriamente, richiede ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett.
b) dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, l'esistenza degli
elementi costitutivi della diuturnitas e della opinio juris
(50) .
L'argomentazione secondo cui, come si è già ricordato,
i processi di Norimberga e di Tokio, le cui rispettive Carte istitutive
contemplavano il concetto di crimini contro l'umanità, sarebbero
rimasti due eventi isolati, non essendo riscontrabile una ulteriore prassi
degli Stati (51) , appare confutabile, in quanto una simile argomentazione
sembra considerare come prassi consolidatrice unicamente lo svolgimento
di processi penali internazionali, nella loro struttura analoghi a quelli
di Norimberga e di Tokio, senza riconoscere ad altre forme di prassi internazionale
la valenza costitutiva di comportamento costante (52) .
In effetti va rilevato che la prassi internazionale consolidatrice
è proprio caratterizzata dal concerto di molteplici elementi per
loro natura differenti (53) .
Come è noto, elementi costituenti una prassi internazionale
possono essere, ad esempio, le dichiarazioni di autorità statali,
gli atti e le risoluzioni di conferenze e di organizzazioni internazionali,
le risoluzioni dell'assemblea Generale delle Nazioni Unite relative a questioni
giuridiche, i commenti degli Stati attinenti ai progetti di codificazione
della CDI, i trattati internazionali, specie le convenzioni, la legislazione
interna e ovviamente le decisioni delle autorità giudiziarie statali
(54) .
Alla luce di questi elementi l'assunto della dottrina maggioritaria
tedesca appare incondivisibile, soprattutto se si tiene conto dei
seguenti dati:
a) al
trattato dell' 8. Agosto 1945, con il quale le quattro potenze istituirono
il Tribunale Internazionale di Norimberga, e alla Carta annessa hanno aderito
ulteriori 19 Stati delle Nazioni Unite (55) .
b) L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con le risoluzioni
GA RES 3 (I) del 13. Feb. 1946, GA RES 95 (I) del 11. Dic. 1946, ha avvalorato
i principi della suddetta Carta, confermando espressamente le sentenze
del Tribunale Internazionale di Norimberga (56) .
c) Giova rilevare anche la risoluzione GA RES 177 (II) del 21.
Nov. 1947, con la quale si richiedeva alla CDI di concretizzare i principi
inerenti ai crimini contro l'umanità (57) .
d) Inoltre anche i trattati di pace del 1947 con l'Italia, la
Romania, l'Ungheria, la Bulgaria e la Finlandia prevedevano la punizione
dei succitati crimini (58).
e) Parimenti occorre rammentare che l'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite ha adottato sia la Convenzione per la protezione e la repressione
del crimine di genocidio del 9. Dic. 1948 (59) sia la Convenzione sull'imprescrittibilità
dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità del 1968 (60),
nonché la Convenzione sulla soppressione e la punizione del crimine
di Apartheid del 1973 (61).
Ora, secondo la dottrina maggioritaria tedesca, come già
rammentato, tutti questi elementi non sono sufficienti come prassi informativa
della consuetudine (62) .
Le risoluzioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite secondo
tale dottrina, non solo non avrebbero valore vincolante (63), bensì
non sarebbero nemmeno atte a partecipare alla costituzione della consuetudine
(64) . Esse possono tutt'al più esprimere una opinio juris
(65) .
I voti dei singoli Stati nell'Assemblea Generale non rappresenterebbero
un comportamento informativo di una prassi degli Stati, essendo necessari
atti costituenti un comportamento degli Stati sviluppatosi all'esterno
dell'organizzazione internazionale in modo da corroborare una eventuale
opinio juris (66).
5. A tale presa di posizione della dottrina maggioritaria
tedesca vanno contrapposte alcune riflessioni.
L'opinione maggioritaria della dottrina internazionale sottolinea
che le risoluzioni, in particolar modo le dichiarazioni, dell'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite sono da considerare nell'ambito della formazione
del diritto consuetudinario in quanto prassi degli Stati, essendo quest'ultime
la somma degli atteggiamenti degli Stati che le adottano, e non solamente
degli atti interni di un organo delle Nazioni Unite (67) .
Appare invero difficile, anche in virtù dell'art. 2 comma
2 della Carta dell'ONU, presumere che gli Stati, i quali partecipano con
voto favorevole ad una risoluzione, non intendano poi obbligarsi (68) .
