medicina - medicine

 UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TRIESTE
Facoltà di Scienze della Formazione
Corso di Laurea in Pedagogia
 
 
 
 
TESI DI LAUREA IN STORIA DELLA SCUOLA
E DELLE ISTITUZIONI EDUCATIVE
 
 
L'EDUCAZIONE ALLA SALUTE NEI PROGETTI DEL M.P.I.
Indagine svolta in provincia di Pordenone
 
 
 
 
Relatore:
Chiar.mo Prof. Franco Blezza
Correlatore:
Chiar.mo Prof. Gianfranco Spiazzi
Laureanda:
Paola Etrari
 
Anno Accademico 1997/98
 
 
***
 

INDICE
 
 
 

Introduzione...............................................................................................................pag.  1
 

Capitolo 1

Il concetto di salute nella società attuale........................................................................pag.  7

1.1. - Evoluzione del concetto di salute.........................................................................pag.  7
1.2. - Modificazione della patologia dominante..............................................................pag. 13
1.3. - Dalla prevenzione alla promozione della salute.....................................................pag. 16
1.4. - Evoluzione del paradigma dell'educazione alla salute............................................pag. 20
1.5. - L'educazione alla salute in Italia...........................................................................pag. 30
 

Capitolo 2

Verso un nuovo modo di essere scuola..........................................................................pag. 34

2.1. - Essere adolescenti nella nostra società..................................................................pag. 34
2.2. - Il problema della formazione.................................................................................pag. 38
2.3. - Forme e strumenti della progettualità educativa e sua visibilità..............................pag. 46
2.4. - Verso l'autonomia................................................................................................pag. 50
 

Capitolo 3

L'educazione alla salute nei Programmi della Scuola Italiana..........................................pag. 53
 
3.1. - Presenza del concetto di educazione alla salute nei programmi vigenti della scuola
          italiana................................................................................................................pag. 53
3.2. - L'educazione alla salute nei programmi della scuola media...................................pag. 56
3.3 - L'educazione alla salute nei programmi della scuola elementare.............................pag. 63
3.4. - L'educazione alla salute negli orientamenti della scuola per l'infanzia....................pag. 70
3.5. - La questione della scuola superiore.......................................................................pag. 78
 

Capitolo 4

L'educazione  alla  salute  come  intervento  trasversale  con  grande  potenzialità
innovativa................................................................................................................... pag. 83

4.1. - Prima della Legge 162/90...................................................................................pag. 83
4.2.  - La Legge 162 del 26 giugno 90 e il nuovo impegno della scuola nella lotta alle
         tossicodipendenze...............................................................................................pag. 88
4.3. - Il quadro delle Circolari......................................................................................pag. 99
4.4. - Obiezioni e considerazioni conclusive.................................................................pag. 104
 

Capitolo 5

I progetti del Ministero della P.I..................................................................................pag. 107

5.1. - Il Progetto Giovani............................................................................................pag. 107
5.2. - Il Progetto Ragazzi............................................................................................pag. 120
5.3. - Il Progetto Arcobaleno......................................................................................pag. 127
5.4. - Il Progetto Genitori...........................................................................................pag. 132
 

Capitolo 6

Indagine svolta in provincia di Pordenone....................................................................pag. 139

6.1. - Il Servizio di educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze.........pag. 139
6.2. - Situazione delle scuole superiori della Provincia.................................................pag. 142
6.3. - I progetti di educazione alla salute nella provincia di Pordenone.........................pag. 148
6.4. - Il caso del liceo ginnasio G. Leopardi.................................................................pag. 182
6.5.  - Considerazioni conclusive..................................................................................pag. 197
 

Conclusioni................................................................................................................pag. 200

Appendice..................................................................................................................pag. 204

Bibliografia................................................................................................................pag. 213
 

***
 

Introduzione
 
 

La difesa e la tutela della salute costituiscono una delle principali sfide che la nostra civiltà pone, per il carattere fondante che la salute assume rispetto a tutte le altre dimensioni dell'esistenza. L'essere sani oggi connota una situazione di equilibrio con se stessi, con il proprio ambiente, con il proprio tempo, ed è ormai opinione comune ritenere che un'effettiva promozione della qualità della vita e della salute passino necessariamente attraverso l'integrazione di diversi ordini di fattori, da quello personale e ambientale a quello economico e sociale, da quello lavorativo a quello familiare, da quello dell'impiego del tempo libero a quello dell'impegno civile. Tutti questi aspetti caratterizzano la salute come un processo sempre aperto, in costante evoluzione, secondo una molteplicità di variabili e, qualunque sia l'accezione che si voglia scegliere come paradigma di riferimento, la salute si presenta come un bene propositivo di finalità educative, che s'impone in modo sempre più urgente alla riflessione dei pedagogisti e degli operatori interessati ai processi formativi.
L'aumento di malattie le cui cause sono imputabili a condizioni ambientali e a comportamenti scelti volontariamente, richiede una maggiore consapevolezza a livello individuale e collettivo, che trova nell'educazione un valido e insostituibile strumento di azione in tal senso.
Finalità, contenuti, metodi e l'idea stessa di educazione alla salute sono quindi, da tempo, al centro di un ampio dibattito, che coinvolge il rapporto tra sfera della salute e sfera educativa, e chiama direttamente in causa, accanto all'educazione sanitaria, quella scolastica.
Da un lato leggi importanti, come quella della riforma del sistema sanitario, hanno individuato nell'educazione sanitaria uno strumento in grado di rispondere ai bisogni di "cultura" e di salute espressi dalla popolazione; dall'altro il dibattito sul rinnovamento della scuola, sui suoi nuovi compiti e sulle sue funzioni, per andare oltre la separazione del mondo scolastico dalla realtà sociale, hanno portato alla rivalutazione della funzione formativa della scuola e al riconoscimento che suo primo compito specifico è la formazione dell'uomo e del cittadino nell'integrità del suo essere.
La scuola, in ogni suo ordine e grado, ha il dovere di contribuire alla presa di coscienza da parte di tutti, e dei suoi alunni in particolare, dell'importanza del valore salute e di orientare verso scelte comportamentali adeguate.

Il mio personale interesse verso le tematiche inerenti l'educazione alla salute risale agli anni di formazione all'Istituto Superiore di Educazione Fisica, dove attraverso diversi esami e alcuni corsi di aggiornamento, ho avuto modo di addentrarmi nell'argomento e di approfondirlo.
Successivamente la mia attività di insegnamento, prima nella scuola elementare e attualmente nella scuola secondaria come insegnante di educazione fisica, mi ha portato a concretizzare tale interesse facendomi avvicinare in prima persona alle molteplici problematiche connesse.
Ecco allora la mia volontà di dare a tale pratica educativa, troppo spesso ignorata, la giusta considerazione, nella consapevolezza della rilevanza che essa deve assumere in un progetto educativo che miri alla promozione integrale della personalità dei discenti.
Mi è parso interessante, in relazione a quanto detto, verificare quale importanza rivesta il tema della salute all'interno della problematica pedagogica e capire come in quest'ultimo periodo esso abbia acquistato maggiore centralità.
Mio preciso scopo nell'affrontare una tesi sull'educazione alla salute è stato quello di approfondire il tema soprattutto in riferimento alla fascia adolescenziale.
In quest'età, in cui riesce più difficile trovare motivazione e coinvolgimento, per la quale sono previsti pochi spazi di incontro e scarse possibilità di aggregazione, sembra essere particolarmente alto il rischio di assumere atteggiamenti sbagliati e comportamenti pericolosi riguardo la tutela della salute.
A questo interesse si è legata la necessità di individuare che cosa la scuola ha fatto o può fare nell'ambito dell'educazione alla salute, sia dal punto di vista normativo, che in ambito concreto.
La struttura della tesi risulta pertanto definita secondo un percorso che parte prendendo in considerazione, nel 1° capitolo, Il concetto di salute nella società attuale. Si cerca qui di evidenziare cosa si intenda per salute, e come tale concetto si sia evoluto nel corso degli ultimi decenni. In particolare si è posta attenzione al mutamento del quadro nosologico che ha determinato profondi cambiamenti nel concetto di prevenzione: esso si dilata fino a porsi come obiettivo la "promozione della salute", o ancora oltre, per giungere alla ricerca della "qualità della vita". Tali condizioni possono essere raggiunte solo a condizione di sviluppare una "cultura della salute" tramite un insieme di interventi integrati a tutti i livelli: famiglia, società, scuola, associazioni culturali, mass-media, assistenza sanitaria di base, ecc.
E' evidente, a questo proposito, l'allargarsi del campo di intervento che non rimane più appannaggio esclusivo dell'istituzione medica, ma che investe direttamente la sfera educativa.
Proprio per questo si richiede alla scuola un coinvolgimento attivo e responsabile, in quanto, per la sua specifica funzione formativa, si pone come strumento strategico nell'avviare gli alunni all'acquisizione di abitudini mentali e di comportamenti favorevoli alla loro salute. Ma non solo, una vera azione educativa si rivela di per se stessa preventiva in quanto mira a sviluppare al meglio le potenzialità di ciascuno, a rendere ogni persona autonoma e protagonista della propria esistenza, e quindi poco incline a coltivare la prospettiva della dipendenza in ogni suo aspetto.
Il 2° capitolo, Verso un nuovo modo di essere scuola, analizza in primo luogo la condizione di disagio degli adolescenti nella società attuale, e quindi la necessità formativa che la stessa società esprime nei confronti della scuola. Si tratta di uscire dall'ottica dell'emergenza con cui sono abitualmente trattati i fenomeni relativi alla condizione giovanile, per cercare di stabilire un quadro valoriale di massima che accomuni famiglia, scuola, società, opinione pubblica, mass-media, associazioni ricreative e sportive, ecc.
In questo processo è necessario puntare sulle risorse, sulle potenzialità che, nonostante tutto, sono presenti nei giovani, ma che vanno prima individuate, e poi coltivate e rinforzate affinché crescano persone autonome e responsabili.
Per la scuola, anche e soprattutto per quella superiore, si delineano nuovi impegni educativi e nuove modalità di lavoro che passano attraverso una rilettura dei programmi, una scelta accurata delle tematiche, una ridefinizione degli obiettivi. Emerge, in riferimento a quanto detto, un modo di operare per progetti in cui ampio spazio è dato ai discenti che intervengono nell'ideazione, nella progettazione, nella valutazione delle attività, mettendo a frutto le proprie convinzioni e la propria capacità decisionale. Il percorso non è semplice né tracciato, ma pare che la scuola italiana si stia muovendo verso una maggiore flessibilità, in vista di una propria autonomia, che le permetta di rispondere alle sempre nuove e diversificate richieste della società, delle famiglie, dei giovani.
Nel 3° capitolo, L'educazione alla salute nei Programmi della scuola Italiana, si passa ad analizzare la presenza di tale concetto nei programmi vigenti, per vedere quale tipo di riconoscimento e quale aggancio concreto venga offerto in tal senso. Tale analisi segue un percorso cronologico che cerca di evidenziare l'evoluzione del modo di intendere la salute da parte della normativa scolastica, prendendo in considerazione gli obiettivi, le modalità, i contenuti di riferimento.
Dalla lettura e dall'analisi dei programmi della scuola media del '79, della scuola elementare dell'85 e della scuola per l'infanzia del '91, emergono elementi significativi che consentono di realizzare, nell'ambito dell'istruzione scolastica, un corretto processo di educazione alla salute, che si sviluppa in continuità, così da rendere significativo il ruolo che la scuola può assumere per tale educazione.
Si pone attenzione quindi a quanto, nella sfera dell'educazione alla salute, entra a pieno diritto tra gli obiettivi educativi comuni alle diverse discipline e all'azione educativa della scuola nel suo insieme, per poi passare a riconoscere quanto, tra gli obiettivi didattici delle singole discipline, fa capo alla problematica presa in considerazione.
Un discorso a sé viene fatto per la scuola superiore che non presenta dei programmi recenti e definitivi a cui far riferimento, ma è in attesa di una riforma complessiva che ne modifichi la struttura e l'organizzazione.
Nel 4° capitolo, L'educazione alla salute come intervento trasversale con grande potenzialità innovativa, si entra nello specifico della normativa, non solo scolastica, per capire le ultime indicazioni che hanno guidato l'azione del M.P.I., in merito al problema della prevenzione delle tossicodipendenze e alla promozione della salute. In questo modo si rende evidente il percorso che ha portato all'ideazione e all'elaborazione dei progetti relativi alla salute da parte appunto del M.P.I. e si cercano di stabilire le coordinate per una loro collocazione precisa all'interno della normale attività scolastica.
Viene evidenziata l'interpretazione ampia data alla funzione preventiva che nella scuola si lega indissolubilmente alla promozione del "bene-essere" degli studenti, all'attenzione rivolta al protagonismo giovanile e alla sua capacità progettuale, alla predisposizione di interventi per prevenire e arginare l'insuccesso scolastico.
Ai suddetti progetti nello specifico è dedicato il 5° capitolo, I progetti del M.P.I., che vuole offrire un'immagine chiara e concreta di ciascuno di essi, con i propri obiettivi, le proprie peculiarità, le proprie modalità di applicazione a seconda del tipo di scuola cui si riferisce.
Vengono ribaditi i concetti e le idee di fondo che sostengono tali attività di educazione alla salute, tenendo in considerazione anche il percorso cronologico che ha portato all'elaborazione prima del Progetto Giovani, successivamente del Progetto Ragazzi e del Progetto Arcobaleno e, per quanto riguarda il rapporto scuola-famiglia, del progetto Genitori.
Il capitolo 6° Indagine svolta in provincia di Pordenone si collega strettamente ai due precedenti e costituisce la parte di ricerca e di analisi riguardante i progetti di educazione alla salute realizzati nelle scuole della Provincia, con particolare riferimento alla scuola secondaria superiore.
Per attuare la prima parte di tale indagine mi sono avvalsa del supporto e della collaborazione dell'Ufficio Studi e Programmazione del Provveditorato agli Studi di Pordenone. Tale Ufficio, nella persona del Preside Tavella, non solo ha messo a disposizione i dati utili a tale indagine, ma ha dimostrato una grande disponibilità e un prezioso aiuto nell'analizzare e nel costruire un percorso di ricerca che tenesse in considerazione le esperienze precedenti e le prospettive future.
Nella realizzazione della seconda parte, sono stati, invece, decisivi l'attenzione dimostrata dal Capo di Istituto del Liceo Ginnasio "G. Leopardi" di Pordenone, prof. S. Chiarotto, e l'apporto concreto offerto dalla docente referente alla salute, M.C. Tedeschi, che, oltre a permettere la messa in atto del lavoro, hanno fatto luce sull'organizzazione dell'istituto, su cosa e quanto è stato svolto, in modo da orientare la conduzione della ricerca.
I risultati emersi, nonostante i diversi limiti dovuti soprattutto ad una documentazione non completa per quanto riguarda la prima parte e ad una certa esiguità di dati per la seconda, sono apparsi per molti aspetti significativi e sicuramente esplicativi sul modo di intendere l'educazione alla salute nella scuola e sul modo di operare per attuarla.
Sarà interessante vedere nei prossimi anni quali saranno i nuovi orientamenti e le nuove disposizioni che guideranno la scelta degli obiettivi, dell'organizzazione e delle modalità più adatte per promuovere lo "star bene" nella scuola di tutte le sue componenti.
 
 
 
 

Capitolo 1
 IL CONCETTO DI EDUCAZIONE ALLA SALUTE NELLA SOCIETÀ ATTUALE
 

 
1.1.  Evoluzione del concetto di salute

Possiamo considerare la definizione di salute dell'OMS, elaborata a New York nel 1946, come il punto di partenza per una riflessione sul modo di intendere la salute.
Fino ad allora l'orientamento tradizionale di tipo sanitario legava il concetto di salute a quello di malattia, definendo appunto la salute come semplice "assenza di malattia", una condizione, cioè, in cui non esistono segni di processi patologici in atto.
A questo modello negativo si contrappone la definizione del 1946 che individua la salute come "uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale".1
E' questa una definizione storica, che segna il passaggio dalla centralità della malattia alla centralità della salute. Riconosce, inoltre, il ruolo centrale del benessere mentale e sociale che, fino ad allora, erano stati trascurati a vantaggio dell'aspetto puramente fisico. La salute non è più affidata al solo intervento sanitario che considera l'obiettività fisica dell'individuo, ma si colloca in un contesto più ampio, comprendente problematiche psicologiche e sociali che devono tener conto del rapporto intercorrente tra individuo e società.2
Attualmente questa definizione appare un po' datata, ed è stata pesantemente criticata su diversi fronti, principalmente perché è irreale e utopistica e, in secondo luogo, perché implica un concetto di staticità.
Significativa risulta essere la definizione data da A. Seppilli 3 nel 1966 che definisce la salute come "condizione di armonico equilibrio funzionale, fisico, psichico dell'individuo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale".4
La salute non è più intesa come stato, ma come equilibrio mutevole e viene messo l'accento sul carattere dinamico del rapporto tra individuo e ambiente. L'individuo viene considerato "sano" quando è in armonia con il proprio ambiente interiore ed esteriore, e "malato" quando prevale la disarmonia.
A. Giobbi nel 1974 afferma: "la salute è lo stato fisico-psichico individuale e la situazione ambientale e di convivenza che consente una compiuta realizzazione della persona in se stessa e nel rapporto con gli altri".5 Si tratta di dare potere alle persone, offrendo loro l'opportunità di diventare ciò di cui sono capaci, e di migliorare in questo modo la loro qualità di vita.
E' un concetto dinamico che considera la salute come risorsa per la vita di ogni giorno e non come un obiettivo di vita; riconosce inoltre che il potenziale di ogni persona è differente come anche i suoi bisogni, per cui non è più ipotizzabile un modello di salute fisso e uguale per tutti.
Soltanto verso la fine degli anni '70, con la dichiarazione di Alma-Ata dell'O.M.S.6, viene  riconosciuta, e acquista sempre maggiore rilievo, l'importanza della componente sociale nel perseguimento del benessere fisico e mentale.
Secondo H.Noak il concetto di salute configura "un equilibrio instabile, storicamente accettabile ma storicamente mutevole, tra fattori fisici e psichici della persona e fattori sociali e ambientali della comunità e del territorio in cui la persona stessa vive, pensa, agisce".7 Ci si muove verso quello che è stato definito dall'OMS, un paradigma socio-ecologico della salute, in cui non ci si può limitare a considerare soltanto i fattori di rischio legati a determinate patologie, o a scelte comportamentali discutibili, senza prendere in esame la condizione sociale ed ambientale in cui le persone vivono e lavorano, si ammalano e muoiono.8
Secondo la stessa prospettiva I. Kickbush 9 riconosce nella salute un concetto ampio come "misura della capacità di un individuo o di un gruppo, da una parte di realizzare le proprie aspirazioni e soddisfare i propri bisogni e dall'altra di mutare e di adattarsi all'ambiente".10 Questo modello di salute vede l'individuo come parte integrante di un gruppo sociale e riconosce di pari importanza sia i componenti biologici che quelli non biologici della salute. Ma non basta, "la salute è qualcosa di più dei suoi componenti: è tenuta insieme da assunzioni spirituali ed emozionali di benessere, da percezioni di sé e dei rapporti con gli altri".11
Sempre più spesso, oggi, ci si pone questo interrogativo: se debba prevalere un concetto generale ed estrinseco di salute, o si debba considerare il significato di benessere e di qualità della vita nella loro dimensione contestuale, legata all'evoluzione e alla storia del soggetto. Vediamo perché si avverte la necessità, in questo momento storico, di giungere ad un cambiamento di prospettiva.
In un ambiente instabile, incerto e rischioso come quello che, secondo i contemporanei, caratterizza la società complessa, la salute non può più essere vista come possesso, costanza, equilibrio, ma si va alla ricerca di una dimensione incrementale, processuale, di squilibrio verso il futuro.
Secondo M. Ingrosso,12 dunque la concezione statica della salute si ha, allorché, questa qualità degli esseri viventi viene pensata e vissuta come mantenimento di un patrimonio, cosa, capitale originario, bene, talento. Si tratta di cambiare prospettiva, di passare "dall'evitamento del rischio al rischio dell'investimento", "dalla salute a rischio al rischio della salute".
 Vale a dire, mentre la prima prospettiva si focalizza sulla perdita di ciò che abbiamo, la seconda punta sull'espansione, ma soprattutto sui processi nei quali siamo rischiosamente immersi, dei quali non abbiamo un controllo unilaterale, ma che, personalmente e collettivamente, contribuiamo a costruire.
Si può sostenere che, per certi aspetti, ambedue i quadri di riferimento prevalenti nell'ultimo quarantennio, la concezione atomistica (in particolare quella bio-medica) e quella olistica (della definizione dell'OMS, prima evidenziata), sembrano in crisi, in quanto ambedue fondamentalmente statiche.
La prima obbedisce all'idea che basta sottrarre gli impedimenti alla salute per avere una spontanea ricostruzione dell'integrità corporea. Quindi si ripara, se possibile, avendo come obiettivo il ritorno verso lo stato originario di salute. E' chiaro che il modello fallisce ogni volta che ciò non è possibile, come, ad esempio, nella cronicità e nelle fasi terminali della malattia.
La seconda concezione presuppone la salute come una meta che ha le caratteristiche di un "dover essere" normativo, acquisibile attraverso un cammino prestabilito secondo una direzione già scelta.
Ambedue le concezioni condividono, anche se in termini diversi, l'idea di un modello di salute e di un percorso finalistico per ottenere il suo godimento.
Molte possono essere le ragioni di un'obsolescenza delle concezioni statiche e non ultima, sempre secondo M. Ingrosso, l'emergere di una nuova sensibilità, fatta di propensioni autoriflessive, bisogni di contatto con la natura e con il corpo, sentimenti di appartenenza, modalità complementari e reciproche di relazione, forme di pensiero analogiche, che si collocano in dissonanza con la medicina curativa e la prevenzione medica.13
Il punto di vista ecologico non separa assistenza, prevenzione e promozione della salute, ma cerca di sviluppare un equilibrio dinamico fra i componenti del sistema salute. Il suo scopo finale non è quello di raggiungere una "salute perfetta", ma di assicurare la salute come risorsa della vita quotidiana; si tratta di un concetto positivo che mette l'accento sulle risorse personali e sociali, oltreché sulle capacità fisiche, piuttosto che sui fattori di rischio.14
Risulta fondamentale, in questo contesto, evidenziare l'importanza di uno scenario pedagogico, capace di dar conto e di trattare adeguatamente le specifiche condizioni che caratterizzano la questione della salute nelle società complesse, in modo da riformulare i problemi attuali e delineare una nuova fase di azione collettiva centrata sulla salute.

1.1.1.  Il diritto alla salute

Il diritto alla salute è un assunto etico di tutte le società che riconoscono alla salute il valore di bene sociale. Un diritto che i Paesi democratici hanno statuito, assieme ad altri diritti, nelle carte costituzionali, e che è stato riconosciuto come valore da numerosi documenti internazionali e nazionali. Appare inoltre che i fattori favorevoli alla salute e gli strumenti della sua promozione, così come i fattori negativi e di rischio, sono insiti nelle scelte della società e della sua organizzazione. E' rilevante ciò che l'individuo fa come singolo e ciò che promuove come gruppo sociale, il lavoro, l'alimentazione, l'abitazione, la città, oltre che il contributo del servizio sanitario: tutti questi aspetti vanno considerati e tutelati dalla normativa di ogni Paese e da quella Internazionale, in quanto facenti parte del più ampio diritto alla salute. 15
Già nel 1946 l'O.M.S. stabiliva che "il possesso del miglior stato di salute conseguibile costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano, qualunque siano la razza, la religione, le opinioni politiche e le condizioni economiche e sociali".16
Ogni nazione si deve impegnare affinché vengano garantiti, ad ogni cittadino, la salvaguardia e la tutela dell'ambiente, sia naturale, sia sociale, e la possibilità di fruire di servizi di prevenzione, di diagnosi e di cura adeguati.
Nella Dichiarazione Internazionale dei diritti dell'uomo, formulata dall'O.N.U. nel 1948 si riconosce ad ogni individuo "il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona" (art. 3) e più avanti, all'art. 25 viene riconosciuto "il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari...".17 Salute non solo, quindi, come assenza di malattia, ma come diritto ad una qualità di vita dignitosa.
Il diritto alla salute viene riconosciuto anche dalla nostra Carta Costituzionale che, all'art.32, afferma: "la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della comunità e garantisce cure gratuite agli indigenti".
Nel 1977 l'Assemblea mondiale dell'OMS stabilisce che "nei decenni futuri l'obiettivo sociale principale dovrebbe essere di fare raggiungere a tutta la popolazione mondiale, entro il 2000, uno stato di salute che permetta di vivere una vita socialmente ed economicamente produttiva". Questo obiettivo può essere raggiunto spostando l'attenzione, dagli strumenti di cura, al potenziamento della prevenzione, che viene perseguito, in primo luogo, attraverso l'organizzazione e la messa a punto dell'assistenza sanitaria di base.
L'anno seguente, la legge istitutiva del nostro Sistema Sanitario Nazionale pone all'art.1 "la tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo":18 secondo questo criterio vengono disposti i servizi di prevenzione, di cura, di riabilitazione ecc. per tutti i cittadini, su tutto il territorio nazionale.
La Conferenza Mondiale di Alma-Ata del 1978 ha posto l'accento sulla promozione e sulla tutela della salute come "condizioni indispensabili per un reale progresso economico e sociale, oltreché garanzie di pace e di qualità della vita".19
Ha indicato, poi, nell'assistenza sanitaria di base lo strumento per garantire a tutti i popoli un livello di salute accettabile, fornendo così la seconda grande indicazione per le politiche sanitarie, dopo la definizione di salute del 1948.
La carta di Ottawa 20 del 1986 afferma che la promozione della salute è "il processo che conferisce alle popolazioni i mezzi per assicurare un maggior controllo sul loro livello di salute e di migliorarlo." La salute viene concepita come la possibilità di realizzare le proprie ambizioni e soddisfare i propri bisogni da parte di un gruppo o di un individuo, e nello stesso tempo di evolversi e adattarsi all'ambiente.
In questo modo la promozione della salute non è legata solo al settore sanitario, ma va oltre, individuando nel benessere, in tutte le sue accezioni, l'obiettivo a cui mirare: si amplia, così, notevolmente il suo spazio di intervento che riserva all'educazione, e all'educazione alla salute in particolare, un posto di sicuro rilievo. Essa viene chiaramente individuata come "ambito di attività precipuamente formativo che non può essere affidato al tradizionale personale sanitario, anche se ben disposto, ma che abbisogna di un approfondimento tematico e pratico che solo i 'pedagogisti' e gli operatori pedagogici possono sviluppare".21
 
 

1.2.  Modificazione della patologia dominante

Prima di affrontare il discorso sull'educazione alla salute pare necessario soffermarsi sul cambiamento del quadro nosologico verificatosi negli ultimi decenni nel nostro Paese, e in tutti i paesi ad elevato sviluppo socio-economico, per vedere quali conseguenze ha determinato, e determina, in campo educativo.
"Le malattie non sono nemici sempre uguali: quelle che emergono oggi, non sono infatti le stesse contro cui si è combattuto appena 50 anni fa. Ogni età ed ogni civiltà hanno avuto le proprie peculiari malattie, intese come fenomeni di massa, cioè come fatti che coinvolgono l'intero tessuto sociale; esse hanno strettamente a che fare con l'intreccio delle vicende economiche, politiche, e culturali di un determinato popolo in un'epoca determinata".22
L'applicazione sistematica di misure di prevenzione immunitaria (vaccinazioni ed uso di immunoglobuline) unitamente all'introduzione dei sulfamidici prima, e degli antibiotici poi, hanno comportato una drastica riduzione della morbosità legata alla patologia infettiva, con conseguente scomparsa di alcune temibili e diffuse malattie come il vaiolo e la poliomielite.
Il miglioramento della condizione nutrizionale delle popolazioni, che ha favorito anche un potenziamento delle capacità di difesa immunitaria contro gli agenti patogeni, unito al miglioramento delle condizioni ambientali, delle abitazioni, dell'approvvigionamento idrico, della conservazione degli alimenti, delle fognature e in generale delle condizioni di vita, di lavoro, dell'istruzione, dell'assistenza sociale, hanno comportato un cambiamento radicale nella tipologia delle malattie da affrontare.
L'educazione sanitaria ha portato un contributo complementare, favorendo la comprensione delle modalità di contagio e sviluppando competenze per l'applicazione di una serie di norme di igiene personale e ambientale.23
In conseguenza di tutto ciò la mortalità per malattie infettive, che rappresentava anche da noi la patologia di gran lunga prevalente, si è ridotta dai 333.731 casi del 1903, ai 21.134 del 1978, fino ad arrivare, ai 2000 circa del 1985.24 Se alcune malattie sono state vinte o stanno scomparendo, altre subentrano al loro posto, frutto e specchio dei nuovi rapporti che intercorrono tra uomo e ambiente.
Esaminando le cause di malattia, cioè di rottura dell'equilibrio uomo-ambiente, si può notare come, in passato, i motivi di squilibrio erano legati, quasi esclusivamente, a fattori esterni all'individuo e da esso indipendenti: fattori di origine chimico-fisica (freddo, caldo, veleni di origine vegetale, animale o minerale ecc.), di origine alimentare (carenze nutritive parziali o globali), di origine biologica (virus, batteri, parassiti), costituivano le più frequenti cause di morte.
Oggi, invece, sono l'uomo stesso con i suoi comportamenti, e la società da lui costruita, ad essere considerati come principali minacce per la salute individuale e per l'ambiente. Le malattie di oggi (di domani se non interverremo in tempo) hanno la caratteristica comune di avere come causa dei fattori artificiali, cioè fattori non preesistenti in natura, ma creati, o stimolati, o rafforzati dall'opera dell'uomo; di essere quindi malattie non fisiogene ma antropogene, come ad esempio l'arteriosclerosi, il diabete e molte malattie mentali.25
Per quanto riguarda l'eziologia si nota che, a fattori morbigeni ben definiti nel loro rapporto di causa-effetto, si sono aggiunti fattori non specifici, che attraverso svariate e non sempre definite interazioni, sfociano in stati morbosi sempre più frequenti.
E' utile sottolineare gli aspetti comuni di queste nuove patologie per comprenderne le caratteristiche e le peculiarità:
* multifattorietà delle cause: ogni patologia è influenzata da più fattori, nessuno dei quali tuttavia specifico;
* aspecificità delle cause: un fattore può incidere su più patologie, anche molto diverse (es. il fumo di tabacco sui tumori, sull'infarto ecc.);
* l'inizio subdolo, sovente anni prima della comparsa dei sintomi;
* l'andamento cronico: la guarigione raramente completa a seguito delle terapie;
* l'importanza della precocità della diagnosi e del trattamento;
* la rilevanza della riabilitazione per mantenere il più a lungo possibile il miglior equilibrio di salute.26
La sopravvivenza di un numero molto maggiore di individui al rischio di malattie infettive ha prolungato sensibilmente la durata media della vita, e ha quindi aumentato il numero degli esposti al rischio di altre malattie più proprie dell'età adulta e presenile.
Nella stesso tempo lo sviluppo tecnologico, l'aumento crescente della popolazione, la scoperta di nuove sostanze chimiche e di strumenti produttori di radiazioni, hanno causato un correlativo aumento di malattie non infettive, di natura traumatica, tossica, neoplastica o psicosomatica, che hanno rovesciato completamente la graduatoria delle cause di malattia e di morte.27
Queste malattie (non infettive), infatti, rappresentano la parte di gran lunga prevalente della patologia oggi esistente nella nostra popolazione, sia in termini di diffusione, che di gravità dei quadri clinici ad esse connesse: si è passati in maniera inequivocabile dai 76.407 casi di morte del 1903, ai 487.176 del 1985.28
Tali stati morbosi oltre ad aver andamento per lo più cronico, un periodo di latenza piuttosto lungo, sono al momento difficilmente guaribili; il loro esito, pertanto, risulta essere spesso letale, e comunque sempre invalidante. Emerge, nello stesso tempo, l'importanza che il comportamento individuale gioca nel mantenimento e nella promozione della salute, nei confronti di molte malattie di natura non infettiva.
Ne deriva che il cambiamento della patologia dominante nella nostra società acquista un particolare rilievo non solo dal punto di vista sanitario, ma porta con sé conseguenze anche sul piano economico e sociale, e naturalmente su quello pedagogico che cercheremo di evidenziare.
"La difesa della nostra salute è affidata per grande parte a noi stessi, alla nostra responsabilità ed alla nostra coscienza sanitaria, e lo strumento essenziale per tale difesa è rappresentato dall'educazione sanitaria della popolazione.(...) All'opera del medico, dunque, dovrebbe affiancarsi quella di tutti gli altri operatori sanitari e degli insegnanti di ogni ordine e grado, che istituzionalmente hanno il compito di assistere - nella scuola e fuori - la maturazione delle coscienze, la formazione della personalità, l'assunzione delle proprie responsabilità in ciascun membro della comunità".29
In sintesi ci troviamo di fronte a malattie croniche, irreversibili che hanno come principale responsabile l'uomo stesso, il suo modo di vita, la sua mentalità e l'ambiente in cui vive e lavora. Questa situazione fa sì che l'arma di lotta più efficace di cui, almeno per il momento, disponiamo è rappresentata dalla prevenzione e in senso più ampio dalla promozione della salute: entrambi i concetti rientrano a pieno titolo in un più generale processo di educazione che coinvolge, allo stesso tempo, il singolo e la comunità.
Vedremo ora il rapporto che ha legato e che lega oggi questi due concetti, ma non è difficile intuire, già da ora, il nuovo ruolo che investe l'educazione all'interno di un processo di cambiamento di questo tipo.
 
 

1.3.  Dalla prevenzione alla promozione della salute

La promozione della salute viene definita come "quel processo che permette agli individui e alle comunità di accrescere il controllo sugli elementi determinanti per la salute e quindi di incrementare la propria salute".30
E' in atto, quindi, un cambiamento di tendenza, per cui si sta passando da un tipo di interventi centrati sulla rimozione delle cause di malattia e dei fattori di rischio, ad azioni per mantenere l'equilibrio salute o per riconquistarlo, con l'obiettivo di accrescere le potenzialità del soggetto e/o di migliorare l'ambiente.31
In generale la promozione della salute rappresenta, ormai, un concetto unificante per coloro che riconoscono il bisogno di un cambiamento nei modi e nelle condizioni di vita, al fine di promuovere la salute.32
Questo cambiamento è dovuto ad alcuni fattori fra cui individuiamo i seguenti:
* il prevalere della patologia cronico-degenerativa impone nuove misure preventive tendenti ad intervenire il più precocemente possibile per evitare danni irreversibili;
* l'aumento rapido della vita media e della proporzione di popolazione anziana chiama a mantenere la stessa nel migliore equilibrio di salute, e nelle migliori condizioni di armonica integrazione nella comunità;
* lo sviluppo enorme delle tecnologie biomediche negli ultimi decenni ha consentito un numero sempre maggiore di interventi sofisticati, impegnativi e costosi, senza produrre, tuttavia, un corrispettivo, sostanziale salto di qualità nella salute delle popolazioni;
* le nuove tecnologie nei mezzi di comunicazione hanno consentito di diffondere informazioni e modelli culturali in modo rapido al di là dei confini dei Paesi;
* le palesi diseguaglianze nei riguardi della salute, sia come livello di salute raggiunto, sia come possibilità e mezzi per realizzarlo, obbligano ad una revisione dell'impostazione.
Tutto ciò comporta che la prevenzione non riesca più a rispondere in modo adeguato alle nuove esigenze di salute della società: non è sufficiente, cioè, individuare i pericoli, i rischi per la salute e cercare di prevenirli attraverso vaccinazioni collettive, bonifiche ambientali o campagne informative.
In questa società complessa, in cui si sono moltiplicati, intersecandosi, i fattori in grado di influire sulla salute, in cui è profondamente modificato il suo rapporto con l'ambiente e con la natura, appare necessario promuovere una cultura della salute. Una cultura che porti con sé una maggiore sensibilità e attenzione a queste problematiche, che sviluppi atteggiamenti positivi ed efficaci, che sia indice di un nuovo modo di pensare.
Sembra evidente, e lo vedremo in seguito, che in tale processo un ruolo fondamentale venga svolto dall'educazione, come elemento in grado di motivare scelte consapevoli, di sostenere comportamenti corretti, che l'informazione da sola non può pensare di conseguire.
"Il passaggio dalla strategia della prevenzione a quella della promozione della salute è (o sarà) un evento rivoluzionario, in quanto è destinato a incidere sulle modalità con cui si affronteranno i problemi che influiscono sulla salute".33
Marco Ingrosso individua la differenza di impostazione delle due strategie a cominciare dal significato etimologico.
L'azione di "prae-venire", nel senso di arrivare prima, precedere, anticipare, provvedere in anticipo, si colloca nei confronti di ostacoli o problemi ben precisi; indica una sfida, una gara contro qualcosa che ben si conosce, almeno nei suoi esiti, e che va affrontato od evitato.
Il "pro-muovere", invece, indica un andare verso, dare impulso, proporre, fare avanzare; ci si muove verso un fine vago, poco definito, nella costruzione di qualcosa che non è preesistente. Più che la meta è importante il cammino, gli incontri, gli scambi, le difficoltà superate e anche quelle non superate. L'obiettivo è quello di sviluppare una sensibilità verso la salute.34
In ambito preventivo quindi riconosciamo la centralità della malattia come elemento noto da cui si parte e intorno al quale si costruisce l'intervento, mentre l'ottica promozionale richiama ad una focalizzazione sulla salute, sui modi e i mezzi che si adoperano per attuarla.
A differenza della prevenzione, che individua specifici gruppi sociali a cui rivolgere l'intervento, la promozione della salute include, in via di principio, l'intera popolazione: la vita quotidiana diventa il suo spazio privilegiato. Il settore informale, le famiglie, le reti sociali e la scuola in particolare, per quello che ci riguarda, trovano in questo quadro una collocazione non solo ricettiva, ma decisamente attiva.
Quindi la promozione della salute non è il risultato di una sola azione o intervento, ma piuttosto di un "insieme di programmi e processi 'in situazione' aventi per obiettivo strategico la creazione di un ambiente favorevole alla salute. Essa mira a sostenere e ad attivare un mutamento nella cultura e nelle pratiche rilevanti per la salute, nella consapevolezza che la semplice informazione sui rischi, quale si ha nelle campagne di educazione sanitaria, non è sufficiente a produrre variazioni significative del comportamento nocivo".35
Da qui l'importanza dell'educazione alla salute come "processo che completa l'informazione facendola divenire un fatto interiore, promotore di azione. E per far questo l'informazione deve poter essere rielaborata dal soggetto, in virtù delle sue esperienze e divenire infine patrimonio culturale personale, molla attiva di decisioni".36
Proprio la promozione della salute, infatti, costituisce la base delle nuove politiche di salute di ogni Paese, secondo quanto affermato, nel 1986, ad Ottawa, nel corso della prima Conferenza Internazionale dell'OMS. Il documento elaborato in tale occasione, indica la promozione della salute come "il processo che conferisce alle popolazioni i mezzi per assicurare un maggior controllo sul loro livello di salute e di migliorarlo. Questo modo di procedere deriva da un concetto che definisce la salute come la misura in cui un gruppo o un individuo possono, da un lato realizzare le proprie ambizioni e soddisfare i propri bisogni e dall'altro, evolversi con l'ambiente o adattarsi a questo".37
La salute è dunque percepita come concetto positivo, come risorsa della vita quotidiana che mira a valorizzare le potenzialità sociali e individuali così come le capacità fisiche. La promozione della salute, quindi, "non è legata soltanto al settore sanitario: supera gli stili di vita per mirare al benessere".38
E' necessario, secondo questa prospettiva, prevedere un'azione concertata fra le varie parti: i governi, il settore sanitario, il campo economico e sociale, le autorità locali, il mondo della produzione, i mass-media, la pubblica istruzione, sono chiamati ad intervenire secondo quest'ottica promozionale, in modo da allargare il numero delle persone coinvolte e sensibilizzate in tale processo.
Di più, la promozione della salute presuppone la partecipazione effettiva e concreta della comunità nella definizione delle priorità, nell'assunzione delle decisioni, nell'elaborazione delle strategie per raggiungere un miglior livello di salute. Si punta allo sviluppo e alla diffusione di una cultura della salute che richiede un nuovo modo di pensare i problemi e nuove modalità per affrontarli, coinvolgendo tutto il contesto sociale.
In tal modo la promozione della salute appoggia lo sviluppo individuale e sociale, offrendo informazioni, assicurando l'educazione sanitaria e perfezionando le attitudini indispensabili alla vita: essa permette così alle persone di esercitare un maggior controllo sulla loro salute e di fare scelte favorevoli ad una vita sana.
E' d'importanza cruciale che le persone imparino per tutta la vita e possano preparasi ad affrontare le diverse tappe. Tale pratica deve essere accolta e seguita a scuola, nella famiglia, negli ambienti di lavoro e in tutto l'ambito comunitario, dagli organi professionali, commerciali, dal volontariato, nonché dalle istituzioni medesime e in particolare da chi svolge, istituzionalmente e non, il ruolo di educatore.
Il perseguimento di questi obiettivi, anche se difficoltoso e complesso, appare come una tendenza irreversibile se si ha a cuore il miglioramento della salute individuale e collettiva.
"La promozione della salute è dunque un processo, un modo di pensare e di operare a tutti i livelli: politico, economico, sociale, culturale, ambientale, individuale e collettivo che mira a fornire mezzi, strumenti ed opportunità alle popolazioni e agli individui per poter essere protagonisti consapevoli nella gestione e nel controllo della propria salute".39
Vedremo in seguito come il protagonismo, in particolare dei giovani, sia alla base della metodologia di lavoro dei progetti di educazione alla salute che costituiscono parte centrale del nostro lavoro.
 