Va altresì sottolineato che la risoluzione GA RES 95 (I)
del 11. Dic. 1946 è stata adottata all'unanimità (69), assolvendo
in questo modo ad uno dei criteri di maggior valore riconosciuti ai fini
della constatazione della prassi formativa della consuetudine (70) .
Se si tiene conto infine delle succitate convenzioni, in particolar
modo di quella inerente all'imprescrittibilità dei crimini di guerra
e dei crimini contro l'umanità del 1968, la quale non solo sancisce
expressis verbis l'esistenza delle fattispecie delittuose in questione
ma si riferisce anche alle suindicate risoluzioni adottate in sede ONU
(71) , e se si valutano sia i progetti di codificazione della CDI (72)
, sia le note sentenze delle Alte Corti nei casi Eichmann, Barbie, Legay,
Touvier (73) , appare difficilmente comprensibile come la dottrina maggioritaria
tedesca possa tuttora, in presenza di questi elementi, i quali, quantunque
di differente natura, sono tutti riconosciuti come determinanti al fine
della formazione e dello sviluppo della consuetudine, contestare il fatto
che la nozione dei crimini contro l'umanità sia parte integrante
del diritto internazionale penale.
In conclusione si deve constatare che il persistente diniego
opposto da parte della dottrina maggioritaria tedesca alla nozione dei
crimini contro l'umanità con riferimento al carattere di norma vigente
del diritto internazionale penale appare infondato.
In primo luogo in quanto la dottrina tedesca, come già
ricordato, propugna un concetto rigido del principio nullum crimen,
nulla poena sine lege in ambito di diritto internazionale, allorquando
le stesse Alte Corti tedesche lo hanno, in base ad esigenze di giustizia,
disapplicato in nome di un altrettanto difficilmente enucleabile diritto
naturale, dimostrando al contempo che il principio di certezza sottostà
a superiori esigenze di giustizia (74) .
In secondo luogo in virtù dei suesposti molteplici elementi
costituenti una prassi consolidata. Difatti la posizione espressa dalla
dottrina tedesca, appare pressochè isolata, se si prende atto della
dottrina internazionale a riguardo, la quale quasi all'unanimità
sottolinea la natura di diritto internazionale penale vigente del concetto
dei crimini contro l'umanità (75) .
La dottrina internazionale ribadisce che indipendentemente da
come si possano valutare le fondamenta giuridiche degli storici processi
di Norimberga e Tokio, l'esistenza stessa dei trattati istitutivi dei Tribunali
Internazionali di Norimberga e Tokio, la relativa giurisprudenza e lo sviluppo
apportato nell'ambito delle Nazioni Unite, nonché gli ulteriori
precedenti giurisprudenziali, rendono inconfutabile riconoscere alla fattispecie
penale dei crimini contro l'umanità il carattere di diritto internazionale
vigente (76) .
In tale contesto è degno di nota il fatto che la dottrina
maggioritaria tedesca, nello sviluppare le catene argomentative in merito,
è prevalentemente autoreferenziale, ossia si basa pressochè
unicamente su opere di autori tedeschi, senza, e ciò è veramente
inusuale, valutare la dottrina internazionale estera, la cui agevole disamina
permetterebbe di rivedere la propria posizione in merito.
Infine va enfatizzato che grazie all'istituzione dei due Tribunali
Internazionali per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda, i cui relativi Statuti,
prevedendo la propria competenza giurisdizionale ratione materiae
in relazione ai crimini contro l'umanità, ne ribadiscono la configurabilità,
si può sin d'ora, considerato l'atteggiamento favorevole e di collaborazione
del governo, nonché del parlamento della Repubblica Federale di
Germania in riferimento all'istituzione del Tribunale internazionale per
l'ex-Jugoslavia (77) , auspicare che nell'ambito della dottrina tedesca
si determini un cambiamento di opinione a riguardo, consentendo in questo
modo una più serena partecipazione dottrinale allo sviluppo di quegli
elementi indispensabili del diritto internazionale penale quali la codificazione
del diritto sostanziale e l'istituzione di un Tribunale Internazionale
penale permanente al fine di una migliore tutela e realizzazione dei diritti
umani.
Raoul MUHM, Assessor (München)
(L'autore ringrazia sentitamente Suzanne Bürger e Myriam Muhm)
1) ROGGEMANN, Der internationale Strafgerichtshof der Vereinten Nationen von 1993 und die Balkankriegsverbrechen, in Zeitschrift für Rechtspolitik (ZRP), 1994, pp. 297, 301; HOLLWEG, Das neue Internationale Tribunal der UNO und der Jugoslawienkonflikt, in Juristenzeitung (JZ), 1993, pp: 980, 986; TOMUSCHAT, Ein Internationaler Strafgerichtshof als Element einer Weltfriedensordnung, in Europa-Archiv, Folge 3 / 1994, pp. 61, 65; GRAEFRATH, Jugoslawientribunal - Präzedenzfall trotz fragwürdiger Rechtsgrundlage, in Neue Justiz (NJ), 1993, pp. 433, 436; REICHART, Die Bemühungen der Vereinten Nationen zur Schaffung eines "Weltstrafgesetzbuches", in ZRP, 1996, p. 134.
2) Difatti un'attenta disamina della recente dottrina maggioritaria tedesca (un'eccezione rappresentano Simma ed Oellers-Frahm) consente di poter ritenere pressochè isolati gli assertori dell'esistenza della suddetta nozione giuridica in ambito di diritto internazionale penale. Cfr. POLAKIEWICZ, Verfassungs- und Völkerrechtliche Aspekte der strafrechtlichen Ahndung der Schußwaffeneinsatzes an der innerdeutschen Grenze, in Europäische Grundrechte-Zeitschrift (EuGRZ), 1992, pp. 177, 182; GORNIG, Die Verantwortlichkeit politischer Funktionsträger nach völkerrechtlichem Strafrecht, in NJ, 1992, pp. 4, 12; IPSEN, Völkerrecht, C.H. Beck'sche Verlagsbuchhandlung, München, 3a ed., 1990, p. 540 ss.; JESCHECK, Handbuch des Strafrechts: Allg. Teil, Duncker & Humblot, Berlin, 4a ed., 1988, pp. 106, 108 ss.
3) GRAEFRATH, cit., pp. 433, 434; ROGGEMANN, cit. pp. 297, 299.
4) Cfr. supra nota 1.
5) HOLLWEG, cit. pp. 980, 986; Cfr. supra nota 1. Con riferimento ai testi normativi "sostanziali" contemplati agli artt. 6, par. 2c della Carta del Tribunale Internazionale di Norimberga, 5(c) della Carta del Tribunale Internazionale di Tokio ed all'art. II. Ic della Legge Nr. 10 del Consiglio di Controllo per la Germania cfr.: Article 6 of the Nuremberg Charter: «Article 6: The Tribunal established by the Agreement referred to in Article 1 hereof for the trial and punishment of the major war criminals of the European Axis countries shall have the power to try and punish persons who, acting in the interests of the Europan Axis countries, whether as individuals or as members of organisations, committed any of the following crimes. The following acts, or any of them, are crimes coming within the jurisdiction of the Tribunal for which there shall be individual responsibility: - [...] (c) Crimes against humanity: namely, murder, extermination, enslavement, deportation, and other inhumane acts committed against any civilian population, before or during the war, or persecutions on political, racial or religious grounds in execution of or in connection with any crime within the jurisdiction of the Tribunal, whether or not in violation of the domestic law of the country where perpetrated.»; Article 5(c) of the Tokyo Charter: «Crimes Against Humanity: Namely, murder, extermination, enslavement, deportation, and other inhumane acts committed before or during the war, or persecutions on political or racial grounds in execution of or in connection with any crime within the jurisdiction of the Tribunal, whether or not in violation of the domestic law of the country where perpetrated. Leaders, organizers, instigators and accomplices participating in the formulation or execution of a common plan or conspiracy to commit any of the foregoing crimes are responsible for all acts performed by any person in execution of such plan. (Italicized portion is new language added to the London Charter Article 6(c) definition). [...] Art. II. Ic of the Law No. 10 of the Control Council for Germany: «Crimes Against Humanity: Atrocities and offences, including but not limited to murder, extermination, enslavement, deportation, imprisonment, torture, rape, or other inhumane acts committed against any civilian population, or persecutions on political, racial or religious grounds, whether or not in violation of the domestic law of the country where perpetrated. (Italicized language indicates changes from London Charter Article 6(c) definition).»