 

1.4.  Evoluzione del paradigma dell'educazione alla salute

Nell'elaborazione del processo culturale dell'educazione sanitaria si possono evidenziare tre momenti, tre fasi successive che, in una certa misura, corrispondono sia all'evoluzione del quadro nosologico e dei fattori di rischio, sia alle modificazioni socioculturali che hanno vissuto i Paesi europei negli ultimi decenni.
In particolare si registrano una chiara maturazione della cultura della prevenzione, e un ampliamento del significato di salute, tali per cui è diventata sempre più esplicita la necessità di un coinvolgimento attivo della popolazione; nello stesso tempo l'evoluzione dei sistemi democratici ha determinato l'esigenza da parte di ogni cittadino di avere sempre maggior controllo sugli eventi che influiscono nella propria vita.
La prima fase di questa evoluzione può essere definita "precettistico-magistrale"; essa è fondata su un insieme di regole e di informazioni stabilite dagli addetti ai lavori. Decaloghi della salute, opuscoli e altri materiali informativi sui temi ritenuti importanti da chi "possiede" la conoscenza, costituiscono i mezzi ritenuti più efficaci.
L'intervento educativo è basato sostanzialmente su un semplice processo di trasferimento di conoscenze e di informazioni dagli esperti alla popolazione, nella convinzione che i comportamenti non salutari siano attribuibili all'ignoranza o alla disinformazione. Si tratta di un'educazione di tipo omologativo, che propone modelli di riferimento estrinseci e fissati a priori a cui ispirare gli interventi, e che non tiene conto dell'enorme variabilità individuale, ambientale, sociologica, caratteristiche di ogni particolare contesto educativo.40 Anche nella pedagogia scolastica, questa teoria, portava a trascurare la complessità dei soggetti in crescita in funzione di un ideale astratto e utopico fissato dai programmi ministeriali di riferimento.
La seconda fase, realizzata con l'appoggio decisivo degli antropologi culturali, può essere definita "comportamentistica" e tende, sostanzialmente, alla promozione di comportamenti positivi per la salute.
Attraverso tale tipo di educazione si è mirato, cioè, a coinvolgere la soggettività individuale intesa come studio delle motivazioni e delle resistenze, dei fattori sociali e culturali, degli strumenti educativi, che possono portare il soggetto a persuadersi del cambiamento. Si parte dal presupposto che il comportamento può essere modificato mediante il dosaggio delle ricompense e delle punizioni, dei cosiddetti rinforzi positivi e negativi. L'informazione è ritenuta solo una parte del processo, spesso insufficiente per promuovere un'azione duratura; la discussione di gruppo diviene l'elemento portante di questa metodologia.
L'educazione appare allora un processo di condizionamento, che l'uomo può maneggiare a proprio piacimento, con il rischio di una eccessiva strumentalizzazione, in vista di un fine particolare:41 è l'azione, o il comportamento, visibile che diventa l'oggetto dell'indagine, evitando qualsiasi velleità interpretativa perché considerata non oggettiva. Sembra comunque difficile e poco probabile arrivare ad addestrare e guidare dei comportamenti complessi come sono quelli dell'uomo, senza tenere in considerazione una rielaborazione individuale da parte del soggetto, senza prendere atto della presenza o meno di una motivazione personale. In questa fase sono ancora i tecnici, sia pure antropologi, a fornire agli operatori sanitari indicazioni utili al raggiungimento degli obiettivi.
La terza fase può essere definita della "partecipazione attiva" a scelte responsabili per la modificazione delle condizioni di vita e di lavoro. L'educazione sanitaria tende alla creazione di una coscienza critica e allo sviluppo di azioni concrete per la riduzione e l'eliminazione dei fattori di rischio, sia a livello individuale che comunitario. E' indispensabile, in quest'ottica, un coinvolgimento consapevole della popolazione tale da farle assumere in proprio l'azione.
Anche in pedagogia questo orientamento ha riscosso un successo crescente, nella convinzione che l'educando (o la popolazione) prenda parte in prima persona al processo di educazione, interagendo in maniera attiva e personale alle situazioni che vengono proposte e che egli stesso contribuisce a costruire. Secondo questa prospettiva, dunque, l'intervento educativo non si ferma all'imitazione di un modello o alla creazione di condizionamenti per ottenere determinati risultati, ma mira a promuovere nel soggetto una coscienza autonoma e una responsabilità in grado di motivare scelte consapevoli e comportamenti positivi.
L'educazione sanitaria non rimane più appannaggio dei soli tecnici sanitari, ma richiede necessariamente l'intervento di altre competenze (pedagogiche, sociologiche, antropologiche, psicologiche, della comunicazione) e di complessi interventi legislativi, economici, strutturali, ambientali, ecc.42
 
1.4.1.  Limiti e difficoltà degli interventi di educazione sanitaria

Questo cambiamento culturale, che sta alla base del nuovo modo di intendere l'educazione alla salute, e che, da parte sua, trova conferma in diversi documenti, nazionali e internazionali, non sembra aver provocato un riscontro puntuale nella pratica applicativa.
Le azioni educative, sino ad oggi intraprese nel nostro Paese, possono considerarsi largamente insoddisfacenti, sia per ciò che riguarda gli aspetti legati alla nosologia ed ai nuovi fattori di rischio, quanto per tutta la problematica rivendicativa posta in essere dalla popolazione e dalle avanguardie politiche del nostro Paese, in fatto di difesa della salute, prevenzione e partecipazione cui abbiamo accennato.43
Il fallimento dell'azione preventiva è da attribuirsi anche e soprattutto al fatto che i programmi e le campagne informative sono state definite, in generale, da autorità competenti, o da chi detiene il monopolio delle informazioni, sulla base di norme generali vigenti in materia di salute.
Si sono, pertanto, avviate politiche di prevenzione medicalizzate e avulse da ogni contesto socioculturale, non collegate alle problematiche delle singole realtà e, per questo, meno in grado di incidere sui comportamenti.44 Si sono usati, per lo più, i sistemi di comunicazione di massa che, se anche provocano un impatto positivo e colpiscono l'attenzione popolare, lasciano un segno modesto, che si esaurisce in breve tempo se non è supportato da un'azione educativa. Un'azione, cioè, che privilegi il tipo di comunicazione bidirezionale, basata sullo scambio e sul contatto diretto tra la popolazione e gli operatori, e non su un anonimo trasferimento di informazioni.45 Il linguaggio utilizzato, inoltre, seppure valido per il maggior numero di ascoltatori, è risultato generico e stereotipato, e non ha contribuito a far comprendere esattamente i messaggi.
L'educazione sanitaria, poi, si è rivolta prevalentemente ad aspetti settoriali, individuando ora nella carie, ora nel fumo, ora nell'alimentazione, i suoi ambiti di intervento, senza puntare in modo deciso a sviluppare un'azione globale di difesa della salute. Di rado essa ha affrontato tematiche generali e intriganti (come l'educazione sessuale, l'igiene mentale, gli stili di vita ecc.) che intaccano l'organizzazione economica e politica, la struttura dei rapporti sociali, la pubblica istruzione, il sistema sanitario, le convinzioni comuni ecc., rivolgendosi più spesso all'eliminazione degli effetti che non delle cause che li determinano.
E' più facile, per fare un esempio, portare avanti campagne antinfortunistiche nei luoghi di lavoro, affiggendo cartelloni e organizzando conferenze, piuttosto che porre l'attenzione all'organizzazione del lavoro, all'applicazione dei mezzi di sicurezza alle macchine, ai sistemi di disinquinamento e di bonifica. Allo stesso modo, secondo quest'ottica, sembra sufficiente, illustrare i rischi e i danni provocati dalle tossicodipendenze, invece che creare, per esempio, spazi di socializzazione e di aggregazione per i giovani.
L'obiettivo perseguito dall'educazione sanitaria è, per lo più, quello della modifica del comportamento individuale, riducendo ancora una volta la problematica della salute al rapporto privatistico medico-paziente, servizio-utente.
Spesso il richiamo a "comportamenti corretti" si traduce in effetti francamente negativi in quanto, da un lato colpevolizza il soggetto facendolo sentire responsabile dell'evento dannoso, e dall'altro rafforza la convinzione dell'impossibilità del cambiamento, quando le cause del comportamento erroneo sono difficilmente rimovibili o non attribuibili direttamente al soggetto.46
Gli interventi di educazione sanitaria, inoltre, sono avvenuti spesso in rapporto a fenomeni emergenti o in risposta a determinate urgenze; questo modo occasionale di procedere fa recepire l'educazione sanitaria come ambito delle emergenze, rendendo slegate e dispersive le proprie azioni e ostacolando, nello stesso tempo, la formazione di una coscienza matura e personale nei confronti della salute.
Un'ultima critica rivolta all'educazione sanitaria riguarda la sua eccessiva medicalizzazione.
In una società complessa, in cui i problemi di salute fisica, psichica e mentale sono strettamente legati allo stile di vita, è necessario abbandonare l'approccio esclusivamente sanitario, fondato su norme e interdizioni, per orientare gli interventi educativi a far prendere coscienza della responsabilità dei singoli cittadini nel mantenimento della salute, e a sviluppare la loro capacità di prendere decisioni coscienti nei riguardi del proprio benessere individuale e sociale.47
L'approccio sanitario non è più sufficiente a rispondere alla complessità di richieste che il modello di educazione alla salute prospetta: ne è conseguita, quindi, l'esigenza di rivolgersi alla pedagogia per ottenere strumenti, tecniche, esperienze, e soprattutto conoscenze, in grado di supportare un discorso di tipo scientifico.
Il termine stesso educazione alla salute, che oggi si preferisce usare al posto di educazione sanitaria, rispecchia questa tendenza alla demedicalizzazione che si è andata progressivamente sviluppando, dando vita ad un movimento per la salute volto a coinvolgere l'intera società, e non solo il servizio sanitario.
Appare comunque fuori luogo, secondo L. Briziarelli 48, operare una distinzione tra temi più strettamente sanitari, o medici, da affidare ad operatori sanitari, e temi più generali da affidare ad altri operatori. E' una questione delicata che ha comportato un conflitto fra categorie, in particolare tra medici, educatori e sociologici, i cui effetti sono stati, principalmente, un aumento della confusione e il ritardo dell'affermarsi di un disegno unitario e organico.
 
 
 
1.4.2.  Caratteri dell'educazione alla salute

Dopo aver visto i limiti e le difficoltà che l'educazione sanitaria ha incontrato durante il suo percorso, spostiamo ora l'attenzione sui caratteri principali del nuovo modo di intendere l'educazione alla salute.
Secondo la definizione elaborata dall'O.M.S. nel 1954, a Ginevra, lo scopo dell'educazione sanitaria è quello di "aiutare le popolazioni ad acquistare la salute attraverso il proprio comportamento e i propri sforzi; l'educazione sanitaria si fonda quindi in primo luogo sull'interesse che i singoli manifestano per il miglioramento delle loro condizioni di vita e mira a far loro percepire tanto come individui, membri di una famiglia, di una collettività, di uno Stato, che i progressi della salute derivano dalla loro responsabilità personale".49
Il documento elaborato durante la Prima Conferenza Europea dei Ministri responsabili della salute pubblica (Madrid 1981), riconosce alla salute il ruolo di "catalizzatore", e afferma che "l'evoluzione della nozione di salute verso una concezione meno statica, che pone l'accento sull'importanza dell'interazione dinamica tra individuo e ambiente, esige che l'educazione alla salute abbia come obiettivo il pieno sviluppo delle possibilità dell'individuo (fisiche, mentali e sociali) in armonia con il suo ambiente".50
Anche la legge istitutiva del nostro sistema sanitario nazionale, pone al primo posto nell'elencazione degli obiettivi del servizio "la formazione di una moderna coscienza sanitaria, sulla base di un'adeguata educazione sanitaria del cittadino e della comunità".51
Di questo modo di intendere l'educazione alla salute, ci interessa valorizzare, in linea con quanto detto prima, "l'elemento partecipativo, di comunicazione sociale, di processo di crescita autotutelativa della comunità, di interazione operativa tra le diverse agenzie educative o para-educative del territorio".52
Ci interessa, in particolare, concepire l'educazione alla salute come un momento rilevante di un più generale movimento di educazione, e di autoeducazione, della comunità alla partecipazione, alla crescita democratica, alla rispettosa tutela della vita in tutte le sue forme, piuttosto che come una specifica tecnologia sanitaria. Il che porta ad intendere la partecipazione nel senso di prendere parte a tutte le fasi di ogni processo con il quale si affrontano problemi di salute: dall'individuazione del problema, alla definizione delle priorità e degli obiettivi, dall'analisi delle componenti culturali e sociali, alla scelta dei procedimenti operativi.
In quest'ottica è chiaro che le azioni di educazione sanitaria devono rispondere ad una programmazione, che non significa dover aggiungere alcune azioni a quello che normalmente si fa, ma significa lavorare in modo diverso, in un modo cioè che permetta di individuare le priorità di intervento e, sulla base di queste, decidere cosa fare, quali obiettivi proporre, come operare, utilizzando quali mezzi, ecc.53
L'educazione sanitaria ha uno scopo, quindi, essenzialmente operativo; il suo fine non è quello di farne sapere di più, ma di favorire, nell'individuo e nella collettività, scelte consapevoli, proponendo e promuovendo comportamenti e stili di vita "per la salute".54
Secondo Norberto Galli l'educazione sanitaria comprende due momenti, l'uno informativo, l'altro formativo, intercorrelati e richiamantesi a vicenda. "L'uno è volto a illuminare l'intelligenza del soggetto su ciò che egli deve fare e non fare; l'altro ricerca i motivi necessari per azioni intonate ai principi appresi".55
La sua azione, quindi, per avere efficacia non deve essere sporadica e occasionale, ma continua nel tempo; dovrebbe rispondere al principio di educazione permanente, per cui è necessario fornire ad ogni persona strumenti e mezzi idonei a renderla capace di apprendere durante tutta la vita.
In particolare, secondo quanto affermato nel 1973, a Parigi, nel corso dell'ottava Conferenza Internazionale di Educazione per la Salute, "il suo obiettivo è quello di sviluppare la motivazione e l'iniziativa personali, permettendo agli uomini di attuarsi pienamente e di adattarsi alle evoluzioni biologiche, psicologiche e sociologiche, che segnano le varie tappe della vita e di partecipare in modo responsabile allo sviluppo e all'affermazione della loro comunità".56
 
1.4.3.  Rapporti intercorrenti tra educazione alla salute e sua promozione

Da quanto fin qui emerso non è difficile intuire il rapporto che intercorre tra l'educazione alla salute e la sua promozione, anche se più autori lamentano il fatto che spesso i due concetti vengano identificati.
L'educazione promozionale "non abbraccia un modello predefinito di salute o di stile di vita (...), ma favorisce apprendimenti, ossia delle ridefinizioni di modelli preesistenti" in cui trova spazio l'ambito più ristretto dell'educazione alla salute.57
Promozione della salute significa, secondo L. Briziarelli, assunzione del problema salute nella sua globalità, da parte della società nel suo complesso e si dispiega con azioni varie evidenziate in modo ottimale dalla Carta di Ottawa (vedi figura).
 
 
 

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In questo schema l'educazione sanitaria è solo una delle cinque parti (quella che riguarda il potenziamento delle capacità degli individui, singoli o collettivi) del più ampio disegno di promozione della salute. E' ovvio che questa operazione, nei confronti della popolazione nella sua interezza, non potrà essere svolta soltanto dall'educazione sanitaria di competenza del sistema sanitario, ma chiama in causa altri soggetti, ai quali è affidata la promozione della parte più squisitamente educativa, sociale o socio-politica della formazione e maturazione dei cittadini.58
La promozione della salute, che ha come ambizioso obiettivo il controllo dell'uomo sulla salute, comprende quindi entro i suoi confini tutti gli interventi che, in qualche modo, hanno a che vedere con la salute, dalla legislazione all'economia, dalla politica alla comunicazione, all'educazione: quest'ultimo è l'ambito che cercheremo di esaminare, con particolare riferimento al mondo della scuola.
Gli operatori di queste azioni risultano essere i politici, i formatori dell'opinione pubblica, gli economisti, gli imprenditori, il personale della scuola, gli altri operatori sociali e tutte le persone che, istituzionalmente o meno, rivestono il ruolo di educatori.
In un territorio così vasto, si colloca in modo più ristretto e delimitato l'educazione alla salute che, oltre ad essere uno strumento di prevenzione e, forse, l'unico mezzo per la formazione di una moderna coscienza sanitaria, del cittadino e della comunità, è strumento della politica di promozione della salute. Il suo compito è aiutare la popolazione ad assumere un ruolo di più forte protagonismo nell'ambito della promozione e difesa della salute.59

1.4.4.  Conclusioni

In Italia e nella maggior parte dei Paesi europei le elaborazioni concettuali e gli orientamenti di fondo da assegnare all'educazione sanitaria, nel quadro della tutela della salute, appaiono chiare e, tutto sommato, presenti; non altrettanto può dirsi per la loro concreta attuazione. Ciò che frena questo processo è, principalmente, il ritardo culturale della maggior parte degli operatori, e la mancanza di iniziative formative di base e continue. L'educazione sanitaria è ancora largamente assente dal modello formativo della maggior parte delle categorie professionali interessate, sia nella scuola che nei servizi sanitari e sociali.60
Per facilitare questo cambiamento nel modo di intendere l'educazione alla salute occorre trovarle una collocazione istituzionale che ne assicuri:
* il costante ancoraggio dell'educazione alla salute alla ricerca epidemiologica, sociale e pedagogica e alla progettazione degli interventi preventivi;
* l'offerta di stimoli culturali e prospettive di carriera capaci di attrarre personale ad alta qualificazione
* il riferimento permanente all'educazione alla salute, assolutamente attendibile sul piano tecnico, tanto per i decisori delle politiche di salute, quanto per il vasto universo di coloro che, nelle comunità locali, hanno il dovere de "agire educando".
Solo operando in questo senso si può sostenere e accelerare il mutamento del paradigma dell'educazione alla salute, il suo passaggio "da strumento autarchico di promozione di cambiamenti comportamentali, a strumento integrato nei processi di ricerca/intervento interdisciplinari per la scoperta e la riduzione dei rischi".61
 
 

1.5.  L'educazione alla salute in Italia

Come si è già visto la strategia della promozione della salute è, in concreto, l'indicazione per lo sviluppo e la salvaguardia della salute di ogni Paese; ne dovrebbero tener conto, con responsabilità e competenza, in particolare i politici, i tecnici, gli imprenditori, i rappresentanti delle organizzazione sindacali, il Servizio Sanitario Nazionale, il Ministero della P.I., le associazioni socioculturali, ecc., affinché si arrivino a costruire programmi organici di prevenzione.
Uno degli strumenti indicati dall'OMS per perseguire un'adeguata politica di promozione della salute è l'assistenza sanitaria di base. "Essa fa parte integrante sia del Sistema Sanitario Nazionale di cui è il perno e il punto focale, sia dell'insieme dello sviluppo economico e sociale della comunità; costituisce inoltre il primo livello in corrispondenza del quale i singoli, le famiglie e la comunità entrano in contatto con il Sistema Sanitario Nazionale (...); è infine il primo elemento di un processo continuo di tutela sanitaria".62
In Italia, fino all'istituzione del S.S.N., le attività di tutela della salute erano cresciute "in maniera disordinata, al di fuori di qualsiasi principio unificatore e senza la chiara identificazione di una responsabilità globale".63 Tali attività erano inoltre centrate sulla diagnosi e la cura, mentre all'educazione sanitaria veniva richiesto fondamentalmente di formare il paziente, in modo che egli potesse utilizzare le risorse esistenti e seguire più facilmente le prescrizioni del medico. E' chiaro che un sistema di questo genere sviluppa un rapporto tra operatori medici e pazienti di tipo autoritario, e induce nella popolazione un atteggiamento passivo, di delega ai tecnici: così ci si sente autorizzati a pensare alla salute solo al momento della comparsa dei sintomi, affidando ai medici la responsabilità di correggere il danno.
Di fronte alle patologie dominanti in quest'ultima parte di secolo, meno che mai l'attività sanitaria può risolversi esclusivamente sul piano terapeutico; al contrario dovrà promuovere la presa di coscienza e la responsabilizzazione della popolazione, per garantire scelte idonee alla costruzione di un ambiente sano, rispondente alle esigenze dell'uomo e della sua salute.64
Ecco perché l'attuale Servizio Sanitario Nazionale ha come elemento caratterizzante la prevenzione e pone proprio l'educazione sanitaria al primo posto delle finalità da raggiungere. Questa legge è di grande importanza, quindi, non solo perché prevede lo stesso livello di assistenza sanitaria per tutti i cittadini, eliminando così, nell'erogazione dei servizi, le differenze (mutualistiche) tra i diversi gruppi di popolazione, ma soprattutto perché dà ampio spazio alla prevenzione e all'assistenza sanitaria di base.65
Il perno della riforma infatti è la prevenzione, in quanto lo scopo di ogni intervento sanitario è la salute e quindi la comparsa della malattia rappresenta già di per sé un insuccesso; inoltre, come abbiamo già visto, le malattie prevalenti nella nostra società sono croniche e sono strettamente collegate a scelte comportamentali, e all'organizzazione economico-produttiva e politico-sociale della società attuale.
"Ciò significa che per ottenere la prevenzione, vale a dire la rimozione in tutto o in parte delle "cause", occorre la partecipazione attiva e responsabile dei cittadini nelle loro scelte individuali e collettive, che quasi sempre richiedono rinunce di vario genere, modifiche radicali nel modo di vivere, alternative nelle scelte economiche".66
In linea generale ogni agenzia e ogni istituzione, operante nella nostra società è, in qualche modo, chiamata ad agire per la difesa e la tutela della salute. In particolare sono impegnati in questa funzione tutti i cittadini che hanno compiti educativi, come i genitori e gli insegnanti in primo luogo, i responsabili di collettività di diverso genere (civili, militari, religiose ecc.), gli operatori sanitari (medici, infermieri, tecnici, farmacisti ecc.) per la natura stessa della loro professione; gli specialisti in educazione sanitaria per le attività di formazione, organizzazione e assistenza tecnica agli altri operatori.
Conseguenza di questa scelta partecipativa è il coinvolgimento della popolazione nella gestione sociale del servizio in tutte le sue articolazioni, e quindi la necessità di portare la discussione fuori dalla cerchia dei tecnici, così da ampliare in misura notevole lo spazio di sviluppo dell'educazione sanitaria.
Analizzando brevemente i vari livelli in cui si attua questa gestione partecipativa, ci si può rendere conto della vastità del coinvolgimento collettivo. Il primo livello è quello del Governo regionale, che è il responsabile diretto del servizio. Un secondo livello è quello dei Comuni ai quali la stessa legge attribuisce tutte le funzioni di assistenza sanitaria. Tali funzioni si esplicano mediante le Unità Sanitarie Locali, che vengono definite come "il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei Comuni, singoli, associati e delle comunità montane, i quali in un determinato ambito territoriale, assolvono i compiti del S.S.N.".67 In particolare l'U.S.L., nell'ambito delle proprie competenze, provvede ad organizzare l'educazione sanitaria dei cittadini affidati alla sua tutela.68
Per far fronte ai molteplici impegni si è ritenuto necessario operare un decentramento e, secondo quest'ottica, successivi interventi legislativi hanno istituito un intreccio di organismi diversi per la realizzazione degli obiettivi contenuti nella Legge n. 833. Alle regioni e ai Comuni viene conferita l'autorità di legiferare, di organizzare e di gestire il sistema in modo che i problemi inerenti alla salute possano essere risolti secondo le necessità locali.
Il terzo livello è costituito dalla rete dei distretti sanitari di base, che assicurano l'articolazione del S.S.N. nel territorio; essi costituiscono lo strumento per realizzare nel concreto gli interventi intersettoriali, secondo i principi della promozione della salute. "E' nel distretto il punto in cui si possono stringere i rapporti più creativi tra operatori e popolazione".69 Possiamo sottolineare infatti che tale legge centra un punto qualificante quando agli artt.13-15 prevede la partecipazione della popolazione nella definizione degli obiettivi.
Nei tre livelli individuati, proprio il rapporto bidirezionale tra tecnici e popolazione costituisce l'elemento caratterizzante dell'organizzazione del servizio; dalle modalità con cui tale rapporto si realizza dipende la possibilità di impostare un corretto intervento di educazione sanitaria e di conseguenza una efficace azione.
Un altro punto qualificante di tale legge è l'attenzione riservata all'educazione sanitaria, che viene posta tra gli obiettivi principali, validi in qualsiasi contesto e su tutto il territorio nazionale.70 L'educazione sanitaria viene dunque intesa come lo strumento più idoneo per realizzare la prevenzione, ed ha il compito di sviluppare la consapevolezza dei problemi di salute, le competenze e le capacità per l'azione.71
In questa prospettiva la scuola si trova ad assumere un ruolo fondamentale in quanto, attraverso l'esperienza educativa, può contribuire in maniera decisiva alla formazione di una moderna coscienza sanitaria e alla costruzione del concetto di salute come valore.
Educare alla salute è un'esigenza generalmente riconosciuta nella nostra società, sia dalla legislazione, che dall'opinione pubblica, ma siamo ancora lontani dal trovare una linea organizzativa valida che realizzi programmi globali ed interventi efficaci.
 
 
 
 

Capitolo 2

VERSO UN NUOVO MODO DI ESSERE SCUOLA
 

2.1.  Essere adolescenti nella nostra società.

Prima di prendere in esame i progetti di educazione alla salute elaborati dal Ministero della P.I., che costituiscono la parte centrale della nostra riflessione, appare indispensabile fare riferimento alla realtà sociale, specialmente alla condizione giovanile ad essa sottesa, per poi passare ad analizzare il problema della formazione con particolare riguardo al mondo della scuola. I progetti in oggetto, vedremo in seguito, rappresentano una delle risposte che la scuola tenta di dare a specifiche problematiche, urgenti ed attuali, che trovano nell'educazione alla salute un mezzo adatto ed efficace per raggiungere alcuni degli obiettivi prefissati.
La società complessa, la realtà in continuo cambiamento, la cultura varia, che caratterizzano il nostro vivere attuale, per quanto ricche e stimolanti, sembrano non favorire la crescita e la maturazione dei giovani in particolare, in quanto "si accompagnano, nel veloce evolversi degli avvenimenti, alla perdita di punti di riferimento e con questi di una 'memoria storica' su cui poggiare per costruire un presente e progettare un futuro. Di qui il senso di incertezza e di precarietà che si manifesta nella società in generale e nei giovani in particolare".72
Se sempre, nel tempo, l'adolescenza si è connotata quale "momento di instabilità, di attesa del raggiungimento di una identità fisica e psicologica, così come di una identità sociale",73 oggi è diventata ancor più problematica, perché l'attesa si è 'dilatata', si è prolungata ad una fascia più ampia della vita individuale: "una grande massa di giovani si trova per un lungo arco di tempo in una situazione di provvisorietà, divisa tra emarginazione a volte silenziosa, a volte violenta, e desiderio di un'affermazione socialmente riconosciuta".74
I giovani avvertono che la società degli adulti, perseguendo una sua linea di sviluppo, non solo non si preoccupa di preparare loro un futuro apprezzabile, ma non tiene sufficientemente conto della delicata condizione che li caratterizza. Secondo Luciano Corradini 75 "lo squilibrio tra le generazioni è in aumento: i giovani sono di fatto schiacciati dal peso crescente di adulti che sottraggono posti di lavoro, consumano in modo irreversibile risorse naturali, economiche, finanziarie, lasciando in eredità un incredibile debito pubblico, destinato probabilmente ad aumentare, se non si cambierà rotta, per il crescente carico delle pensioni e dell'assistenza dovuta ad anziani sempre più longevi e ad un indice di natalità tra i più bassi del mondo".76
Di qui il disagio che si fa, nel contesto, via via più drammatico. Esso si esprime, essenzialmente, come distacco dalla famiglia e dalla scuola, vissute troppo spesso come ambienti frustranti, ansiogeni. Lo stesso gruppo dei pari non riesce a dissipare, anzi, spesso esaspera quel clima di incertezza e di precarietà a cui abbiamo fatto riferimento.
Resta il perdersi in una pluralità anonima senza rapporti profondi e significativi, in cui, almeno momentaneamente, si possa sfuggire all'ansia, alla noia, all'oppressività di rapporti personali non gratificanti.
Paradossalmente è vero che i giovani di oggi "hanno tutto" in termini materiali, ma esprimono l'emergenza di nuovi bisogni sociali, i cosiddetti bisogni post-materialistici, legati alla qualità dei rapporti interpersonali, all'agibilità di percorsi personalizzati rispondenti alle proprie esigenze, alla disponibilità di canali di comunicazione e di scambio tra individui e società in ordine ad obiettivi e valori collettivi.77
A questa situazione di insoddisfazione si sommano, nella maggioranza dei casi, i notevoli, a volte traumatici, cambiamenti morfologici e psicologici con cui gli adolescenti devono fare i conti, così da far emergere un quadro di estrema complessità e delicatezza in cui essi devono imparare ad orientarsi.
"Se in una tale metamorfosi non si avvertisse disagio, mancherebbe l'attivazione di ogni sistema di allerta, presupposto di un nuovo adeguamento".78 Il disagio giovanile, come quello degli adulti, esiste, e in una certa misura può anche risultare positivo in quanto stimola il cambiamento, la crescita. Non va quindi curato o cancellato, ma va avvertito e vissuto con l'attenzione che non si trasformi in devianza. "La devianza fa riferimento implicito ad una normalità e quindi ad un discostarsi da essa a gradi differenti e può risultare come aspetto comportamentale di un disagio troppo forte o continuo. Mentre però il disagio è un'espressione privata, la devianza acquista una dimensione che coinvolge gli altri".79
Si registra, a questo proposito, un preoccupante balzo in avanti della devianza minorile che passa dal 3.91% sul totale delle persone denunciate nel 1989, all'11.91% del 1990; nello stesso tempo emerge un'altrettanto preoccupante correlazione tra descolarizzazione e devianza: nel 1990 il 58.30% dei minori entrati in istituti di pena non aveva completato la scuola media, a fronte del 28.04% in possesso della licenza media e dello 0.18% con frequenza di scuola media superiore.80
Secondo quanto raccolto dal terzo rapporto IARD sulla condizione giovanile è cambiato qualcosa anche nel rapporto con la droga, rispetto agli anni '80. Nonostante la riduzione dei morti per overdose, l'esposizione al rischio droga è più elevata oggi che nel passato: quasi un giovane su cinque non esclude la possibilità di sperimentare droghe leggere; quasi un intervistato su trenta dichiara che potrebbe accadergli di usare droghe pesanti. Non emerge quindi il rifiuto di comportamenti che in passato venivano percepiti come irreversibilmente distruttivi, ma anzi sale il numero dei giovani che si ritengono non del tutto estranei alla cultura della droga.81 Nel 1990 sono stati rilevati circa diecimila casi di tossicodipendenza dei giovani intorno ai 15 anni; nello stesso anno e per la stessa fascia di età ci sono stati 312 suicidi e 386 tentativi di suicidio.82
Allo stesso modo è in aumento il consumo di bevande alcoliche da parte dei giovani e di conseguenza dell'alcolismo giovanile. Parecchie ricerche evidenziano inoltre come "i giovani con un minore profitto scolastico cercano spesso di ovviare alla bassa considerazione che hanno di sé ricorrendo al consumo di alcolici".83
Sono questi dati estremamente inquietanti che testimoniano uno stato di malessere diffuso, una grande fragilità della popolazione giovanile e un pericoloso scollamento della stessa dalla società, di fronte ai quali poco è stato pensato, soprattutto in termini di elaborazione politica. Le attività funzionanti offrono risposte parcellizzate e frammentarie, che riguardano singoli aspetti delle problematiche individuali, spesso legate al panorama di devianza e di trasgressione sociale.
"E' opportuno ribaltare l'ottica di approccio ai fenomeni adolescenziali abbandonando o riducendo lo spazio delle iniziative pensate e attivate in risposta ad atti trasgressivi (modello riparativo) e privilegiando le iniziative centrate sulla globalità delle istanze personali (modello propositivo) in modo da ristabilire un contatto con l'età adolescenziale".84
E' indispensabile che i livelli politici (centrale e locale) riconoscano l'adolescente come soggetto di diritti, non nella prospettiva di futuro adulto, ma nel presente, e che per questa fascia d'età si elabori una linea progettuale specifica che parta dalle esigenze e dai bisogni di cui è portatrice.
Nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla condizione giovanile, del marzo del 1991, si auspica "il passaggio da una cultura di tipo espropriativo a quella del protagonismo dei soggetti". E si precisa: "E' proprio il non considerare il/la giovane soggetto di diritti che porta poi ad un approccio politico-legislativo di carattere emergenziale e contingente, con conseguenti soluzioni più di controllo sociale o 'repressive' che di accompagnamento ed accoglienza per il soggetto, o di prevenzione nel senso più ampio del termine".85
Su questa linea si era già mossa la Convenzione Internazionale dei diritti del bambino (più propriamente del minore di 18 anni), approvata dall'ONU nel 1989,86 un documento di grande valore, che colloca i problemi dei diritti e dei doveri dei giovani al di fuori della diatriba localistica tra giovanilisti e adultisti e offre una prospettiva interculturale e mondiale a tutte le istituzioni che si occupano dei giovani.
In quest'ottica è necessario prestare, sì, attenzione ai bisogni espressi e non espressi dai giovani, ma soprattutto porre al centro gli aspetti positivi, le potenzialità e le peculiarità di questa fascia d'età, in modo da poter imbastire interventi effettivamente in linea con il modo di essere, di esprimersi e di fare dei giovani.
Esiste secondo il Corradini "un modo corretto per avvicinare i giovani; si tratta di riconoscere l'esistenza di un loro originale modo di essere e di porsi, che non va giudicato sul metro dei gusti dell'adulto. (...) Essi meritano rispetto non solo come singoli, ma come portatori di determinate istanze, di determinati valori comuni...".87
 
 

2.2.  Il problema della formazione

La scuola, che è il più istituzionalizzato degli enti educativi, avverte in modo più acuto il contrasto fra compiti antichi e nuove consegne, dovute sia alla pressione sociale, sia alle urgenze poste da legislazioni di tipo settoriale o emergenziale, invece che da organici disegni di ripensamento dell'intero sistema.
Anzi, qualche volta essa si sente come oppressa da questo carico di problemi che il legislatore le affida senza preoccuparsi troppo della loro compatibilità con la presente struttura scolastica e quindi della possibilità di essere risolti.
Il fatto è che la scuola deve poter dirigere la propria proposta educativa verso un quadro valoriale condiviso dalla società entro cui opera: questo quadro, che viene espresso negli atti fondamentali su cui si sono fondati i moderni stati democratici e le loro aggregazioni supernazionali, e nelle solenni dichiarazioni che a quegli atti conseguono, spesso non appare veramente presente nella concreta realtà sociale.
Gli stati, in quanto "committenti", dell'azione educativa, chiedono alla scuola di promuovere l'educazione alla democrazia, ai diritti umani, alla pace, allo sviluppo, alla solidarietà, all'ambiente, all'Europa, al Mondo e sul piano più personale alla salute, all'alimentazione, alla sessualità, allo sport, allo studio, all'intercultura, ecc.
Si tratta di problemi, valori, diritti e dimensioni molto vasti e, nello stesso tempo, estremamente attuali e urgenti: l'educazione, chiaramente, non è onnipotente, non può far fronte a tutte queste richieste e risolvere da sola problematiche così ampie e complesse.
Il Corradini ha espresso questa difficoltà dell'istituzione scolastica, sintetizzando la pluralità di richieste che dalla società civile vengono alla scuola in una sigla chilometrica (EDDUPSSSSSSIAAIEM), che con la sua stessa illeggibilità già esprime il disagio, la mancanza di un "fulcro" su cui incentrare tutto l'impegno educativo.
Tuttavia, se non è onnipotente, l'educazione non è neanche del tutto impotente: in tutte le sedi può e deve fare la sua debole, ma insostituibile parte.88
Per quanto riguarda la scuola, essa deve ripensare l'intera struttura della sua organizzazione, non solo aggiornando i contenuti disciplinari in costante rapporto allo sviluppo delle singole scienze, ma rivedendo finalità, obiettivi, metodi, lo spirito stesso dell'insegnamento, in relazione ai cambiamenti che si vengono manifestando nei bisogni e nelle attese della società.89
A questa sorta di difficile mediazione fanno capo le premesse ai programmi che, come vedremo, non intendono rinunciare alla componente pedagogica, valoriale, ma cercano di proporre in modo integrato e coerente fini e mezzi. Certo quello che propongono in termini di valori/bisogni è complesso e impegnativo, ma non bisogna considerare tali valori/bisogni come contenuti, quanto piuttosto come una dimensione della vita personale e sociale del nostro tempo, al cui sviluppo si tratta di concorrere nell'ambito del patrimonio di risorse di cui di fatto si dispone.
Si tratta, poi, di ridefinire i curricoli. Le conoscenze disciplinari costituiscono certamente il fondamento del curricolo scolastico: è tuttavia necessario effettuare una scelta e una rivisitazione dei contenuti rilevanti, affidabili sul piano scientifico e culturale. Si possono sostituire argomenti e attività, così come si può adottare una nuova ottica che metta in luce aspetti particolari prima trascurati, che stabilisca collegamenti ed estensioni utili ed interessanti.
Prima ancora che fornire competenze specifiche la scuola è tenuta a porre in atto un progetto educativo in considerazione del quale "i contenuti culturali rivestono una particolare importanza: devono essere impregnati di valori, di istanze ideali, del senso dell'umano perché siano in grado di promuovere la formazione integrale del giovane".90
Bisogna però allo stesso tempo rispondere ad un'esigenza di semplificazione, di scelta delle informazioni, in vista dell'espandersi dell'enciclopedia dei saperi; può risultare rischioso, oltreché poco produttivo, cercare di ampliare al massimo il ventaglio di contenuti, temi e attività, rimanendo però ad un livello superficiale. Sembra invece più efficace, anche se forse più impegnativo, cercare di individuare dei percorsi all'interno dei quali effettuare le proprie scelte.
Precisiamo che non è possibile stabilire aprioristicamente, quali contenuti si adattino meglio alla formazione integrale di ciascun soggetto: "la loro efficacia formativa dipende dalla disposizione mentale ed affettiva di colui che deve ricevere il contenuto, dalla situazione particolare in cui gli viene proposto, dal modo in cui gli viene presentato".91
La scuola non può limitarsi a fornire soltanto una serie di conoscenze, di cui i giovani non sanno scoprire il nesso concreto con la realtà che li riguarda, ma deve promuovere una cultura in senso forte. Oggi, più che mai, educare a scuola non vuol dire "trasmettere conoscenze su", ma "rendere liberi moralmente". "Verso questa libertà morale dai condizionamenti di ogni tipo, che ingabbiano e soffocano le potenzialità vitali della persona, deve tendere l'azione educativa, perché i ragazzi nel futuro possano essere tutto quello che ognuno di loro è capace di divenire".92
Il termine che esprime con maggiore efficacia, oggi, quest'esigenza di una conoscenza, che perviene ad una sua unitarietà e determina i comportamenti umani, è quello di formazione. Esso esprime in modo pragmatico, da una parte l'esigenza di un intervento più strutturato, non lasciato alla casualità, ma fondato su precise previsioni di modi e di tempi, dall'altra la pluralità e la complessità dei piani di intervento, come la promozione dell'efficacia fisica, dell'equilibrio psichico, dell'integrazione sociale, da imparare a conservare, rinnovando sempre quell'equilibrio che nuove situazioni tendono a far perdere o a mettere in pericolo.93
Le conoscenze acquisite assumono un valore e una rilevanza particolare se sono messe in relazione ai problemi e alle esigenze dei soggetti in apprendimento.
Sappiamo che la conoscenza e l'informazione non sono in grado di sortire effetti educativi, anche se molto spesso costituiscono lo spunto da cui partire o la base su cui operare per impostare un'azione di tipo educativo. Mentre cioè l'educazione si preoccupa di trasmettere valori nell'ottica della 'formazione' dell'individuo, l'istruzione cerca di dare competenze, di trasmettere conoscenze, contenuti e abilità. Occorre superare questa contrapposizione proponendo "un progetto formativo che, a partire da elementi concreti e di istruzione, sappia collocare tali elementi entro un contesto educativo, e ne assicuri così la loro più ampia valenza formativa".94
Ci interessa, secondo quest'ottica, mettere in evidenza la dimensione pluridisciplinare dei problemi, che possono essere affrontati da diversi punti di vista, accrescendo la valenza formativa ad essi correlata.
Così il concetto di formazione si integra con quello di trasversalità, che può definirsi come la capacità di utilizzare gli apprendimenti disciplinari in una dimensione di conoscenze nuove, di organizzarli in forma unitaria, specialmente in vista di applicazioni pratiche, di intervento attivo nelle situazioni di vita: in questo senso, la trasversalità è qualcosa di più pratico, di diverso dall'unità del sapere, dalla "cultura" nell'accezione classica del termine.
Un'ultima sottolineatura: i concetti di formazione e di trasversalità implicano un forte richiamo al protagonismo dell'educando: il soggetto interviene, sceglie, decide, opera, è elemento attivo del processo formativo, che viene quindi costantemente riformulato sulla base anche dei suoi interventi, delle sue proposte, delle sue esigenze.
Tutti  questi concetti costituiscono il sottofondo pedagogico da cui sono nati, negli anni '90, i progetti di educazione alla salute. Essi sono stati concepiti come ricerca dello "star bene", inteso come benessere fisico, psichico e sociale, da coltivare nei confronti di se stessi e degli altri, da perseguire in famiglia, a scuola e nella società, per sviluppare un'apertura insieme seria e serena sulla realtà.95
I due nuclei problematici e valoriali attorno ai quali si articola questa strategia educativa, e che vengono proposti come polarità di risignificazione e di riorganizzazione della vita scolastica, sono principalmente due: uno è rappresentato dall'identità personale, strettamente legata all'idea di formazione che abbiamo prima evidenziato, l'altro filone, invece, trova nella solidarietà il suo ambito di sviluppo.
L'identità si costituisce nel corso dello sviluppo e all'interno delle diverse relazioni sociali e può essere considerata come un'organizzazione di tratti, di qualità, di caratteristiche che l'individuo attribuisce a se stesso. Tale organizzazione non è mai definitiva, ma è piuttosto il risultato di continue elaborazioni che aggiungono, modificano, rielaborano elementi, in dipendenza dalle situazioni e dalle esperienze vissute. Nell'adolescenza, sappiamo, questo compito acquista una rilevanza particolare e si coniuga al superamento della crisi e alla ricerca di un proprio posto nella società.96 Non è quindi un processo a sé stante, isolato dal resto, ma si collega, secondo questa prospettiva educativa, allo sviluppo della solidarietà a tutti i livelli.
Di queste idee la scuola ha bisogno per dare una consistenza culturale e psicologica al suo operare, in un momento in cui sembrano emergere, rispetto agli anni 80, esigenze di nuove relazioni, di nuove istituzioni, bisogni di comprensione del mutamento economico, ideologico, e culturale che caratterizza la nostra società.97
La salute in questi progetti è rappresentata come esercizio e come frutto di attività che si sviluppano nell'ambito dell'istituzione scolastica, e che si realizzano attraverso la progettazione esistenziale dei giovani, in modo da favorire un protagonismo creativo e responsabile.
Essenziale per realizzare la prospettiva della potenza o potenzialità educativa della scuola è la capacità/volontà dei docenti di fare la loro parte nel contesto del sistema formativo. La potenzialità educativa si trova, sì, nelle leggi e nei provvedimenti dell'autorità scolastica, per cui bisogna puntare a riforme democratiche, ragionevoli, flessibili, coraggiose, ma è destinata a rimanere lettera morta se non trova terreno fertile nella disponibilità, nella motivazione, nella sensibilità, nei convincimenti degli operatori della scuola e in particolare degli insegnanti.
Dalle testimonianze degli insegnanti può scaturire negli allievi quell'atteggiamento di tensione e di ricerca che l'Andreoli chiama "educazione al desiderio",98 che vuol dire sperimentare la mancanza di qualcosa, saperla identificare ed esprimere; imparare, in una parola, a desiderare: senza questa spinta verso qualcosa è facile che si generino insoddisfazione e frustrazione.
Il punto di arrivo dovrebbe essere il coinvolgimento intellettuale e affettivo degli studenti, in modo che la scuola sia vissuta come ambiente positivo e possa svilupparsi negli allievi un forte spirito di appartenenza, "un sano patriottismo di scuola".
Significativo in questo senso lo slogan ideato alla Conferenza nazionale degli studenti del 93: "essere scuola, non esserci solo dentro" in cui viene espressa chiaramente l'esigenza di vivere in modo diverso la propria scuola. In questo modo, con il contributo attivo dei ragazzi e con il loro impegno, si può promuovere un'immagine realistica e positiva dei giovani, al di là della cultura dell'emergenza, nel quadro delle finalità formative della scuola.
La scuola diventa allora "luogo di coscientizzazione e di promozione di capacità decisionali, a partire da valori riscoperti, riproposti, assunti liberamente dal singolo e dalla comunità".99
Emerge in maniera abbastanza evidente, da tutta questa serie di considerazioni, che la prospettiva di fondo su cui è costruita questa lettura del problema educativo contemporaneo, è il concetto di persona e che l'educazione è vista essenzialmente come cosciente contributo che l'adulto dà al giovane affinché riesca a strutturare la propria identità personale, nei suoi aspetti cognitivi, affettivi, relazionali. Questa identità ha una sua proiezione verso l'esterno, verso gli altri e la società: diventa così, come abbiamo evidenziato, solidarietà. I due concetti stanno tra di loro in un rapporto di interdipendenza, come poli di un unico processo.
Al filone di pensiero che pone l'accento sulla formazione della persona, in sé e nella sua proiezione sociale, si affianca (e si intreccia con il primo) un altro filone che punta la sua attenzione sul "sistema" e sul carattere processuale dell'educazione. Questa seconda impostazione si evidenzia in particolar modo nella fase più recente dell'elaborazione normativa e pedagogica della scuola.
Ogni singolo individuo viene considerato come facente parte di un sistema sul quale agisce e dal quale è influenzato. Accanto alla dimensione del soggetto, considerato nella sua unicità e specificità, viene data nuova importanza alle relazioni che il soggetto instaura, all'organizzazione sociale in cui vive, al contesto politico-economico, a quella che viene definita dimensione sistemica.
Non è difficile constatare, nella nostra società, la pluralità dei soggetti che accedono e che intervengono insieme al processo di formazione e, nello stesso tempo, riscontrare la molteplicità delle situazioni in cui ha luogo la stessa educazione.
Dal canto loro la complessità della vita di tutti i giorni e l'articolazione delle esperienze, a cominciare dalla prima infanzia, hanno contribuito ad escludere l'azione educativa come processo necessariamente intenzionale. La riflessione pedagogica più recente, infatti, porta a considerare educativo "ogni e qualsivoglia atto di comunicazione interpersonale che concorra al proseguimento dell'evoluzione culturale umana".100
Molteplici sono le conseguenze che si possono trarre da questa premessa, fra cui l'ampliarsi del campo di studio e di azione della pedagogia, ma in questo momento ci interessa evidenziare come l'educazione venga così a perdere qualsiasi sede privilegiata di esercizio e, nello stesso modo, non possa essere costretta in un periodo stabilito dell'esistenza umana.101
Il fatto poi che essa operi nel contesto di una realtà in cui sono presenti varie agenzie educative, che non possono isolare il proprio spazio rispetto alle altre, o pretendere un monopolio educativo, porta a considerare quello che è stato definito sistema formativo allargato. Famiglia, scuola, associazioni, chiese, enti locali, mass-media, concorrono, o meglio dovrebbero concorrere, seppur con diversità di contenuti e di modi, al raggiungimento di comuni finalità educative.
Partendo da questo assunto, è evidente che le varie agenzie educative devono conoscersi - o meglio riconoscersi come tali - dialogare tra di loro, coordinare i vari interventi, ma anzitutto definire, accettare e condividere un seppur minimo sistema valoriale, assunto come guida indispensabile nel difficile e frammentato percorso educativo.
In un sistema formativo allargato, l'educazione perde, per così dire, una sua precisa collocazione "spaziale": la pluralità di appartenenze del soggetto, che è membro di una famiglia, di una scuola, di una chiesa, di associazioni e gruppi diversi, diventa anche pluralità di occasioni educative. Ma l'educazione perde anche, o almeno allenta, la sua dimensione "temporale": cessa di essere legata ad un periodo definito, ma si ripropone in altri momenti della vita umana, diventando, quindi, educazione permanente.
Si tratta, in sostanza, di un'opera non determinata nello spazio e non compiuta nel tempo, per cui pare giusto considerarla nella sua dimensione "processuale", come un percorso aperto, che presuppone una continua ridefinizione degli obiettivi, dei metodi e dei mezzi, a partire dalla valutazione del percorso già fatto.
Il punto focale non sta nell'individuazione del modo di essere della società, dell'educando, dell'umanità ecc., ma del loro modo di evolversi; educare oggi significa quindi "mettere a regime l'educando ad un tale processo, consentendogli di giocare un ruolo attivo, maturo, responsabile, critico, da soggetto consapevole".102
Di qui l'impossibilità di concepire la formazione come un percorso definito a priori che, a livello scolastico, fa riferimento ad un programma centralizzato. Non si tratta, in effetti, di un'acquisizione recente: ad essa si ispirano tutti i programmi ministeriali elaborati in questi ultimi vent'anni, a partire da quelli del '79 per la scuola media, per passare attraverso quelli della scuola elementare e della scuola materna, fino alle elaborazioni della commissione Brocca per le scuole superiori e ai nuovi progetti di sperimentazione.
In tutti questi documenti il Ministero, più che imporre una successione rigida di contenuti disciplinari, articolati secondo criteri univoci di scelta e di successione nel tempo, e quindi influenti il lavoro quotidiano degli insegnanti, presenta una proposta di finalità generali, una indicazione di nuclei tematici essenziali nello statuto epistemologico delle discipline, e dei criteri di omologazione dei risultati sul piano nazionale. Il passo ulteriore è, ormai, sulla via dell'autonomia, oltre che amministrativa, più specificatamente didattica.
 