6) JESCHECK, cit., pp. 106, 109, 112; WILKITZKI, Die völkerrechtlichen Verbrechen und das staatliche Strafrecht (Bundesrepublik Deutschland), in Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft (ZStW), 99, 1987, pp. 455, 456, 461.
7) BGH-St., 9.9.1958, vol. 12, p. 36 ss.: «Die Urteile wegen Verbrechen gegen die Menschlichkeit und wegen Kriegsverbrechen bildeten jedoch eine besondere Gruppe. Gegen sie bestanden auf deutscher Seite Bedenken hauptsächlich wegen der Art, in der ein großer Teil von ihnen zustande gekommen war, und wegen des sachlichen Rechts, auf dem sie beruhen. Das war das Kontrollratsgesetz Nr. 10, das von deutschen Gerichten schon seit der Verordnung Nr. 234 vom 31. August 1951 ..., die auf deutsches Betreiben hin schließlich ergangen war, nicht mehr angewendet wurde. Die Bundesrepublik fand sich aus allen diesen Gründen nicht bereit, jene Urteile als nach deutschem Recht wirksam anzuerkennen. Andererseits verzichteten die früheren Besatzungsmächte nicht auf die Vollstreckung. Sie behielten diese daher in ihrer eigenen Zuständigkeit. Die Bundesrepublik mußte dies hinnehmen. Sie erreichte nur einen deutschen Einfluß auf die Ausübung des Gnadenrechts in dem Gemischtem Ausschuß, der aber nach Art. 6, Abs. 1. Satz 2 die Gültigkeit der Urteile nicht in Frage stellen darf. Gerade diese Einschränkung läßt erkennen, daß die Bundesrepublik selbst die Urteile nicht anerkennen wollte und, wie in Abs. 11 desselben Artikels zum Ausdruck kommt, auch nicht anerkannt hat.«; BGH-St., 9.1.1959, vol. 12, pp. 326, 330; VULTEJUS, Verbrechen gegen die Menschlichkeit, in Strafverteidiger, 1992, p. 602 ss.
8) VULTEJUS, cit., p. 603.
9) L'art. 103, comma 2 della Legge Fondamentale della Repubblica Federale di Germania dispone: «Eine Tat kann nur bestraft werden, wenn die Strafbarkeit gesetzlich bestimmt war, bevor die Tat begangen wurde.».
10) Cfr. United Treaty Series, 1955, pp. 222, 258, 260.
11) Cfr. supra nota 10.
12) P. van DIJK, G.J.H. van HOOF, Theory and Practice of the European Convention on Human Rights, Kluwer Law and Taxation Publishers, Deventer-Boston, 2a ed., 1990, p. 365; WILKITZKI, cit., p. 461.
13) P. van DIJK, G.J.H. van HOOF, cit., pp. 565, 566; WILKITZKI, cit., p. 461.
14) In merito alla competenza giurisdizionale "ratione materiae" vedasi: Report of the Secretary-General pursuant to paragraph 2 of Security Council Resolution 808 (1993), Doc. S/2504 of 3. May 1993, I, 28, 29 (« It should be pointed out that, in assigning to the International Tribunal the task of prosecuting persons responsible for serious violations of international humanitarian law, the Security Council would not be creating or purporting to "legislate" that law. Rather, the International Tribunal would have the task of applying existing international humanitarian law. »), e II, 31; THÜRER, Vom Nürnberger Tribunal zum Jugoslawien-Tribunal und weiter zu einem Weltstrafgerichtshof?, in Schweizerische Zeitschrift für internationales und europäisches Recht - Revue suisse de droit international et de droit européen, 1993, pp. 491, 495; GROSS, The grave breaches system and the armed conflict in the former Yugoslavia, in Michigan Journal of International Law, 1995, p. 784; SHRAGA, ZACKLIN, The International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia, in European Journal of International Law, 1994, pp. 360, 363.
15) ROGGEMANN, cit., p. 301; HOLLWEG, cit., p. 986; GORNIG, cit., p. 8; IPSEN, cit., p. 542.
16) Cfr. IPSEN, cit., p. 542: «... die Straftatbestände des Statuts des Nürnberger Gerichtshofs sowie des Gerichtshofs von Tokio (sind) nicht zu Völkergewohnheitsrecht erstarkt worden ...» ; JESCHECK, cit., pp. 108, 109: «Die Mitglieder der Vereinten Nationen haben sich das in Nürnberg und Tokio angewendete Völkerstrafrecht bisher nicht zu eigen gemacht.», inoltre a pagina 109, nota 21, si può leggere: « Die Ansicht von Greenspan, Law of Warfare, S. 428, die Nürnberger Grundsätze seien ein fester Bestandteil des Völkerrechts geworden, wird weder von den Verträgen noch von der Staatenpraxis bestätigt.»; HOLLWEG, cit., p.986; TOMUSCHAT, cit., p. 65; POLAKIEWICZ, cit., p. 182.
17) HOLLWEG, cit., p. 987; GORNIG, cit., p. 8.
18) TOMUSCHAT, cit., p. 66; IPSEN, cit., p. 542.
19) ROGGEMANN, cit., p. 301; GRAEFRATH, cit., p. 436.
20) JESCHECK, cit., p. 108; GORNIG, cit., p. 8.
21) HOLLWEG, cit., p. 986; GORNIG, cit, p. 8; POLAKIEWICZ, cit., p. 182: «In der modernen Staatenpraxis sind die in der unmittelbaren Nachkriegszeit durchgeführten Verfahren von Nürnberg und Tokio Einzelfälle geblieben. » .
22) HOLLWEG, cit., p. 986; POLAKIEWICZ, cit., p. 182; GORNIG, cit., p. 8; IPSEN, cit., pp. 540, 541; JESCHECK, cit., p. 109.
23) Vedasi supra nota 22.
23) Vedasi supra nota 22.
24) Vedasi supra nota 22.
25) JESCHECK, cit., p. 109; IPSEN, cit., p. 217; GORNIG, cit., p. 8; HAILBRONNER, KLEIN, in SIMMA, in Charta der Vereinten Nationen, Kommentar, C. H. Beck'sche Verlagsbuchhandlung, München, 1991, p. 196.
26) GORNIG, cit., pp. 8, 9; POLAKIEWICZ, cit., p. 182.
27) HOLLWEG, cit., p. 986; GORNIG, cit., p. 9; POLAKIEWICZ, cit., p. 182.
28) GORNIG, cit., pp. 8, 9.
30) IPSEN, cit., p. 542.
31) GORNIG, cit., pp. 8, 9.
32) MANSFIELD, Crimes Against Humanity: Reflections on the Fiftieth Anniversary of Nuremberg and a Forgotten Legacy, in Nordic Journal of International Law (Acta scandinavica juris gentium), 1995, pp. 293, 313; BOTTIGLIERO, Il rapporto della Commissione di esperti sul Ruanda e l'istituzione di un tribunale Internazionale penale, in La comunità internazionale, 1994, pp. 760, 764; GIULIANO, SCOVAZZI, TREVES, Diritto internazionale, parte generale, Giuffrè Editore, Milano, 1991, p.197.
33) Con riguardo all'istituzione del Tribunale penale internazionale per il Ruanda vedasi S/RES/955 (1994) 11 Nov. 1994; MERON, International Criminalization of Internal Atrocities, in American Journal of International Law (AJIL), 1995, pp. 554, 556 ss.; MANSFIELD, cit., pp. 307, 333 (nota 103); SHRAGA, ZACKLIN, cit., p. 367. In questo ambito è incontestabile l'influsso di fattori, perquanto rilevanti, di natura contingente, ad esempio la delimitazione di cui all'art. 5 dello Statuto del Tribunale Internazionale per l'ex-Iugoslavia, secondo la quale la competenza è solamente prevista per gli atti commessi durante i conflitti armati. Cfr. GRAEFRATH, cit., p. 436.
34) OELLERS-FRAHM, Das Statut des Internationalen Strafgerichtshofs zur Verfolgung von Kriegsverbrechen im ehemaligen Jugoslawien, in Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht (ZaöRV), 1994, pp. 416, 426.
35) ROGGEMANN, cit., p.301; HOLLWEG, cit., p. 986; GORNIG, cit., p. 8; IPSEN, cit., p. 542.
36) NUNZIATA, Il Tribunale internazionale per i crimini nell'ex-Jugoslavia. Un modello per una generale giurisdizione internazionale penale, in La giustizia penale, 1995, pp. 232, 234.