 

2.3.  Forme e strumenti della progettualità educativa e sua visibilità

Nell'individuare le forme e gli strumenti della progettualità educativa appare indispensabile partire dal concetto di programmazione per cogliere che tipo di evoluzione ha subìto soprattutto in ambito scolastico.
Annunciata dal Decreto Delegato n. 416/74, introdotta in modo ufficiale dalla Legge 517/77, la programmazione può interpretarsi come "quell'insieme di esperienze di apprendimento e di socializzazione che la scuola propone di far compiere a ciascun alunno nella prospettiva di realizzare la sua piena formazione".103
Tale prospettiva viene sancita nei programmi per la scuola media del '79, successivamente in quelli per la scuola elementare dell'85 e negli ordinamenti per la scuola materna del '91, e trova ulteriore conferma nel progetto sull'autonomia scolastica.
Attraverso questi provvedimenti entra gradualmente nella scuola il concetto di mediazione necessaria tra l'indicazione di livello nazionale, rappresentata dal programma ministeriale, e il piano di lavoro di ciascun insegnante, che tiene conto delle scelte del docente e si propone di aderire ai bisogni espressi da ciascuna classe, da ciascun allievo.
E' per questo che la programmazione non si identifica con qualcosa di predefinito, ma deve rappresentare una rilettura costante del programma nazionale per un suo adattamento alla realtà locale.
Nella programmazione, infatti, si parte dall'analisi della situazione iniziale, dalla definizione dei bisogni e degli interessi, per procedere alla formulazione degli obiettivi; si scelgono quindi i contenuti e si dispongono gli strumenti di valutazione, dopo aver considerato i mezzi e i materiali a disposizione. Operando in questo modo si assicura, da una parte la libertà di insegnamento dei docenti, dall'altra si garantisce la formazione dell'alunno facilitando lo sviluppo delle sue potenzialità evolutive, e contribuendo alla crescita armonica della sua personalità, pur sempre nel rispetto degli obiettivi nazionali.
Il dibattito pedagogico è arrivato, da tempo, a mettere in discussione l'ottimismo della pedagogia per obiettivi, per la quale una giusta programmazione è garanzia di successo e, d'altra parte, si è colto il rischio di perdere di vista la complessità e l'originalità di ciascun processo educativo, riducendolo a definiti schemi meccanicistici.104
Oggi, sia nel linguaggio pedagogico che nella normale attività scolastica, si parla molto di progetti, segno di quanto sia oggi urgente una "nuova qualità della didattica" che si coniughi ad una "cultura del cambiamento, intesa come cultura di metodo, di efficienza, di progettazione, di controllo, di previsione, di atteggiamenti flessibili, di competenze qualificate".105 L'idea del progetto infatti ha la caratteristica di "farsi mentre si fa", per cui prende in considerazione problemi aperti, collegati alla complessità della realtà attuale, e prevede una continua ridefinizione delle regole secondo una prospettiva di relazionalità e di contrattualità.106 I progetti sembrano mettere in risalto gli aspetti di organizzazione globale delle risorse nei confronti di un obiettivo formativo, e pongono particolare attenzione agli elementi di trasversalità, che vengono ricercati e coltivati in virtù della loro valenza formativa e di una visione d'insieme del processo educativo.
Nel modo di procedere per progetti ci interessa sottolineare l'accento che viene posto in modo particolare sulla decisionalità dei singoli soggetti: il singolo interviene, agisce, porta il suo contributo divenendo protagonista di tale modo di operare. Le attività quindi non sono preordinate, ma conseguenti all'instaurarsi degli interessi degli alunni che partecipano così, in una certa misura, alla definizione stessa dei progetti.
Mentre nella programmazione curricolare permane una certa fissità, sia nella definizione degli obiettivi, che nell'organizzazione delle attività, nell'impostazione progettuale è necessaria una notevole flessibilità in termini di spazi, tempi, proposte, ruoli, ecc.
Nel lavoro per progetti, infine, viene riscoperto il valore della relazione educativa (a volte messa in secondo piano dall'impostazione curricolare), in funzione della quale acquista particolare importanza la preparazione del personale soprattutto sul piano psico-pedagogico e didattico.
Esiste, quindi, un salto logico tra il concetto di programmazione e il concetto di progetto: quest'ultimo sembra aderire in maniera più adeguata alle esigenze dei soggetti educandi, ed esprimere, nello stesso tempo, una maggiore efficacia formativa.
Nella pedagogia odierna questo passaggio corrisponde ad uno "spostamento dell'attenzione dagli stati ai processi, nel senso che l'educatore e il pedagogista debbono occuparsi , più che non di quello che è il modo di essere della società (in questo caso dell'educando e del suo apprendimento) del loro modo di evolversi".107
Nel definire forme e strumenti della progettualità didattica e della loro necessaria caratteristica di trasparenza, è opportuno a questo punto fare riferimento al Progetto Educativo di Istituto (P.E.I.).
Esso costituisce una sorta di "biglietto da visita" con cui le singole scuole si presentano all'esterno, alle famiglie, a chi ne fa richiesta; viene elaborato da ogni scuola sulla base delle proprie scelte educative, tenendo conto della realtà locale, delle risorse disponibili e degli obiettivi formativi elaborati. Raccoglie così, in un quadro organico per ciascun istituto, un "disegno" che indica, da un lato l'essenziale congruenza alle indicazioni di legge, dall'altro la peculiarità del percorso ideato (progettato) in quella scuola, per quel territorio, per quegli alunni. Nel suo insieme il P.E.I. costituisce un impegno serio e vincolante per l'intera comunità scolastica, ed in esso dovrebbero trovare posto in maniera esplicita anche le attività di natura trasversale come, ad esempio, l'educazione alla salute, in quanto facenti parte dell'offerta formativa di ogni scuola.
Tra i mezzi di innovazione che cercano di mettere la scuola a più diretto contatto con la società e di farla proseguire sulla strada della modernizzazione del paese e dei servizi pubblici, individuiamo la Carta dei servizi scolastici.
Questa Carta, approvata con DPCM 7 giugno 1995, fa perno sul clima, sull'impegno, sugli adempimenti di ogni scuola per offrire all'utenza un servizio chiaro e valutabile. Propone e garantisce quindi criteri di equità, di efficienza, di partecipazione e di trasparenza nella gestione di tutti gli aspetti della vita scolastica.
Essa nasce da un'esigenza esterna alla scuola e determinata dall'applicazione della Legge n.241, la cosiddetta legge sulla trasparenza, a tutta l'amministrazione statale. Si può interpretare tale Carta come un tentativo, anche se frettoloso, di individuazione di un percorso progettuale, amministrativamente definito, con riferimento a precise responsabilità di organi individuali e collegiali: probabilmente proprio perché essa nasce in ambito extrascolastico risulta meno efficace sul piano pedagogico e metodologico.
Da qui deriva l'attenzione rivolta alla programmazione educativa (di competenza del collegio docenti) e la programmazione didattica (di competenza del consiglio di classe, interclasse o sezione), strumenti attraverso cui la scuola organizza il suo lavoro, ma anche informa e si collega con la famiglia e in generale con l'extrascuola. In questo modo sono resi noti i percorsi formativi e gli obiettivi prescelti e, ovviamente, i criteri di verifica e di valutazione.
In particolare la programmazione educativa costituisce la base del progetto formativo per cui deve essere aperta, dinamica e finalizzata a realizzare le condizioni generali per la riuscita del progetto, dagli aspetti pedagogico-didattici a quelli organizzativi.
Ad essa si ricollega la programmazione didattica nella quale il progetto viene articolato in unità didattiche vere e proprie. Tali unità, pur appartenendo ad aree disciplinari diverse, contribuiscono al raggiungimento di comuni finalità educative; è questo il momento in cui si completa il lavoro di ricerca e si persegue l'unitarietà dell'insegnamento.108
Anche il contratto formativo rientra a sua volta in questa prospettiva; esso rappresenta la "dichiarazione, esplicita e partecipata, dell'operato della scuola" e, in quanto individuale, riguarda in modo particolare il rapporto docente-discente. Esprime, quindi, ancora l'esigenza di una maggior chiarezza nella definizione di obiettivi, compiti, strumenti di verifica e criteri di valutazione, dando luogo, se ben gestito, ad una miglior comunicazione ed efficacia, sia formativa, che didattica. La novità consiste nel fatto che questo contratto diventa amministrativamente rilevante e rimanda in maniera implicita ad una nuova figura professionale: il tutor. Nel complesso, però, questa è una novità che, almeno finora, ha assunto poco spazio nella scuola, ma c'è tuttavia un elemento importante da sottolineare, soprattutto perché fino ad adesso generalmente assente dalla cultura della scuola: si tratta del concetto della valenza amministrativa degli atti, a cui si collega il problema della visibilità del processo formativo nei suoi vari momenti decisionali. Questo nuovo elemento comporta conseguenze amministrative sulle parti in gioco, riguardanti, per esempio, l'organizzazione del lavoro dei docenti e delle altre componenti scolastiche, e soprattutto la valutazione degli alunni (promozione o meno degli stessi). In questo senso il principio della carta dei servizi e degli altri strumenti di 'visibilità' può a distanza riuscire utile, in quanto favorisce l'instaurarsi di un rapporto più chiaro tra le parti coinvolte nel processo formativo.
 
 

2.4.  Verso l'autonomia
 
Una delle idee di fondo che ha preso lentamente corpo nello scorso decennio, e che sta diventando norma in questi ultimi anni '90, è quella riguardante l'autonomia scolastica. Con l'ultima Legge di riferimento, la n.59 del febbraio 1997, essa sembra essere stata riconosciuta in via definitiva, mentre siamo ora in attesa, secondo l'art.21, dei regolamenti attuativi che dovrebbero chiarirne le modalità di attuazione.
E' interessante notare che l'autonomia della scuola viene istituzionalizzata nel contesto di una operazione più vasta di riforma dell'amministrazione statale (la Legge Bassanini), sebbene a livello scolastico il percorso legislativo fatto fino a questo momento risulta molto più ampio e articolato se facciamo riferimento alle discussioni sulle riforme dei singoli gradi della scuola.
L'autonomia scolastica, infatti, non è un concetto nuovo: esso già nel 1973, con la Legge Delega, aveva dovuto sperimentare quanto fosse difficile conseguire la capacità di incidere su ordinamenti governati tutti dal centro, senza radicali interventi che portassero ad una complessiva riorganizzazione dello Stato. Era così emersa con chiarezza la necessità di decentrare all'Amministrazione periferica molte funzioni dell'Amministrazione centrale (e non solo per quanto riguardava la P.I.), ma soprattutto di attivare un vasto processo di riconoscimento delle autonomie delle Regioni e degli Enti locali per conferire ad essi competenze sinora proprie dello Stato nazionale. In questo contesto sarebbe stato più agibile procedere al riconoscimento della effettiva autonomia alle singole istituzioni scolastiche, nell'esercizio del diritto-dovere di attuare le norme generali sull'istruzione, e nel rispetto delle responsabilità dei diversi soggetti che concorrono a costituire la comunità scolastica.109
Studi concreti su possibili definizioni legislative dell'autonomia scolastica si sono succeduti sin dal 1988; tra questi ricordiamo la proposta di legge del Ministro Galloni, che appare ancora oggi di grande interesse per la sua completezza, ma che non ha trovato attuazione, probabilmente perché i tempi non erano maturi e non si era ancora consolidata, sul piano politico, la convinzione necessaria per conseguire gli obiettivi proposti.
Arriviamo così alla citata Legge n.59/97, che tra gli altri provvedimenti prevede la riforma della Pubblica Amministrazione. In questo contesto viene disciplinata l'autonomia delle istituzioni scolastiche che "...si inserisce nel processo di realizzazione dell'autonomia e della riorganizzazione dell'intero sistema formativo".110
Molteplici sono le conseguenze che comporta questo nuovo modo di essere e di fare scuola, ma che non è qui il luogo di approfondire. Quello che ci interessa evidenziare è il fatto che, seppure l'autonomia è stata definita con legge, essa non può venire attuata in modo immediato. Come tutti i cambiamenti significativi necessita di una sua cultura da promuovere, di una identità da elaborare: non si tratta cioè solo di trasferire dei poteri, ma si tratta di comprendere le ragioni, di individuare le attività da svolgere, di sviluppare le motivazioni, in quello spirito comunitario e progettuale che ne sta alla base. Docenti, studenti e operatori della scuola sono coinvolti in una sfida complessa per legittimare e costruire quella che G.Serio definisce "scuola costituente". Una scuola innanzitutto possibile, non utopica, in grado di darsi "un quadro valoriale assoluto garantito dalla cultura della pace e della salute, fondato sulla cultura della legalità".111 Una scuola in grado di scrivere le proprie regole, caratterizzata da un'autonomia finanziaria, gestionale, didattica, progettuale completa. In questo modo essa può diversificare e migliorare la propria offerta, può gestire le proprie risorse avviando una fase di conquista della sua identità e della sua produttività educativa e sociale.
L'autonomia organizzativa, didattica, di sperimentazione ricerca e sviluppo, oltre che amministrativa, è quindi la condizione per la realizzazione di una scuola fondata sul concetto di attività formativa come progetto. In questo senso il PEI diventa punto focale attraverso cui si realizza il dialogo tra le componenti del processo formativo (docenti-studenti) e attraverso cui prende corpo il rapporto continuo e operativo con il territorio, nell'ottica dell'integrazione degli interventi.
Si rende necessario, in tal senso, preparare e motivare tutto il personale della scuola a questi nuovi compiti in modo da renderlo non solo più competente, ma più disponibile e attento. "Occorre pensare ad una formazione degli insegnanti che li rivaluti come educatori, li attivi in un rapporto interpersonale più aperto e significativo con i discenti e li renda più responsabili e consapevoli del proprio ruolo di formatori". 112 Non è un obiettivo facile da raggiungere in questo momento di confusione e di crisi professionale, ma allo stesso tempo è difficile intravedere altre possibilità: è una carta obbligata da giocare, che fa perno sul credito, la fiducia e la stima che nonostante tutto molti insegnanti continuano a riscuotere.
Operando in questo modo potremo avere una scuola in grado di mettersi in rapporto di comunicazione autentica sia col mondo giovanile, sia con i compiti educativi del nostro tempo, e cioè con i problemi e con i valori emergenti della società contemporanea.
 
 
 
 
 
Capitolo 3
 
L'EDUCAZIONE ALLA SALUTE NEI PROGRAMMI DELLA SCUOLA ITALIANA
 
 

3.1.  Presenza del concetto di educazione alla salute nei programmi vigenti della scuola italiana

In questo capitolo ci proponiamo di prendere in esame i programmi scolastici dei diversi ordini di scuola per vedere quale e che tipo di considerazione rivesta l'ambito dell'educazione alla salute per le differenti fasce di età, sia nelle Premesse, e quindi nelle finalità educative di ogni ordine di scuola, sia nell'ambito più specifico delle singole discipline.
Precisiamo subito che è stata rispettata la sequenza cronologica con cui i programmi sono stati emanati in modo da evidenziare l'evoluzione del modo di intendere l'educazione alla salute nell'arco dei quattordici anni che separano i programmi della scuola media dai nuovi orientamenti della scuola per l'infanzia.
Si noterà, infatti, il passaggio da una concezione della salute legata prevalentemente all'aspetto fisico-sanitario e/o contenutistico, ad una concezione più ampia, che riguarda lo 'star bene' in senso generale. Anche la denominazione di questo ambito risulta indicativa in tal senso in quanto dall' "educazione sanitaria" della scuola media si passa all' "educazione alla salute" nella scuola per l'infanzia.
Secondo quest'ultima prospettiva la scuola non solo deve evitare di creare disagio, ansia e demotivazione tra i suoi alunni, ma deve lavorare per costituire un ambiente educativo che sia fonte di benessere, di fiducia e, quindi, di crescita.
Vogliamo ora cogliere alcuni elementi di differenza che accompagnano l'emanazione di questi programmi, per poi evidenziare invece gli aspetti comuni ai tre ordini di scuola presi in considerazione.
I programmi del '79 per la scuola media si inseriscono su di un "terreno culturalmente fertile: dietro la commissione che ha preparato la bozza a questi programmi c'erano la legge 348 del '77, i programmi del 1963, la legge istitutiva della scuola media unica del 1962 e un dibattito iniziato nel 1945 sulla scuola del preadolescente".113
Non altrettanto può dirsi per la scuola elementare che ha visto i suoi programmi del '55 resistere per ben trent'anni, nonostante gli evidenti limiti, le gravi mancanze e la marcata impronta ideologica. I programmi dell'85 hanno avuto, così, il merito e il dovere di raccogliere, tener conto e mediare molto di quanto era stato proposto, discusso, sperimentato in questo periodo, sia in sede di ricerca psico-pedagogica, sia nella pratica scolastica: sono risultati quindi dei programmi ambiziosi e complessi, ma nello stesso tempo estremamente attuali e saldamente fondati.
La stessa impostazione e gli stessi caratteri di fondo li possiamo riscontrare negli orientamenti della scuola per l'infanzia del '91. E' da aggiungere che questa scuola, nell'arco di poco più di trent'anni, ha dovuto fare i conti con un rapido cambiamento del modo di intendere l'educazione prescolare e del modo di considerare gli stessi bambini dai tre ai cinque anni: con questi orientamenti la scuola materna ha acquistato caratteri propri e dignità pari alle altre scuole.
Per quanto riguarda gli aspetti comuni sappiamo che la crescita, l'educazione, la maturazione della personalità, sono gli obiettivi fondamentali a cui punta la scuola in tutti i suoi ambiti di intervento. Da questo punto di vista i programmi della scuola materna, elementare e media risultano in sintonia in quanto perseguono, seppur con accenti e metodologie diverse, le stesse finalità.
Viene così definitivamente superata la teoria neutralista secondo la quale la scuola, specie la media, doveva limitarsi a fornire informazioni trascurando l'aspetto educativo. Allo stesso modo viene abbandonata l'immagine di un fanciullo-modello al quale ispirare il lavoro degli educatori, così come evidenziato soprattutto dai programmi per la scuola elementare del '55.
La scuola mira, dunque, alla promozione della personalità in tutte le sue dimensioni, secondo le potenzialità di cui ognuno (compresi i soggetti in situazione di handicap) è portatore; aiuta a fornire strumenti per decodificare la realtà, per capire ed adeguarsi ai rapidi cambiamenti che caratterizzano la nostra società. Questo significa considerare l'alunno come il soggetto dell'azione educativa, come il fulcro sul quale calibrare la programmazione, come centro nell'organizzazione della vita scolastica. E' evidente come in questo contesto educativo possa trovare terreno fertile il discorso sull'educazione alla salute che affronteremo nello specifico in questo capitolo.
La cultura a cui si ispirano questi programmi è integrale, onnicomprensiva, e si inquadra nell'ottica dell'educazione permanente, della quale la scuola rappresenta solo un aspetto e un periodo definito.
In questi programmi, specie in quelli della scuola di base, prevale, a parere di molti, l'aspetto cognitivo, a scapito di quello espressivo-comunicativo. Così più che ai contenuti viene data importanza alle funzioni mentali che li elaborano, anche se "nessuna funzione può essere attivata, esercitata e promossa senza contenuti, ossia senza proposte di esperienza e di sapere, di cognizioni e di nozioni".114 E' interessante notare come a questo proposito i programmi per la scuola elementare distinguano tra elementi culturali, contenuti di apprendimento e sviluppo di capacità, abilità (saper fare derivante dall'apprendimento) e indicazioni relative alle competenze (sistemi di conoscenza interiorizzati dall'alunno). La distinzione ha anche una sua funzionalità didattica: partire dalle capacità già possedute dall'alunno, esercitarle su contenuti appropriati al fine di acquisire abilità specifiche.115
Per quanto riguarda il nostro discorso, si è cercato di estrapolare dalle premesse ai programmi tutti quegli agganci di natura pedagogica e culturale che in modo più o meno evidente rimandano al concetto di educazione alla salute.
Nei programmi dedicati alle singole discipline si è tenuto conto anche dei contenuti e degli argomenti proposti che se, in sé, non presentano un aspetto educativo, di sicuro contribuiscono a costruire una visione più completa di quello che le diverse materie possono offrire nell'affrontare temi inerenti all'educazione alla salute. Senza dimenticare che, comunque, questi argomenti rappresentano uno stimolo alla conoscenza, uno spunto per una riflessione, una sensibilizzazione verso tematiche di respiro più ampio e di carattere più marcatamente educativo.
Sappiamo infatti che la conoscenza e le informazione da sole non bastano per instaurare un processo di tipo educativo, ma sono indispensabili come punto di partenza collocato entro un contesto formativo, su cui costruire modifiche di determinati comportamenti, cambiamenti di atteggiamento verso le problematiche prese in esame.
E' da notare, infine, come l'inserimento dell'educazione alla salute nei programmi scolastici oltre a riconoscere la sua importanza, il suo valore formativo soprattutto in un'età delicata come quella scolare, ha lo scopo di richiamare in maniera precisa l'attenzione degli educatori, e di tutti gli educatori, sull'obiettivo salute.
E' auspicabile che in conseguenza di ciò anche i genitori e l'opinione pubblica in generale acquistino una nuova sensibilità e una maggiore attenzione verso questo obiettivo, secondo una visione più ampia e articolata del concetto di bene-essere.
 
 

3.2.  L'educazione alla salute nei programmi della scuola media

Con la Legge 348/77 l'educazione sanitaria entra, per la prima volta, a far parte del curriculum della scuola media con una dignità pari alle altre materie di insegnamento. Essa si propone come obiettivo fondamentale "la consapevolezza dei fattori personali e comunitari che condizionano la sanità fisico-psichica e ambientale, nonché i modi idonei per tutelarla e promuoverla".116
Successivamente, con DPR n. 50 del 6-2-1979 e DM 9-2-1979, vengono approvati i Programmi per la scuola media statale che introducono importanti novità e sottolineano alcuni aspetti pedagogici e organizzativi di grande rilevanza.
Vediamo brevemente quali sono questi caratteri per poi passare ad esaminare i riferimenti relativi all'educazione alla salute che emergono dalla lettura dei programmi delle singole discipline.
L'obiettivo primario della scuola media è quello di concorrere a "promuovere la formazione dell'uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione" 117; questa scuola ha una grande valenza formativa e deve mirare a favorire lo sviluppo della personalità degli alunni in tutti i suoi aspetti.
Anche la salute rappresenta una dimensione della personalità certamente non trascurabile nel quadro di una formazione integrale, oltre che, naturalmente, la premessa per un equilibrato ed armonico sviluppo personale.
L'educazione alla salute, "inserita nel piano di formazione globale della personalità adolescenziale, colma una lacuna pedagogica precedente e getta le basi della cultura e della coscienza sanitaria. Il fatto poi di ravvisare tale educazione nei programmi della scuola media, affidata alla responsabilità dei docenti, risponde ad un'istanza sociale, democratica oltreché ad un'esigenza pedagogica".118
Nello stesso tempo tale scuola deve essere orientativa in modo da favorire "l'orientamento dei giovani ai fini della scelta dell'attività successiva",119 e sostenerli nella conquista della propria identità; in secondo luogo li aiuta a "collocarsi nel mondo" e a capire la realtà che li circonda.
Questi obiettivi che la scuola media si pone, si inseriscono in un quadro di continuità con gli altri ordini di scuola, con la famiglia e le istituzioni extrascolastiche; essi, infatti, rivestono un'importanza e una complessità che la scuola da sola non può pretendere di soddisfare.
La formazione, l'educazione, la crescita non sono fenomeni di breve durata e di rapida conclusione, ma coinvolgono l'intera vita del soggetto in tutte le sue dimensioni, nell'ottica di quella che viene chiamata, appunto, educazione permanente.
Tra le novità e le precisazioni che ci forniscono queste indicazioni ministeriali la programmazione, sia educativa che didattica, sembra essere la forma che in qualche modo organizza gli altri elementi della vita scolastica, dando loro ordine e connessione. Infatti, attività impegnative come l'individualizzazione dell'insegnamento (specie per i soggetti portatori di handicap), la verifica e la valutazione, l'interdisciplinarietà, richiedono, per essere efficaci, una buona programmazione che preveda tempi, modi, mezzi, verifiche e che sappia infine valutare il raggiungimento o meno degli obiettivi prefissati.
A questo proposito ci interessa sottolineare il riferimento all'unitarietà dell'insegnamento in funzione di un progetto educativo comune alle diverse discipline. E' in questo contesto, infatti, che si colloca l'educazione sanitaria, a cui viene riconosciuto uno specifico valore formativo, e i cui obiettivi trasversali vengono perseguiti attraverso l'organizzazione interdisciplinare.
Le ricerche più recenti in materia di prevenzione, affermano che purtroppo l'età dell'approccio giovanile al problema delle tossicodipendenze si abbassa continuamente, così da coinvolgere a pieno titolo la fascia preadolescenziale.120
La promozione del benessere, in tutte le dimensioni in cui si presenta alla responsabilità dell'educatore (aspetti fisici, psicologici, affettivi, relazionali), deve costituire quindi un impegno di base della scuola media. Quest'ultima dovrà organizzarsi in maniera sempre più organica per rendere centrale anche nel piano educativo di istituto (P.E.I.) la progettazione di attività finalizzate allo 'star bene' a scuola.
Star bene che inizia con l'accettazione della personalità dell'alunno, per quello che egli è, e continua con la proposta di esperienze di apprendimento commisurate ai suoi livelli evolutivo-mentali, con il rispetto della sua situazione emotivo-affettiva, in modo da indurlo ad acquisire un concetto positivo di sé, da stimolarlo ad esprimersi e a sviluppare al massimo le sue potenzialità.
L'inserimento dell'educazione alla salute nei programmi scolastici acquista così "il significato di 'fattore di realizzazione' della personalità in ogni sua dimensione nonché di sviluppo e di progresso sociale".121
Promozione del benessere come crescita del senso di sé, come equilibrio dell'affettività, come positività delle relazioni, sembrano essere le migliori armi che abbiamo a disposizione per prevenire i comportamenti a rischio nell'età pre-adolescenziale e adolescenziale.
La Legge 348/77, come abbiamo visto, stabiliva per la prima volta in forma esplicita l'obbligo dell'educazione sanitaria nella scuola affidandolo principalmente ai docenti di scienze, anche se la valenza trasversale di quest'ambito viene a coinvolgere tutte le componenti educative della scuola. "L'obiettivo dell'educazione sanitaria, infatti, è quello di dare impulso a tutte quelle motivazioni ed iniziative personali che permettono all'individuo di realizzarsi pienamente, di adattarsi alle evoluzioni biologiche, psicologiche e sociologiche, che segnano le diverse tappe della vita e di partecipare responsabilmente alle iniziative sociali in difesa del bene salute".122
La collocazione dell'educazione sanitaria, quale configurata nei programmi di insegnamento della scuola media del '79, sembra porsi, nell'ambito della strategia pedagogica, al punto di intersezione fra la proposta di contenuti scientifici e la risposta a sollecitazioni educative.
Per quanto riguarda i contenuti scientifici, l'educazione sanitaria intende fornire un insieme di fondamentali nozioni di carattere prevalentemente biologico, riguardo i fattori che determinano gli stati di salute e di malattia, nel singolo e nella collettività e in particolare di quei fattori che risultano influenzabili dal comportamento umano: questo corpo di nozioni è inseribile a pieno titolo nell'insegnamento di scienze.
Per quanto riguarda le sollecitazioni educative possiamo distinguere tra esigenze educative della società, in cui rientrano l'assunzione di comportamenti responsabili, la lotta contro le malattie ecc., ed esigenze educative della persona. Queste ultime nella scuola media paiono assumere carattere più concreto e leggibile nella forma dei cosiddetti problemi giovanili, parte integrante di una nuova cultura dei giovani, a cui la scuola tende oggi aprire spazi sempre più ampi.123
Al docente di Scienze in particolare viene riconosciuto il ruolo di "polo" didattico istituzionale per gli aspetti informativi e formativi specifici del problema-salute; resta, invece, affidata alla libertà e alla responsabilità dell'intero corpo docente l'organizzazione dei tempi, modi e occasioni in cui far emergere le risposte dei singoli, orientare lo sviluppo personale individuale, sondare la consistenza, stimolare e sviluppare la coscienza del "sano".
Per offrire al docente un approccio sistematico ai contenuti specifici dell'educazione sanitaria e agli altri docenti modi non estemporanei di cogliere spunti per educare alla salute nel proprio ambito, appare necessario, già nelle sedi di formazione professionale, dedicare un certo spazio alla sensibilizzazione di ogni insegnante come educatore sanitario.124
Un compito educativo così allargato, come quello delineato dall'educazione sanitaria, deve prevedere il coinvolgimento dei genitori; coinvolgimento che da una parte arricchisce e completa il lavoro dei docenti, dall'altra rende anche la famiglia sensibile e attenta a questo tipo di problematiche.
Vediamo più da vicino questi programmi iniziando proprio dall'Educazione matematica, scientifica e sanitaria. In questa sede, sappiamo, viene indicato come obiettivo primario dell'educazione sanitaria "la consapevolezza dei fattori personali e comunitari che condizionano la sanità psico-fisica e ambientale nonché dei modi idonei per tutelarla e promuoverla."
Più avanti nel paragrafo Indicazioni per le scienze sperimentali possiamo riconoscere come obiettivi collegati con l'educazione sanitaria i seguenti:
- individuare le strette relazioni fra mondo fisico, mondo biologico e comunità umane;
- maturare il proprio senso di responsabilità nell'impatto con la natura e nella gestione delle sue risorse
Tra i contenuti individuiamo sotto il titolo L'uomo e l'ambiente i seguenti temi:
* L'individuo: il ciclo biologico della vita umana (nascita, crescita, sviluppo, riproduzione e morte).
* Strutture e funzioni nell'unità dell'organismo.
* La vita di relazione (il corpo umano come valore personale e sociale, sensi, percezioni, apprendimento, comportamento e comunicazione)
* Educazione alla salute: mantenimento della salute fisica e mentale come diritto dell'individuo e come suo dovere verso la società.
* Educazione alimentare. Malattie dell'individuo e patologia di origine e di rilevanza sociale: malattie da lavoro ecc.
* L'infanzia e la vecchiaia, la subnormalità e l'invalidità come ambiti privilegiati di protezione sociale.
* Partecipazione e corresponsabilità nell'utilizzo e nella gestione delle strutture e degli strumenti per la protezione della salute.
Nel paragrafo successivo Osservazioni sui contenuti viene specificato: "l'insegnante avrà occasione per soffermarsi sugli aspetti biologici della sessualità; questo momento educativo andrà curato nell'ambito di una pedagogia d'insieme assunta dall'intero consiglio di classe nel rispetto del grado di maturazione fisico-psichica dei singoli allievi e con un coinvolgimento attivo e responsabile delle singole famiglie. Esso potrà così contribuire a far sì che l'alunno prenda coscienza del proprio corpo in modo equilibrato e corretto".
Si precisa infine che l'educazione sanitaria, che rappresenta una delle finalità dell'insegnamento delle scienze, non sarà un momento isolato del processo educativo, ma potrà realizzarsi come motivo ricorrente anche in altri temi, nel cui ambito rientrano, per esempio, i problemi della prevenzione antinfortunistica e dell'educazione alla sicurezza.
Anche nelle altre discipline curricolari si possono evidenziare indicazioni che fanno riferimento ad un concetto ampio di salute e alle sue molteplici implicazioni, nell'ottica della formazione integrale della personalità dei discenti. Fra queste segnaliamo le seguenti:
nel programma di Educazione Civica, tra le Finalità generali, emerge l'intento di "far maturare la coscienza delle responsabilità morali, civiche, politiche, sociali, personali e comunitarie di fronte ai problemi dell'umanità" e quindi di "far acquisire comportamenti civilmente e socialmente responsabili".
Tra i Contenuti specifici della disciplina vengono indicati i temi attinenti alle condizioni di sicurezza del lavoro, all'educazione stradale, all'educazione sanitaria.
In Geografia vengono riconosciuti come itinerari fondamentali la verifica e l'interpretazione del rapporto dialettico tra l'uomo e l'ambiente.
Analogamente nel programma di Educazione Artistica si vorrà rendere cosciente l'alunno degli aspetti e dei problemi dell'ambiente in cui vive, ed educarlo al rispetto e alla sua tutela.
Nell'ambito dell'Educazione Tecnica, invece, tra i Suggerimenti metodologici viene posta attenzione alle norme di sicurezza e di prevenzione degli infortuni.
Infine si sottolinea l'integrazione fra educazione sanitaria ed Educazione Fisica, proposta nel testo dai programmi, da assicurarsi nei tempi e nei modi che il consiglio di classe riterrà opportuni, e che può divenire "il modo per tradurre in pratica parte di quei 'comportamenti per la salute' indotti nel discente dall'educazione sanitaria stessa".125
In particolare i programmi di educazione fisica fanno riferimento alla corporeità, intesa come la presa di coscienza, corretta e dinamica, della propria fisicità e del suo valore. "Tramite la descrizione di una somaticità universale il discente può essere facilmente portato a riconoscersi e ad accettarsi nella propria specifica, irripetibile individualità biopsichica. Con ciò si favorirà un atteggiamento sereno ed equilibrato nei confronti del proprio corpo e del suo sviluppo, sulla base di conoscenze prive di tabù e di pregiudizi".126 Solo così l'alunno potrà assumere una coscienza del valore-salute in grado di motivare comportamenti adeguati: a titolo di esempio possiamo indicare che l'assunzione di un atteggiamento posturale corretto presuppone il riconoscimento della sua importanza e poi la presa di coscienza e/o il potenziamento di gruppi muscolari specifici.
Nelle Indicazioni generali di questa materia diversi sono i richiami all'esigenza di equilibrio fisico-psichico e relazionale tra cui evidenziamo "la coscienza della corporeità anche come mezzo espressivo pur nell'unità fondamentale della persona umana; l'ordinato sviluppo psico-motorio nel quadro del pieno sviluppo della personalità".
Viene così posta attenzione particolare al rispetto del grado di sviluppo di ogni preadolescente, al tipo di successione degli sforzi e dei carichi che devono rispondere a rigorose leggi fisiologiche, alla gradualità degli interventi e alla proposta di situazioni educative personalizzate. Inoltre tali attività devono promuovere "la capacità di vivere il proprio corpo in termini di dignità e di rispetto" e puntare alla "formazione di sane abitudini di previdenza e di tutela della vita".
La scuola può contribuire molto a stabilire "habitus" sani se fra le altre cose procura un ambiente pulito e gradevole, con un adeguato numero di servizi igienici funzionanti e con l'opportunità della più ampia varietà possibile di attività all'aria aperta o in ambiente naturale. Non vanno trascurati infine i riflessi e i collegamenti che si possono stabilire tra educazione sanitaria e le strutture sanitarie operanti sul territorio ai fini del coinvolgimento diretto degli allievi alla partecipazione responsabile della tutela della salute.
Al termine di queste osservazioni ci pare lecito affermare che l'educazione sanitaria che emerge da questi programmi non si limita a dare informazioni anatomo-fisiologiche o biologiche, né nozioni di pura igiene preventiva (anche se entrambe possono rientrare in questa disciplina), ma si rifà ad un concetto di salute che "non è tanto lo stato di non-malattia, ma l'efficienza attiva della propria vitalità, un modo di essere e di ben-essere della propria unità psico-fisica".127 Questo modo di intendere la salute comporta un'educazione non solo alla difesa della salute, ma anche alla sua promozione sia dal punto di vista personale che sociale.
 