37) GORNIG, cit., pp. 11, 12 (note 160, 168, 169, 171, 172); MUHM, Il "muro di Berlino", i processi paralleli e il diritto naturale in Germania, in L'indice penale, 1994, pp. 625, 629. Di altro avviso il Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros-Ghali in Report of the Secretary-General pursuant to paragraph 2 of Security Council Resolution 808 (1993), Doc. S-2504 of 3 May, 1993, nos. 34, 35: « 34. In the view of the Secretary-General, the application of the principle nullum crimen sine lege requires that the international tribunal should apply rules of international humanitarian law which are beyond any doubt part of customary law so that the problem of adherence of some but not all States to specific conventions does not arise. This would appear to be particularly important in the context of an international tribunal prosecuting persons responsible for serious violations of international humanitarian law. 35. The part of conventional international humanitarian law which has beyond doubt become part of international customary law is the law applicable in armed conflict as embodied in: The Geneva Conventions of 12 August 1949 for the Protection of War Victims; the Hague Convention (IV) Respecting the Laws and Customs of War on Land and the Regulations annexed thereto of 18 October 1907; the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide of 9 December 1948; and the Charter of the International Military Tribunal of 8 August 1945.»
38) CAVICCHIOLI, Sull'elemento soggettivo nei crimini contro la pace e la sicurezza dell'umanità, in Rivista di diritto internazionale, 1993, pp. 1047, 1050.
39) MUHM, cit., pp. 625, 626, 638-640; BGH, vol. 2, pp. 237,238; BVerfGE, vol. 3, pp. 232,235.
40) KAUFMANN, Einführung in die Rechtsphilosophie, UTB Verlag, Paderborn - München, 5a ed., 1987, p. 282; COING, Grundzüge der Rechtsphilosophie, Walter de Gruyter Verlag, Berlin - New York, 4a ed., 1984, p. 82; RADBRUCH, Gesetzliches Unrecht und übergesetzliches Recht, in Süddeutsche Juristenzeitung (SJZ), 1 (1946), pp. 105-108; RADBRUCH, Rechtsphilosophie, K.F. Koehler Verlag, Stuttgart, 8a ed. 1973, pp. 339, 350.
41) MUHM, cit., p. 639.
42) BVerfGE, vol. 6, pp. 198, 199; MUHM, cit., p. 639.
43) MUHM, cit., p. 626 ss.; con riguardo alla giurisprudenza di merito cfr. la sentenza del Landgericht Berlin, 20. 1. 1992, 523 2S 48/90-9/91 riportata in NJ, 1992, p. 270.
44) MUHM, cit., pp. 636, 637.
45) Vedasi supra nota 44.
46) Vedasi supra nota 44.
47) Vedasi supra nota 16.
48) Vedasi supra nota 39.
49) BGH-St., 9. 9. 1958, vol. 12, pp. 36, 39, 40; BGH-St., 9. 1. 1959, vol. 12, pp. 326, 330; VULTEJUS, cit., pp. 602, 603.
50) VERDROSS, SIMMA, Universelles Völkerrecht, Duncker & Humblot, Berlin, 3a ed., 1984, p. 345 ss.; DAHM, DELBRÜCK, WOLFRUM, Völkerrecht, vol. I/1, Walter de Gruyter, Berlin - New York, 2a ed., 1989, p. 55 ss.; GIULIANO, SCOVAZZI, TREVES, cit., p. 200 ss.; Conforti, Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, Napoli, 3a ed., 1988, p. 32.
51) HOLLWEG, cit., p. 986; GORNIG, cit., p. 8; POLAKIEWICZ, cit., p. 182.
52) MUHM, cit., p. 631.
53) COMBACAU, SUR, Droit international public, Montchrestien, Paris, 1993, p. 76 ss.; BROWNLIE, Principles of Public International Law, Claredon Press, Oxford, 1990, pp. 4, 5; GIULIANO, SCOVAZZI, TREVES, cit., pp. 208, 209.
54) SHAW, International Law, Grotius Publications Limited, Cambridge, 3a ed., 1991, pp. 69, 70; BROWNLIE, cit., pp. 4, 5; COMBACAU, SUR, cit., p. 76 ss.; ROUSSEAU, Droit international public, Dalloz, Paris, 11a ed., 1987, pp. 81-84; IPSEN, cit., p. 195; VERDROSS, SIMMA, cit., p. 353; GIULIANO, SCOVAZZI, TREVES, cit., p. 209.