 

3.3.  L'educazione alla salute nei programmi della scuola elementare

Considerare la salute come una qualità della vita che coinvolge dimensioni non solo biomediche, ma anche sociali, mentali, affettive e morali porta ad individuare un nuovo compito per la scuola.
Si tratta innanzitutto di riconoscere e poi di intervenire a livello dei bisogni reali, individuali e sociali, e di puntare, al di là dell'acquisizione di informazioni, dati e conoscenze, a "costruire" ed a "promuovere", all'interno della scuola, personalità capaci di scelte consapevoli.
In questa ottica formativa e multidisciplinare l'educazione alla salute diventa un'innovazione culturale e uno strumento indispensabile per la difesa dei diritti dell'uomo alla propria integrità fisica, psichica, intellettuale, sociale.
Numerose sono le indicazioni che emergono in questo senso dalla lettura della Premessa ai Programmi '85 che, insieme al Progetto Ragazzi 2000, vedremo in seguito, possono considerarsi risorse fondamentali per far esprimere al meglio le potenzialità educative e preventive che sono implicite negli ordinamenti e nei programmi della scuola di base.128
La premessa generale ai Programmi dell'85 si articola in tre parti che prendono in esame, nell'ordine, i caratteri e i fini della scuola elementare, il suo adeguamento alle esigenze formative del fanciullo, il rapporto tra programma e programmazione.
Prendiamo brevemente in esame gli elementi in cui possiamo evidenziare un aspetto riconducibile all'educazione alla salute.
All'interno della prima parte, nel determinare le finalità della scuola elementare, costante è il riferimento al dettato costituzionale e alle dichiarazioni dei diritti dell'uomo e del fanciullo. Così si legge che la "formazione dell'uomo e del cittadino nel quadro dei principi affermati dalla Costituzione" costituisce l'obiettivo primario, mentre più specificatamente tale scuola promuove "la prima alfabetizzazione culturale e contribuisce a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana".129
Non si tratta quindi di trasmettere informazioni, ma di attivare in colui che apprende, le capacità di codifica e di decodifica dei diversi linguaggi per una lettura più attenta della realtà e per la costruzione di un sapere più saldo.
Ovviamente la scuola elementare non può operare da sola, ma deve perseguire un progetto di continuità sia di tipo verticale, con gli altri ordini di scuola, sia di tipo orizzontale con la famiglia, il territorio e le altre agenzie educative: attraverso un'azione sinergica di tali agenzie, non si cade in un conflitto di competenze, ma, anzi, si può arrivare a potenziare e a rendere più efficace l'intervento formativo.
In questo compito formativo la scuola non privilegia una determinata filosofia, ma alcuni valori, universalmente riconosciuti e condivisi, come la libertà, l'uguaglianza, il diritto-dovere alla partecipazione alla vita sociale, costituiscono la base su cui impostare l'azione educativa e didattica.
In particolare si insiste sulla stretta relazione esistente tra la dimensione personale e quella sociale: il benessere personale dipende in larga misura dalle relazioni che si riescono a stabilire con gli altri e con l'ambiente. Più tali rapporti risultano positivi, ricchi, diversificati e gratificanti, più si rafforza l'identità del soggetto, la sua autostima e la sua personalità. E' indispensabile, in questo senso, un'educazione alla convivenza democratica che favorisca una costruttiva dialettica tra l'io e gli altri, in modo che il benessere soggettivo sia considerato anche bene comune. Non quindi un insieme di regole da rispettare, ma un'educazione come "interiorizzazione di norme e valori per imparare a con-vivere, nel responsabile esercizio dei diritti e dei doveri di cui ciascuno è titolare".130
L'educazione alla convivenza democratica va di pari passo con l'idea di pace e di fratellanza universale che, in una società multietnica e pluriculturale come la nostra, diventano imperativi fondamentali, affinché non trovino spazio atteggiamenti di intolleranza e di discriminazione.
Ma il documento programmatico spinge oltre il discorso, entrando nello specifico dei problemi dell'educazione alla salute e stimolando la scuola a fare in modo che il bambino "sia sensibile ai problemi della salute e dell'igiene personale, al rispetto per l'ambiente naturale e del corretto atteggiamento verso gli esseri viventi, della conservazione di strutture e servizi di pubblica utilità, del comportamento stradale, del risparmio energetico".131
Infatti salute e sicurezza "sono beni di cui bisogna percepire il valore per imparare a difenderne l'esistenza; educare alla salute (la salute del corpo, ma anche la salute dell'ambiente naturale) ed educare alla sicurezza (quella che proviene dai nostri comportamenti adeguati, ma anche quella che ci è data dalla salvaguardia delle risorse che abbiamo a disposizione) non significa insegnare civili decaloghi e regole di condotta, ma suscitare sensibilità, riflessione, presa di coscienza riguardo questi problemi".132
Il tutto è perseguibile solo attraverso la promozione di un "clima sociale positivo" nello svolgersi della vita scolastica quotidiana, tale da favorire il benessere psico-fisico e sociale del bambino.
Attraverso diverse sollecitazioni culturali, operative, esperenziali, la scuola mira alla costruzione di un adeguato equilibrio affettivo e sociale e di una positiva immagine di sé, premesse indispensabili per una valida educazione alla salute.
Nel percorso di apprendimento un ruolo fondamentale è sostenuto dal pensiero critico, dal pensiero divergente e dalla creatività, potenzialmente presenti in ciascun soggetto; attraverso di essi i Programmi '85 riconoscono "l'esigenza di promuovere nel fanciullo la consapevolezza delle proprie possibilità e la 'consapevolezza di sé' come progressiva capacità di autonoma valutazione dell'uso delle conoscenze sul piano personale e sociale".133
La scuola, quindi, garantendo ad ognuno la propria unicità, non vuole muoversi verso l'omogeneizzazione, ma al contrario vuole salvaguardare ed apprezzare la diversità di ogni soggetto. Diversità come valore (ribadita all'interno della Premessa, intitolando un paragrafo Diversità e uguaglianza), quindi, per la quale i docenti devono utilizzare, potenziare e ottimizzare il bagaglio culturale, le risorse individuali, le sicurezze raggiunte di ogni bambino.
Se la diversificazione è una condizione naturale e peculiare degli esseri non deve però diventare diseguaglianza: "è dovere della scuola elementare evitare per quanto possibile che le diversità si trasformino in difficoltà di apprendimento ed in problemi comportamentali poiché ciò quasi sempre prelude a fenomeni di insuccesso e di mortalità scolastica".134 Questi fenomeni dimostrano che non sono infrequenti realtà di disagio sociale, familiare, personale, nelle quali la scuola viene a configurarsi non solo quale sede di risonanza, ma anche spesso come concausa del disagio stesso.135 Se quindi la scuola trascura il sistema delle relazioni, non solo non aiuta il bambino ad essere se stesso e a promuovere in lui una condizione di benessere, ma finisce con l'essere di ostacolo alla realizzazione di una personalità equilibrata, ponendosi come fattore di disadattamento.
In modo particolare, quindi, la scuola deve individuare tempestivamente e prestare attenzione ad eventuali situazioni di svantaggio e di handicap (che non vanno confuse), puntando soprattutto sullo sviluppo delle potenzialità dei singoli soggetti, in  collaborazione con le altre strutture specializzate esistenti sul territorio e con la famiglia.
Da quanto finora trattato in merito alla Premessa ai Programmi dell'85, emerge che se la scuola non vuole correre il rischio di creare o accentuare un eventuale stato di disagio sia per i bambini normodotati che per quelli in difficoltà, ma vuole invece promuovere situazioni formative e di benessere, deve dare ampio spazio ai bisogni, alle motivazioni, alle capacità dei singoli.
Si tratta quindi di organizzare percorsi didattico-educativi differenziati, in cui ogni bambino possa riconoscersi ed essere riconosciuto, in cui ognuno possa verificare che la scuola è rispondente ai propri bisogni. In particolare per i bambini portatori di handicap sono da prevedere e costruire interventi qualificati di sostegno e di recupero.
In quest'ottica di differenziazione non deve essere trascurato l'aspetto dell'uguaglianza, o meglio delle pari opportunità, tenendo conto che i percorsi e le procedure dell'insegnamento devono sì essere differenziati, ma "i risultati devono essere equivalenti qualunque sia l'itinerario metodologico scelto".136
Lo strumento per orientare, organizzare e prevedere l'itinerario di apprendimento va ravvisato nella programmazione didattica, la quale muovendo dalle effettive capacità, esigenze e stili cognitivi degli alunni, consente ai docenti di formulare ipotesi, predisporre percorsi e di controllarli attraverso una costante verifica.
E' attraverso la programmazione didattico-educativa che la scuola concretizza la sua funzione educativa e formativa; è nella programmazione che deve trovare spazio un raccordo tra la scuola e le altre agenzie educative; è ancora attraverso la programmazione che si può puntare ad un intervento unitario dei diversi docenti in un'ottica interdisciplinare per la realizzazione di un clima scolastico che sia promozionale di salute e di benessere per ciascun soggetto.
Anche nella parte dedicata alle singole discipline i nuovi programmi offrono in modo più o meno esplicito indicazioni e spunti per affrontare il tema dell'educazione alla salute e le problematiche ad esso connesse.
L'obiettivo che stabilisce un filo conduttore tra i diversi contenuti, secondo quanto affermato dalla Premessa, può essere quello di stimolare gli alunni, con iniziative adatte all'età, a "divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie azioni, alla luce di condotte chiare e coerenti che attuino valori riconosciuti".137
La salute, come abbiamo già visto, è uno di questi valori, e non può considerarsi disgiunta da valori come l'uguaglianza, la giustizia, la libertà: il suo ambito, infatti, supera la sfera fisica ed individuale per investire una dimensione psicologica e sociale così vasta da interessare problematiche di respiro mondiale.
Tenendo conto di quanto detto possiamo indicare quali siano le conoscenze di base a cui mirano i programmi nelle diverse discipline. Precisiamo che la conoscenza non si identifica con l'educazione, ma in quest'ambito ci interessa sottolineare l'attenzione posta ai problemi inerenti alla salute che emerge dalla lettura dei programmi; sulla base anche di queste conoscenze si potrà poi costruire un'azione educativa più radicata e quindi di maggiore pregnanza.
Il contributo senz'altro più esplicito, in questo senso, lo ravvisiamo nel programma di Scienze che, per sua natura, privilegia l'aspetto fisico-biologico del più ampio concetto di salute. Proprio tra gli obiettivi principali, infatti, troviamo l'acquisizione di conoscenze di base relative "al mantenimento e alla difesa della salute" da conseguire attraverso apposite attività di indagine.
Nel paragrafo Fenomeni fisici e chimici si pone in evidenza la possibile tossicità e la pericolosità di alcune sostanze e reazioni; si illustrano i principi di funzionamento di alcuni apparecchi, anche di uso comune, prestando attenzione alle cautele di sicurezza nell'ottica della prevenzione di infortuni.
Nel paragrafo Organismi: piante, animali, uomo trovano posto "osservazioni sull'anatomia funzionale del corpo umano, sulle differenze tra gli individui, tra individui di diversa età, tra i due sessi, che consentiranno di svolgere considerazioni sulla riproduzione, l'accrescimento e lo sviluppo, la maturità e l'invecchiamento". Sapere come funziona il nostro organismo, rendersi conto dei fenomeni biologici cui è soggetto contribuisce senz'altro ad aumentare l'attenzione verso questo bene di cui spesso si trascura l'importanza.
Inoltre "La raccolta dei dati sulle abitudini alimentari, il confronto dei dati sulle diete con i fabbisogni in fattori nutrienti per la varie età, la caratterizzazione dei cibi in base ai principi nutritivi che contengono, ecc. saranno alla base di indicazioni di educazione alla salute che comprenderanno anche norme igieniche, identificazione dei fattori nocivi, ecc.". Viene riconosciuta qui l'importanza dell'educazione alimentare, specie durante il periodo di accrescimento e di sviluppo, quale componente fondamentale nel mantenimento dello stato di salute.
Nel paragrafo Uomo-Natura si fa riferimento alle modificazioni indotte dall'uomo sul paesaggio naturale; all'individuazione di fenomeni nocivi e pericolosi presenti nell'ambiente umano e all'indicazione di esempi di prevenzione: la finalità è quella di aiutare a maturare un atteggiamento positivo di rispetto nei confronti dell'ambiente naturale.
L'ultimo paragrafo Uomo-mondo della produzione consente aperture verso le problematiche del vivere urbano-industriale e le politiche dello sviluppo mondiale (terzo mondo, cooperazione internazionale, sistemi economici sovranazionali ecc.) che già a partire dalla scuola elementare vanno in qualche modo individuate.
La stessa prospettiva mondiale emerge dalla lettura del programma di Storia in quanto imparare la storia è anche scoprire la diversità culturale che ci caratterizza: un apprendimento questo che la scuola dovrebbe riuscire a promuovere per educare all'accettazione, al rispetto, al dialogo.
Nella stessa ottica si pone anche la Lingua Straniera che riconosce tra le sue finalità "la comprensione di altre culture e di altri popoli"; si avverte così l'esigenza di individuare uno strumento capace di superare le barriere nazionali per metterci in comunicazione con il mondo.
Il programma di Geografia introduce nella scuola elementare l'alfabetizzazione formativa ad una cultura ecologica: il tema è di tale attualità che rende indispensabile una pedagogia dell'ambiente come mezzo che più di ogni altro può aiutare a salvare il futuro del nostro pianeta. "L'attenzione al problema ecologico, proposta al fanciullo non è un semplice richiamo alla difesa dell'ambiente, ma, a ben riflettere, è il tema stesso dell'itinerario di apprendimento geografico inserito nel progetto di scuola elementare per gli anni duemila".138
Anche l'obiettivo della partecipazione attiva alla vita sociale, politica ed economica del Paese, indicato dal programma di Studi Sociali, riveste una valenza formativa sulla base di una cultura della democrazia e sul senso di responsabilità civile che la scuola elementare deve provvedere a fondare.
Il programma di Educazione Motoria, infine, pone al centro dell'attenzione "la presa di coscienza del valore del corpo come espressione della personalità e come condizione relazionale, comunicativa, espressiva, operativa". Il significato della corporeità investe diversi profili: morfologico-funzionale, intellettivo-cognitivo, affettivo-morale e sociale. Proprio quest'ultimo riconosce l'incidenza che oggi riveste l'educazione motoria nelle condizioni di vita urbano-industriale. Si lega a tale considerazione l'esigenza di non racchiudere questa attività in una serie di esercizi di palestra o da cortile, ma di aprirla ai problemi della salute pubblica, dell'ecologia, del corretto rapporto tra organismo umano e difesa dell'ambiente.139
Molti sono, come abbiamo visto, gli spunti sia di carattere educativo sia di carattere didattico che stimolano la scuola elementare ad una riflessione sui temi della salute, che ne aumentano il bagaglio conoscitivo indirizzandola ad assumere un ruolo preciso e fondamentale nella promozione della salute non solo a livello scolastico, ma anche e soprattutto in prospettiva futura. In questo modo la scuola potrà assolvere accanto al delicato compito di alfabetizzazione la sua insostituibile funzione formativa.
 

3.4.  L'educazione alla salute negli orientamenti della scuola per l'infanzia

I Nuovi Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali (N.O.), approvati con D.M. 3 giugno 1991, si presentano come un documento assai innovativo per diversi aspetti.
"Per la prima volta - infatti - nella storia della scuola per l'infanzia si richiama la Costituzione per legittimare la risposta istituzionale ai bisogni e ai diritti del bambino".140
Grande significato assume così la scelta di intitolare Il bambino soggetto di diritti un apposito paragrafo degli Orientamenti. "In questo modo, infatti, in maniera piuttosto netta, si pone l'esigenza della 'visibilità' dell'infanzia e quella del suo riconoscimento come categoria sociale".141
Nel contempo i diritti dei più piccoli vengono enunciati esplicitamente e con grande chiarezza: "Spettano alle bambine e ai bambini i diritti inalienabili alla vita, alla salute, all'educazione, all'istruzione ed al rispetto dell'identità individuale, etnica, linguistica, culturale e religiosa...".142 Emerge pertanto la necessità di favorire lo sviluppo armonico del bambino, partendo dalla consapevolezza dell'unità inscindibile di anima e corpo.
Allo stesso tempo appare opportuna la sottolineatura del carattere spiccatamente educativo e scolastico di questa scuola, che solo recentemente ha acquisito riconoscimenti di questo tipo, superando in modo definitivo la prospettiva assistenzialistica con cui era nata.
Di seguito è posta nei N.O. una riflessione relativa alla complessità della nostra società e alla rapidità dei mutamenti che la caratterizzano, a cominciare dalla rilevanza della diffusione dei media, fino al fenomeno della multiculturalità. In tale contesto, fondamentale appare il collegamento della scuola con l'extrascuola nella prospettiva del policentrismo educativo.
E' necessario, quindi, che la scuola materna si ponga in continuità e in complementarità con le altre agenzie educative (in particolare con la famiglia) e con gli altri ordini di scuola, se non vuole disperdere energie, garantendo invece senso e sicurezza alle acquisizioni e alle conquiste dei soggetti in formazione.
Il bambino delineato dagli Orientamenti è un bambino "attivo e competente", un "interlocutore valido" dell'adulto, ricco di potenzialità, dotato di una rilevante forza esplorativa e riflessiva, aperto alla costruzione di nuove competenze, ma, nello stesso tempo, provvisto di tutti quei tratti di "debolezza" e bisogni di protezione che ne richiedono e ne giustificano pur sempre l'affidamento alla responsabile cura dell'adulto.143
Nel riassumere le finalità della scuola per l'infanzia gli Orientamenti si propongono di evidenziarne il duplice scopo di istruzione e di educazione, in modo da concorrere a promuovere "la formazione integrale della personalità, dei bambini dai tre ai sei anni di età nella prospettiva della formazione di soggetti liberi, responsabili ed attivamente partecipi alla vita della comunità  locale, nazionale ed internazionale". 144
E' significativo che, nel definire obiettivi importanti come la maturazione dell'identità, la conquista dell'autonomia, lo sviluppo delle competenze, venga fatto costante riferimento alla specificità della singola persona e al rispetto, all'apertura nei confronti della diversità.
Data la grande variabilità individuale esistente nei ritmi e nei tempi dello sviluppo, negli stili cognitivi, nelle sequenze evolutive e nell'acquisizione di abilità particolari, la scuola materna propone solo dei quadri di riferimento dello sviluppo che non vanno assunti come assoluti, ma sodo come indicativi, nel rispetto della singolarità di ciascun soggetto.
"La scuola per l'infanzia - infatti - accoglie tutti i bambini, anche quelli che presentano difficoltà di adattamento e di apprendimento, per i quali si costituisce come opportunità educativa di rilievo. Ogni bambino deve potersi integrare nell'esperienza educativa che essa offre, così da essere riconosciuto e riconoscersi come membro attivo della comunità scolastica".145
Fondamentale, a questo punto, il riferimento alla programmazione di tipo curricolare che ha come preciso compito quello di adattare il testo ministeriale alle singole realtà e alle specifiche esigenze: è questo uno strumento essenziale, che, se ben utilizzato, diventa responsabile della qualità dell'esperienza scolastica. Il fatto che, in questo modo, la scuola materna risponda alle esigenze e ai bisogni dei singoli bambini, si costituisca come un ambiente sereno e sicuro, promuova comportamenti e atteggiamenti corretti e positivi, crea i presupposti per una valida condizione di benessere dei suoi piccoli fruitori.
Le attività della scuola per l'infanzia sono raggruppate nei cosiddetti Campi di esperienza educativa che costituiscono un segnale "forte" della volontà di innovazione pedagogica e didattica proposta dai N.O. Attraverso di essi si articola la prospettiva curricolare che, come abbiamo visto, viene introdotta in modo esplicito da questi ordinamenti nella scuola per l'infanzia.
"L'adozione del curricolo consente a questa scuola di liberarsi da un persistente modello di scuola fondato sullo spontaneismo e l'estemporaneità che la relegano al rango di un'istituzione educativa priva dei connotati propri di una scuola".146 E' da sottolineare però che "il curricolo non deve risolversi solo nei campi di esperienza se si vuole garantire alla scuola materna quel carattere di pienezza educativa che è proprio della scuola del bambino".147
Allo stesso modo i campi di esperienza non devono essere scambiati con le discipline, ma piuttosto si possono considerare come ambiti diversi del fare e dell'agire del bambino, in cui egli ha la possibilità di costruire ed affinare le proprie competenze nei diversi settori.
Tali Campi di esperienza educativa sono:
a - il corpo e il movimento
b - i discorsi e le parole
c - lo spazio, l'ordine, la misura
d - le cose, il tempo, la natura
e - messaggi, forme, media
f - il sé e l'altro
Viene di seguito specificato che le diverse attività saranno organizzate in modo flessibile per rispettare "la variabilità individuale dei ritmi, dei tempi e degli stili di apprendimento oltre che delle motivazioni e degli interessi dei bambini".148
Già nelle parti esaminate finora troviamo alcuni spunti e indicazioni che ci richiamano il concetto di educazione alla salute, ma è nel primo campo di esperienza che essa viene esplicitamente individuata.
Obiettivo fondamentale di questo campo di esperienza è "la crescita e la maturazione complessiva del bambino, attraverso la presa di coscienza del valore del corpo inteso come una delle espressioni della personalità, e come condizione funzionale, relazionale, cognitiva, comunicativa e pratica da sviluppare in ordine a tutti i piani di attenzione formativa".149 Non appare senza significato l'aver messo al primo posto il campo di esperienza dedicato a Il corpo e il movimento proprio perché - com'è scritto nel documento programmatico - "l'insieme delle esperienze motorie e corporee correttamente vissute costituisce un significativo contributo per lo sviluppo di un'immagine positiva di sé".150 Sappiamo infatti come senza un atteggiamento di attenzione e di interesse nei confronti del nostro corpo sia poco produttivo impostare un'azione di educazione alla salute.
L'educazione alla salute viene inserita di seguito riconoscendo quindi l'importanza del suo avvio già dalla scuola materna. Essa, dicono espressamente i N.O. "sarà avviata fornendo, in modo contestuale alle esperienze di vita, le prime conoscenze utili per una corretta gestione del corpo, in modo da promuovere l'assunzione di positive abitudini igienico-sanitarie".151 L'argomento è strategico e di estrema attualità in quanto implica una visione ecologica della vita: in una civiltà ad alta tecnologia come la nostra il corpo umano paga un prezzo molto alto per il fatto di non avere più un rapporto equilibrato con se stesso e con l'ambiente, soggetto com'è all'ipo o all'iper soddisfazione dei suoi bisogni, con ritmi di vita generalmente alterato. Diminuiscono, di fatto, le occasioni di movimento, sono resi più rari i momenti di contatto con l'ambiente naturale, è accelerata l'intensità delle giornate, si ha meno tempo per i rapporti umani, si mangia in maniera disordinata e spesso poco salutare, anche dormire è diventato un problema per molti: la società e la vita odierna sembrano diventate poco adatte alle esigenze dei bambini. Emerge quindi l'importanza della scuola come struttura pensata apposta per il bambino, come ambiente educativo in grado di percepire e di rispondere ai suoi bisogni.
"La scuola da sola non può cambiare questo stato di cose, ma in collaborazione con la famiglia e con i servizi socio-sanitari, può promuovere corrette abitudini di vita, può incrementare l'attività di movimento anche in funzione igienica, può insegnare ai bambini qualche basilare principio nutrizionale...";152 può insomma, in senso più ampio, suscitare interesse e sensibilità per questo genere di problematiche.
Le prospettive dell'educazione igienica di un tempo si sono molto dilatate: non basta conoscere ed impedire ai diversi fattori ambientali di agire sfavorevolmente sulla salute, anche se questo rimane un obiettivo a cui ogni persona deve tendere nel corso della propria vita, a cominciare già dal periodo prescolastico.153 Bisogna, poi, trovare e potenziare gli atteggiamenti, i modi di fare e di pensare, le attività e la loro organizzazione, tutto quanto, insomma, nella vita scolastica può costituire uno spunto per un'azione di educazione alla salute e, in senso più ampio, per promuovere lo star bene dei bambini. Operando in questo modo l'attenzione verso la salute non viene limitata ad una disciplina da apprendere, ma entra a far parte del modo di comportarsi e di vivere di ognuno.
In modo piuttosto conciso, anche se del tutto nuovo, gli Orientamenti 1991 introducono il tema della sessualità precisando che "Il naturale interesse per la conoscenza del corpo e della sua dimensione sessuale, può essere sostenuto dall'attenzione educativa dell'insegnante rivolta sia alle occasioni informali, proprie della vita quotidiana, sia alle attività ludiche".154 La dimensione della sessualità non ha valenza, avverte il testo, solo in relazione al corpo, ma investe trasversalmente altri campi dell'esperienza educativa. Si collega inoltre alla maturazione dell'identità personale e al ruolo che maschi e femmine esercitano nella nostra società; "la scuola, da questo punto di vista, non può rimanere estranea a quell'ampio movimento politico ed ideologico che intende promuovere le 'pari opportunità' tra i due sessi".155 Fondamentale, a questo proposito, pare l'atteggiamento, consapevole e non, del corpo docente, che deve comprendere ed entrare in sintonia con le linee di riforma civile e con l'evoluzione di pensiero in atto nel nostro Paese. Il fatto però che la quasi totalità dei docenti di scuola materna sia costituita da personale femminile non aiuta l'identificazione, il confronto, la maturazione di questo aspetto della personalità, soprattutto da parte di quei bambini che scarseggiano di modelli maschili di riferimento.
Anche negli altri campi di esperienza possiamo trovare spunti che si rifanno ad un concetto ampio di benessere, sia individuale che sociale, basato sul rispetto, sulla disponibilità e su una sorta di armonico equilibrio.
Fra questi sottolineiamo:
- ne  Le cose, il tempo e la natura  vengono indicati tra gli obiettivi il "rispetto per tutti gli esseri viventi e interesse per le loro condizioni di vita"; e " l'apprezzamento degli ambienti naturali ed impegno attivo per la loro salvaguardia".156 Sono questi obiettivi fondamentali in una visione ecologica dell'esistenza in cui non possono convivere salute e benessere di alcuni suoi elementi con il disinteresse o la distruzione nei confronti di altri;
- nel campo di esperienza Il sé e l'altro confluiscono tutte le esperienze e le attività finalizzate a stimolare e a far comprendere al bambino "la necessità di darsi e di riferirsi a norme di comportamento e di relazione indispensabili per una convivenza umanamente valida".157 Riferendoci al concetto di salute sappiamo che esso non riguarda solo la sfera personale, ma investe anche la dimensione sociale per la quale è necessario riconoscere ed assumere comportamenti di responsabilità nei confronti di se stessi e degli altri.
Individuiamo, poi, tra gli obiettivi dello sviluppo affettivo ed emotivo "la promozione dell'autonomia e della capacità di riconoscere ed esprimere emozioni e sentimenti; la canalizzazione dell'aggressività verso obiettivi costruttivi, il rafforzamento della fiducia, della simpatia, della disponibilità alla collaborazione, dello spirito di amicizia ed il sostegno nella conquista di una equilibrata e corretta identità".158 Le esperienze che il bambino vive nei primi rapporti con coloro che si prendono cura di lui sono fondamentali per costruire quei sentimenti di fiducia e di sicurezza che stanno alla base della sua personalità. "Se questo sentimento di sicurezza è debole, il bambino maturerà una bassa stima di sé, una scarsa attenzione alla propria persona nei suoi diversi aspetti e non potrà sviluppare nessuna di quelle forze che pure erano nel suo potenziale".159
Nella parte riservata alla Didattica e Organizzazione e in analogia con quanto affermato dalla scuola elementare si pone cura alla realizzazione di un "clima sociale positivo" che viene garantito soprattutto dalla qualità delle relazioni intercorrenti tra adulti e tra adulti e bambini.
Riguardo la scansione dei tempi leggiamo: "il ritmo della giornata va determinato in modo da salvaguardare il benessere psicofisico e da tenere nel massimo conto la percezione individuale del tempo e le sue componenti emotive, con particolare riguardo per quei bambini che possono trovarsi a disagio con le scansioni temporali proposte dalla scuola ed essere soggetti più degli altri a fenomeni di affaticamento".160 Si prospetta una scuola attenta alle esigenze di tutti i bambini, capace di adeguarsi ai loro ritmi, spesso anche molto diversi, in grado così di offrire un ambiente favorevole alla loro salute fisica e psichica: quando si lavora per raggiungere questi obiettivi si può dire che la scuola si costituisca come ambiente educativo.
Da quanto emerso finora appare evidente come il ruolo dell'insegnante si carichi di nuovi compiti e di nuove richieste; scompare la figura dell'educatrice così come prospettata nella legge 444/68 istitutiva della scuola materna statale e dai precedenti Orientamenti del '69. A tal proposito P. Bertolini afferma "qui si parla senza incertezze di insegnante con il che mi pare si sia voluto definitivamente puntare sul concetto di scuola, che, come ogni altro grado, ha i suoi insegnanti."161
Per insegnare nella scuola materna oggi è necessaria "la padronanza di specifiche competenze culturali, pedagogiche, psicologiche, metodologiche e didattiche unite ad una aperta sensibilità e disponibilità alla relazione educativa con i bambini".162 Si rinvia quindi ad una nuova professionalità docente che deve essere sostenuta anche da una preparazione iniziale a livello universitario e da una buona e costante formazione in servizio.
Al termine di queste osservazioni sui Nuovi Orientamenti della scuola per l'infanzia, possiamo affermare che i concetti guida indicati nella Premessa rispettino e conservino uno spazio tutt'altro che secondario all'educazione alla salute nei diversi campi di esperienza.
Educazione alla salute che, come abbiamo visto, non si risolve in alcune conoscenze igienico-sanitarie o nell'acquisizione di determinati comportamenti, ma ha come ambizioso obiettivo lo star bene dei bambini. La promozione del benessere diventa quindi un impegno ordinario, non più eccezionale, della scuola e di tutti i suoi operatori.
 
 

3.5.  La questione della scuola superiore

Al termine di queste osservazioni sui programmi scolastici delle scuole materne elementari e medie relative all'educazione alla salute viene naturale domandarsi come anche la scuola secondaria superiore si collochi in questo ambito.
E' purtroppo noto da quanto tempo la scuola media superiore italiana sia in attesa di una riforma organica che ne modifichi la struttura complessiva, che ne riveda integralmente programmi, orari e disposizioni, in nome di un progetto unitario.
Molti sono stati i disegni di legge, le proposte, le sperimentazioni e le innovazioni che hanno cercato di aggiornare e di rivitalizzare questo ordine di scuola, almeno per qualche aspetto, ma fino ad oggi non si è riusciti ad approvare un progetto d'insieme. Non si può infatti considerare questa riforma a sé, slegata da un riordinamento complessivo di tutto il sistema scolastico italiano, che deve affrontare antiche questioni come l'anticipo dell'obbligo scolastico, il suo innalzamento da otto a dieci anni di frequenza obbligatoria e via di seguito.
Non è forse fuori luogo ricordare che ancora oggi l'istruzione liceale, magistrale e artistica fanno riferimento per la struttura complessiva al R.D. n.1054 del 1923, anche se nel '44 è stato rivisto l'ordinamento liceale e nel '52 sono stati definiti l'orario e le discipline di insegnamento tuttora vigenti nell'Istituto magistrale. La normativa riguardante l'istruzione tecnica invece risale alla Legge 889 del 1931, mentre i programmi sono stati integralmente revisionati nel 1961, con il D.P.R. 1222. L'istruzione professionale, da parte sua, ha avuto un percorso diverso, concomitante con l'espansione economica del secondo dopoguerra, e vede la sua prima formalizzazione nel 1959, con la CM n. 95.163
Questi pochi cenni bastano per evidenziare un quadro normativo estremamente antiquato in un settore, come quello scolastico, bisognoso di mobilità e di innovazione, soprattutto in quest'epoca caratterizzata da ampi e rapidi cambiamenti.
A questa situazione di immobilismo si è cercato di rispondere in diversi modi di cui forse il più diffuso e collaudato consiste nella sperimentazione.
Già negli anni '60 con i "corsi pilota" e le "classi aggiornate" si effettuavano le prime forme di "minisperimentazione"; in seguito ai propositi di rinnovamento sollecitati dalla contestazione sessantottesca, e sulla spinta dei progetti di riforma (che a causa di governi-lampo e legislature troppo brevi non sono mai arrivati a conclusione), qualche istituto superiore chiedeva al Ministero di poter attuare innovazioni di struttura, dei piani di studio o dei programmi.
Fino all'approvazione dei Decreti Delegati del 1974, non esisteva in merito alcuna normativa, per cui il fenomeno della sperimentazione è risultato a volte incontrollato e dispersivo, ma la sua progressiva espansione ha evidenziato una diffusa e crescente domanda di rinnovamento da parte della scuola.
La sperimentazione ha costituito "uno sbocco surrettizio in mancanza di un quadro di riferimento organico della riforma da troppo tempo atteso. C'è però il rischio di snaturare l'originaria finalità della sperimentazione che per la stessa funzione presuppone una gestione amministrativa e didattica puntuale e limitata ad un numero contenuto di scuole, al fine di garantire una seria verifica dei risultati, propedeutica alla successiva diffusione delle ipotesi ritenute più valide".164
Stando così le cose è parso poco opportuno, al fine del nostro lavoro, fare riferimento ad indicazioni programmatiche così datate in cui, comunque, al di là di alcune norme igieniche, come ad esempio negli istituti e nelle scuole magistrali, mancano del tutto indicazioni relative alla salute secondo il profilo educativo che abbiamo precedentemente delineato.
Costituiscono caso a sé i programmi di educazione fisica per gli istituti superiori, approvati con D.P.R. 908/82, gli unici totalmente riformati, in cui l'educazione alla salute compare come uno dei cinque obiettivi fondamentali di questa disciplina.
Non pare questo il luogo per esaminare nello specifico le proposte e le innovazioni che la scuola ha cercato di mettere in atto per adeguarsi alle nuove esigenze. Accenniamo solo al fatto che tra queste sono venute emergendo, secondo i più recenti orientamenti della psicologia e della pedagogia, alcune urgenze che in passato, proponendo percorsi fissi e uguali per tutti, sul modello di una scuola selettiva e meritocratica, non si erano percepite come tali. Ora invece in seguito allo sfaccettarsi delle proposte, al moltiplicarsi delle possibilità, all'ampliarsi delle conoscenze, al modificarsi della società attuale e del ruolo della scuola, si avverte la necessità di rispondere alla domanda di flessibilità dei curricoli e di individualizzazione dell'insegnamento.
Momenti fondamentali in questo processo di avvicinamento della scuola alle esigenze e ai bisogni dei suoi utenti, considerati nella loro specificità individuale, sono la programmazione, la valutazione e la sperimentazione. Tali momenti sono stati riconosciuti e legittimati nei programmi elaborati per i diversi ordini di scuola, che abbiamo precedentemente preso in esame, così come nel vasto studio avviato dalla "Commissione Brocca" sui programmi delle discipline della scuola superiore, trovando così un'ampia e concreta attuazione.
Mentre però l'impostazione curricolare ha conosciuto modifiche anche profonde in tutti i gradi della scuola di base, suscitando dibattiti, discussioni e sostanzialmente un modo nuovo di fare scuola, altrettanto non può dirsi per la scuola superiore che, solo attraverso le sperimentazioni e più recentemente attraverso l'organizzazione delle iniziative di sostegno e di recupero, conseguenti l'abolizione degli esami di riparazione, ha avvertito l'esigenza della programmazione.
Si sta puntando, dunque, all'individualizzazione dell'insegnamento non solo come ricerca di metodi per ottenere dai singoli allievi un apprendimento più efficace, ma anche come articolazione del curricolo attraverso l'esercizio delle opzioni.
Sembra evidente che un ambito di scelta tra diverse discipline, fermo restando il gruppo delle materie fondamentali, possa rendere il percorso maggiormente personalizzato e quindi più vicino alle attitudini e agli interessi di ciascun alunno. In quest'ottica si coltivano le attività di natura trasversale, in cui l'educazione alla salute, per esempio, con tutte le sue sfaccettature, riveste un posto particolare; si pone attenzione ai momenti operativi e di manualità in senso lato, così come alle attività di tipo espressivo e creativo cui la scuola, soprattutto superiore, ha dedicato un'attenzione relativa.
L'introduzione del Progetto 92 negli istituti professionali apre, ad esempio, nuove prospettive e un modo diverso di fare scuola. Questo progetto, infatti, prevede un'area comune e un'area di approfondimento, la cui gestione è affidata alla programmazione dei singoli istituti, con la possibilità di intervento anche da parte delle famiglie e in più stretto collegamento con il territorio. Nell'area di approfondimento, ritagliata per quattro ore settimanali del biennio iniziale, gli allievi hanno la possibilità di ricevere un insegnamento aggiuntivo nelle discipline in cui incontrano maggiore difficoltà. Nel biennio finale si avvia la "terza area" costituita da circa 300 ore all'anno, obbligatorie e in aggiunta alle ore previste dal curricolo, in cui si prevede l'organizzazione di moduli con esperti dell'area professionale, esterni alla scuola, e di stages in aziende del settore. Viene dato così esplicito riconoscimento ad un modo diverso di apprendere.
Poiché la terza area rientra nella formazione professionale, viene organizzata con l'intervento delle Regioni che, con i contributi della Comunità Europea, finanziano i corsi: è questo un primo superamento della netta separazione tra Stato e Regioni in materia scolastica.
In questo modo si delineano nuovi spazi dove poter organizzare interventi organici e mirati secondo le esigenze e le necessità che emergono in quel dato contesto.
Lo stesso principio sta alla base della più recente proposta, nell'ambito delle sperimentazioni guidate, dell' "area di progetto" che dovrebbe diventare obbligatoria in tutti gli istituti superiori. Quest'area, che interessa il 10% del monte ore totale, è il mezzo attraverso cui i singoli consigli di classe progettano interdisciplinarmente alcuni itinerari; nel biennio tali itinerari saranno prevalentemente finalizzati ad obiettivi formativi, mentre nel triennio acquisteranno un'impronta professionalizzante.
Sono questi i primi passi verso un sistema scolastico più calato nel territorio, più vicino alle aspettative della sua utenza, più mobile nella sua organizzazione.
I progetti di educazione alla salute, vedremo nel prossimo capitolo, si inseriscono in questo nuovo modo di concepire la scuola che può e che vuole recuperare a pieno titolo la sua discussa funzione educativa anche nell'ambito dell'istruzione superiore.
Proponendo iniziative valide e stimolanti, in cui spesso sono i ragazzi gli ideatori e gli artefici, la scuola diventa fonte di interesse e di motivazione, allontana il disagio, la noia e i comportamenti che ne conseguono, contribuendo a promuovere lo star bene dei suoi ragazzi.
 
 
 
 
 
 Capitolo 4
 
L'EDUCAZIONE ALLA SALUTE COME INTERVENTO TRASVERSALE CON GRANDE POTENZIALITA' INNOVATIVA
 
 

4.1.  Prima della Legge 162/90

L'attenzione del M.P.I. verso il problema dell'educazione alla salute nasce, nei primi anni '70, come risposta al dilagare di una cultura di droga che coinvolge porzioni sempre più ampie di giovani e giovanissimi.
E' del 1973 l'istituzione presso l'Ufficio Studi e Programmazione dello stesso Ministero di un servizio, inizialmente chiamato "Servizio Anti-Droga",165 che, dal luglio 1980, coerentemente con l'azione svolta, ha assunto la denominazione di "Servizio per l'educazione alla salute e la prevenzione delle tossicodipendenze".166
Ma è con la Legge 685/75 - Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope - che la scuola viene direttamente chiamata in causa.
Si tratta di un provvedimento non concernente specificatamene la scuola, in cui, per la prima volta, le si assegna un compito preciso, una responsabilità diretta, nel perseguimento di un obiettivo comune ad altre istituzioni: arginare l'uso non terapeutico delle sostanze stupefacenti o psicotrope. L'art.85, infatti, stabilisce che si prevedano adempimenti idonei a "porre la scuola a livello di insegnanti, di alunni e relative famiglie, in grado di attuare una responsabile azione sanitaria e sui danni derivanti dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope".167 Lo stesso articolo stabilisce inoltre che il Provveditorato agli Studi d'intesa con il Consiglio Scolastico Provinciale, istituisca un Comitato di Studio, Programmazione e Ricerca al fine di porre la scuola, con tutte le sue componenti, in grado di attuare una responsabile azione educativa su questo specifico tema.168
Attraverso tale legge la scuola ha potuto usufruire di alcune strutture organizzative che le hanno permesso di essere presente nei momenti della ricerca interdisciplinare e della programmazione d'interventi preventivi, istituiti sia a livello nazionale che regionale e provinciale.
Presso il Ministero della Sanità è istituito nel 1976 un Comitato Interministeriale di esperti per "assicurare attraverso pareri periodici il costante aggiornamento e perfezionamento delle materie previste dalla presente legge".169 Alle riunioni di questo Comitato partecipano anche i rappresentanti del M.P.I. in seno ai comitati regionali, così che le realtà delle diverse regioni siano presenti nei momenti della definizione degli obiettivi a lungo, medio e breve termine.170
Contemporaneamente a livello regionale sono istituiti i Comitati Regionali a cui è stata attribuita la funzione del controllo e del coordinamento delle attività da svolgere nel campo della prevenzione primaria, secondaria e terziaria.
Ai Comitati Provinciali, invece, istituiti ai sensi della stessa legge, competono "la programmazione e la ricerca finalizzata a creare le condizioni perché tutta la componente scolastica - insegnanti, alunni e famiglie - possa attuare una responsabile educazione sanitaria".171
Si sviluppa così un Servizio che tenta di mettere in stretta relazione la prevenzione e l'educazione, elaborando anche una linea pedagogica per l'inserimento dell'educazione sanitaria nella scuola. Tale struttura, fin dal 1976, si fa promotrice, sia a livello centrale che negli uffici scolastici periferici, di una riflessione teorica, e mette in atto strategie operative per la realizzazione di un piano di sostegno alla scuola, che serva anche da stimolo e da rinforzo sul piano individuale e relazionale.
In particolare l'impegno attorno al quale si è concentrata l'azione del "Servizio per l'educazione alla salute e la prevenzione delle tossicodipendenze" è stato quello della formazione dei docenti comandati nei vari provveditorati.
Riconosciuta, infatti, da parte del Ministero, la necessità inderogabile di disporre di alcuni docenti in grado di operare efficacemente nell'ambito della prevenzione, e non di svolgere una semplice, formale, funzione burocratica, è stata rivolta nel 1976 ai Provveditori di ciascuna provincia, la richiesta di segnalare una terna di insegnanti "che avessero fornito dimostrazioni concrete d'interesse e sensibilità per il problema della diffusione dell'uso di droghe tra i giovani e di accertata disponibilità per tutte le iniziative dirette a prevenire ed arginare il fenomeno".172
Per tali docenti comandati presso l'amministrazione scolastica provinciale, sono stati organizzati corsi nazionali che, dal 1976 al 1982, si sono susseguiti con regolarità e coerenza, secondo un iter che ci permette oggi di cogliere l'evoluzione del concetto di prevenzione e l'impegno per la ricerca di strategie d'interventi educativi adeguati.173
Con la C.M. n. 46 del 14 febbraio 1977 si richiama l'attenzione "sull'impostazione di un'azione preventiva, alla quale la scuola, per le sue stesse finalità istituzionali, deve dare un adeguato contributo".174 A questo proposito l'ex sottosegretario alla P.I. Falcucci afferma che la prevenzione, che l'insegnante comandato dovrebbe contribuire a promuovere, "si colloca in modo del tutto omogeneo e coerente con quella che è la finalità educativa, formativa della scuola; la vera educazione è per se stessa un'azione preventiva perché finalizzata a distinguere ciò che può essere negativo per lo sviluppo della personalità".175
L'attuazione del Sevizio Sanitario Nazionale176 promuove, contemporaneamente, un processo innovativo, tendente a far maturare nel tessuto sociale del Paese, il nuovo concetto di salute, che fa perno, come abbiamo visto, sulla prevenzione e sulla promozione della salute.
La C.M. 306/80 specifica che "la scuola deve avvertire l'esigenza di approfondire le cause e le circostanze che possono addurre eventualmente ad esperienze di uso di droghe i ragazzi che la frequentano e deve far quanto è nelle sue competenze e risorse educative perché i giovani trovino nelle istituzioni scolastiche, nell'ambito di una struttura ben ordinata e serenamente operosa, docenti che oltre ad essere preparati per quanto concerne le discipline da loro insegnate, sappiano avere nei confronti degli alunni capacità di ascolto, sincero interesse per i loro problemi e le loro necessità di formazione e di informazione".177
Ed ancora si riafferma nella C.M. n. 8/81 che "L'acquisita sensibilità al problema (prevenzione-educazione), determina da un lato la consapevolezza della responsabilità educativa della scuola nel promuovere l'assimilazione di convincimenti corretti e di comportamento ad essi coerenti per quanto concerne la salute propria e della comunità, con opera graduata, ma costante di informazione e di formazione che deve attuarsi fin dalla scuola materna e proseguire in forme adeguate in tutti gli ordini di scuola".178
L'orientamento del Servizio è quello di far assumere al personale della scuola l'impegno di predisporre situazioni formative, affinché i ragazzi siano in grado di operare scelte autonome e responsabili.
L'acquisita maggior consapevolezza degli obiettivi educativi da perseguire, conduce il Servizio ad avvertire un'altra esigenza: l'urgenza dell'interazione con istituzioni diverse per riscoprire la funzione educativa della scuola nel nuovo panorama di policentrismo educativo.
La già citata C.M. n. 8/81 pone infatti le basi per l'avvio di un dialogo costruttivo tra scuola e USL in ordine all'educazione alla salute e alla prevenzione delle varie forme di devianza giovanile, con particolare riguardo al "momento droga". "Questo Ministero è consapevole che a conseguire lo scopo non è sufficiente l'impegno della scuola, ma sono necessari il coinvolgimento e la collaborazione di quelle istituzioni del territorio (in particolare USL e distretti sanitari) cui il Servizio Sanitario Nazionale attribuisce funzioni di educazione sanitaria".179
Più recentemente il Servizio ha preso coscienza della necessità di un diretto coinvolgimento dei giovani stessi all'elaborazione, alla scelta dei progetti per la salute. Proprio sulla base dell'esperienza compiuta con la partecipazione di un folto gruppo di studenti ai corsi nazionali dell'81, dell'83 e dell'84, si è avvertita la necessità del diretto coinvolgimento dei giovani stessi, senza il quale nessun intervento, volto a promuovere la persona nella sua completezza, può aver successo.180
Si è giunti così, attraverso indicazioni sempre più mirate (C.M. n.188 - Gli studenti come promotori di iniziative di educazione alla salute e di prevenzione delle tossicodipendenze del 16 luglio 1984; C.M. n.283 - Anno internazionale della gioventù: partecipazione, sviluppo e pace del 23 settembre 1984), al Progetto Giovani '85, proposto con la C.M. n. 57 dell'11 febbraio 1985, che, per la prima volta in forma esplicita, propone la linea della promozione della progettualità studentesca.
L'obiettivo prioritario è dunque quello di "offrire ai giovani l'opportunità di essere promotori di analisi e protagonisti di interventi mirati a migliorare la qualità della vita scolastica tanto da renderla sempre più idonea a favorire l'effettiva maturazione delle potenzialità insite in ciascuno di loro e l'acquisizione di capacità di scelte valide ai fini del conseguimento del proprio equilibrio psico-fisico e sociale in un contesto di apertura alla comprensione ed alla soluzione dei problemi che turbano la vita civile sia nazionale che internazionale".181
Tale progetto è rivolto, inizialmente, ai giovani della scuola secondaria superiore e rappresenta un momento estremamente significativo sia nell'ottica della promozione della salute, sia riguardo un nuovo modo di intendere la scuola.
Anche se questa iniziativa è stata riconosciuta come "momento forte" per lo sviluppo del servizio di educazione alla salute sia centrale che periferico, mettendo in risalto "la strada che vuole condurre i giovani al protagonismo ossia al coinvolgimento attivo e responsabile da esercitare attraverso la partecipazione",182 ed è riuscito a produrre interessanti esperienze locali, non ha avuto però immediata continuità.
Bisognerà aspettare la C.M. n. 365/88, in cui il Ministro Galloni annuncia l'attivazione di un progetto che mantiene gli stessi obiettivi e la stessa ottica di riferimento. Parte così il Progetto Giovani 92 che poi diventerà Progetto Giovani 93 e poi ancora Progetto Giovani 2000, rivolto agli studenti della scuola secondaria superiore; nella scuola elementare e media tale progetto si attiverà, invece, con forme diverse prendendo il nome di Progetto Ragazzi 2000, mentre anche nella scuola materna farà la sua comparsa il Progetto Arcobaleno.
L'indirizzo educativo che sottostà ai progetti individuati, trova nel prof. L. Corradini il suo massimo sostenitore negli anni in cui regge come vicepresidente il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione ed è poi chiamato al posto di sottosegretario alla P.I. con il Ministro Lombardi. Il suo impegno viene solennemente confermato nella Conferenza Nazionale sulla scuola dell'inizio del 1990: ciò anticipa di pochi mesi l'approvazione della nuova legge sulla disciplina degli stupefacenti (la Legge n.162/90) che contiene, lo vedremo ora, ancora più precise richieste alla scuola in materia di prevenzione delle tossicodipendenze.
 
 

4.2.  La Legge n. 162 del 26 giugno 1990 e il nuovo impegno della scuola nella lotta alle tossicodipendenze

Tale Legge, intitolata "Prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza. Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della legge 22.12.1975, n. 685" e il conseguente Testo Unico, approvato con DPR 309/90, esprimono la volontà del Parlamento e del Governo di porre il problema della salute al centro dell'attenzione del Paese.
In questa legge, nota con il nome Jervolino-Vassalli, è presente una strategia articolata e concreta di prevenzione che vede diversi punti di forza nell'impegno delle forze armate nei confronti dei giovani di leva, nei programmi delle amministrazioni comunali, nei servizi socio-sanitari operanti sul territorio, nei mass-media oltre che, naturalmente, nella famiglia e nella scuola, considerate insostituibili sedi di promozione della salute.
Viene, quindi, messo in evidenza il nuovo impegno della scuola nella lotta alle tossicodipendenze, in quanto al Ministero della P.I., è affidato il compito di "coordinare e promuovere le attività di educazione alla salute e di informazione sui danni derivanti dall'alcoolismo, dal tabagismo, dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dalle patologie correlate".183
Con questa semplice proposizione si ridefiniscono i compiti della scuola, affidando precise responsabilità a dirigenti e docenti e prevedendo anche contributi finanziari. "Superando le diatribe di carattere teorico sulle funzioni della scuola, la legge le attribuisce chiaramente il compito di educare, dal momento che la sola informazione in proposito è ritenuta necessaria ma non sufficiente".184
Tale legge precisa che "le attività di educazione alla salute si inquadrano - da un lato - nello svolgimento ordinario dell'attività educativa e didattica, attraverso l'approfondimento di specifiche tematiche nell'ambito delle discipline curricolari", dall'altro prevedono anche "l'incentivazione di attività culturali, ricreative e sportive da svolgersi eventualmente anche all'esterno della scuola"185 e di "iniziative da realizzare nell'ambito dell'istituto, con la collaborazione del personale docente che abbia dichiarato la propria disponibilità".186
In effetti la legge non definisce con chiarezza che cosa sia l'educazione alla salute e come si possa operare per realizzarla, piuttosto sembra voler aprire un discorso su un argomento che riconosce ancora allo stato fluido, ma di fondamentale importanza. "La posta in gioco è notevole: riguarda la possibilità di concorrere in modo provveduto ed efficace sia alla prevenzione delle patologie che minano la volontà/capacità di affrontare i compiti vitali del nostro tempo, sia la possibilità di rinnovare la scuola senza sconvolgerla nella sua antica e insostituibile ragion d'essere".187

4.2.1.  Ordinarietà dell'attività educativa e didattica

L'introduzione dell'educazione alla salute nella scuola non può, secondo tale prospettiva, esaurirsi in un semplice insegnamento formale, fatto di trasmissione di conoscenze igieniche e scientifiche, di interdizioni o di imposizioni, ma dovrà offrire un insieme di opportunità volte a realizzare nuove esperienze, acquisire nuove conoscenze, riflettere e confrontare le nuove acquisizioni con la propria realtà personale e sociale, scegliere in modo autonomo e responsabile per arrivare a modificare il proprio comportamento e atteggiamento in coerenza con quanto acquisito.188
Per svolgere la sua funzione in ordine all'educazione alla salute la scuola può attuare strategie diverse.
Riconosciamo una prima forma implicita, latente, informale che dovrebbe trovarsi in tutti gli aspetti della vita scolastica, costituire la sua cultura interna, finalizzata a realizzare nella scuola quella forma di benessere, insieme emotivo, affettivo e sociale, in cui consiste la qualità della vita scolastica. Questo ambito di intervento "educazionale" si realizza attraverso la struttura delle relazioni fra le sue componenti, l'organizzazione del lavoro didattico, l'atmosfera da creare, ecc., ed è la "condizione necessaria perché si attui anche l'aspetto informale dell'educazione alla salute".189
Questa forma di educazione compete a tutti i soggetti adulti che a vario titolo operano nella scuola: il soggetto referente della dimensione non discorsiva, ma pratica e costitutiva delle regole che presiedono all'interazione di una unità scolastica, è principalmente il dirigente scolastico, direttore didattico o preside. Questi può fare non poco in prospettiva educazionale: innanzitutto stimola l'unità del progetto educativo di istituto e individua lo spazio per l'educazione alla salute; può assicurare la flessibilità nell'organizzazione di orari, spazi, raggruppamenti di insegnanti e alunni; può sviluppare un rapporto personale con gli alunni nei momenti di rappresentanza e incrementare gli ambiti di iniziativa e di responsabilità operativa degli stessi, in alcuni settori del curricolo; si può impegnare per la realizzazione di interventi formativi a favore degli insegnanti, in relazione sia al loro sviluppo professionale, sia al loro benessere emotivo.
Gli altri aspetti educazionali della salute sono riassumibili nel concetto di "didattica indiretta", e coinvolgono direttamente i docenti. Fanno parte di questa strategia tutti gli interventi predisposti dall'insegnante per creare le condizioni più efficaci affinché l'alunno abbia la possibilità di realizzarsi in un ambiente accogliente e motivante.
Favorire gli scambi orizzontali tra alunni; suggerire itinerari validi di apprendimento autonomo, sia a livello individuale che di gruppo; scegliere mezzi, strumenti e materiali adatti; dare il tempo giusto a ciascuno degli interventi educativi; distribuire opportunamente il carico di lavoro d'apprendimento lungo la giornata ed il calendario scolastico, sono solo alcune delle strategie possibili.
La legge, in sostanza, non legittima più gli insegnanti ad occuparsi della loro sola disciplina, ma li chiama "ad essere o a diventare competenti intorno al nesso che lega le loro attività professionali a quel risultato complessivo che si chiama salute".190
L'educazione indiretta richiede che la scuola nel suo complesso venga a costituirsi come una comunità sensibile e ricettiva:
* organizzando la comunicazione professionale fra insegnanti, secondo scambi frequenti e attenti alle specificità personali e disciplinari;
* associando nella programmazione educativa gli insegnanti fra loro e con gli altri operatori scolastici ed extrascolastici, a seconda degli obiettivi di volta in volta individuati;
* promuovendo un dinamismo interpersonale fatto di intese, attenzione e disponibilità reciproca, gratificante sotto l'aspetto emotivo;
* sviluppando la presenza della famiglia nella scuola non solo dal punto di vista formale ma effettivamente partecipativo
L'altra strategia di intervento, che possiamo definire esplicita, insegnata e formale, si realizza attraverso l'insegnamento vero e proprio dei contenuti relativi all'argomento "salute". Tale insegnamento deve essere impostato su basi di rilevanza scientifica e di efficienza operativa sia dal punto di vista contenutistico, che metodologico-didattico.
Si danno ancora ritardi e approssimazioni culturali che rendono vago e generico questo ambito di intervento: è necessario, invece, che vengano rispettate esigenze di storicizzazione del problema, di sistemazione critica degli argomenti, di contestualizzazione rispetto ad altri gravi problemi della nostra società. Senza una cultura della salute è difficile prevedere l'integrazione di questo problema nei curricoli scolastici: non basta la legittimazione sociale, occorre badare anche al credito scientifico della proposta.191
Se dunque l'educazione alla salute vuol far acquisire "competenze per la vita" non può essere ridotta a materia scolastica, attribuita ad un docente specifico, da impartirsi durante una o più ore settimanali dell'orario scolastico. Sembra più produttiva l'idea di attivare temi specifici all'interno delle materie già presenti nei programmi. Per questo sono necessarie una ricognizione dei contenuti rilevanti, affidabili sul piano scientifico e culturale e una analisi di quanto è già previsto dai programmi scolastici, per costruire collegamenti ed estensioni utili ed interessanti.192
La metodologia deve essere basata sulla programmazione e sulla partecipazione: occorre coinvolgere in ogni decisione i ragazzi, gli organi collegiali, le famiglie e gli ambiti extrascolastici se si vogliono risultati efficaci e duraturi.193
In particolare la coerenza e la correlazione tra gli obiettivi della Scuola e dei singoli Consigli di Classe sono condizioni irrinunciabili per un'effettiva educazione alla salute. E' necessario, infatti, che i messaggi colti dai ragazzi nella loro esperienza scolastica siano caratterizzati da coerenza negli obiettivi, correttezza e serenità nei rapporti interpersonali, disponibilità al dialogo e sensibilità dei docenti verso le esigenze ed i bisogni di chi è in formazione.
Un elemento di rilevante incidenza è costituito, inoltre, dalla presenza dei genitori e degli studenti (per la scuola secondaria superiore) nel Consiglio di Istituto o di Circolo, avente come finalità la creazione di opportunità favorevoli alla crescita della comunità scolastica e, nei Consigli di Classe o di Interclasse, anche per verificare la validità e il raggiungimento degli obiettivi da parte dei ragazzi.194
Da non dimenticare poi che l'efficacia del processo educativo scolastico, in tema di apprendimento di stili di vita sani, è influenzata dalla presenza, o meno, nel fuori scuola del cosiddetto 'programma parallelo' costituito dalle opportunità (o dai rischi) presenti nell'ambiente in cui la scuola è inserita. E' importante che i docenti possano conoscere tutta la rete delle associazioni culturali, sportive, di volontariato, di assistenza, così come delle situazioni problematiche di quel contesto, per avere una visione più ampia e per instaurare eventuali collaborazioni con gli educatori del fuori scuola. 195
Per concludere prendiamo in esame quanto emerso dalla Conferenza Europea dei Ministri della Sanità (Madrid 1981) riguardo le condizioni necessarie che deve soddisfare l'educazione alla salute nella scuola per essere efficace:
* deve rispondere ad un insegnamento globale ed integrato in ogni aspetto del curricolo formativo, non ad interventi in un settore a sé stante;
* deve essere demedicalizzata e coerente con tutto il contesto socio-culturale al quale è finalizzata;
* deve necessariamente avvenire in una linea positiva e promozionale in modo da evitare atteggiamenti colpevolizzanti;
* deve comportare un'azione indirizzata contemporaneamente alle famiglie, alla comunità in cui vivono i ragazzi;
* deve essere rinforzata all'esterno da una politica di prevenzione promozionale e globale.
Così concepita e realizzata l'educazione alla salute può contribuire allo sforzo che la scuola attuale deve compiere per ritrovare il suo ruolo di formazione (e non solo di informazione), per recuperare, inoltre, una dimensione umana e per reinserirsi nella società.196

4.2.2.  Incentivazione di attività trasversali e libere
 
Sempre nell'ambito della Legge 162 è previsto che "Gruppi di almeno venti studenti anche di classi e corsi diversi, allo scopo di far fronte alle esigenze di formazione, approfondimento ed orientamento sulle tematiche relative all'educazione alla salute ed alla prevenzione delle tossicodipendenze, possono proporre iniziative da realizzare nell'ambito dell'istituto, con la collaborazione del personale docente che abbia dichiarato la propria disponibilità".197 Accanto a questa iniziativa viene incentivata l'organizzazione di attività culturali, ricreative e sportive da svolgersi eventualmente anche all'esterno della scuola.
L'istituzione scolastica è investita da compiti a cui può far fronte non solo ripensando le proprie tradizionali risorse, ma attingendo a quello che Corradini chiama "volontariato istituzionale". Mentre per tutti è obbligatorio perseguire attività di educazione alla salute nell'ambito delle materie curricolari, ciò che si svolge al di fuori di esse si muove invece nella logica della possibilità offerta a studenti e docenti di scegliere volontariamente un impegno aggiuntivo per attuare quanto previsto dalla legge.198 Volontaria è la loro partecipazione, la loro scelta, la loro disponibilità.
La normativa risulta dunque prescrittiva circa i fini da raggiungere e circa alcune iniziative da attuare (come i C.I.C.), ma non precisa gli itinerari pedagogici, didattici ed organizzativi, in quanto il punto nodale a cui fare riferimento è quello di dare motivazione e prospettiva al protagonismo dei giovani, "prima risorsa di cui disporre nella prevenzione del disagio e nel miglioramento della comunicazione interna alla scuola".199

4.2.3.  I centri di informazione e consulenza (C.I.C.)

I C.I.C. sono stati istituiti con DPR 309/90, in attuazione della Legge 162, e sono stati inizialmente concepiti come attività preventive della tossicodipendenza tra gli studenti.
Le circolari seguenti ne hanno notevolmente ampliato il significato, il ruolo e l'articolazione, sebbene la vaghezza della disciplina fa pensare che largo spazio venga lasciato alla creatività e all'inventiva delle singole realtà locali.200 In effetti in questo ambito si è avuta una risposta alquanto diversificata per le singole regioni: "ogni realtà ha messo in atto il tentativo di proporre dei propri modelli da consolidarsi e da diffondersi a fronte di un'assenza di veri e propri modelli organici e di poche indicazioni legislative sugli aspetti organizzativi e gestionali dei C.I.C".201
Le più recenti circolari ministeriali202 riprendono l'iniziativa confermandone la validità, anche sulla base dei risultati raccolti in questi anni di "sperimentazione", e cercano di adeguare il loro carattere alle nuove esigenze sia di tipo scolastico che sociale. Sembra infatti che tali centri stiano attenuando il loro carattere preventivo per privilegiare l'ottica della promozione del successo scolastico e dello star bene a scuola.
Comunque sia, si tratta di una innovazione di grande rilievo nell'ambito della scuola secondaria superiore non solo per il tentativo di avvicinare la scuola alle esigenze della società e dei giovani in particolare, ma anche per il modo estremamente flessibile con cui questi centri possono essere realizzati. I C.I.C. costituiscono, quindi, una sfida e una scommessa sulla capacità della scuola superiore di realizzare un nuovo servizio aperto alla collaborazione interistituzionale, e di poter diventare, attraverso questa via, un valido punto di riferimento nell'ambito della questione giovanile.
- Caratteri e finalità dei C.I.C
Il C.I.C. si qualifica come "spazio polifunzionale in cui studenti e docenti possono colloquiare informalmente",203 stabilendo rapporti improntati alla reciprocità e finalizzati alla realizzazione di progetti e di attività relative all'esercizio del diritto alla salute, allo studio, all'identità personale. Si tratta di una struttura che si rivolge a tutta la scuola e a tutte le componenti scolastiche e non solo ai soggetti, cosiddetti, a rischio: "La natura del C.I.C. è quella di essere spazio della collaborazione, della solidarietà educativa e dell'ascolto tra soggetti scolastici e operatori del territorio nella prospettiva dello sviluppo e dell'integrazione dei servizi alla persona nella comunità".204
Trattandosi di una innovazione non semplice da realizzare e non facile da gestire diventa ancor più importante avere chiari gli scopi e gli obiettivi da perseguire.
Innanzitutto mediante l'attivazione di questi centri, si cerca di sviluppare nella scuola, da sempre accusata di estraneità rispetto alla realtà sociale, una capacità di risposta alle istanze dei giovani. Risposta che, a sua volta, non può rimanere isolata, ma che deve integrarsi con i servizi alla persona presenti sul territorio, costituendo un legame, un ponte tra scuola e società in funzione della prevenzione del disagio giovanile.
Nello stesso tempo, all'interno della scuola, i C.I.C. devono mirare a promuovere una migliore qualità della vita scolastica che si fonda sulla qualità dei rapporti interpersonali, sulla disponibilità al dialogo, sulla facilità nella comunicazione. In particolare "il miglioramento della comunicazione educativa e la promozione di una cultura dei diritti umani"205 costituiscono obiettivi fondamentali da cui partire per avere una ragione d'essere e un riferimento forte nella scuola.
Si tratta di creare le condizioni perché il C.I.C. diventi un laboratorio di dialogo improntato ad atteggiamenti di fiducia e di scambio, "un luogo in cui la diversità non sia solo considerata legittima, ma anche necessaria e arricchente".206
- Funzioni, attività, organizzazione
La normativa suggerisce una ricca serie di funzioni e un'ampia gamma di attività con cui poter realizzare i C.I.C.. L'informazione, l'ascolto e la consulenza ai singoli studenti per affrontare particolari difficoltà, vengono considerati come funzioni fondamentali e prioritarie; a queste si aggiungono il dialogo, l'orientamento, l'animazione, il confronto e la progettazione. Tutte queste attività devono essere accomunate dalla motivazione a migliorare la comunicazione interna, a sperimentare la capacità di iniziativa individuale e di gruppo, ad accrescere la fiducia e lo star bene nella propria scuola.
Molte e varie possono, quindi, essere le forme in cui si organizza un C.I.C.: in base all'esperienza maturata finora, sembra che le forme di maggior successo siano quella dello spazio polifunzionale e quella dello spazio di ascolto.
La prima permette ai giovani di essere protagonisti reali, interpretando questo spazio come un "club" a loro dedicato, dove possono incontrarsi, leggere, conversare, progettare, svolgere attività di animazione, di cooperazione ecc.
Il secondo spazio, diversamente organizzato, cerca di dare una voce e un nome al disagio scolastico, in modo da poterlo riconoscere e affrontare; permette così una migliore definizione del ruolo degli studenti nell'individuazione delle problematiche e un loro maggior peso decisionale nella scelta delle attività.
Nelle ultime circolari sembra prevalere l'intenzione di farsi carico del disagio più specificatamente scolastico, più che dei problemi sanitari e sociali che solo indirettamente riguardano la scuola. Ecco allora l'emergere di iniziative per far fronte ai problemi di orientamento e di ri-orientamento scolastico, per acquisire un metodo di studio, per prevenire le cause di pluriripetenze e di abbandoni, per gestire correttamente la comunicazione tra pari e con gli adulti: tutto questo rientra nell'ottica della promozione del successo scolastico verso cui sembrano orientarsi le più recenti direttive ministeriali.
E' chiaro che la scuola viene ad assumere nuove responsabilità nei confronti della prevenzione e della promozione della salute di fronte alla società. Viene ribadito il suo ruolo non solo informativo ma fortemente educativo e in stretto rapporto con la società di riferimento.
Secondo questa prospettiva gli insegnanti sono chiamati in causa in qualità di educatori, e sono invitati a collaborare in un rapporto paritario con gli studenti e i genitori. E' importante valorizzare le competenze, le abilità, le risorse di cui ogni docente è portatore, in primo luogo per accrescere la loro motivazione, spesso così debole, rendendoli partecipi di un progetto complesso e stimolante che coinvolge l'intero istituto; in secondo luogo essi sono considerati gli esperti più efficaci nel campo della prevenzione primaria poiché a loro fa capo la relazione educativa che instaurano e gestiscono con i ragazzi. Sappiamo, infatti, quanto sia importante, soprattutto nell'età adolescenziale, contare su dei modelli di riferimento, su persone vissute non solamente come informatori o esperti, ma con le quali si sia instaurato un rapporto di reciproca conoscenza, di fiducia e di rispetto. "La promozione della salute e del benessere scolastico rientrano pertanto nelle competenze specifiche della funzione docente. E' questo il passo culturale da fare all'interno della scuola per dare senso e significato all'esperienza dei C.I.C.". 207
I C.I.C., come tutte le altre attività di prevenzione e di educazione alla salute, rientrano nel Progetto Educativo d'Istituto (il già ricordato P.E.I.), in quanto facenti parte dell'offerta formativa che la scuola dispone nei confronti della comunità di riferimento. In esso si possono prevedere aree che promuovono il benessere scolastico, aree di promozione della salute dedicate alla persona, aree della socialità, del gruppo, del protagonismo giovanile, aree della prevenzione del disagio. Tutte queste attività sono volte a far funzionare meglio la scuola, secondo la logica che non è possibile prevenire il disagio se non ci si preoccupa di promuovere il benessere scolastico.
Infine non bisogna dimenticare che questi centri si inseriscono nella prospettiva dello sviluppo e dell'integrazione dei servizi alla persona presenti sul territorio. E' importante quindi avere presenti quali sono le iniziative, le forze sociali, le strutture esistenti in quella zona impegnate a favore del disagio giovanile; è importante sapere quanto è già stato fatto in quel territorio, e sapere quali sono le risorse umane, economiche, culturali, su cui poter contare. La scuola e gli enti territoriali, operando secondo una logica sistemica, possono predisporre un Progetto Integrato d'Area (PIA) in cui si realizzano la solidarietà e la sinergia necessarie a garantire il funzionamento integrato dei Servizi alla persona.
- Difficoltà emerse
Dopo alcuni anni di attivazione e di sperimentazione si registra attualmente un calo degli insegnanti che si dedicano ai progetti e degli studenti che vengono coinvolti. Spesso sono solo i docenti referenti alla salute che lavorano per i C.I.C., sentendosi isolati nella scuola, con scarso o nullo riconoscimento sia morale che economico. Infatti i Capi di Istituto ligi al dovere li hanno attivati, ma in pochi casi c'è da parte loro un convinto aiuto; sono più preoccupati a promuovere delle attività che diano un'immagine positiva della scuola all'esterno, piuttosto che dare spazio ad iniziative che "dall'interno dovrebbero puntare a una modifica della scuola in senso strutturale e motivazionale, rendendola luogo dove 'si vive e si lavora bene', ma con risultati poco visibili all'utenza".208 Inoltre le nuove proposte faticano ad essere collegate all'attività curricolare scolastica e vengono spesso vissute come attività di serie B, poco presenti o appena tollerate.
I genitori da parte loro, abituati a una cultura in cui la scuola ha una connotazione ben precisa con docenti in cattedra e lezioni frontali, sono perplessi di fronte ad una scuola diversa, con colloqui aperti ed attività extra curricolari e non sanno bene come rispondere.
C'è ancora molto da lavorare, dunque, perché i C.I.C. diventino parte integrante del tessuto vivo della scuola, ma in un certo senso pare che "la scuola italiana faccia fatica, anzi 'ha paura di cambiare' e così si è al guado, con una scuola spesso riverniciata da fuori, ma quanto modificata realmente?" 209
 
 

4.3.  Il quadro delle Circolari

L'applicazione del dettato legislativo, riferito alla L.162/90, ha dato origine ad una larga produzione di circolari ministeriali che hanno permesso di interpretare in modo piuttosto ampio, la funzione preventiva assegnata alla scuola. Infatti, accanto a temi di natura più strettamente preventiva, sono prolificate le iniziative che favoriscono la progettualità giovanile o che si propongono come obiettivo lo "star bene" dei ragazzi a cominciare dalla scuola. In questo modo si è potuto evidenziare l'aspetto preventivo, di educazione alla salute del Progetto Giovani ed inserirlo così nel quadro delle iniziative promosse per l'attuazione della Legge 162/90.
Accanto al Progetto Giovani il Ministero della P.I. ha proposto, come è noto, i già citati Progetto Ragazzi 2000, per la scuola elementare e media, cui si aggiunge, a partire dal '93, il Progetto Arcobaleno per la scuola dell'infanzia.
Tra le molteplici ed esplicative circolari che hanno supportato e diffuso l'educazione alla salute nella scuola citiamo le più importanti a titolo di riferimento:
* C.M. 15-10-1990, n. 270, - Applicazione art.26, legge 162 del 26-6-1990 concernente aggiornamento, modifiche e integrazioni della legge 22-12-1975, n.685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza;
* C.M. 30-11-1990, n. 327 - Progetto Giovani 93. Organizzazione degli incontri di confronto e sintesi delle esperienze;
* C.M. 14-3-1991, n. 66, - Prevenzione delle tossicodipendenze ed educazione alla salute;
* C.M. 2-8-1991, n. 240, - Progetto Ragazzi 2000: primi orientamenti;
* C.M. 2-8-1991, n. 241, - Progetto Giovani 93. Documentazione e valutazione circa le iniziative dell'a.s.1990/91. Progettazione delle attività dell'a.s. 1991/92;
* C.M. 20-2-1992, n. 47, - Attività di educazione alla salute. Centri di informazione e consulenza. Proposte di iniziative da parte degli studenti. Progetto Giovani 93, Progetto Ragazzi 2000, Progetto Genitori;
* C.M. 22-12-1992, n. 362, - Attività di prevenzione e di educazione alla salute;
* C.M. 9-4-1994, n. 120, - Attività di prevenzione primaria, e di educazione alla salute - Progetto Arcobaleno - Progetto Ragazzi 2000 - Progetto Giovani 93 - Progetto Genitori - Centri di informazione - Corsi di Formazione;
* C.M. 23-9-1996, n. 600, - Interventi di educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze;
La CM n. 362 è particolarmente interessante in quanto cerca di richiamare tutto il percorso di studi e di esperienze fatto fino a quel momento e di definire l'interpretazione che l'Amministrazione Scolastica ha dato della normativa. In essa si legge: "La scuola non può perseguire i suoi fini istituzionali di istruzione e di promozione dell'apprendimento senza farsi carico, per la sua parte, della rimozione degli ostacoli che compromettono più o meno gravemente il raggiungimento di tali fini". La vera, l'unica prevenzione del disagio giovanile sta nel promuovere lo star bene, con se stessi, con gli altri, nella scuola e nella società. Da qui le iniziative che mirano, attraverso il Progetto Giovani, a coinvolgere attivamente i giovani nella creazione di un nuovo clima scolastico, nella convinzione che l'atteggiamento positivo, suscitato dalla scuola, possa ispirare anche i comportamenti in seno alla famiglia e nell'ambiente sociale.
Viene dato spazio, in modo particolare, alle attività espressivo-comunicative, quelle che, tradizionalmente, trovano meno riconoscimento nella scuola, ma che coinvolgono in maniera più profonda e totale i soggetti che le affrontano.
La stessa circolare tenta di rispondere alla possibile obiezione che l'attenzione ai temi educativi, di fatto, rallenta l'apprendimento sul piano delle discipline, ma fa anche notare che "i macro concetti di salute e di sviluppo", concepiti come nodi problematici e valoriali, svolgono, "il ruolo di analizzatori dell'esistenza individuale e collettiva, non meno che delle discipline scolastiche, e di organizzatori della qualità della vita a partire da quella scolastica...".
"Tali bisogni valori sono altresì dei punti di vista capaci di rilanciare la didattica interdisciplinare e di alimentare su nuove basi generali ed esistenziali, l'interesse al dialogo e alla partecipazione di insegnanti studenti e genitori".210

4.3.1  Una politica per il personale

Il Ministero si è impegnato a favorire nella scuola la diffusione di questa nuova prospettiva anche attraverso una politica del personale, con i referenti dell'educazione alla salute nei Provveditorati e nelle singole scuole, con corsi di formazione, e con supporti di tipo economico, culturale e amministrativo. "Solo attraverso la valorizzazione della professionalità docente potremo realmente cambiare la scuola: occorre dunque realizzare per i docenti le condizioni per una continua riflessione sulle esperienze di lavoro. E' questa possibilità che consente di fare dell'esercizio della professione, la sorgente stessa dell'innovazione educativa".211
Per realizzare quanto previsto si è rilevata in primo luogo l'esigenza di preparare alcuni docenti in grado di rappresentare efficacemente la scuola in seno ai Comitati Provinciali o nei rispettivi Consigli di Istituto, in modo che l'azione di promozione, di stimolo e di coordinamento delle iniziative volte alla prevenzione possa essere effettuata in modo corretto ed efficace.
In secondo luogo si è voluto assicurare ad ogni scuola un punto di riferimento, un coordinatore di tali iniziative che viene nominato docente referente per l'educazione alla salute. Egli, designato dal Capo di Istituto su proposta del Collegio Docenti, viene individuato sulla base di precise caratteristiche quali appunto le esperienze di formazione specifiche, le attività condotte in campo psico-pedagogico, gli interventi e i progetti realizzati, la disponibilità alla collaborazione interpersonale e la continuità di servizio nella scuola. Tale docente è chiamato a svolgere un ruolo di promotore delle iniziative, di stimolo per le nuove proposte e di propaganda per quanto viene fatto; deve inoltre favorire e promuovere attività formative rivolte agli altri insegnanti per sensibilizzarli al problema dell'educazione alla salute. E' chiaro però che la scelta del referente non può trasformarsi in una delega deresponsabilizzante da parte dei singoli docenti e degli organi collegiali. La natura stessa delle attività di educazione alla salute prevede, infatti, il coinvolgimento dell'intera comunità scolastica, al di là del fatto che tali attività sono rese obbligatorie dalla normativa.
Il Ministero ha organizzato, inoltre, una serie di incontri seminariali e di convegni a livello di istituto, di distretto, di regione e a livello nazionale, in dialogo con tutte le autorità ritenute significative in quest'ambito, per dare anche una rilevanza sociale e politica alle iniziative e alle idee proposte dai giovani. Allo stesso modo sono stati costituiti gruppi di lavoro a livello provinciale e nazionale per alimentare ed organizzare le iniziative in collaborazione con le diverse realtà dell'extrascuola. Questi collegamenti quindi, seppure impegnativi e difficoltosi in termini di organizzazione, sono necessari "al fine costituire una rete di operatori attivi sul territorio dentro e fuori la scuola".212

4.3.2.  Le competenze degli organi collegiali

E' importante che i temi inerenti ai progetti siano affrontati dagli studenti con il contributo dei docenti e dei dirigenti, sia nell'ambito del curricolo scolastico, sia nei tempi previsti per le assemblee, i comitati studenteschi (per le scuole superiori), sia nei tempi e negli spazi extrascolastici. Docenti e organi collegiali si devono adoperare per ripensare programmi, contenuti, metodi, ecc. alla luce di questi concetti, e per favorire il sorgere di iniziative autonome quale indice di protagonismo, motivazione e responsabilità.
I nuovi compiti affidati alla scuola non si possono risolvere con un "generico appello alla partecipazione delle diverse componenti scolastiche, bensì presuppongono una precisa assunzione di responsabilità da parte degli organi collegiali di base".213
In particolare il Consiglio di Istituto, per attuare le finalità previste dalla Legge 162, può deliberare modalità, tempi e spazi relativi, per esempio, alle proposte elaborate dai gruppi di almeno venti studenti e all'istituzione dei C.I.C. (nella scuola superiore); al raccordo con altri Istituti e con le altre realtà extrascolastiche. Può esaminare i dati relativi alla dispersione scolastica e progettare interventi preventivi; può favorire la divulgazione delle iniziative sperimentate e dei risultati ottenuti per rendere più fruibile la cultura del progetto. Ad esso viene affidata la funzione di "osservatorio" sull'andamento delle attività, nonché sul loro coordinamento, valorizzando così al meglio le proprie numerose competenze.
Dal canto suo il Collegio dei docenti può contribuire a ripensare il curricolo, a rivisitare le singole discipline e preparare una programmazione annuale che tenga conto di quanto è emerso, e che sia in armonia con quella dei singoli docenti. Nella scuola superiore, può progettare un utilizzo intelligente delle sette ore mensili delle assemblee di classe e di istituto per ideare e attuare il Progetto Giovani; mentre nella scuola di base può proporre soluzioni diverse come, per esempio, la riduzione dell'ora di lezione a 50 minuti per guadagnare un'ora settimanale da dedicare al PR 2000.
Sono, in definitiva, il Collegio Docenti e i Consigli di Classe (Interclasse o Sezione), le sedi più adatte per progettare e verificare gli interventi di educazione alla salute e attraverso i quali è possibile incidere realmente sulla prassi scolastica.214
E' importante, che tali organi operino per poter "offrire agli alunni-studenti le opportunità per costruire un'esperienza culturale significativa".215
 

4.4.  Obiezioni e considerazioni conclusive

Molte sono le obiezioni che si possono muovere e che sono seguite a queste disposizioni legislative ed all'impostazione organizzativa, pedagogica e amministrativa  che ne stanno alla base. Ne individuiamo alcune, senza la pretesa di essere esaustivi, ma con l'intento di suscitare la riflessione su alcune problematiche di carattere generale che investono la struttura e l'organizzazione della scuola stessa.
Innanzitutto si può criticare il modo facile ed estemporaneo con cui spesso governo e legislazione intervengono sulla scuola, affidandole nuovi fini e nuovi compiti, senza che prima sia stato tracciato un disegno organico e unitario e che sia stata condotta una necessaria informazione e una adeguata preparazione a tutti i livelli scolastici.
Leggi come la 162, introducono o possono introdurre nella scuola rilevanti cambiamenti nei fini e nelle attività organizzative, senza prevedere quali conseguenze sul piano della cultura istituzionale e dell'ordinamento possano derivarne. "Occorre - quindi - difendere l'istituzione dagli 'usi impropri' a cui una non sempre attenta società tende a piegarla, in risposta alle più diverse emergenze".216
Inoltre questi nuovi compiti cadono su di un organismo rigido e poco adatto a rapide modificazioni; ciò richiede molto tempo per il "rodaggio" rischiando così di far calare la motivazione, che solitamente accompagna le nuove proposte, e disperdendo energie preziose.
Ci vuole, in sostanza, una struttura scolastica più flessibile e articolata per favorire l'attecchimento e lo sviluppo di tali iniziative, mentre da sempre la nostra scuola è accusata di staticità e rigidità: meno burocrazia e maggior disponibilità nell'utilizzare tempi, spazi, strumentazioni, materiali, farebbero sicuramente aumentare la diffusione e la validità delle attività inerenti l'educazione alla salute.
Il coinvolgimento poi degli operatori scolastici in queste attività è molto alto per la natura stessa dell'azione educativa che esse presuppongono. Si richiedono in effetti nuovi impegni, competenze diverse, disponibilità a lavorare in una nuova prospettiva, altro tempo da dedicare alla scuola ecc., senza che vengano dati un effettivo riscontro economico, un incentivo di qualche natura o un alleggerimento delle proprie mansioni ordinarie. Questo stato di cose rende l'attuazione delle disposizioni di legge più difficoltosa, in quanto fatica a coinvolgere tutti gli insegnanti e può basarsi solo sul personale più ricettivo e motivato. E' necessario prevedere un riconoscimento economico e giuridico preciso e puntuale per questi nuovi impegni richiesti ai docenti se si vuole allargare la base operativa e rendere più efficace l'azione delle attività.
Passando al piano della teorizzazione pedagogica, ci si può domandare se sia giusto che, attraverso l'elaborazione di una nuova offerta formativa, quale quella proposta dalle nuove responsabilità ad essa affidate, la scuola accentui il suo ruolo educativo a discapito degli altri enti interessati; se cioè non si stia attuando una politica della distribuzione del lavoro educativo poco equilibrata, poco articolata e comunque scuolacentrica.
Si può anche discutere sul fatto che venga affidata alla scuola la possibilità di risolvere, o comunque di contribuire a risolvere, i problemi della prevenzione. L'obiettivo è ambizioso, e diventa ancora più impegnativo quando, per raggiungerlo, si passa attraverso una complessa strategia educativa che vede nella valorizzazione della persona il suo punto di forza: questo è quanto si chiede alla scuola di realizzare, nell'ambito delle sue competenze e dei suoi mezzi.
Di fronte a fenomeni come la droga, l'insuccesso scolastico, l'emarginazione, la devianza, la disoccupazione, ecc., la scuola ha sentito comunque l'esigenza di non restare indifferente o ancorata al suo immutabile stato, ma di essere invece considerata risorsa idonea a rinforzare le potenzialità positive dei giovani, di costituire un punto di riferimento nella nostra società, disorientata e complessa.
Le attività di prevenzione e i progetti di educazione alla salute, in particolare, vedremo, offrono uno strumento in questo senso in quanto, attraverso l'instaurarsi di condizioni umane, relazionali, cognitive, affettive, gratificanti e coinvolgenti, consentono ai giovani di agire da soggetti responsabili, di essere protagonisti della propria esistenza, evitando soluzioni false e pericolose.
Si tratta come dice Corradini di "proporre un altro gioco: un gioco che sia più attraente della droga, più interessante del bighellonaggio o della socialità brada, più comunicativo della discoteca o delle scritte sui muri e sui tram, più arricchente del denaro facile e disonesto".217 Non è facile per una scuola in crisi in una società complessa, ma non ci si può permettere il lusso di non offrire ai giovani una tale opportunità.
In questi anni, come abbiamo visto precedentemente, la riforma della scuola sembra andare nel senso dell'autonomia e di una gestione più democratica; pare questa la formula migliore per combattere disagio, estraneità, inefficienza e per potenziare la qualità del servizio scolastico. I progetti, in qualche modo anticipano quest'esperienza di autonomia e danno testimonianza della forza viva e creativa che, nonostante la crisi, è presente nella scuola; in particolare il Progetto Giovani ha svolto il ruolo di collettore di proposte e di aiuto alla costituzione di un movimento di sensibilizzazione ai problemi della riforma.218
E' evidente che se la scuola (e quanti lavorano per la sua affermazione) aspira a riforme efficaci, ad una maggiore autonomia, ad una diversa organizzazione del lavoro deve, nello stesso tempo, dare prova di una sua vivacità interna, deve saper costruire un suo progetto educativo valido e fattibile, deve consentire l'espressione sia della professionalità docente, sia delle capacità creative dei ragazzi. Deve poi essere in grado di svolgere attività di ricerca, di sperimentazione e di valutazione, di formazione e aggiornamento dei docenti attorno alle problematiche che di volta in volta vengono a coinvolgerla.
L'ideazione e l'attuazione delle attività relative all'educazione alla salute sembrano rispondere a queste caratteristiche, rivelandosi forse complesse e difficoltose, ma anche estremamente attuali e in linea con il nuovo modo di essere scuola.
 