55) United Nations Treaty Series, vol. 82, nr. 251, p. 280 ss.; BROWNLIE, cit., p. 562; IPSEN, cit., p. 536.
56) NGUYEN QUOC DINH, DAILLIER, PELLET, Droit international public, Librairie Générale de Droit et de Jurisprudence, Paris, 4a ed., 1992, p. 620; MANSFIELD, cit., p. 313; SHAW, cit., p. 413; BROWNLIE, cit., p. 562.
57) NGUYEN QUOC DINH, DAILLIER, PELLET, cit., p. 620; IPSEN, cit., p. 540.
58) CASSESE, International Law in a divided world, Claredon Press, Oxford, 1986, p. 293.
59) Convention on the prevention and punishment of the crime of genocide, Dec. 9, 1948, United Nation Treaty Series, vol. 78, nr. 227; MANSFIELD, cit., p. 313; BROWNLIE, cit., p. 562.
60) GA RES 2391 (XXIII); NGUYEN QUOC DINH, DAILLIER, PELLET, cit., p. 625; MILLER, The Convention on the Non-Applicability of Statutory Limitations to War Crimes and Crimes Against Humanity, in AJIL, 1971, p. 476 ss.
61) International Convention on the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid, Nov. 30, 1973, 1015 United Nations Treaty Series, 244; MANSFIELD, cit., p. 313.
62) HOLLWEG, cit., p. 986; POLAKIEWICZ, cit., p. 182; GORNIG, cit., p. 8; IPSEN, cit., pp. 540, 541; JESCHECK, cit., p. 109.
63) HAILBRONNER, KLEIN, cit., p. 195, nr. 45; JESCHECK, cit., p. 109; JESCHECK, International crimes, in EPIL 8 (1985), pp. 333, 334; GORNIG, cit., pp. 7, 8; IPSEN, cit., p. 197 (secondo Ipsen in effetti le risoluzioni dell'Assemblea Generale possono essere atte allo sviluppo del diritto consuetudinario qualora vi sia un'ulteriore prassi degli stati la quale deve essere "extensive and universally uniform").
64) DAHM, DELBRÜCK, WOLFRUM, cit., pp. 72, 73; HAILBRONNER, KLEIN, cit., p. 196, nr. 47: «Für die Begründung einer "Staatenpraxis" reicht das bloße Abstimmungsverhalten jedoch nicht aus. Hierfür ist vielmehr notwendig, daß die Staaten ihre Rechtsüberzeugung durch tatsächliches Verhalten außerhalb der Organisation bekräftigen.».
65) HAILBRONNER, KLEIN, cit., p. 196, nr. 48; DAHM, DELBRÜCK, WOLFRUM, cit., pp. 72, 73; IPSEN, cit., p. 197.
66) Vedasi supra nota 65.
67) CONFORTI, Le Nazioni Unite, CEDAM, Milano, 5a ed., 1994, pp. 285, 286: « ... è anche vero però che le Dichiarazioni svolgono un ruolo assai importante ai fini dello sviluppo del diritto internazionale, e del suo adeguamento alle esigenze di solidarietà e di indipendenza sempre più sentite nel mondo di oggi. Non si tratta, ripetiamo, di accordar loro una forza vincolante che in base alla Carta esse non hanno; si tratta di riconoscere il contributo che, con esse, l'Assemblea dell'ONU dà alla formazione del diritto internazionale, sia pure nel quadro delle fonti tipiche di tale diritto, quali la consuetudine e l'accordo. In che cosa consiste siffatto contributo? Per quanto riguarda il diritto consuetudinario le Dichiarazioni vengono in rilievo, ai fini della sua formazione, in quanto prassi degli Stati, in quanto somma degli atteggiamenti degli Stati che le adottano, e non come atti dell'ONU. Ciò è dimostrato dal fatto che, come generalmente si ritiene, esse tanto più valgono come prassi formativa della consuetudine in quanto siano prese all'unanimità o per consensus o almeno a larghissima maggioranza.»; SHAW, cit., pp. 71, 412, 413; BROWNLIE, cit., pp. 2, 5, 15; CASSESE, cit., pp. 192-195; ASAMOAH, The legal significance of the Declarations of the General Assembly of the United Nations, Martinus Nijhoff, The Hague, 1966, pp. 47, 49, 52-58.