 
 
 
 
 Capitolo 5
 
I PROGETTI DEL MINISTERO DELLA P. I.
 
 

5.1.  Il Progetto Giovani

Il Progetto Giovani (PG), come abbiamo evidenziato nel capitolo precedente, risponde, da una parte ad una disposizione legislativa varata dal Parlamento per combattere la tossicofilia, dall'altra raccoglie la sfida lanciata dalle domande educative che società e mondo giovanile pongono in modo sempre più complesso.
Il rapporto CENSIS 1992 definisce il PG come "una delle esperienze più originali introdotte nell'ordinamento scolastico negli ultimi anni"; un intervento precursore di un nuovo modo di "fare scuola" e di "stare a scuola".219
Cerchiamo, quindi, di coglierne, specificatamente, il profilo, gli aspetti positivi e quelli problematici.
Si tratta di un'iniziativa di durata pluriennale, promossa e monitorata dal Ministero della P.I. dalla fine degli anni '80 ad ora, e rivolta alle scuole secondarie superiori, allo scopo di fornire loro uno strumento per affrontare "in termini di correttezza istituzionale e di efficacia formativa la problematica posta da alcune patologie del nostro tempo e da alcune recenti norme che affidano nuovi compiti alla scuola italiana".220 Con essa si intende offrire ai ragazzi che frequentano la scuola superiore l'opportunità di essere "promotori di analisi e protagonisti di interventi" 221, al fine di "migliorare la qualità della vita scolastica (...) così da promuovere un'immagine realistica e positiva dei giovani, al di là della cultura dell'emergenza, e di assecondare nello stesso tempo il loro impegno culturale e civile nel quadro delle finalità formative della scuola".222
Questa iniziativa anticipa in qualche modo le logiche dell'autonomia e della riforma della scuola media superiore che forniranno un nuovo contesto ad un progetto che, dalla sua prima ideazione nell'85, è stato messo a punto e rilanciato, nel frattempo, al 2000. Bisognerà tenere conto di questa esperienza vissuta e di questa testimonianza di forza propositiva presente, nonostante tutto, nella nostra scuola.

5.1.1.  Genesi e natura del Progetto Giovani

Il Progetto Giovani risale, dunque, ad un'iniziativa del Ministro Falcucci del 1985, elaborata in occasione dell'Anno Internazionale della Gioventù, che proponeva a tutte le scuole, e agli studenti in particolare, l'incarico di riflettere, di condurre ricerche e dibattiti sui temi della salute, della partecipazione scolastica e dello sviluppo, negli spazi previsti per le assemblee e nelle attività pomeridiane, affinché "utilizzassero queste opportunità, per trovare essi stessi delle risposte e per formulare richieste e proposte alle autorità costituite".223 A questo scopo si sono mobilitati le assemblee studentesche e gli organi collegiali di moltissime scuole di tutta Italia, tanto da condurre una rappresentanza di studenti a Roma. In tale convegno è emerso il desiderio da parte degli studenti di continuare il Progetto Giovani, e di avere, negli anni a venire, un riscontro concreto sul piano legislativo e sul piano delle reali modifiche.
A quell'appello non sono seguite rilevanti iniziative per più di tre anni; poi l'idea è stata ripresa, rielaborata e rilanciata dall'Ufficio Studi, del Ministero della P.I. ed è confluita nella C.M. 365/88 - Educazione alla salute. Prevenzione delle tossicodipendenze e dell'AIDS, in cui il Progetto viene in qualche modo annunciato.
Successivamente il capo dell'Ufficio Studi, E. Tortora, ha sentito l'esigenza di organizzare un corso nazionale di aggiornamento dal titolo "Educare per prevenire: continuità e innovazione di fronte alle emergenze", che si è tenuto a Fiuggi nel maggio dell'89. I partecipanti all'appuntamento, Provveditori, Sovrintendenti e responsabili dell'educazione alla salute, si sono dimostrati "perplessi perché non si era tenuto fede all'impegno e perché non si era risposto, in sostanza, alle richieste degli studenti".224 Da loro è venuta, però, l'unanime proposta di riprendere l'iniziativa, il che ha facilitato la firma da parte del Ministro Galloni della circolare del 15 luglio 1989, n. 246, intitolata - Progetto Giovani 92: primi orientamenti. In tale circolare il progetto viene articolato nell'arco di tre anni per favorire una migliore organizzazione avendo come punto di riferimento la scadenza europea del 1992; vengono qui indicati anche i tre ambiti consequenziali dello "star bene", a cui faremo riferimento.
Con la C.M. successiva, la 114/90 - PG: organizzazione territoriale e indicazioni operative, del Ministro Mattarella, il progetto assume la scadenza del '93 e, tra le altre cose, viene fornito uno schema metodologico generale per affrontare temi tanto ampi e tanto controversi.
Molte altre sono le circolari ministeriali di riferimento225 che si sono susseguite con frequenza, formulate con lo scopo di sostenere, rilanciare, precisare e rinvigorire quanto è stato fatto e quanto si dovrà fare nell'ambito del PG. Certo lo strumento della circolare è più debole della legge, ma essa "esprime l'azione di governo del Ministro che, in quanto rappresentante dello Stato-comunità, interpreta e applica le leggi sottolineando certi valori emergenti, precisando e facilitando il conseguimento di certi obiettivi, anche attraverso varie forme di incentivazione".226
In senso generale il Progetto Giovani intende offrire un aggancio per avvicinare la scuola alla cultura del nostro tempo e alla vita; si tenta una lettura della problematica giovanile non disgiunta dalla problematica epocale che il nostro Paese deve affrontare, in contesto nazionale, europeo e mondiale.
Riemerge, sotto la spinta della Legge 162 e delle attività ad essa connesse, la dimensione educativa della scuola, in particolare della secondaria superiore, in risposta al disagio, alla demotivazione e alla devianza sempre più inquietanti e diffuse nel mondo giovanile. Il documento si rivela ricco di implicazioni e di aperture che investono a tutto campo questo ordine di scuola, impegnandola in un ripensamento dell'intera esperienza scolastica, dalle attività curricolari, alle assemblee, alle iniziative post-scolastiche.
E' chiaro però, che non è possibile cambiare di colpo l'identità della scuola: si tratta di impiegare al meglio le risorse esistenti, inserendole in un contesto culturale possibile, e indicando una strada perché ogni soggetto possa fare la sua parte, tenendo presenti sia i compiti degli altri che gli obiettivi proposti.
La problematica formativa non può essere risolta con il solo rinvio alla legge e all'obbligo professionale di applicarla, ma, attraverso questo progetto, il M.P.I. si impegna a facilitare la prospettiva della conciliazione fra la specificità cognitiva della scuola e le problematiche educative del nostro tempo.
Tutto ciò va fatto considerando anche gli altri fronti su cui la scuola viene costantemente impegnata per consentire sinergie, evitare sprechi, gestire la complessità in modo da perseguire simultaneamente una molteplicità di obiettivi. Il PG non entra in situazione di concorrenzialità con altri progetti o istituzioni, poiché questo sarebbe in contrasto con le sue stesse finalità, ma si adopera per allargare il suo campo di intervento o per favorire collegamenti con altre iniziative.
Questo progetto e la normativa che lo precede sono stati concepiti, come abbiamo visto, in risposta alla difficile condizione giovanile del nostro tempo. Ora e in futuro si spera di uscire dal carattere emergenziale, dalla prospettiva della "riduzione del danno" perché la strategia più efficace sta nell'individuare e nel combattere le cause del disagio, nel "costruire un orizzonte di senso, di progettazione entro cui trovi orientamento il disagio dei giovani".227
Bisogna poter contare, però, su un impegno stabile e motivato dal punto di vista finanziario, amministrativo e didattico, non sulla "straordinarietà" di questi progetti, per avere possibilità di integrazione con le altre iniziative della scuola, con la programmazione educativa di istituto e con la programmazione didattica dei singoli insegnanti e/o delle singole discipline.
Il PEI (Progetto Educativo di Istituto), che costituisce un impegno complessivo e una carta distintiva delle singole scuole, non può, ormai, prescindere dall'educazione alla salute, ma anzi, attraverso un'attenta analisi dei bisogni e una valida azione di progettazione, può arricchire e qualificare la sua offerta formativa.
Lo stesso vale per gli organi collegiali che sono chiamati, ognuno per il proprio ambito di competenza, a rivedere obiettivi, modi, contenuti e tempi, nell'ottica dell'educazione alla salute e della promozione dello star bene a scuola.
L'adozione di questi progetti implica, inoltre, l'apertura al dialogo, al confronto con altre scuole e con altri enti operanti sul territorio, al fine di ottenere una maggiore efficacia dell'azione messa in atto e un maggior coinvolgimento, anche dell'opinione pubblica sulle problematiche affrontate o sulle soluzioni proposte.

5.1.2.  Spirito, metodi e procedure del Progetto Giovani

Il PG dovrebbe costituire un'occasione per ribadire "la centralità educativa dei soggetti, degli allievi e dei loro processi di crescita, non solo nella sfera relazionale-etica e in quella disciplinare-curricolare della scuola, ma anche in quella organizzativo-legislativo-istituzionale".228 Questo senza richiedere modifiche della situazione esistente, ma conoscendo, ripensando e utilizzando al meglio le opportunità offerte dalla normativa vigente e dai continui aggiornamenti di cui è oggetto.
Al concetto di centralità dei soggetti è strettamente legato quello del loro protagonismo: essere ideatori, fautori, partecipanti attivi di queste iniziative, implica una forte valenza educativa delle stesse attività, al di là degli ambiti che trattano o degli argomenti che scelgono. Imparare a leggere i bisogni, vedere i problemi, pensare soluzioni, discutere in gruppo, trovare modi diversi di relazionarsi con gli insegnanti e i compagni, mettere in pratica quanto stabilito e trovare nuove difficoltà, ripensare il percorso, arrivare a dei risultati e valutare se sono conformi con quanto era stato progettato: tutto questo presuppone un impegno attivo, una disponibilità a mettersi in gioco, una costanza nell'azione e un coinvolgimento tali da ipotizzare un percorso di crescita e di arricchimento di sicura rilevanza.
Ecco allora che la validità del PG consiste nell'ideare condizioni "che facilitino nei giovani la voglia e la capacità di progettarsi, ossia di proiettarsi in avanti, verso un futuro che non né assicurato né totalmente pregiudicato, ma che dipende in buona parte da ciascuno di noi".229 La scuola si trova quindi impegnata a sviluppare da un lato la "cultura della progettazione", dal momento che la semplice esecuzione burocratica non ha la stessa valenza dell'ideazione di un progetto, e dall'altro la "cultura della responsabilità pedagogica" che mira non solo a trasmettere conoscenze, ma a ragionare in termini di persone e società.230
Per impostare un'azione educativa che risponda ai caratteri individuati viene indicato dalla stessa normativa (la C.M. 114/90) un iter progettuale di massima per la scansione degli interventi. La prima fase di questo iter viene nominata "dal disagio al problema" e consiste nel passaggio da una condizione di malessere diffuso ad un'analisi più chiara e circostanziata, per essere in grado poi di formulare una precisa domanda di cambiamento. Sono presi in considerazione tre piani di analisi: la dimensione interna alla scuola (la propria classe, il proprio Istituto), la dimensione esterna della scuola (famiglia, ambiente socio-culturale), la dimensione della comunità sociale (organizzazione della vita collettiva), che sono ovviamente da considerarsi tra loro correlati.
La seconda fase "dal problema all'azione" prende in esame i bisogni reali, emersi all'interno di una classe o di un intero Istituto, e si propone la progettazione e la realizzazione di un intervento che possa rispondere alle esigenze evidenziate.
Nella terza fase, "dall'azione alla valutazione", si attua una verifica in itinere e finale dell'intervento, per valutare la corrispondenza tra bisogni rilevati e attività progettate. E' evidente che in tale fase c'è spazio per ripensamenti e revisioni del progetto originario, che permetteranno di renderlo più preciso e adeguato, ed eventualmente di continuarlo negli anni successivi.
L'ultima fase "dalla valutazione alla domanda alle Istituzioni" prevede un interessante, quanto poco praticato, collegamento tra istituzioni scolastiche e istituzioni politiche, ai vari livelli. "La scuola non può, infatti, rimanere isolata nell'affrontare problematiche legate alla questione giovanile, nell'elaborare strategie d'azione, nel proporre soluzioni, ma necessita del contributo delle diverse componenti socio-politiche che hanno compiti e responsabilità proprie, così come ormai è fin troppo evidente per tutti che per educare veramente è necessario collegarsi alla realtà culturale":231 solo un'azione sinergica e radicata nel contesto di riferimento può sortire effetti positivi nella lotta alla devianza.
Secondo questa prospettiva si è avvertita l'esigenza di aprire un canale di comunicazione tra la scuola e il governo che può avviare una stagione di vitalità, di legalità della scuola. In particolare il fatto che tale scambio possa partire anche dal "basso", dalle esigenze sentite, dai problemi rilevati, rende sicuramente la comunicazione più efficace, più aderente a quel contesto, più attenta a quella situazione.
I temi affrontati da tali progetti sono incentrati sullo "star bene"; star bene, che come sappiamo, implica "un concetto di benessere fisico, psichico, sociale, morale e presuppone quindi un'apertura insieme seria e serena sulla realtà, cioè sui problemi ma anche sulle possibilità che questa offre a ciascuno".232
L'obiettivo, dunque, è "star bene in un mondo che stia meglio; star bene con gli altri nella propria cultura, in dialogo con le altre culture; star bene nelle istituzioni, in una Europa che conduca verso il mondo".233
Interessante osservare che questo star bene non coincide con un fine personale e privato, ma con uno stato relazionale dal momento che implica il miglioramento della qualità della vita - nella scuola, nella famiglia, nella società - e dei rapporti interpersonali e psicodinamici con tutti e particolarmente con i diversi.
L'obiettivo, inoltre "non è solo dire no alla violenza, alla droga, alla dipendenza, ma dire sì alla vita, e quindi alla pace, all'onestà, alla giustizia, ecc.".234 Vastissima è quindi la serie di argomenti che possono essere affrontati: si passa dai semplici problemi di una più efficiente organizzazione scolastica, alla lotta alle tossicodipendenze, dal problema della condizione giovanile, alla diffusione del virus da HIV, dall'educazione ecologica, alle attività di drammatizzazione. Osservando la scelta delle tematiche, e lo vedremo meglio nella nostra indagine, sembra che, col passare degli anni, si stia attenuando il carattere informativo-preventivo, a favore delle attività di espressione, di comunicazione, di partecipazione ad un gruppo. Evidentemente queste ultime, che trovano poco spazio nella normale vita scolastica, rispondono in modo più adeguato alle esigenze dei giovani, e sono così in grado di stimolare maggiormente motivazione e coinvolgimento.
Tenendo conto della metodologia prima individuata e delle finalità generali, i modi di attuazione dei progetti possono essere estremamente vari a seconda del tipo di attività in questione e dell'idea con cui si decide di strutturarla. Si tratta innanzitutto di "innervare i programmi delle diverse materie scolastiche di temi, problemi, suggestioni ricavate dalle urgenze educative evidenziate nel nostro tempo o in quel contesto"; di "valorizzare le attività para ed extrascolastiche (artt.4 e 6 del DPR 416/74; artt.105-106 del DPR 309/90), nel senso che la scuola debba a pieno titolo inserirle nel proprio progetto formativo"; di "considerare le assemblee di classe e di istituto come una preziosissima risorsa",235 sia come occasione di relazione tra l'individuo e le istituzioni, sia come possibilità di sensibilizzazione e di attuazione dei problemi legati allo star bene. Possono essere previste, inoltre, lezioni frontali, gruppi di discussione, interventi di esperti, gruppi di incontro libero gestito dagli studenti con il solo supporto dell'insegnante. La forma è ovviamente libera a patto che sia definita e preventivata, e dia modo di verificare il percorso effettuato.
Per quanto riguarda i tempi vale più o meno lo stesso discorso: si possono scegliere le ore curricolari in accordo con uno o più insegnanti che partecipino o che abbiano dichiarato la propria disponibilità a quel progetto; si possono utilizzare le ore delle assemblee di classe e di istituto magari delineando un filo conduttore; si possono prevedere giornate speciali da dedicare a quel progetto da parte di tutta la scuola o di singole classi; si possono considerare le ore extracurricolari sia pomeridiane che in coda alla mattina o i cosiddetti "buchi" che si creano durante l'orario scolastico per qualche imprevisto.
Di possibilità, in sostanza, ce ne sono e il fatto che la scuola si stia muovendo verso una maggiore flessibilità non fa che agevolare questo tipo di gestione delle iniziative: si tratta di programmare e di progettare con attenzione, tenendo conto delle esigenze e dei problemi degli alunni, del tipo di attività in questione, della concomitanza con altre iniziative.
 
5.1.3.  Effetti ottenuti e difficoltà incontrate

Tra i molti effetti diretti e indiretti, generali e specifici che il Progetto Giovani può aver provocato, o che è lecito attendersi, ne sottolineiamo alcuni.
Il primo è la conoscenza che il mondo giovanile può produrre su di sé e che, nello stesso tempo, può far pervenire alle istituzioni e all'opinione pubblica, di solito informata in modo approssimativo su queste tematiche: "il mondo giovanile che vive nella scuola non va visto solo come problema, ma anche come risorsa".236 Affrontando insieme gli argomenti dei progetti, aprendosi agli altri e alla realtà esterna, i ragazzi diventano competenti di situazioni e di problemi, sono in grado di fare proposte, di realizzare interventi di aiuto e di sostegno a chi è in difficoltà, di trarre conclusioni. Se a questa maggiore competenza aggiungiamo la curiosità, l'entusiasmo, la voglia di fare, la convinzione, le idee sempre nuove, che caratterizzano i ragazzi quando sono motivati, allora i risultati possono superare di molto le attese.
A questo aspetto di maggiore conoscenza è legato quello di una maggiore responsabilità che i giovani sono chiamati ad assumersi nei confronti dei loro problemi, del loro disagio e in particolare di quello dei soggetti che si trovano in difficoltà.
Le risposte ottenute dal PG nei diversi anni sono testimonianza di un'esplosione di iniziative di tipo espressivo-comunicativo, e di una ricchezza creativa non sospettata. La grande mobilitazione di giovani, di idee, di proposte, che è culminata nella Conferenza Nazionale degli Studenti del febbraio del '93, è indice della capacità di autoprogettarsi, della sensibilità ad alcune problematiche e della voglia di assumere un ruolo nella gestione della scuola.
Nel documento finale elaborato dai quattrocento studenti convenuti a Roma in quell'occasione, emerge in modo significativo il contributo che il PG ha dato nello sviluppare un maggior senso di appartenenza alla scuola e una maggiore consapevolezza sul funzionamento dei processi interni all'istituzione stessa.
Negli ultimi anni infatti gli studenti hanno chiaramente espresso la volontà di partecipare alla gestione della vita scolastica a tutti i livelli, compreso quello di governo, e hanno rivendicato una loro presenza decisionale maggiore nella scelta e nell'organizzazione delle attività sia didattiche che extracurricolari.
Secondo alcuni queste attenzioni che il Progetto Giovani riserva all'identificazione delle cause del disagio, alle iniziative che si devono assumere ad ogni livello, alle richieste e alle denunce da farsi quando si avverte la mancanza di qualcosa, sembrano spegnere le potenzialità di dissenso sentite dagli studenti, riconducendolo entro le istituzioni, a sostegno dei poteri costituiti. E' anche vero però che fondamentale rimane l'obiettivo per cui si opera e che, come sostiene Corradini, il problema della scuola diventa quello di "trovare mediazioni pedagogiche e metodologiche per consentire uno sviluppo che sia il più possibile armonico"237 e finalizzato alla formazione integrale della personalità.
Inoltre, secondo gli stessi studenti, il fatto di essere più coinvolti e partecipi alla vita scolastica, è stato utile a migliorare la motivazione allo studio e all'impegno richiesti: non è un risultato trascurabile in una scuola con alte percentuali di insuccessi e di abbandoni.
Si auspica, quindi, che tale esperienza possa essere generalizzata all'intera scuola superiore, e che il cambiamento culturale ad essa legato porti ad una riforma globale della scuola, attenta alle esigenze emerse, alle modifiche necessarie e ai suggerimenti proposti.238
Diversi sono anche i problemi e le incertezze incontrati nella realizzazione pratica dei progetti, fra cui emergono la mancanza di informazione e di disponibilità di docenti, studenti, presidi e provveditori, l'eccessiva burocratizzazione che rende inconciliabile la creatività del progetto con il formalismo della scuola, l'inadeguatezza di strutture, spazi e risorse a disposizione, la povertà di dialogo e di confronto con le altre scuole e le istituzioni interessate. Non sono difficoltà né nuove, né insormontabili, ma chiaramente diminuiscono la forza e l'efficacia di queste iniziative, riproponendo antiche questioni non risolte che mal si conciliano con un nuovo modo di essere scuola.
Un'obiezione, di carattere operativo, viene individuata nell'amplissimo spettro di proposte e di possibilità che l'elaborazione e l'attuazione di tutti i progetti consentono. Se da una parte ciò costituisce stimolo e ricchezza, dall'altra, a volte, rischia di far perdere di vista, gli obiettivi primari per cui tali progetti sono stati pensati.
Le nuove iniziative infatti possono anche interferire in maniera non positiva con la natura e le funzioni della scuola stessa. Vedremo in seguito come molte attività siano poco riconducibili alla dimensione della prevenzione delle tossicodipendenze o alla promozione dello star bene a scuola in senso stetto, e pongano effettivamente dei problemi nell'individuazione di un disegno unitario.
E' stato inoltre rilevato il rischio che i progetti di educazione alla salute si pongano in contrapposizione con il normale lavoro scolastico, proponendo attività nuove, molto spesso scelte dagli stessi alunni, diverse e coinvolgenti, che hanno poco a che spartire, ad uno sguardo frettoloso, con le normali discipline curricolari. Anche per questo è importante che tali iniziative non vengano vissute come attività esterne e separate dalle normali materie scolastiche. E' bene, allora, che tutti gli insegnanti, non solo quelli impegnati nei progetti, si adoperino per seguire una linea di condotta comune, che dimostri disponibilità e correttezza, che riservi attenzione particolare alle esigenze e agli interessi degli alunni in modo da impostare su queste basi il proprio lavoro. Avremo forse ragazzi meno studiosi e preparati, ma in questo momento pare più importante averli motivati e sereni.
Il fatto poi che non siano previste verifiche o valutazioni effettive di quanto progettato e di quanto condotto a termine, lo vedremo anche nella nostra indagine, impedisce di mettere in atto opportuni controlli, di dare suggerimenti adeguati e soprattutto di stabilire la reale efficacia delle attività proposte.
Molte altre sono le difficoltà che abbiamo individuato precedentemente e che si possono portare a galla, ma è difficile pensare a processi di innovazione e di cambiamento di questa portata senza mettere in conto obiezioni, imprevisti, insuccessi e ripensamenti. Solo se è forte la convinzione della validità e dell'efficacia formativa, della ricchezza e dell'incisività di tali iniziative, si può trovare la motivazione e l'impegno per portarle avanti, sia che si rivesta il ruolo di studenti o di professori, di presidi o di ministri.
Non sappiamo ancora a cosa andremo incontro con l'imminente riforma della scuola, ma pare che i progetti e le attività di educazione alla salute abbiano dato il loro contributo stimolando idee e iniziative, sensibilizzando scuola e società attorno ad alcune problematiche, coinvolgendo studenti, docenti, genitori e forze esterne, proponendo un diverso modo di fare scuola. Adesso, in questo momento di attesa, tali progetti stanno vivendo una fase di stasi: soffocati dagli impegni burocratici, basati sulla motivazione di pochi, non sostenuti da adeguati finanziamenti, hanno perso forse lo slancio iniziale con cui erano partiti e sentono l'esigenza di essere inseriti in un quadro di insieme che ne preveda con più precisione tempi, modi, mezzi.

5.1.4.  Nuove prospettive

Il PG, sappiamo, è stato inizialmente elaborato nell'ottica della prevenzione delle tossicodipendenze, come risposta ad una condizione giovanile inquieta e disorientata, ma negli anni successivi ha fatto propria la prospettiva della promozione del benessere da attuare in primo luogo a scuola. Abbiamo visto come il suo modo di progettarsi, di rispondere a bisogni individuati, di ideare percorsi e soluzioni sia in qualche modo anticipatore delle logiche dell'autonomia scolastica verso cui la scuola italiana sembra muoversi.
Attualmente, in attesa di una riforma organica che prenda posizione anche su queste problematiche che caratterizzano la condizione dei giovani nella società attuale, le attività di educazione alla salute sembrano orientate verso la promozione del successo scolastico.
Il fatto che un rilevante numero di ragazzi, soprattutto nell'Italia meridionale e nelle grandi città, esca precocemente dal processo formativo o abbandoni gli studi senza portarli a termine, e il fatto che si sia generalizzata, e spesso diventi insormontabile, la difficoltà che si manifesta nel passaggio da un grado di scuola a quello successivo, e nel biennio della scuola superiore, hanno indotto il Ministero a pensare iniziative di intervento per prevenire ed arginare questi fenomeni. In seguito anche alla sperimentazione condotta in alcune province pilota è nata la C.M. 257/1994, che impone a tutti gli Uffici Scolastici Provinciali di elaborare progetti contro la dispersione scolastica.
Nel progetto "dispersione" si evidenziano alcuni caratteri nuovi rispetto alle iniziative inerenti all'educazione alla salute. Queste ultime, infatti, si ispirano ad una matrice culturale di impronta personalistica che pone attenzione soprattutto all'individualità e mette la persona al centro del sistema di riferimento. L'impostazione del progetto "dispersione", al contrario, è di natura sistemica, nel senso che l'intervento della scuola è visto all'interno di un particolare territorio e viene dato grande risalto all'interazione dei vari progetti presenti. Per questo i progetti di intervento fanno capo ad un osservatorio cui partecipano tutti i soggetti istituzionali, e sono concepiti non come progetti di singole scuole, ma come progetti "di area" in cui sono coinvolte più scuole collegate in rete. Si mira ad una riduzione dell'insuccesso scolastico attraverso una ottimizzazione dei processi formativi che coinvolge l'azione di progettazione e di valutazione dei percorsi educativi e didattici, il miglioramento della professionalità docente, il coordinamento tra i progetti educativi di istituto e il piano provinciale di intervento.
Negli ultimi anni questo progetto ha guadagnato sempre più spazio all'interno delle proposte ministeriali legandosi strettamente al progetto di educazione alla salute in funzione della trasversalità educativa che li accomuna: le CCMM 325/95 e 600/96 sono esplicative in questo senso. L'ultima direttiva ministeriale di riferimento è la n.133 del 3 aprile 1996 - Iniziative complementari e integrative dell'iter formativo degli allievi", seguita dal Regolamento della CM 654/96.
Non è questo il luogo per analizzare il fenomeno della dispersione scolastica e i provvedimenti relativi, resta però estremamente interessante capire verso quali direzioni si sta muovendo la scuola in questo momento di crisi, di attesa, di cambiamento; capire quali sono i tentativi, le proposte elaborate per far fronte a problemi contingenti; vedere come in relazione a ciò cambiano anche i concetti di riferimento come per esempio quello dell'educazione alla salute che ha guidato parte della nostra riflessione.
 
 

5.2.  Il Progetto Ragazzi

Se i documenti dei Programmi della scuola elementare e media costituiscono una fonte imprescindibile e una risorsa a cui attingere nello scolastico quotidiano per attivare l'educazione alla salute nella scuola di base, altre indicazioni più specifiche e mirate vanno ricercate nel Progetto Ragazzi (PR). Esso costituisce una cornice di riferimento sul piano formativo, che pone al centro la tutela di un diritto allo studio inteso come "diritto alla buona qualità della vita scolastica".
Si tratta di un'ampia area di suggestioni all'operatività dove l'idea di processo educativo chiama in causa una concezione di alunno, docente, istituzione scolastica completamente rifondata. "Tale concezione trova ancoraggio nelle premesse ai programmi della scuola dell'obbligo i cui fili conduttori si indirizzano ad un itinerario formativo finalizzato intenzionalmente alla valorizzazione delle potenzialità di ogni soggetto in evoluzione".239 Questo progetto, promosso con C.M. n. 240/91, - Progetto Ragazzi 2000: primi orientamenti, rappresenta una proposta complessiva e concreta alle richieste della normativa. La Legge n.162/90, infatti, che l'opinione pubblica associa genericamente alla punibilità del tossicodipendente, assegna alla scuola, come abbiamo visto, nuovi compiti e di conseguenza una nuova centralità sul piano educativo e sociale.
Percorriamo la suddetta circolare per vedere quali sono le novità, i caratteri e i suggerimenti che questo progetto introduce e che, poco alla volta, contribuiranno a cambiare la fisionomia del modo di fare scuola.
Viene fatto subito riferimento alla definizione di salute dell'OMS che, come sappiamo, coinvolge non il solo organismo del soggetto, ma anche i suoi modi di essere, di porsi in relazione con se stesso, con gli altri e con il proprio ambiente di vita.
Nella nostra società, caratterizzata da benessere economico, questo modo di essere va incontro a nuove patologie e malesseri un tempo sconosciuti. L'uso di sostanze stupefacenti, l'abuso di alcol e di tabacco sono fenomeni radicati che ci spingono a ricercare nel contesto sociale le motivazioni di tali comportamenti. Dal momento che si tratta di patologie conseguenti a comportamenti del soggetto, molto si può fare per incidere sulla sua cultura e sul suo modo di essere.
L'educazione, intesa in senso ampio, diventa un valido strumento di correzione e di cambiamento; in particolare l'educazione-istruzione scolastica può sortire effetti positivi nella formazione della personalità dei ragazzi. Così, un'educazione alla salute come quella proposta dal Progetto Ragazzi 2000 diventa automaticamente "opera di prevenzione, perché dà forza all'alunno, gli dà capacità di autocontrollo" 240 e di effettuare scelte critiche, aumenta la conoscenza di sé; potenzia la capacità di commisurarsi serenamente con gli altri; "fa emergere e consolida in lui le capacità di camminare nel mondo e con il mondo, esprimendo se stesso e la propria unicità".241
Sappiamo che i contenuti della Legge 162/90 sono stati inizialmente indirizzati alla scuola secondaria di secondo grado per i problemi e i rischi legati a questa fascia di età, particolarmente delicata e complessa. Si è ritenuto opportuno, poi, intervenire anche a livello della scuola di base, con questo progetto, in modo da ampliare la prospettiva dell'educazione alla salute e l'efficacia dell'azione proposta. E' stato necessario, quindi, adeguare tale iniziativa alla specificità dei bisogni e delle caratteristiche di cui gli utenti della scuola di base sono portatori.

5.2.1.  Natura e finalità del Progetto Ragazzi

Dopo aver riconosciuto la marcata valenza formativa della scuola elementare e media, e in relazione al fatto che particolari disposizioni, atteggiamenti e abitudini si formano precocemente nel soggetto, il Progetto Ragazzi si delinea come uno strumento che spinge ad ottimizzare le risorse della scuola, e ad esprimere al meglio le potenzialità e gli spunti che sono impliciti nei suoi ordinamenti e programmi. Non si tratta quindi di rovesciare l'esistente, di ricorrere alla straordinario, ma si vuole far riflettere sulle responsabilità della scuola. E' necessario operare ogni giorno con serietà, metodo e chiarezza per affermare o riqualificare l'offerta formativa della scuola e sostenere i ragazzi in una società complessa e spesso contraddittoria.
Tra gli obiettivi del progetto figurano il prevenire comportamenti di disadattamento quali l'insuccesso scolastico, l'emarginazione e la devianza, per concretizzare invece un contesto relazionale positivo, dove siano scelti modalità, tempi e contenuti rivolti alla promozione del benessere del soggetto.
E' chiaro che l'educazione alla salute non può partire da un sapere non coniugato con i bisogni del soggetto, né da una lezione sugli effetti dell'uso di sostanze stupefacenti. L'informazione specifica può, in certi casi, rendersi necessaria, ma perde di validità o diviene addirittura nociva se non è calata in un contesto educativo, in cui il soggetto trova rinforzo alle sue attitudini e potenzialità. La scuola di base diviene un luogo di autentico apprendimento e di educazione efficace quando accoglie con disponibilità e fiducia il ragazzo e lo aiuta a costruire strumenti adatti, a rafforzare le proprie capacità per far fronte alle problematiche connesse alla crescita.
Il progetto parte, quindi, da un concetto preciso di ragazzo inteso non come un contenitore da riempire, ma come soggetto da valorizzare: "non si tratta tanto di agire sui ragazzi, quanto di agire con loro per metterli in grado di fare da soli".242
Molteplici e impegnativi sono, come abbiamo visto, gli obiettivi affidati alla scuola dai vigenti programmi, ma attraverso anche il PR 2000 la scuola deve contribuire ad "alimentare la voglia, e cioè le motivazioni insieme razionali e affettive che sostengono il processo di apprendimento".243

5.2.2.  Metodi, tematiche e procedure del Progetto Ragazzi

L'autonomia personale deve trovare spazio non solo tra gli obiettivi della scuola, ma anche all'interno della metodologia prescelta; un soggetto diviene autonomo se lo si rende attivo, se gli si dà modo di compiere percorsi ed esperienze, se lo si mette in grado di sperimentare nuove forme di espressione e di comunicazione, se lo si rende protagonista dell'apprendimento e se si sollecita in lui il senso della responsabilità personale.
Il progetto si rivolge specificatamente ai "ragazzi", non ai figli o agli alunni, proprio per porre in evidenza l'identità del bambino e del preadolescente, come soggetto distinto dall'adulto.
Non avrebbe senso, però, parlare genericamente di ragazzi se non si definisse la collocazione temporale degli stessi. Il "2000", data così carica di significati anche dal punto di vista emotivo, rappresenta un traguardo ormai prossimo, una meta ambita e, nello stesso tempo, temuta che allaccia in modo significativo e impegnativo il presente al futuro.
"Accettando ufficialmente di pensare i suoi alunni della elementare e della media come ragazzi protesi verso il 2000, (...) la scuola tutta si impegna a modificare in modo consistente il suo punto di vista tradizionale spostandolo in modo deciso al futuro".244
Gli educatori, siano essi docenti, operatori sociali o genitori, possono aiutare i ragazzi a prepararsi a questa data, a crescere verso questa scadenza perché, in quanto adulti, hanno una consapevolezza diversa, una chiarezza maggiore su ciò che significa "star bene", e su come è possibile agire per promuovere salute.
I ragazzi sanno sì riconoscere il disagio dal benessere, ma frequentemente le loro scelte sono guidate più dalle emozioni, dalla curiosità o dall'emulazione che non da considerazioni proprie e ragionate. E' per questo che il mondo degli adulti ha precise responsabilità sul comportamento delle giovani generazioni ed è considerato da queste come costante punto di riferimento. Gli educatori non possono sottrarsi al compito di aiutare i ragazzi a star bene, a vivere e ad apprezzare la dimensione della salute.
Dimensione che non può avere confini spazio-temporali, ma che assume, secondo l'infinito "star bene", un "valore programmatico, quasi provocatorio perché suggerisce un immediato confronto con la situazione personale vissuta e con il contesto in cui questa acquista un senso".245 La salute è pertanto considerata in prospettiva non egoistica, ma collettiva secondo la logica della solidarietà; è intesa come bene dinamico, presupposto e risultato di una costruttiva e positiva dialettica tra la persona e la sua autopercezione, tra l'io e gli altri, tra il sé e l'ambiente; salute nel vissuto, nelle esperienze pregresse, nella condizione presente, in quella futura, nel contesto ideale e in quello ipotetico. E' questo il senso del termine infinito attribuito dal Progetto allo star bene.
Tutto quanto considerato finora risulterebbe sterile, se non si facesse esplicito riferimento alle tematiche che raccolgono interessi e bisogni dei ragazzi. A questo proposito il Progetto Ragazzi 2000 individua, in analogia con il Progetto Giovani, due "polarità" di riferimento verso cui è principalmente orientata la ricerca del preadolescente. Sono queste "l'identità personale" e "la solidarietà" alle quali si riconducono i temi e i contenuti che il Progetto esprime.
Alla prima polarità vanno finalizzate l'educazione fisica, sanitaria e alimentare, l'educazione sessuale, la lotta contro la dispersione scolastica, le attività di orientamento.
Vanno invece riferite al nucleo concettuale riguardante il rapporto io-altri: l'educazione ai diritti umani e alla pace, l'educazione alla cooperazione e allo sviluppo, l'educazione all'integrazione fra diversi, l'educazione ambientale.246
Attraverso l'io e il noi viene evidenziata e sviluppata la centralità della persona su cui costruire lo star bene con se stessi e con gli altri. Così può prendere avvio un'effettiva azione di prevenzione e di promozione della salute a scuola; un'azione "che riconosca e che dia valore ai bisogni più profondi dell'essere umano"; che aiuti "ad individuare e percorrere itinerari costruttivi di vita".247
Il perseguimento degli obiettivi relativi all'educazione alla salute si fonda soprattutto sull'utilizzazione didattica delle discipline curricolari che diventano strumenti di potenziamento delle conoscenze dei ragazzi, mezzi di ampliamento della loro cultura, sollecitazione delle loro capacità immaginative e ideative. In questo, che viene definito curricolo formale, si introduce l'elaborazione di progetti trasversali alle diverse discipline, dentro e fuori l'orario curricolare e di tutte le attività e le educazioni attraverso cui i docenti intendono sviluppare il progetto.
Il PR 2000, quindi, "non è aggiuntivo rispetto alla quotidiana attività didattica e ai programmi ministeriali, ma anzi ne approfondisce e ne sviluppa alcuni elementi portanti, con l'obiettivo ambizioso di elevare la qualità della vita scolastica". E' necessario "guidare i bambini/ragazzi verso la scoperta, l'identificazione, la costruzione dello star bene, come uno status che attrae e fornisce motivazioni alla persona per le scelte e le azioni future".248
Possiamo poi individuare un altro tipo di curricolo, definito informale, che riguarda tutti gli insegnanti e tutti gli insegnamenti, ed è costituito dalle relazioni interpersonali e dal clima comunicativo che si realizza a scuola. In quest'ottica acquista importanza vitale il contesto educativo nel quale il ragazzo non deve sentirsi solamente accettato e protetto, ma appoggiato e aiutato ad allargare le sue esperienze al di là della scuola per collocarsi in una dimensione sempre più ampia. Ciò presuppofe lo sviluppo di "un sano patriottismo di scuola"249, di una sorta di identificazione dei ragazzi con la propria scuola vissuta come valido punto di riferimento. Una scuola, cioè, aperta al nuovo, al cambiamento, che fa scoprire, rispetta e valorizza la diversità, che è sostegno nel percorso di crescita e di maturazione.