68) CONFORTI, Le Nazioni Unite, cit., p. 286: « ... dal che risulta pienamente lecito presumere, almeno fino ad una chiara prova contraria (ossia sempre che non vi siano riserve espresse al momento dell'adozione e della risoluzione), che gli Stati i quali partecipano col loro voto favorevole all'atto intendano appunto obbligarsi. Ed invero delle due l'una: o si ammette una simile presunzione oppure bisogna concludere che le Dichiarazioni di principi del tipo in esame rappresentino, per dirla in termini privatistici, delle dichiarazioni non serie o rese con riserva mentale!»; ASAMOAH, cit., p. 59.
69) CASSESE, cit., p. 293; SHAW, cit., p. 412; BROWNLIE, cit., p. 14.
70) CONFORTI, Le Nazioni Unite, cit., p. 285; CASSESE, cit., pp. 193-195.
71) MILLER, cit., p. 481: «Article I. No statutory limitation shall apply to the following crimes, irrespective of the date of their commission: (a) War crimes as they are defined in the Charter of the International Military Tribunal, Nürnberg, of 8 August 1945 and confirmed by resolutions 3 (I) of 13 February 1946 and 95 (I) of 11 December 1946 of the General Assembly of the United Nations, particularly the "grave breaches" enumerated in the Geneva Conventions of 12 August 1949 for the protection of war victims; (b) Crimes against humanity whether committed in time of war or in time of peace as they are defined in the Charter of the International Military Tribunal, Nürnberg, of 8 August 1945 and confirmed by resolutions 3 (I) of 13 February 1946 and 95 (I) of 11 December 1946 of the General Assembly of the United Nations, eviction by armed attack or occupation and inhuman acts resulting from the policy of apartheid, and the crime of genocide as defined in the 1948 Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide, even if such acts do not reconstitute a violation of the domestic law of the country in which they were committed.»; SHAW, cit., pp. 412, 413.
72) MANSFIELD, cit., p. 313; IPSEN, cit., pp. 540, 541.
73) BROWNLIE, cit., p. 305; NGUYEN QUOC DINH, DAILLIER, PELLET, cit., pp. 620, 625.
74) MUHM, cit., pp. 639, 640.
75) NGUYEN QUOC DINH, DAILLIER, PELLET, cit., p. 620: «Une impulsion très ferme était donnée à l'essor du droit conventionnel: les prescriptions de l'accorde de Londres de 1945 se voyaient reconnaître la qualité de normes coutumières.»; ASAMOAH, cit., pp. 51, 125: «By affirming the Nuremberg principles, the Assembly was not creating new principles. The Nuremberg principles were already law being embodied in an international agreement and applied and defined by an international tribunal. The affirmation was a recognition and acceptance of the principles.»; SHAW, cit., pp. 412, 413: «This article (art. 6 of the Charter of the International Military Tribunal of Nuremberg) can now be regarded as part of International Law.»; MANSFIELD, cit., p. 310; BROWNLIE, cit., pp. 305, 562; CONFORTI, Diritto internazionale, cit., pp. 209, 210; DI QUAL, Les effets des résolutions des Nations Unies, Librairie Générale des Droits et Jurisprudence, Paris, 1967, pp. 243-246.
76) BROWNLIE, cit, p. 562: «But whatever the state of the law in 1945, art. 6 of the Nuremberg Charter has since come to represent general international law.»; GROSS, cit., p. 790: «Regardless of criticisms of the Nuremberg and Tokyo Tribunals, the norms of the IMT and both tribunals' judgments have since 1945 come to represent and be part of general international law.»; MANSFIELD, cit., p. 310: «There is little that was historically and legally wrong with "Crimes Against Humanity" that has not been remedied with the passage of time and its prevalence in custom and practice in international law. Those who would criticize the prosecutions at Nuremberg for violating the "principles of legality" such as nullum crimen sine lege and nulla poena sine lege cannot, by any stretch, utilize those principles today, since the category of crimes against humanity is not only codified in international law, it is well established in reputation.».
77) Gesetzesentwurf der Bundesregierung: Entwurf eines Gesetzes über die Zusammenarbeit mit dem Internationalen Strafgerichtshof für das ehemalige Jugoslawien; Drucksache 13/57; 29. 11. 1994.