5.2.3.  Considerazioni conclusive

Lo sviluppo e l'esito del Progetto Ragazzi 2000 sembrano dipendere, oltre che da quanto detto precedentemente, anche da alcuni processi che accenniamo in breve.
Continuità: è importante che gli interventi non siano sporadici, ma programmati in modo da garantire la continuità dei processi di crescita e di maturazione attivati nel soggetto che apprende. E ciò non solo all'interno dello stesso ordine di scuola, ma anche di quello precedente e di quello che seguirà.
Il PR 2000 può rappresentare, in sostanza, per i docenti della scuola dell'obbligo, l'occasione per attivare un vero e proprio progetto di continuità curricolare, in favore del percorso formativo dell'alunno. Importante è, in questo senso, evitare la sovrapposizione, la frammentarietà, la ripetizione dei progetti e delle attività, per non determinare sprechi di energie, calo nella motivazione, vanificazione degli apprendimenti, sfiducia nella scuola.
Evoluzione: l'interesse, la motivazione e la partecipazione di ragazzi e adulti impegnati nel progetto non sono sempre uguali, ma cambiano durante il percorso. E' opportuno seguire con attenzione queste evoluzioni per essere pronti ad apportare modifiche, adeguamenti, valutare elementi non considerati. In questo modo si può sostenere il cammino dei progetti anche nelle fasi più difficili, ed imparare ad essere, a rapportarsi, a fare diversamente, a cercare così opzioni per la soluzione dei problemi.
Coinvolgimento: è solo attraverso il reale coinvolgimento delle forze esterne ed interne alla scuola che queste diventano risorse umane e contribuiscono in modo costruttivo alla crescita comune. Il confronto sereno, la capacità di ascoltare e di cogliere gli elementi positivi in ciò che l'altro sta dicendo, l'esprimere le proprie opinioni senza l'esigenza di imporle, tutti questi atteggiamenti garantiscono una varietà di apporti e di stimoli e, nello stesso tempo, aprono la strada della collaborazione e della mediazione.
Partecipazione: è un termine molto usato nella scuola, ma non sempre vissuto o realizzato. E' importante non ridurre la partecipazione ad una formula burocratica che inevitabilmente diminuisce impegno e coinvolgimento da parte di tutte le componenti, ma cercare di interpretarla nel senso dello scambio dare-ricevere, nel senso di costruire per sé e per gli altri. Il Progetto Ragazzi 2000 vuole essere un'occasione per rilanciare, "su nuove basi culturali e psicologiche, quella partecipazione scolastica, che negli ultimi anni sembra aver smarrito il senso della sua produttività educativa, culturale e sociale".250
Il PR 2000, rappresenta contemporaneamente una provocazione e un atto di fiducia nella scuola: provocazione in quanto costituisce un banco di prova per tutto il personale della scuola e in particolare per i capi di istituto e i docenti, chiamati a "innalzare i livelli qualitativi delle loro prestazioni sul piano della vitalità istituzionale, della sensibilità educativa, della produttività sociale"251; fiducia perché negli ordinamenti e nei programmi sono insite "potenzialità educative preventive" fondamentali, da rendere esplicite poi, e da tradurre nelle attività didattiche, attraverso un attento lavoro di analisi, di progettazione, di verifica specifico della componente docente e proprio della scuola in generale.252
 
 

5.3.  Il Progetto Arcobaleno

Con il Progetto Arcobaleno anche la scuola materna si inserisce, per la prima volta in maniera specifica, nelle attività di prevenzione e di educazione alla salute. Tale progetto, emanato con CM n.120 del 9/4/1994 e precisato con Nota ministeriale n.1999 del 9/6/94, viene a rispondere al dettato della Legge 162 che affida, come abbiamo già avuto modo di vedere, al Ministero della P.I. il compito di promuovere e coordinare le attività di educazione alla salute nella scuola.
Si completa così il quadro progettuale che mira a prevenire il disagio riconosciuto e diffuso nell'infanzia e nell'adolescenza, intervenendo a partire dalla scuola, con l'individuazione delle difficoltà che si manifestano in questa istituzione.
Lo scopo è quello di creare un ambiente accogliente, creativo e stimolante che favorisca lo star bene del bambino, del ragazzo e dell'adolescente; che sviluppi il suo senso di appartenenza; che dia motivazione al suo agire e al suo impegno. Si tratta quindi non solo di far fronte al disagio, all'ansia, alla frustrazione che, nonostante tutto, la scuola contribuisce a diffondere in molti dei suoi alunni, ma si tratta soprattutto di fare della scuola un punto di riferimento, un'alternativa valida alla solitudine e alla banalità che caratterizzano spesso il modo di vivere dei giovani, per tentare di costruire esperienze significative e gratificanti che abbiano nel protagonismo giovanile il loro punto di forza.
Certo l'obiettivo è ambizioso e difficile da realizzare, ma l'impegno dimostrato da molte scuole, l'efficacia di molte iniziative, il coinvolgimento di ragazzi, insegnanti e capi di istituto hanno fatto ben sperare, tanto da spingere il Ministero ad elaborare un progetto anche per la scuola materna, in linea con quelli già collaudati per la scuola di base e per la scuola superiore.
E' significativo che si sia pensato in questi termini alla scuola materna, per la riconosciuta importanza della sua azione sia a livello educativo che sociale, e quindi per l'efficacia che essa può ottenere nella prevenzione dei comportamenti a rischio e nella promozione della salute. "Con il progetto Arcobaleno si completa un sistema integrato che coinvolge per ciascuna fascia scolastica docenti, alunni e genitori nella riflessione e definizione di strategie di intervento per la prevenzione del disagio giovanile".253

5.3.1.  Caratteri e finalità

Si è scelto il nome arcobaleno per la forza suggestiva che quest'immagine porta con sé, soprattutto per i bambini. Questa immagine non è sempre ben definita: va e viene, si copre e si scopre; allo stesso modo la condizione del bambino appare oggi carica di ambiguità e di ambivalenza con conseguenze pesanti sulla salute fisica, psichica, affettiva e sociale. "L'intera comunità educante, quasi abbracciata all'arcobaleno, viene a mobilitarsi per ridurre i fattori di rischio e per potenziare le condizioni di benessere".254
La CM 120 specifica, a questo proposito, che le attività proposte dalla scuola materna riguarderanno soprattutto la prevenzione primaria, intesa in primo luogo come "diritto alla salute", e nei fatti come "identificazione tempestiva delle situazioni di rischio per eliminare quelle forme di disagio e di dipendenza su cui possono impiantarsi varie forme di insuccesso e di devianza".255
E' proprio nell'infanzia, infatti, che si compiono le prime e più decisive esperienze formative che hanno ampi riflessi sullo star bene con se stessi e con gli altri, sulla determinazione di stili di vita e di modelli di comportamento, sulla conquista dell'autonomia e sulla definizione della propria identità. Fondamentale appare, quindi, il ruolo della scuola materna che accoglie i bambini in questa delicata fascia di età, e li prepara, li sostiene e li guida nel complesso percorso di crescita e di maturazione: il Progetto Arcobaleno può costituirsi come strumento utile in questo senso, e rivelarsi come un'occasione adatta a rinvigorire l'efficacia formativa di questa scuola. Essa deve mirare ad esprimere al meglio le proprie potenzialità educative e preventive che sono implicite nei propri Orientamenti, "innalzando il livello qualitativo delle proprie prestazioni, sul piano della vitalità istituzionale, della sensibilità educativa, della produttività sociale".256
E' chiaro che tale compito non è specifico solo di quest'ordine di scuola, ma si inserisce a pieno titolo nell'ottica della continuità scolastica che abbiamo più volte ribadito.
La promozione dello star bene a scuola, la definizione di attività dove l'alunno sia protagonista, la costituzione di un clima sociale positivo, non si conciliano, infatti, con un tipo di scuola che interrompa bruscamente quanto appreso e sperimentato e che non tenga conto dei percorsi effettuati. In questo modo si creano disagio, senso di non-appartenenza, si frantuma l'esperienza acquisita col rischio di estraniare e demotivare soprattutto chi aveva posto determinate aspettative nella scuola, o chi si era ambientato con maggiore difficoltà. Per questo nella pratica, vedremo in seguito, molti sono i progetti di educazione alla salute che prevedono un collegamento di qualche natura tra la scuola materna ed elementare.
Sottolineiamo, a questo punto, come il Progetto Arcobaleno non esprima qualcosa di completamente nuovo o straordinario, ma si inserisca in piena analogia con l'ordinamento della scuola materna e in particolare con gli Orientamenti educativi del 1991.
Sia il Progetto che gli Orientamenti, infatti, fanno riferimento ad una "visione complessivamente unitaria del bambino, dell'ambiente che lo circonda, delle relazioni che lo qualificano"; entrambi pongono le stesse finalità e più specificatamente lavorano per una "nuova qualità della vita del bambino, da correlarsi al conseguimento di un migliore livello di vita della comunità in generale e degli adulti di riferimento in particolare".257
La salute, in questo contesto, viene considerata come valore e come risorsa per il perseguimento di condizioni di autorealizzazione individuale e di progresso sociale; essa non coincide con l'assenza di malattia o con un poco probabile stato di completo benessere, ma coinvolge, in un rapporto dinamico, la dimensione sanitaria, quella biopsichica, personale e relazionale. "La salute - pertanto - costituisce fattore di crescita e di elaborazione e rappresenta una strategia di mediazione tra le persone e il loro ambiente, nel segno della libertà personale e della responsabilità sociale, in vista di un futuro più sano".258
Un altro aspetto più volte sottolineato è quello riguardante la partecipazione di cui questi progetti devono essere espressione, coinvolgendo capi di istituto, insegnanti, personale non docente, famiglie, responsabili degli enti locali, operatori delle strutture di assistenza dell'infanzia. Se questo elemento è importante in tutti gli ordini di scuola, diventa fondamentale nella scuola per l'infanzia e irrinunciabile nei progetti di educazione alla salute che possono essere così un'utile occasione di crescita e di coinvolgimento di tutte le componenti dell'universo educativo del bambino, ciascuna secondo la propria peculiare competenza. In particolare si fa riferimento alla partecipazione dei genitori che, rispetto agli altri ordini di scuola, risulta più facile da realizzare nella scuola materna per la loro maggiore presenza e attenzione. Si tratta di creare un'abitudine attiva, un'esperienza valida, un modo di essere propositivi nella vita scolastica per favorire il percorso di crescita e di maturazione dei soggetti in evoluzione. Successivamente, supportati da maggiori conoscenze e da una motivazione più radicata, i genitori potranno mantenere e trasferire questo atteggiamento anche negli altri ordini di scuola.
Per far fronte a tutti questi compiti, articolati ed impegnativi, "occorre una più matura professionalità docente che trovi nuovi e più adeguati strumenti"259: oggi al docente non si richiedono soltanto competenze culturali specifiche, ma approfondite conoscenze di psicologia, di tecniche motivazionali, di dinamica di gruppo, di capacità di confronto e di lavoro collegiale, di problematiche e tecniche della comunicazione sociale. Solo con una preparazione di questo genere sarà possibile calarsi nelle problematiche di una società complessa e multimediale e comprendere lo spessore e il tipo di apporto che essa dà alla crescita del minore sul piano culturale, morale, psichico, decisionale.
 
 

5.3.2.  Strumenti ed organizzazione

L'obiettivo principale del Progetto Arcobaleno, sappiamo, consiste nella promozione dello star bene del bambino, in linea con le finalità complessive della scuola materna, quali la maturazione dell'identità, la conquista dell'autonomia, lo sviluppo delle diverse competenze.
A queste finalità devono seguire obiettivi più specifici che evidenzino quali apprendimenti prospettare, quali abilità e quali condotte favorire, quali comportamenti aspettarsi. Questo lavoro, delicato e complesso è di competenza degli insegnanti: essi vengono coordinati dal capo di istituto e sono impegnati a lavorare collegialmente e in stretta collaborazione con i genitori. A loro spetta la programmazione, l'analisi della situazione di partenza, la scelta degli obiettivi, dei contenuti, la definizione dei tempi, dei modi e degli spazi, l'individuazione dei criteri di verifica e di valutazione.
Gli strumenti che possono utilizzare, aldilà della programmazione educativa e didattica, sono costituiti da tutti gli apporti e le collaborazioni che si riescono a reperire: esperti, docenti universitari, animatori, operatori dei servizi sanitari e delle agenzie educative presenti nel territorio.
Nella progettazione degli interventi è importante partire dai bisogni e dalle esigenze evidenziate in quel contesto, con particolare attenzione a quei bambini portatori di determinate patologie o che vivono in condizioni di rischio. In questi casi risulta indispensabile il dialogo con la famiglia e con le strutture sociosanitarie presenti sul territorio.
I mezzi attraverso cui si articolano i progetti sono quelli tipici della scuola materna e fanno riferimento alla ludicità e all'operatività concreta, in contesti di apprendimento e di esperienza globale. Vanno perciò curate la dimensione relazionale, le attività esplorative, i momenti di ricerca, l'organizzazione degli spazi e dei tempi educativi, l'utilizzo dei laboratori didattici.
Nella stesura dei progetti, oltre quanto detto, devono essere anche indicati i criteri di verifica e di valutazione: solo così si riesce ad ottenere un'idea dell'efficacia del progetto e dell'azione educativo-didattica ad esso sottesa, degli obiettivi raggiunti e di quelli da riproporre. Si può, inoltre, costituire una specie di documentazione che rimanga alla scuola come spunto e riferimento delle attività proposte e che possa essere confrontata con altre esperienze.
Nelle CCMM riferite ai progetti, il Ministero della P.I. auspica l'organizzazione di specifiche iniziative di formazione che coinvolgano possibilmente l'intera comunità educante, con lo scopo di favorire l'acquisizione di informazioni e di ottenere un utile scambio di esperienze, un puntuale confronto critico e una produttiva attenzione ai problemi della salute e al benessere del bambino.
La scuola, secondo quanto detto, propone un'immagine forte di sé e si pone al centro della problematica educativa; diventa punto di riferimento per la società e per il territorio in cui opera sia dal punto di vista pratico-esperenziale che culturale. Non è un compito facile, lo abbiamo già detto, in quanto occorrono nuove competenze, un'organizzazione più flessibile, una maggiore disponibilità di risorse, un miglior coinvolgimento, in termini di motivazione, incentivi e preparazione, di tutte le componenti e della classe docente in particolare. Ma fintanto che non si prospettano alternative occorre agire in questa direzione per non screditare la rilevanza educativa e sociale che la scuola materna ha progressivamente conquistato con la sua importante e insostituibile azione.
 
 

5.4.  Il Progetto Genitori

Di fronte al disagio che caratterizza la condizione giovanile del nostro tempo, si registra un'analoga difficoltà degli adulti, nel prendersi cura, nell'instaurare un dialogo, nel fornire supporti alla crescita dei soggetti in età evolutiva. Il disagio non coinvolge, quindi, solo i giovani, ma anche gli adulti e in particolare genitori ed educatori per i quali, in questa società complessa e in rapido mutamento, è diventato più difficile riconoscere e svolgere il loro compito.
Non è questo il luogo per un'indagine sociologica, ma sicuramente il cambiamento delle condizioni economico-produttive, il coinvolgimento delle donne nel mondo del lavoro, il trasformarsi della famiglia e dei ruoli all'interno di essa, hanno accresciuto la difficoltà di essere adulti di riferimento per i soggetti in crescita.
La scuola ha avvertito questa difficoltà e l'elaborazione del Progetto Genitori può anche essere considerata come un tentativo di risposta concreta all'emergere di queste nuove necessità.
Ma non solo: il Progetto Genitori vuole anche essere un'occasione per rinnovare la partecipazione scolastica e per rinvigorire la motivazione di tutte le componenti alla vita della scuola; vuole costituire un appiglio, uno spunto, per coinvolgere le famiglie, per corresponsabilizzarle nell'azione educativa in cui le due istituzioni, ognuna per il proprio ambito di competenza, intervengono.
Per capire meglio il senso e la collocazione di tale progetto, può forse essere utile fare un passo indietro, al 1974, quando con i Decreti Delegati si è legittimata la partecipazione delle diverse componenti della società alla gestione della scuola. Attraverso quest'esperienza di democratizzazione è stato reso possibile un rapporto diretto tra scuola e società e in particolare con la famiglia, non limitandolo più alla consueta modalità, basata sull'informazione dei risultati ottenuti dagli alunni. E' stato sicuramente innovativo e significativo riconoscere che scuola e famiglia sono coinvolte, a pieno titolo e con pari dignità, nella formazione educativa dei giovani, anche se con compiti diversificati e competenze diverse. Solo così può realizzarsi quella che L. Corradini definisce la "gestazione sociale" delle nuove generazioni, che non può essere disgiunta da solidarietà, valore affettivo, accoglienza, efficienza organizzativa, coinvolgimento, nei confronti delle stesse. Questo modo di operare può diventare, inoltre, stimolo e prerequisito per la gestione sociale della scuola e di altre agenzie educative ed assistenziali.
L'apertura della scuola alla società, al di là delle intenzioni del legislatore, ha creato però parecchi fraintendimenti e non poche delusioni: da una parte ha condotto qualche genitore e alcune forze locali ad intervenire nella vita della scuola anche per controllarne l'operato, con un atteggiamento poco rispettoso della professionalità docente; dall'altra le scuole, più che sistema aperto, organizzato come servizio educativo e culturale sul territorio, sono apparse e appaiono tutt'oggi, uffici periferici dello Stato, poco adatte ad adeguarsi ai cambiamenti che la legge stessa prevedeva.260 Si sono riscontrate poi difficoltà burocratiche, ideologiche, psicologiche, economiche che, esaurita la spinta iniziale, hanno ridotto significativamente la presenza dei genitori negli organi di partecipazione scolastica, anche per i problemi oggettivi posti dalle modalità con cui questa partecipazione è stata organizzata, nella maggior parte dei casi.
Si tratta ora di invertire la tendenza, di trovare un giusto equilibrio e una maggiore rispondenza tra la domanda di istruzione/educazione posta dalla società e l'offerta elaborata dai vertici politico-amministrativi. C'è ormai grande consenso sul fatto che "non sia più rinviabile la necessità di elaborare e approvare una nuova legge quadro sugli organi collegiali, la cui tematica è strettamente connessa a quella dell'autonomia della scuola e alla riforma dell'amministrazione scolastica".261
E' questo il contesto in cui si inserisce l'ideazione del Progetto Genitori: esso fa perno sull'educazione alla salute che, toccando problemi esistenziali e motivazionali, chiama in causa sia i genitori che gli insegnanti. A questo proposito la C.M. 362 sottolinea: "la presa di coscienza di una comune inadeguatezza e di una comune responsabilità potrà facilitare anche il superamento di molte difficoltà psicologiche e l'adozione di nuove forme di comunicazione tra genitori e docenti, basate sul riconoscimento di comuni insufficienze e di comuni responsabilità nei riguardi dei ragazzi".262
Questo sforzo di confronto, di unificazione e di armonizzazione degli interventi educativi nei confronti dei giovani, resi anch'essi consapevoli degli obiettivi da raggiungere, contribuirebbe forse a migliorare il rapporto tra le generazioni che vive, in questo periodo, un'evidente difficoltà di comunicazione. Aumentare le informazioni, avere conoscenze complementari, dilatare il punto di vista sul modo di vivere, di affrontare le difficoltà da parte dei soggetti in età evolutiva, non fa altro che facilitare e rendere più adatte le risposte educative della scuola e della famiglia alle necessità e alle richieste della condizione giovanile.
Vediamo in che cosa consiste, nello specifico, il Progetto Genitori: esso viene lanciato con la C.M. 47/1992 e specificato con la C.M. 362 sempre del 1992 che rappresentano le due circolari di riferimento; successivamente viene riconfermato e sostenuto dalle più recenti C.C.M.M. 120/1994 e 600/1996.
Sappiamo già che il nucleo concettuale e l'ambito di intervento sono costituiti dall'educazione alla salute in quanto bene e obiettivo che scuola e famiglia, ognuna nel proprio ambito, tendono a perseguire. Questo progetto, quindi, si inserisce e completa la strategia di intervento per un'azione di prevenzione primaria da parte della scuola; esso ha lo scopo di corresponsabilizzare le famiglie nei riguardi delle iniziative che la scuola sta assumendo, in ordine ai problemi della prevenzione del disagio e della promozione del benessere.
Vuole anche offrire ai genitori un'occasione di riflessione su quanto la scuola tenta di fare per capire i ragazzi e per aiutarli a crescere in modo positivo, così da poter stabilire un nuovo punto di contatto e di dialogo nel travagliato rapporto tra le famiglie e la scuola.
Viene auspicata, infine, la possibilità di sviluppare tra i genitori una rete di collaborazione affinché si diffonda, anche tra le famiglie, una cultura della prevenzione che vada oltre il periodo scolastico o il momento contingente, e si stabilisca come modo di affrontare la vita.263
Per perseguire tali finalità vengono istituiti dei corsi per i quali sono indicati obiettivi, contenuti, metodologia, ecc. Vediamoli in breve.
Tra gli obiettivi individuiamo:
* l'aumento di competenza e sensibilità pedagogica dei genitori
* l'acquisizione di strumenti di comunicazione
* la creazione di un'intesa solidale e permanente tra insegnanti, genitori ed operatori sociali e fra genitori e genitori, in funzione soprattutto della prevenzione del disagio e delle dipendenze
* l'apertura della scuola al territorio affinché diventi un luogo di incontro e di confronto di tutte le componenti impegnate a costruire esperienze significative a favore dei ragazzi.
I destinatari dei corsi sono i genitori di tutti gli alunni delle elementari, medie e superiori, anche se, all'inizio, a causa dell'esiguità dei finanziamenti, si è preferito coinvolgere i genitori dei ragazzi che frequentano classi di passaggio da un ordine di scuola all'altro per le difficoltà e le tensioni che spesso si manifestano in queste delicate fasi.
I contenuti degli incontri possono essere i più diversificati, a patto che tengano conto delle finalità e degli obiettivi proposti, delle esigenze eventualmente manifestate da parte dei genitori, di situazioni particolari presenti sul territorio e di eventuali contingenze. Possono quindi riguardare:
* la conoscenza dei comportamenti caratterizzati da dipendenza psicologica negativa, delle forme di disagio e delle loro manifestazioni
* le modalità per rendere efficace il rapporto educativo e gli interventi in grado di offrire ai ragazzi, senso della propria esistenza, coraggio nell'affrontare situazioni difficili, autostima
* la comunicazione tra giovani e adulti, tra coetanei
* la contrattualità formativa tra genitori e figli, tra insegnanti e allievi, tra genitori ed insegnanti
* il problema dell'orientamento nei confronti dello studio, del lavoro, del tempo libero, dei gruppi giovanili
* i problemi legati alla gestione della propria salute: alimentazione, alcool, tabacco, droghe, farmaci.264
La metodologia dovrà prevedere momenti di formazione e momenti di scambio di esperienze: è importante che la progettazione e la gestione di tali attività siano flessibili, partecipate e condivise, in modo da poter diventare occasione di dialogo e di scoperta. Quanto più i genitori saranno messi nella condizione di fare una reale esperienza di protagonismo, tanto più i corsi risulteranno utili nell'approfondire la consapevolezza del proprio ruolo e nell'assumere atteggiamenti adeguati.
A tali corsi potranno partecipare esperti (psicologi, pedagogisti, medici, operatori sociali, esponenti di diverse associazioni) in qualità di relatori e di conduttori di gruppo; quando è possibile sarà opportuno utilizzare le competenze professionali dei genitori e tener conto delle loro esperienze.
Anche i docenti sono invitati a partecipare a questi corsi, per creare un raccordo operativo utile nella proposta di attività e nell'individuazione delle finalità; in questo modo, oltre a testimoniare un interesse reale ai problemi che riguardano i figli-alunni, possono condividere un comune discorso educativo, che è la base per un dialogo corretto e per una migliore comprensione.
Viene infine specificato che tali corsi dovranno godere della massima pubblicizzazione, della diffusione dei risultati di queste esperienze e della circolazione delle informazioni circa le iniziative adottate, in modo da coinvolgere e sensibilizzare il più alto numero di genitori, gli organi collegiali e l'opinione pubblica in generale. E' necessario, inoltre, per evitare sprechi e sovrapposizioni e per rendere più efficaci tali attività, curare i raccordi tra scuole che organizzano incontri analoghi; promuovere la collaborazione con le istituzioni pubbliche territoriali che hanno obiettivi comuni; definire spazi e modi, come l'apertura prolungata delle scuole, per garantire la realizzazione delle attività.
In attesa di una riforma organica la scuola sta operando per mettere a punto altri strumenti, nuovi e meno nuovi, che risultino utili al miglioramento del rapporto scuola-famiglia.
Abbiamo già considerato precedentemente il P.E.I. (Progetto educativo di istituto) che ha lo scopo di rendere più esplicita e completa l'offerta formativa della scuola. Nella sua elaborazione sono chiamati anche i genitori ad esprimere le proprie esigenze, i propri convincimenti in modo che il progetto sia espressione delle diverse componenti scolastiche.
Anche le schede di valutazione per la scuola elementare e media possono essere considerate strumenti indiretti, ma sufficientemente indicativi, per cogliere e analizzare alcuni aspetti del rapporto scuola-famiglia.
Il fascicolo personale dell'allievo, invece, contiene i documenti di valutazione e notizie utili ad una opportuna conoscenza dell'alunno, che sono state acquisite anche in collaborazione con la famiglia.
I colloqui docenti-genitori, che rimangono fondamentali strumenti di conoscenza e di scambio, assumono particolare rilievo nei momenti di passaggio da un grado scolastico a quello successivo. In questi casi è utile prevedere anche incontri triangolari tra i genitori e i docenti dei gradi contigui.
Anche il mezzo radiotelevisivo e in particolare il Dipartimento Scuola Educazione può considerarsi un ulteriore strumento di collegamento tra mondo della scuola e quello della famiglia in quanto favorisce una conoscenza più ampia delle problematiche educativo-didattiche.
Tutti questi strumenti, e il Progetto Genitori in particolare, testimoniano la rilevanza e l'attualità che pone il problema del rapporto scuola-famiglia. Si è parlato, nella Conferenza Nazionale sulla scuola, di un nuovo "patto sociale" tra scuola e società civile, di un'alleanza da coltivare, in vista di un bene comune da perseguire.265
E' evidente che, per raggiungere un obiettivo così vasto e impegnativo, si deve passare attraverso un rilancio della cooperazione famiglia-scuola, si deve ipotizzare un approccio aperto, flessibile, sincronizzato ove accogliere le reciproche ricchezze ed i reciproci limiti, e finalizzarli allo stesso bene comune.
Le condizioni culturali, sociali, economiche sono cambiate e i tempi sono maturi per esigere quello che è stato chiamato il passaggio "dalla cultura della partecipazione a quella dell'organizzazione".266 Non si tratta di annullare la partecipazione, ma di riqualificarla e di rifinalizzarla definendone più nettamente i modi, le forme di rappresentanza e le motivazioni, in vista di un'organizzazione più funzionale. E pare proprio che una motivazione più credibile sia ciò di cui hanno bisogno i genitori per essere coinvolti, per mettersi all'opera con convinzione e serenità.
Questo progetto può rappresentare, in definitiva, la giusta situazione entro cui rinnovare il rapporto di stima reciproca tra la famiglia e la scuola; può voler indicare che nella scuola è possibile comunque trovare forme di "partecipazione diffusa" cioè altri spazi comuni, oltre quelli previsti dai decreti delegati, per focalizzare e discutere i problemi, ma anche per mettere in comune il grande patrimonio di idee e di esperienza di cui famiglie e scuola sono portatrici.267
 
 
 
 
 
 Capitolo 6
 
INDAGINE SVOLTA NELLA PROVINCIA DI PORDENONE
 
 

6.1.  Il Servizio di educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze

Pare opportuno, prima di affrontare i temi, gli obiettivi, le modalità, e le conclusioni della nostra indagine, fare riferimento al Servizio di educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze del Provveditorato agli Studi di Pordenone, per diversi motivi. Questo servizio, che fa capo all'Ufficio Studi e Programmazione, ci ha offerto innanzitutto la possibilità di consultare materiali specifici e, successivamente, di avere a disposizione la documentazione necessaria a svolgere il nostro lavoro di ricerca.
In secondo luogo l'esperienza in materia di educazione alla salute maturata da tale Ufficio, nel corso di vent'anni di attività, ci è stata oltremodo utile per avere una visione d'insieme e un quadro dell'evoluzione avvenuta in riferimento alle tematiche in oggetto.
Ecco allora la necessità di fornire un approfondimento riguardo tale Ufficio e la sua attività di educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze.
La Legge 685/75, come abbiamo precedentemente indicato, prevedeva la costituzione, presso ciascun Provveditorato di un "Comitato di studio, di programmazione e di ricerca al fine di porre la scuola, a livello di insegnanti, di alunni e relative famiglie, in grado di attuare una responsabile educazione sanitaria e sui danni derivanti dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope".268
Tale Comitato, costituito per la provincia di Pordenone nel 1977, è composto dal docente comandato, dai rappresentanti dei docenti (in genere quattro) e dei genitori (in media due), dai presidenti dei distretti scolastici, dal presidente dell'USL, dal medico coordinatore (o da altri medici), dal rappresentante della Questura e da quello della Prefettura e da alcuni esperti.
Nel concreto l'attività del Comitato Provinciale (C.P.) fa perno sul docente comandato, che ne è il responsabile, e che si occupa dell'educazione alla salute e della prevenzione delle tossicodipendenze a tempo pieno, presso i rispettivi provveditorati.
Gli obiettivi principali di questo Ufficio sono i seguenti, che vengono indicati secondo priorità:
* il problema dell'educazione alla salute come forma di prevenzione del disadattamento e delle tossicodipendenze
* l'aggiornamento professionale degli operatori della scuola per l'educazione alla salute
* l'informazione sulle droghe
* la conoscenza della situazione reale per quanto concerne la diffusione delle tossicodipendenze tra i giovani
* integrazione di interventi mirati all'educazione alla salute tra scuola e istituzioni del territorio
"Questi obiettivi, portati avanti dal servizio e dal C.P. di Pordenone si possono considerare sufficientemente raggiunti, anche se i progetti per il futuro sono quelli di consolidare e potenziare i risultati ottenuti".269
Le attività previste si caratterizzano nell'organizzazione dei corsi di studio e di aggiornamento per insegnanti, di lezioni e conferenze per i genitori, di dibattiti e colloqui con allievi, finalizzati in generale all'informazione e all'educazione socio-sanitaria.
Tali attività devono, evidentemente, essere attuate secondo le indicazioni del M.P.I., anche se rimane del suddetto Comitato la responsabilità di promuovere, attivare e verificare le iniziative in oggetto.
Molte sono le difficoltà emerse nell'organizzare e nell'attuare questo Servizio. Le prime sono quelle di carattere finanziario che limitano lo spettro delle iniziative e rallentano la loro programmazione a causa della necessità di reperire fondi e sovvenzioni presso privati, banche e altri enti pubblici.
Si lamenta, inoltre, una non chiarezza negli obiettivi prefissati dall'Autorità amministrativa centrale, sia per il C.P., che per il servizio di educazione alla salute. Si auspicano, quindi, direttive ministeriali più precise, tali da poter essere applicate con il peso dell'autorevolezza ministeriale.
Notevole, a volte fin troppo, è la mole di lavoro a carico di questo Servizio, che non considera solo le numerose iniziative che sono state attuate, ma tutta la nutrita serie di incontri, contatti personali, mediazioni che stanno a monte di ogni organizzazione. A questo si aggiungono le attività di contatto e di collaborazione con Enti pubblici, privati e associazioni di vario livello e le funzioni di rappresentanza che appesantiscono i compiti ordinari.
Immancabilmente, poi, il Servizio viene caratterizzato dalla figura del suo responsabile, dalle sue doti e qualità personali che, se si rilevano indispensabili nella fase di avvio e di costruzione del servizio, potrebbero frenare in seguito il consolidamento dello stesso e il processo di autonoma responsabilizzazione degli interventi.
Inoltre, in merito alle azioni di intervento in campo preventivo, emerge nettamente una sovrapposizione: da un lato la regione con le sue leggi, il Comitato Regionale e le UU.SS.LL a cui è stato assegnato l'intervento operativo, dall'altro il mondo della scuola, con i suoi Comitati Provinciali, con i docenti comandati, e con il servizio di educazione alla salute. Le due tendenze, anche se non divergenti tra loro, hanno conosciuto non poche difficoltà di comprensione e di comunicazione. Sebbene si siano cercati un proficuo scambio di esperienze e un reciproco utilizzo di tecnici e di esperti, è mancata una convergenza sia negli obiettivi comuni da privilegiare, sia nel metodo con cui raggiungerli.
Le numerose iniziative che a più riprese hanno coinvolto tutte le componenti sociali dimostrano, comunque, che la struttura scolastica ha saputo misurarsi con i fenomeni in questione, e superare quell'isolamento di cui a volte è stata criticata; senz'altro le iniziative sono sotto dimensionate rispetto alle potenzialità, ma risultano indicative di una vivacità che deve essere valorizzata.
Nell'ambito dell'educazione alla salute, al fine di rimuovere e di ridurre i fattori  rischio che possono comprometterla e ostacolare la sua indispensabile funzione, la scuola ritrova così un terreno di incontro con le strutture sanitarie, con le forze sociali, ecc. E pare questa una direzione che la scuola attuale non può permettersi di smarrire.
 
 

6.2.  Situazione delle scuole superiori della Provincia

6.2.1.  Situazione delle scuole superiori

La prima parte di questa indagine vuole offrire un quadro generale della situazione scolastica a livello della scuola secondaria superiore nella provincia di Pordenone.
Prendendo in considerazione l'anno scolastico 1996-97, vediamo che nella provincia di Pordenone sono presenti, contando anche le sedi staccate, 24 istituti superiori, di cui 9 sono situati nel capoluogo; a questi si aggiungono quattro corsi serali attivati a Pordenone e a S. Vito al Tagliamento.
Gli alunni frequentanti le scuole superiori sono stati, sempre nello stesso anno scolastico, complessivamente 10970, di cui 5857 solo nel capoluogo.
La popolazione residente a Pordenone, di età compresa tra i 15 e 19 anni, frequenta le scuole superiori per l'80,7%: viene di conseguenza spontaneo domandarsi cosa faccia la percentuale rimanente, pari al 19,3%. Probabilmente alcuni frequentano scuole fuori comune, e un certo numero i corsi di formazione di professionale; gli altri, presumibilmente, hanno abbandonato gli studi, entrando in genere abbastanza presto nel mondo del lavoro.
Questo dato è indice di un problema attualmente molto sentito, oltre che dai Comuni e dalla Regione, anche dall'amministrazione scolastica centrale che, come abbiamo visto, ha elaborato diverse strategie per far fronte alla dispersione scolastica.
Nella provincia di Pordenone, se non è molto consistente l'evasione dall'obbligo scolastico, risulta invece significativo il problema della dispersione.
Prendiamo in considerazione più da vicino i seguenti dati per avere un'immagine più definita di tali fenomeni. Nella scuola dell'obbligo la selezione per bocciatura o per ritiro risulta del tutto insignificante: nella scuola elementare, nell'anno scolastico 95-96, tale percentuale ricopre appena lo 0,29%, mentre nella scuola media raggiunge il 3,06%, dato che risulta essere concentrato principalmente nelle scuole del distretto pedemontano.
La situazione cambia radicalmente nel passaggio alla scuola superiore: si registra infatti uno scarto considerevole, pari all'11,9% nell'anno scolastico 96-97, tra il numero dei ragazzi che si possono iscrivere ad un istituto superiore, (numero che risulta dalla somma degli alunni licenziati dalla scuola media statale e da quella legalmente riconosciuta, più il numero dei respinti al primo della scuola superiore) e quelli che effettivamente si sono iscritti, l'anno seguente, in una scuola media superiore. Dove sono, cosa fanno questi giovani mancanti all'appello?
Se poi prendiamo in considerazione la differenza di numero tra gli iscritti in prima superiore e quelli che conseguono la maturità dopo cinque anni, balza all'occhio un evidentissimo scarto, pari per l'anno 90-91, al 36,4%, e per l'anno 91-92 al 39,4%.
Confrontando i risultati, possiamo constatare che si riduce la fascia di alunni che all'inizio resta fuori dalla scuola superiore (351 ragazzi nell'a.s. 96-97 contro gli 814 nell'a.s. 90-91), ma cresce, fino a superare il terzo del totale, il numero di coloro che abbandona gli studi prima di averli portati a termine.
Un dato del genere non può non destare preoccupazione in quanti si occupano della scuola e cercano di comprendere i fenomeni e i cambiamenti che la riguardano.
Mancano studi specifici sul mondo giovanile locale, ma non si può trascurare il fatto che l'elevato numero di abbandoni e di bocciature è, di per se stesso, indice eloquente di qualcosa che non va: non si può accettare tale fenomeno come normale, come risultato logico ed inevitabile del modo di operare della scuola. Possiamo proporre allora due chiavi di lettura.
Da una parte questo notevole scarto (drop-out) testimonia un'effettiva difficoltà delle persone in età adolescenziale ad elaborare per sé chiari itinerari di sviluppo personale e di inserimento in una società così mobile e aperta (sono lontani ormai i tempi in cui il giovane trovava nella famiglia e nell'ambiente in cui viveva una via tracciata per costruire il suo futuro professionale e sociale).
Dall'altra abbiamo già evidenziato come la dispersione sia sintomo di una scuola produttrice essa stessa di disagio, in quanto propone percorsi educativi troppo rigidi, a cui gli alunni faticano ad adeguarsi e, nel contempo, pone scarsa attenzione alle differenze innate e culturali che indubbiamente giocano un ruolo importante. A queste differenze la scuola non può rispondere con la selezione meritocratica, ma con la differenziazione degli itinerari formativi, con l'individualizzazione dei processi, affinché ciascuno sia messo nelle condizioni di esprimere al meglio le proprie potenzialità.
Il futuro della scuola, e non solo di quella italiana, sembra coincidere allora con la capacità di immaginare e di creare un'organizzazione scolastica e una didattica fondate sulla personalizzazione dei curricoli, che attivino abilità e valorizzino propensioni individuali, in un rapporto costruttivo con la società. L'insuccesso scolastico che l'attuale rigidità del sistema produce, sappiamo, può essere alla base di tante sofferenze giovanili, quando non costituisce il punto di partenza per più gravi devianze.270

6.2.2.  Le risposte della scuola

Pare corretto a questo punto affermare che nella scuola della nostra provincia, così come presumibilmente in quella italiana, non mancano sperimentazioni ed iniziative di ottimo livello, anche se siamo ancora lontani da un processo generalizzato che riesca a determinare un innalzamento della qualità del prodotto finale. Comunque stiano le cose, sembra questa la strada obbligata per iniziare a promuovere un rinnovamento della nostra scuola.
Prendiamo ora in esame le iniziative che hanno costituito e costituiscono una risposta alle richieste di apertura della scuola al territorio, ad un suo avvicinamento alle esigenze espresse dai giovani e dalla società, ad una sua articolazione nell'offerta di servizi.
Alcune di queste attività rientrano più specificatamente, lo vedremo in seguito, nel Progetto Giovani, altre seguono disposizioni e percorsi diversi, ma tutte vengono a costituire un punto di aggregazione giovanile attorno ad interessi ed iniziative scelte, per lo più, in modo spontaneo dai ragazzi stessi.
Nostro obiettivo è quello di fornire un panorama il più possibile completo di quello che la scuola offre, e può offrire, nei confronti della sua utenza, e in particolare della fascia adolescenziale.
Sottolineiamo, quindi, alcuni dati che possono essere utili per capire meglio la portata e l'incidenza di tale fenomeno.
Se prendiamo in considerazione solo il capoluogo di provincia, rileviamo che tali attività sono state frequentate, per l'anno scolastico 1995-96, da ben il 55,8% degli studenti delle scuole superiori. Il numero dei frequentanti supera il numero dei residenti, nel comune di Pordenone, della stessa fascia d'età; ne consegue che le scuole medie superiori del capoluogo costituiscono momento di offerta aggregativa per tutta la provincia.
La maggior parte di queste proposte (l'81%) viene svolta il pomeriggio, al di fuori quindi dell'orario curricolare, e prende in considerazione le tematiche più varie, dallo sport alla cultura, dal teatro alla musica, dall'informatica alle lingue.
 

Tali attività sono promosse per il 30% dagli studenti e per il 70% dagli insegnanti, sia come singoli, che come Collegio Docenti; la loro pubblicizzazione è fatta per il 70% dagli insegnanti promotori o dagli stessi studenti, mentre la richiesta di partecipazione alle stesse è fatta per il 70% dai singoli studenti interessati, e per il 19% su invito dei docenti promotori.
Sono poi gli stessi insegnanti, nella misura del 75%, a tenere queste attività, mentre le rimanenti, riguardanti prevalentemente la cultura, sono gestite da collaboratori esterni.
Il finanziamento è, per il 75%, a carico del bilancio delle scuole, il rimanente è coperto da privati, da studenti o genitori che autofinanziano le attività con un contributo diretto o con il pagamento di quote di iscrizione e/o pagando l'entrata agli spettacoli (nelle attività culturali).
Il luogo dove si svolgono tali attività viene a coincidere, per lo più, con gli spazi propri della scuola, che variano, ovviamente, a seconda del tipo di iniziativa (palestra, laboratori attrezzati, aule, spazi esterni) e della disponibilità stessa della scuola in questione.271
Sulla base di questi dati, che se anche non esaurienti di per sé, sicuramente indicativi di un fenomeno in atto, si possono condurre le seguenti osservazioni.
Nonostante la scuola stia vivendo un momento di grave crisi, essa sembra costituire, comunque, un punto di riferimento per molti giovani (alcune migliaia per la precisione), e si configura come spazio aggregativo pomeridiano. In tale spazio viene offerta la possibilità agli studenti interessati, di partecipare a diverse esperienze, di imparare cose nuove sulla base della propria motivazione, di partecipare alla scelta e all'organizzazione delle attività stesse.
Ci si può domandare come mai, nella molteplicità e varietà degli stimoli e delle opportunità, presenti normalmente nella società attuale, la scuola venga tenuta in considerazione e scelta anche in orario extracurricolare per prendere parte a queste attività integrative.
Ipotizziamo alcune motivazioni: in primo luogo probabilmente i giovani hanno esperienza dell'ambiente scolastico, lo conoscono, lo trovano sicuro, cosicché si riduce la componente di stress che caratterizza le loro esplorazioni di adolescenti.
Allo stesso modo gli studenti conoscono, nella maggior parte dei casi, gli insegnanti che sono motivati, che svolgono il loro impegno con passione e per i quali essi nutrono stima. Con loro si instaura e si approfondisce un rapporto di conoscenza e di fiducia che risulta particolarmente importante in quest'età.
Inoltre chi partecipa a queste iniziative ha la possibilità di trovarsi con i compagni al di fuori della competizione e dei ruoli definiti dal lavoro scolastico, e di coltivare nuove opportunità di socializzazione.
E' significativo il fatto che molte di questa attività vengano frequentate da alunni che non abitano nel capoluogo e che quindi hanno a carico tempi di spostamento più o meno lunghi. Ci si può domandare se in questi ragazzi la motivazione e l'interesse risultino maggiori e più radicati o se, al contrario, i luoghi di provenienza, specie nel caso di piccoli paesi o di abitazioni isolate, non riescano a soddisfare i bisogni e la voglia di conoscere e di sperimentare proprie di questa fascia di età.
In ogni modo, partecipando alle attività scolastico-integrative, gli adolescenti possono sviluppare nuove abilità e competenze diverse, possono acquisire motivazione e sicurezza, possono ottenere riconoscimento e identificazione. A questo proposito ricordiamo che l'abbandono scolastico risulta molto elevato in particolar modo nel primo anno di scuola (negli istituti professionali ha registrato punte del 40%), anno in cui è meno forte il senso di appartenenza al gruppo classe e il senso di affiliazione alla propria scuola.
Non è facile passare da un ambito in cui le considerazioni si appoggiano a dei dati numerici, ad un ambito di natura più qualitativa, in cui si vogliono capire le motivazioni che stanno alla base di comportamenti, scelte, problemi. Mancano inoltre studi specifici sul mondo giovanile locale, che forniscano una chiave di lettura del disagio giovanile nel pordenonese, del suo rapporto con la frequenza scolastica e la qualità della scuola, e che aiutino a far luce in questo senso.
La Regione affronta il tema del drop-out nella formazione professionale, i Comuni affidano a studi professionali l'elaborazione dei loro Progetti Giovani, la scuola, sappiamo, coltiva la prospettiva dello star bene, ed è impegnata nella lotta alla dispersione scolastica. Siamo però lontani da una ricerca complessiva ed organica che fotografi la situazione locale anche in rapporto a quella nazionale.
Il progetto dell'autonomia degli istituti scolastici può risultare utile in questo senso, in quanto prevede un rapporto vivo con il territorio e con le sue istituzioni; privilegia inoltre il rapporto con le famiglie, ma soprattutto, per quello che ci interessa, prevede nuove forme di partecipazione dei giovani all'organizzazione di attività integrative e parascolastiche.
 
 

6.3.  I progetti di educazione alla salute nella provincia di Pordenone.
        Anni scolastici 92/93-96/97

6.3.1.  Scopo del lavoro di ricerca e di indagine

Lo scopo del nostro lavoro è quello di fornire, per la provincia di Pordenone, un quadro d'insieme, che sia indice della portata e del tipo di risposta suscitata dai progetti di educazione alla salute voluti dal Ministero della P.I.
All'interno di tale quadro, ci si propone di individuare, per la scuola superiore, uno o più modelli significativi sui quali concentrare la nostra attenzione per avere un'immagine più chiara e concreta di come siano stati portati avanti e messi in pratica i suddetti progetti, oltreché dei risultati e degli obiettivi conseguiti.
Le considerazioni che potremo evidenziare al termine di tale indagine ci permetteranno di stabilire se e come i progetti di educazione alla salute, per gli aspetti considerati, siano stati in grado di soddisfare il tipo di esigenze e di richieste per le quali erano stati pensati.

6.3.2.  Raccolta delle esperienze svolte in provincia di Pordenone:
          strumenti e metodi di indagine

La presente indagine prende in considerazione i progetti di educazione alla salute elaborati dalle scuole della provincia di Pordenone che hanno fatto pervenire la propria documentazione al Provveditorato agli Studi - Ufficio Studi e Programmazione. Precisiamo che tale documentazione è potuta risultare non completa, in quanto alcune scuole hanno fatto rientrare i propri progetti di educazione alla salute all'interno di altre attività o di progetti allargati, e per questo non hanno avuto la necessità di richiedere al Provveditore il finanziamento previsto; di conseguenza per questi progetti non è stata presentata alcuna relazione, rendendo difficoltosa la loro ricerca.
Nell'anno scolastico 95/96, per fare un esempio significativo, anno in cui non è stato previsto alcun finanziamento per l'educazione alla salute, si nota un crollo vero e proprio di quasi tutte le attività, che però nella pratica, almeno in parte, sono presumibilmente continuate sotto altre forme.
Considerando quindi la documentazione presente in Provveditorato, si è proceduto inizialmente alla suddivisione dei progetti per anno scolastico e per ordine di scuola.
A questo punto risultava necessario catalogare, secondo un preciso criterio, la vastissima e variegata gamma delle proposte e delle iniziative adottate in questi progetti.
Sulla base di uno studio analogo condotto su scala nazionale, e di alcune indagini, messe in atto da diversi Provveditorati, dunque, è stata operata una distinzione e una differenziazione delle diverse tipologie e tematic`e che sono emerse dall'analisi della documentazione, e che sono risultate così suddivise:
* educazione alla salute, alimentazione, igiene, auxologia
* prevenzione delle dipendenze: droga, tabacco, alcol, farmaci
* educazione sessuale, prevenzione AIDS
* prevenzione degli infortuni, educazione stradale, educazione alla sicurezza
* problemi dello sviluppo psicologico, della comunicazione, le relazioni interpersonali; problemi scolastici legati all'apprendimento, alla motivazione; la dispersione scolastica; il mondo del lavoro
* educazione ambientale
* attività espressive e ludiche
* educazione alla legalità, ai diritti umani, alla pace, alla diversità, al senso civico, al volontariato
* altre attività
Sono state composte tabelle, come quella che segue, con lo scopo di dare ordine e sistematicità ai dati in possesso:
 

 

Certo questa suddivisione delle tematiche può risultare per tanti aspetti arbitraria, ma ha voluto tener conto anche delle caratteristiche della documentazione raccolta, cercando di dare il giusto spazio e la giusta rilevanza ad ogni tipo di proposta.
Risultano evidenti, come abbiamo già notato, l'amplissimo spettro delle attività e delle tematiche che sono state affrontate; se da una parte ciò può essere indice di notevole apertura nei confronti di temi particolarmente attuali, e specchio di una sicura ricchezza di iniziativa, dall'altro rende meno verificabile e più dispersivo il lavoro, considerato soprattutto nella sua globalità.
Con l'obiettivo di costruire un quadro di insieme, è stata compilata una prima serie di  tabelle, per ogni anno scolastico, a partire dal 1992/93 fino al 1996/97; in queste tabelle, che qui non visualizzeremo, vengono indicati quanti progetti ha messo in atto ogni singola scuola e che tipo di tematiche sono state prese in considerazione.
I dati che si sono ottenuti sono stati riassunti, per ogni annata individuata, in tabelle come quella su indicata, in cui non compaiono più le singole scuole, ma dove viene indicato il numero complessivo dei progetti elaborati, per ogni filone di attività, nei quattro ordini di scuola considerati.
Confrontando queste tabelle molti sono gli elementi interessanti che emergono e che cercheremo di individuare e poi di commentare.
 
 

ANNO 1992/93
*
 
 
ANNO 1993/94
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ANNO 1994/95
*
 
 ANNO 1995/96
 
 
 *
 
 
ANNO 1996/97
 
 
 *
 

Con questi nuovi dati sono state compilate le successive tabelle, attraverso cui pare particolarmente interessante osservare l'evoluzione che ogni gruppo di tematiche ha subito nel corso del quinquennio preso in considerazione. A questo scopo sono stati costruiti dei grafici in cui viene evidenziato che tipo di rilevanza e di andamento ha riscontrato quello specifico filone di tematiche nei quattro ordini di scuola considerati.
Sulla base di queste osservazioni, e supportati da indagini di tipo analogo, ci si è mossi per individuare delle chiavi di lettura che possano rendere conto dei cambiamenti verificatisi, delle situazioni che li hanno messi in atto, delle motivazioni che ne stanno alla base.

6.3.3.  Analisi dei dati

Non è questo il luogo per un'analisi statistica dei risultati, ma pare necessario soffermarsi sui dati che ci sono sembrati più significativi per capire l'andamento, la portata e la rilevanza riscossa dai singoli progetti nei diversi ordini di scuola; si potranno stabilire così delle analogie e delle differenze, delle costanti e delle variabili nel modo di procedere di queste attività.
E' da precisare che questi dati, per il fatto di essere stati raccolti attraverso una documentazione già presente in Provveditorato, senza la possibilità di apportare delle modifiche negli strumenti di indagine e di verificare 'sul campo' quanto emerso globalmente, si prestano, forse, meglio ad un'analisi di tipo quantitativo, piuttosto che ad una valutazione sulla portata formativa degli effetti prodotti. Muovendo dagli elementi rilevati da questa indagine, con l'aggiunta di quanto letto e riscontrato nella documentazione esaminata di ogni singolo progetto, cercheremo comunque di fornire un'interpretazione che più si avvicini alla reale rilevanza provocata da queste attività di educazione alla salute.
Partiamo da un punto di vista generale, prendendo in considerazione, globalmente, i quattro gradi di scuola interessati, per poi entrare nello specifico esaminando le singole tematiche.
 
 
I gradi della scuola
 

 

 

Per la scuola elementare si evidenzia un graduale aumento nel numero complessivo dei progetti (ad eccezione dell'anno scolastico 95/96 per i problemi cui sopra accennavamo), che passano dai 45 del 92/93 ai 78 del 96/97; tra gli ordini di scuola esaminati, questo risulta essere quello che ha mantenuto l'interesse più costante nei confronti del Progetto Ragazzi e delle attività di educazione alla salute ad esso collegate.
Inizialmente tali progetti sembrano abbastanza distribuiti tra le diverse tematiche, mentre successivamente si accentrano attorno a singoli temi, che non sono però gli stessi, ma cambiano per i diversi anni.
Fanno eccezione l'educazione ambientale e le attività espressive, che rimangono dei nodi costanti di interesse. Così, per esempio, nel 94/95 si registra una notevole attenzione all'educazione stradale, che porta ad elaborare 14 progetti, mentre due anni dopo tali progetti scendono ad una sola unità; nel contempo sale invece l'interesse per la poesia, la scrittura creativa, la lettura che, da zero progetti lievita ai 14 progetti del 96/97.
Questa variazione può essere spiegata con la tendenza generale, riscontrata in tutti gli ordini di scuola, non solo in provincia di Pordenone, ma anche a livello nazionale, ad attenuare il carattere salutistico-preventivo delle attività di educazione alla salute, in favore dell'aspetto promozionale dello star bene.
Nell'ultimo anno la scelta delle tematiche si concentra intorno a tre filoni, che da soli raccolgono oltre il 50% delle iniziative. Poco seguito raccolgono le tematiche dell'educazione sessuale e della prevenzione delle tossicodipendenze che, più o meno giustamente, riservano la loro attenzione agli alunni in età adolescenziale.
 

Nella scuola media dopo l'esplosione nel numero dei progetti, culminata nel 94/95 con ben 150 progetti, si registra attualmente un calo; rimane comunque questo il segmento di scuola, e non solo nella nostra provincia ma anche in ambito nazionale, che sembra aver risposto in modo più ampio e articolato alle proposte del Ministero. Questo perché probabilmente il Progetto Ragazzi coglie alcuni aspetti come il protagonismo giovanile, la curiosità, la voglia di sperimentare, presenti in modo particolare in quest'età; inoltre le modalità di lavoro messe in atto da questi progetti e gli argomenti di interesse, ben si conciliano con la motivazione degli alunni, ma spesso non trovano spazio e modo di svilupparsi nella normale attività scolastica.
Notiamo nei confronti della scuola elementare alcune somiglianze. Anche qui l'educazione ambientale e le attività espressive (che racchiudono nel proprio ambito molteplici iniziative tra cui il cinema, il teatro, lo sport e la musica) rappresentano temi di costante interesse, in grado di stimolare proposte adeguate, tanto che nell'ultimo anno preso in considerazione, esse raccolgono da sole oltre il 30% dei progetti presentati. Analogamente, anche se in misura minore rispetto all'ordine di scuola precedente, viene a ridursi, rispetto ai primi anni, la distribuzione nel numero dei nuclei tematici affrontati, per cui l'attenzione pare concentrarsi su meno tematiche (si passa da 7 filoni che raccolgono, ognuno, oltre il 6% dei progetti nel 92/93 e del 93/94, ai 4 del 96/97).
 

 

Per la scuola superiore si rileva un percorso similare a quello della scuola media: grande seguito dell'iniziativa soprattutto nell'anno 93/94, con 121 progetti, e calo negli anni seguenti fino ad arrivare ai 57 del 96/97. Si può notare, nel complesso, una certa distribuzione nelle tematiche affrontate, con una presenza molto rilevante delle attività espressive soprattutto nei primi due anni presi in considerazione.
Globalmente sembra diminuire, negli ultimi due anni, l'attenzione verso le problematiche di carattere preventivo e aumentare invece la partecipazione ad attività alternative, come la scrittura creativa, il volontariato ecc., che non trovano collocazione all'interno delle attività curricolari.
Alta, rispetto agli altri ordini di scuola, risulta essere la percentuale di progetti legata ai problemi dello sviluppo psicologico, dell'apprendimento, della comunicazione, a causa della delicatezza della fase in cui si trovano gli alunni di questa fascia d'età.
L'educazione ambientale, confrontata con gli altri ordini di scuola, pur rimanendo rilevante, perde significative quote percentuali, come ad indicare che, in questa fase, altre sono le urgenze sentite e le proposte avanzate.
A questo proposito è importante sottolineare come nella scuola superiore, a differenza degli altri ordini, sono gli stessi alunni che possono proporre, attraverso i rappresentanti di classe e di istituto, attraverso i comitati studenteschi o attraverso i propri insegnanti, iniziative ed attività che rispondono, quindi, in modo più adeguato alle proprie esigenze e ai propri interessi. Ecco perché nella scuola superiore l'analisi delle tematiche acquista un valore particolare, in quanto indice delle problematiche sentite in prima persona dagli alunni frequentanti.

Poco si può dire riguardo la scuola materna, in quanto il Progetto Arcobaleno è entrato a regime solo a partire dall'anno 94/95. Il suo seguito sembra comunque in aumento, e tra le attività preferite, emergono in maniera decisa quelle legate alla sfera espressiva e ludica, come può essere facilmente comprensibile in un'età che privilegia questo tipo di comunicazione.
Molti dei caratteri fondamentali del Progetto Arcobaleno sono in linea con i Nuovi Orientamenti, per cui non pare difficile l'inserimento di questo progetto nelle attività curricolari. Secondo quanto esaminato, sembrano trovare poco spazio le problematiche inerenti l'educazione alla salute in senso stretto, seppure previste in modo esplicito dagli ordinamenti ministeriali.
 

 
 

Le singole tematiche

Prendiamo ora in considerazione i dati riferiti alle singole tematiche, cercando di dare una spiegazione alle evoluzioni e ai cambiamenti che si sono verificati nel corso del quinquennio considerato, per i diversi gradi della scuola. Precisiamo che, in questo lavoro di analisi, oltre le tendenze di carattere più generale, sono stati oltremodo utili, come già detto, gli elementi raccolti durante l'esame della documentazione relativa ai singoli progetti; spesso infatti in questa sede vengono indicati, più o meno, esplicitamente gli obiettivi, le motivazioni, i problemi e le difficoltà che hanno motivato e accompagnato la progettazione delle attività.
A livello generale, sembra diminuire, come abbiamo già avuto modo di riscontrare, l'interesse per le problematiche legate alla prevenzione delle dipendenze (droga, fumo, alcool, farmaci) e degli infortuni (educazione alla sicurezza ed educazione stradale).
Possiamo ipotizzare che, passata l'emergenza preventiva, per cui sono stati ideati tali progetti, ci si stia spostando verso tematiche meno salutistiche, ma nello stesso tempo più vicine agli interessi e al protagonismo dei ragazzi. Sembra cioè, e lo abbiamo ampiamente documentato nella parte precedente, che nelle scuole di questa provincia, si sia capito che per prevenire le tossicodipendenze, la devianza e le altre forme di disagio giovanile, non basta informare sui danni, sui pericoli e sui rischi di determinati comportamenti. E' la scuola stessa che deve proporsi come luogo di benessere, dove gli alunni trovino una propria dimensione e una loro collocazione, in rapporto con se stessi e con gli altri: in questo modo il concetto di prevenzione si identifica con quello della promozione dello star bene che porta con sé una forte valenza educativa.

Tale tendenza è chiaramente visibile nel grafico relativo alla prevenzione delle tossicodipendenze: si nota, inizialmente, un grosso seguito di queste iniziative nella scuola media inferiore e superiore, proprio per l'età particolarmente delicata, in questo senso, degli alunni frequentanti, anche se è altrettanto evidente il calo progressivo, subìto già a partire dal 93-94. Verosimilmente questo tema pare collocarsi in posizione lontana rispetto alle attenzioni e ai problemi della scuola materna ed elementare: la prima rimane estranea ad ogni forma di progettazione in proposito, mentre la seconda dimostra un interesse limitato e comunque in diminuzione.
Possiamo riscontrare un andamento generale analogo per quanto riguarda l'educazione alla sicurezza, che al suo interno comprende, come abbiamo più sopra accennato, l'educazione stradale e la prevenzione degli incidenti (domestici e non).
 

Qui notiamo una maggior suddivisione dei progetti realizzati nei diversi ordini di scuola, segno che tale problematica è sentita e considerata adatta a tutte le fasce di età. Probabilmente la disponibilità di materiale nuovo e ben strutturato, favorito anche da una certa attenzione da parte del Governo, oltre che la tragica attualità degli incidenti del sabato sera, hanno favorito la diffusione di tale tipo di attività, che però dopo la crescita culminata nel 94-95, appare in declino in tutti gli ordini di scuola, ad eccezione della scuola media.
Il discorso si differenzia per l'educazione sessuale e la prevenzione dell'AIDS che presentano, nella nostra analisi, un andamento pressoché costante nella scuola elementare, e un certo aumento nell'ultimo anno per quanto riguarda la scuola materna. La scuola media e superiore invece dopo il grande seguito accordato a tale ambito nei primi anni, sembrano dimostrare un calo di attenzione, specie nel 96-97.
 

Non si può negare comunque una accresciuta sensibilità di fronte a queste tematiche, probabilmente anche in relazione ad altre iniziative ricorrenti come la giornata mondiale contro l'AIDS, con sua preparazione durante le assemblee studentesche e con le successive manifestazioni; o come la sollecitazione all'introduzione dell'educazione sessuale nelle materie curricolari, con il dibattito che ne è seguito a livello anche dell'opinione pubblica. Senza dubbio sono queste problematiche attuali e delicate, particolarmente sentite dai giovani e dagli insegnanti, e che trovano in questi progetti un modo concreto per essere affrontate, anche con l'aiuto e l'apporto di competenze di personale esperto, operante nel settore specifico della prevenzione.
Il più classico tema dell'educazione alla salute, che comprende al suo interno i problemi legati all'alimentazione, all'igiene e all'auxologia, dopo un'annata di stasi sembra recuperare terreno. Per la scuola elementare si evidenzia una certa continuità nell'attenzione accordata a questo filone di attività, che, al contrario degli altri ordini di scuola, non ha subìto il crollo del 95-96. Interessante comunque notare il recupero nella scuola media inferiore e superiore, che porta a raggiungere, nell'ultimo anno preso in considerazione, rispettivamente, il 10 e il 12% del totale dei progetti presentati.

 
Questo recupero, o comunque l'attenzione dimostrata ai temi in oggetto, possono essere spiegati con l'attualità degli stessi che ben si adatta a tutte le fasce di età; sappiamo infatti quanto sia importante fornire precocemente informazioni e conoscenze, su cui poi si costruiranno abitudini e comportamenti. Anche la facilità con cui queste tematiche si collegano a temi curricolari, dando la possibilità di approfondimenti, spiega il seguito riscosso dall'iniziativa.
L'educazione ambientale rappresenta una tematica di riferimento per tutti gli ordini di scuola e raggiunge nella scuola elementare e media i suoi picchi più alti, toccando percentuali del 20-25% del totale dei progetti presentati. Si nota un notevole aumento di attenzione a partire dal 94/95, che permane più o meno invariata, nonostante le difficoltà di finanziamento del 95/96, ed è testimoniata da un numero non trascurabile di progetti sull'argomento.
 
 

Possiamo spiegare questo successo con la notevole affinità di tale educazione sia ai programmi delle diverse scuole, sia alla sensibilità degli alunni più giovani. Anche nella scuola superiore si rileva un certo interesse, pari al 9% del totale dei progetti presentati negli ultimi due anni, anche se appaiono centrali altri tipi di problematiche.
Sottolineiamo, a questo proposito, il contributo offerto direttamente alla scuola da diversi enti ed associazioni operanti in ambito ecologico, che hanno sicuramente accresciuto la sensibilità in questo settore e facilitato l'organizzazione delle attività scolastiche.
Le attività espressive e ludiche, che raccolgono al loro interno molteplici iniziative fra cui il teatro, il cinema, la produzione di video, il giornalino scolastico, i laboratori di scrittura e di lettura, l'educazione musicale e l'educazione allo sport, pur rappresentando nel complesso un fenomeno di sicura rilevanza, presentano un andamento alquanto diversificato nelle diverse età scolastiche.
 

 

E' interessante notare che, per i quattro ordini di scuola, viene raggiunta e superata la percentuale del 50% dei progetti presentati, registrata però in annate diverse, evidenziando così che questo è un filone di attività particolarmente seguito e, nel complesso, in continua crescita. Tali attività, infatti, sembrano rispondere ai bisogni di aggregazione, di espressione, di creatività propri di queste età, e che probabilmente non trovano rispondenza, specie nella scuola superiore, nelle normali discipline curricolari. Inoltre, per la loro stessa natura, le iniziative ludico-espressive sono in grado di soddisfare il bisogno di protagonismo espresso dai ragazzi e sottolineato nell'ideazione e nell'elaborazione dei diversi progetti.
Un discorso a parte va fatto per le attività ludico-sportive. Esse, infatti, rappresentano certamente un polo di grande attrazione, che però emerge in modo relativo da questa indagine. Sembra corretto specificare quanto, in questo ambito, venga svolto attraverso l'organizzazione e la partecipazione a diverse attività fra cui i Giochi della Gioventù, per la scuola di base e i Campionati Studenteschi, per la scuola superiore, i tornei scolastici e interscolastici, il gruppo sportivo scolastico, le feste dello sport, ecc. E' innegabile, e ormai da tutti riconosciuto, lo stretto legame esistente tra salute e movimento, così come l'importanza dell'aspetto educativo dell'attività fisico-sportiva in età evolutiva. Proprio per questo e per il fatto che la pratica sportiva è molto diffusa al di fuori della scuola, si è forse sentita meno l'urgenza di inserire questo aspetto, seppur fondamentale, nei progetti di educazione alla salute, privilegiando invece attività educative meno conosciute e sperimentate.
I temi raggruppati sotto la dicitura problemi dello sviluppo psicologico, comprendono diverse problematiche, notevolmente sentite in queste età. In particolare, in questi progetti sono state affrontate tematiche inerenti l'educazione alle relazioni interpersonali, e alla comunicazione, i problemi riguardanti l'apprendimento e il disagio scolastico, l'orientamento e lo star bene a scuola, il collegamento tra i gradi diversi della scuola e con il mondo del lavoro.
 

Complessivamente questi temi rivestono una rilevanza maggiore nella scuola media e superiore, come si desume chiaramente dal grafico, per la maggiore complessità e delicatezza che comporta l'età adolescenziale; infatti essi raggiungono da soli, negli anni 93/94 e 94/95, una percentuale vicina, rispettivamente, al 17 e al 20% del totale dei progetti presentati. Analogamente l'interesse per queste problematiche sembra diminuire col diminuire dell'età, anche se, nell'ultimo anno considerato, si riscontra un lieve recupero per la scuola elementare.
Il disagio giovanile è quindi un problema riconosciuto e avvertito a tutti i livelli, e per il quale si cerca una maggiore informazione/comprensione, a cominciare dalle età precedenti. Precisiamo che, in riferimento a queste problematiche, molteplici sono le iniziative attuate specie nelle scuole superiori.
Sono organizzati "corsi per i genitori" in cui vengono trattati temi inerenti l'età evolutiva; in molte scuole è in funzione il servizio di "sportello", dove i giovani interessati hanno modo di trovare del personale specializzato (medici, psicologi, consulenti) che fornisce informazioni, che risponde ai loro dubbi, che cerca di spiegare le loro ansie. Riguardo i problemi più scolastici sono attivati, come sappiamo, i CIC dove i ragazzi sono ascoltati con l'obiettivo di aiutarli a mettere a fuoco le loro difficoltà, viene fornita loro consulenza e sono organizzati corsi di recupero per chi si trova in difficoltà.
Con educazione alla legalità, abbiamo indicato un vasto ambito comprendente al suo interno l'educazione ai diritti umani e alla pace, alla diversità e al rispetto di chi si trova in situazione di handicap, al senso civico e al volontariato, alla cooperazione e allo sviluppo, alla solidarietà fra popoli e all'Europa.
Questo tipo di cultura trova sostegno in una sensibilità che sembra rispondere in modo adeguato agli ideali di giustizia e di uguaglianza sentiti dai più giovani, ed espressi in più occasioni con movimenti e manifestazioni.
 

L'andamento di tale filone, così come emerge dalla nostra indagine, presenta decorso diverso nelle varie scuole: dopo "l'esplosione" del secondo anno considerato, si è registrato un calo generalizzato. Nell'ultimo anno è visibile però un leggero recupero soprattutto per quanto riguarda la scuola media inferiore e superiore. Stazionaria, dopo il 93/94, appare la situazione nella scuola elementare, mentre nell'elaborazione di tali progetti la scuola materna non compare neanche.
Si possono facilmente spiegare questi ultimi dati facendo riferimento alla complessità e alla lontananza delle tematiche in oggetto per gli alunni in tenera età: probabilmente tali obiettivi possono essere coltivati in modo più efficace e consono se affrontati all'interno di attività più ampie, e non perseguiti in maniera specifica.
D'altro canto la diffusione e l'attenzione a questo genere di problematiche, nella scuola media inferiore e superiore, rispondono probabilmente anche ad esigenze di tipo sociale, per cui appare fondamentale arginare fenomeni in crescita come l'intolleranza, il razzismo, la violenza di cui spesso proprio i giovani sono protagonisti.
Come è facilmente immaginabile, varie, e alquanto diversificate tra loro, sono risultate le iniziative comprese all'interno del filone altre attività. Le attività più richieste sono state quelle inerenti all'informatica e alle lingue straniere e classiche, soprattutto nelle scuole dove queste discipline non sono trattate nelle materie curricolari. Seguono, particolarmente nella scuola di base, le iniziative che mirano a far conoscere meglio il proprio ambiente e territorio, le tradizioni e la storia locale. In misura minore sono stati proposti anche laboratori di attività pratiche e l'avviamento al gioco degli scacchi.
 

Abbiamo cercato di fornire fin qui un quadro completo e il più possibile obiettivo su quanto, e soprattutto su cosa, è stato realizzato nell'ambito delle attività di educazione alla salute, in tutti gli ordini di scuola della provincia di Pordenone. Per avere un'idea globale dei progetti presentati nel corso dei cinque anni in oggetto, prendiamo in considerazione il numero totale dei progetti in questione.
 

La scuola elementare sembra essere quella che ha mantenuto l'interesse più costante nei confronti di tali attività, sebbene non abbia raggiunto i picchi della scuola media e superiore. Esse però a loro volta hanno sentito in modo drastico il calo dell'anno 95-96, dovuto, come abbiamo già detto, alla mancanza di finanziamenti. La scuola materna resta un caso a sé: partita solo nel 94-95, sta manifestando un interesse crescente per questo genere di attività, anche se in misura minore rispetto agli altri ordini di scuola.
Nel complesso quindi si registra un recupero generalizzato che porta a raggiungere valori vicini a quelli precedenti il calo del 95-96. Bisognerebbe verificare l'andamento anche nell'anno scolastico in corso per vedere se tale tendenza è confermata o meno.
 

6.3.4.  Valutazione delle attività in esame

Dopo il lavoro di raccolta, di esame e di commento dei dati a disposizione, è risultato necessario avere un riscontro, il più oggettivo possibile, che testimoniasse la validità o meno dei progetti effettuati. E' chiaro che l'oggettività è difficile da perseguire soprattutto quando, come in questo caso, non sono richiesti dei traguardi precisi e non sono stabiliti degli obiettivi di massima da parte di chi ha promosso queste iniziative.
Stando così le cose, ci è parso che i dati maggiormente validi, ai fini di una valutazione obiettiva fossero rappresentati dalle relazioni di autovalutazione redatte dagli stessi autori dei progetti, e dall'indagine conoscitiva svolta su tali attività dal Comitato Tecnico Provinciale. Tale Comitato, dopo aver visitato tutte le scuole superiori della Provincia, ha steso, sulla base di un protocollo unitario d'indagine, delle relazioni in cui sono trattati diversi aspetti, tra cui, appunto, la valutazione delle attività di educazione alla salute di quella scuola. Purtroppo tali dati non sono ancora a disposizione, ma sarà interessante confrontare quanto emerge in questa sede con quanto desunto dall'indagine del Comitato.
Per quanto riguarda l'altro strumento di valutazione cui accennavamo, si tratta di una sorta di relazione, redatta sotto forma di schede, che è stata richiesta dal Provveditorato alle scuole che hanno attuato i progetti, e quindi usufruito dei fondi stanziati. Molti sono i dati che emergono dall'analisi di queste schede, ma, in questa sede, ci interessa evidenziare l'aspetto valutativo: se, cioè, e in che modo, a parere di chi li ha messi in atto, tali progetti hanno raggiunto gli obiettivi che si erano proposti.
- Le schede di autovalutazione
Prima di prendere in esame gli elementi valutativi, precisiamo che una sorta di rendiconto delle attività riguardanti i progetti di educazione alla salute, è stata richiesta dal Ministero della P.I. alle singole scuole, fin dal loro primo attuarsi. Si è sentita da subito, infatti, l'esigenza di effettuare un monitoraggio su tali attività, che però, almeno inizialmente, ha preso in considerazione solamente l'aspetto finanziario. Solo più recentemente il Ministero ha predisposto delle schede riassuntive da compilare a carico di ciascun Provveditorato, sulla base di schede analoghe inviate a tutte le scuole che hanno attuato i progetti suddetti. In queste schede vengono presi in considerazione diversi elementi caratterizzanti i singoli progetti, tra cui, appunto, l'aspetto valutativo.
Prenderemo in considerazione solamente due delle annate evidenziate in precedenza, e precisamente il 94/95 e il 96/97, in quanto nell'anno 95/96 non sono stati previsti finanziamenti e, di conseguenza, non è stata predisposta neanche l'attività di monitoraggio; nelle prime due annate del quinquennio preso in considerazione (il 92/93 e il 93/94), invece, non era ancora stata messa a punto, da parte del Ministero, l'analisi dell'aspetto valutativo, ma venivano registrati solo i dati finanziari.
Mentre per l'anno 94/95 la risposta alle domande di carattere valutativo, che ora esamineremo, viene espressa scegliendo tra parere positivo e negativo, per l'anno 96/97 viene ampliato lo spettro delle risposte, che da due diventano quattro (ottimo, sufficiente, insufficiente, scarso), in modo da rendere la valutazione più precisa e aderente a quel contesto.
Come primo elemento prendiamo in esame le reazioni e gli atteggiamenti degli alunni nei confronti delle tematiche trattate: per quanto riguarda l'anno scolastico 94-95, su 80 progetti elaborati, 62 (pari cioè al 77,5%) hanno suscitato reazioni positive, mentre solo il 3,7% ha ottenuto il risultato contrario.
Analogamente l'anno 96/97 vede, sui 43 progetti che hanno fatto pervenire le proprie schede al Provveditorato, esprimere un giudizio ottimo per 29 progetti e un giudizio sufficiente per 13, così da raggiungere globalmente una percentuale di giudizio positivo pari al 97,7%. Non viene registrata, nel contempo, nessuna valutazione insufficiente o scarsa.
 

 

Appare significativa questa decisa reazione positiva degli alunni nei confronti di quanto trattato, certamente motivata anche dal fatto che, la maggior parte delle attività, presuppone una scelta volontaria da parte dei singoli alunni. Comunque, sia le attività opzionali, sia quelle svolte in orario curricolare, sembrano rispondere, in linea di massima, ad interessi attuali e a bisogni sentiti dagli alunni.
Nell'anno 94/95 una percentuale vicina al 90% ha ottenuto parere positivo nel valutare l'atteggiamento degli alunni nei confronti dei rapporti con i compagni, anche se nel frattempo, è da rilevare un deciso 10% che ha giudicato questo aspetto in maniera negativa.
Nell'anno 96/97 tale valutazione ottiene 21 giudizi ottimi, 16 sufficienti (che insieme raggiungono l'86% del totale) e un solo giudizio insufficiente.

Nel complesso i rapporti instaurati con i compagni all'interno di tali attività, sono valutati in maniera decisamente positiva, probabilmente anche a causa della particolare attenzione che molti progetti riservano a questo aspetto, considerandolo, spesso, come uno degli obiettivi trasversali cui concorrere. Inoltre, il fatto di scegliere volontariamente tali attività, presuppone degli interessi comuni ai partecipanti, i quali, più facilmente, possono trovare un terreno di incontro e di scambio.
Molto inferiore risulta essere, per l'anno 94/95, la valutazione della reazione positiva degli alunni nel rapporto con gli insegnanti: infatti solo 32 progetti (pari al 40%) hanno ottenuto un giudizio positivo, mentre il 17,5% ha registrato un giudizio negativo nei confronti di questo rapporto.
La situazione cambia radicalmente nell'anno 96/97, in cui la stessa valutazione positiva raggiunge complessivamente l'81,4% (in cui 18 sono i giudizi ottimi e 17 quelli sufficienti), e registra un solo risultato insufficiente.

Sembra difficile da motivare il primo dato in esame, in quanto si tratta, per lo più, di attività scelte dagli stessi alunni, su argomenti di interesse comune, in un ambiente relazionale tendenzialmente sereno. Probabilmente proprio questi elementi hanno permesso agli insegnanti, impegnati in modo volontario in questi progetti, di puntare in alto, rimanendo magari delusi da rapporti e risultati positivi sì, ma, tutto sommato, nella norma. Superato questo fraintendimento è stato successivamente possibile cogliere, anche da parte degli insegnanti più esigenti, quanto di positivo è emerso nel rapporto tra alunni e docenti.
Per quanto concerne le conoscenze nuove acquisite dagli alunni, è significativo che, nel 94/95, 64 progetti su 80 (pari all'80%) siano stati giudicati capaci di fornire nuove conoscenze, contro un 7,5% che esprime in proposito giudizio negativo.
Per l'anno 96/97 la quasi totalità dei progetti esaminati (pari al 95,3%) è stata in grado di fornire nuove conoscenze agli alunni che, in 17 casi (pari al 39,5%), hanno dimostrato un'ottima capacità di acquisizione, e in 24 casi (pari al 55,8%), una capacità sufficiente.

E' questo un dato particolarmente interessante, in quanto esprime un giudizio, che nel complesso risulta decisamente positivo, su quanto, in termini di conoscenze e di abilità, i singoli progetti siano stati in grado di provocare negli alunni che vi hanno partecipato. In questo senso pare che le attività in questione abbiano, per lo più, soddisfatto gli obiettivi conoscitivi prefissati.
Allo stesso modo, nell'anno 94/95, ben il 91,3% dei progetti non ha dato modo di evidenziare scarti significativi tra obiettivi previsti e risultati ottenuti, a fronte di un 6,3% che invece registra questo scarto.
Nell'anno 96/97, l'86% dei giudizi espressi si situa in posizione analoga, non riscontrando scarti significativi tra i risultati attesi e quelli ottenuti, a fronte di un 9,3% che invece rileva questa discrepanza.
 

Nel complesso gli obiettivi si possono considerare soddisfacentemente raggiunti, e questo è sicuramente un dato positivo e rilevante nella valutazione dell'efficacia dei progetti in esame. Ci si può chiedere a che cosa sia dovuta la percentuale di progetti in cui non si è avuto un riscontro positivo tra attese e risultati: probabilmente alcuni di questi progetti sono ancora nuovi o comunque in fase di precisazione, per cui necessitano di maggior esperienza e di tempi più lunghi di applicazione.
Comunque stiano le cose, il 66,3 % delle risposte raccolte, nell'anno 94/95, esprime, a fronte di un 26,3% contrario, l'esigenza di una revisione o di un adattamento del progetto negli anni a venire. Pare ben presente, in sostanza, la convinzione che le attività in questione necessitino di una verifica costante che tenga conto di quanto effettuato e che sia in grado di motivare significativi miglioramenti.
 
 

6.4.  Il caso del liceo ginnasio "G. Leopardi"  di Pordenone

Diversi sono i motivi che, nel restringere il campo di indagine, hanno portato a concentrare l'attenzione sulla scuola secondaria superiore. Innanzitutto la partecipazione in prima persona alla vita, ai problemi, alle urgenze di questo ordine di scuola, ha certamente contribuito ad aumentare l'interesse e il coinvolgimento nei confronti di ciò che la riguarda direttamente. Maturando esperienza "sul campo", si acquisisce sicuramente una maggiore consapevolezza sulle necessità, sulle difficoltà, ma anche sulle possibilità insite in questo ordine di scuola e sulle attività ad essa sottese.
In secondo luogo le attività riferite al Progetto Giovani apparivano, a nostro avviso, maggiormente interessanti in quanto specchio, come abbiamo più sopra accennato, delle esigenze e dei bisogni espressi, anche in modo esplicito, dai giovani che vi partecipano.
Per esaminare il riscontro pratico suscitato dai progetti di educazione alla salute del Ministero della P.I., alla luce di quanto detto, abbiamo scelto un modello che ci è parso significativo, a cui fare riferimento; tale modello è stato individuato nel liceo-ginnasio "G. Leopardi" di Pordenone. Tenendo conto delle iniziative organizzate da questa scuola, infatti, si sono notate una certa sensibilità ai temi inerenti l'educazione alla salute e una sicura ricchezza di proposte, indici di una vivacità interna e di una buona attenzione nei confronti di quanto, in questo ambito, viene richiesto alla scuola media superiore. Non secondarie sono risultate, inoltre, la disponibilità e l'attenzione dimostrate dal Preside e dalla docente referente alla salute, che ci hanno non solo permesso di effettuare il lavoro di indagine, ma anche supportato e orientato nella ricerca.
I dati a nostra disposizione, però, per il fatto di essere stati raccolti esclusivamente attraverso un questionario, senza una qualche presentazione di quanto si stava portando avanti e/o uno scambio di opinioni sulle attività in esame, si sono prestati meglio ad un'analisi di tipo statistico, piuttosto che ad una valutazione sulla qualità degli effetti prodotti. Sarebbero occorsi cioè tempi più lunghi, obiettivi più ristretti, un campione di docenti e alunni più ampio e interviste personalizzate per cogliere meglio la portata formativa delle iniziative in oggetto. Anche l'organizzazione stessa della scuola, così densa e precisa, non ha potuto trovare spazi e tempi maggiori per inserire una proposta che, in effetti, non era stata programmata.
Al di là di questi limiti, molti sono gli elementi interessanti, e lo vedremo in seguito, su cui ci è parso necessario soffermarsi per cercare di interpretare la valenza delle attività in oggetto.
Prima di esaminare tali dati, ci pare opportuno fornire un quadro generale delle attività messe in atto da questo Istituto, per dare un'idea della molteplicità e della vastità degli ambiti in cui si può intervenire per promuovere salute e, in senso più ampio, per arricchire l'offerta formativa di ogni scuola, secondo le proprie risorse, la disponibilità del personale, le idee e gli interessi che via via emergono. Tali iniziative si possono sostanzialmente ricondurre ai seguenti quattro filoni:
* attività di educazione alla salute
* protagonismo degli studenti
* attività culturali integrative
* orientamento
Precisiamo che tali attività, adeguatamente programmate, approvate e pubblicizzate all'interno della scuola (e non solo), rientrano a tutti gli effetti nel già ricordato Progetto Educativo di Istituto, che in questa scuola viene redatto in modo chiaro e completo e distribuito, sotto forma di fascicolo, a tutti gli studenti, alle famiglie e a chi lo richieda.
 
 

ATTIVITA' DI EDUCAZIONE ALLA SALUTE
Anno scolastico 1996-97

1 - Attività svolte all'interno della normale didattica disciplinare (secondo le varie opportunità offerte dalle discipline e con l'impegno di programmazione da parte dei consigli di classe)
* disagio giovani
* sessualità ed educazione sentimentale
* tossicodipendenze
* AIDS
* educazione alla pace e alla collaborazione tra i popoli

2 - Attività promosse a livello di Istituto
a - progetto accoglienza (IV ginnasio e 1^ liceo)
* il questionario
* incontro degli alunni con il preside in aula propria
* incontro dei rappresentanti di classe a S. Floriano
* tre giornate degli allievi di 1^ e 2^ a S. Floriano
* incontro dei genitori degli allievi di IV a S. Floriano
* valutazione dell'attività di accoglienza
b - Progetto "Prevenzione del disagio"
* assemblee di classe e partecipazione alla manifestazione cittadina per la giornata contro l'AIDS
* interventi del Consultorio Noncello e del Consultorio familiare su "Adolescenti e sessualità"
* assemblea di Istituto per gli alunni del Ginnasio e separatamente per quelli del Liceo sul tema della condizione giovanile: proiezione di un film e successivo dibattito
c - Attività di orientamento
* iniziativa "una giornata per il tuo futuro" in preparazione all'Edit-expo '96
* "scuola aperta" incontriamoci al Leopardi
* progetto Atene: incontri con il Gruppo giovani imprenditori dell'industria
* giornata di orientamento: per gli alunni delle classi finali degli Istituti Superiori - orientamento alla scelta degli studi universitari
* progetto Ulisse: indagine sul percorso seguito dagli studenti di questo liceo dopo la maturità classica
d - Consulenza psicologica personale
* Tutte le settimane in una stanza dell'Istituto gli operatori del C.I.M. ricevono gli studenti che ne facciano richiesta
e - Educazione alimentare
* Corso per i genitori

3 - Attività rivolte alla rappresentanza studentesca
* incontri del preside con i rappresentanti di classe (Comitato Studentesco)
* assemblee di Istituto su temi scolastici e di attualità
* costituzione e attività del Comitato di gestione degli studenti

4 - Attività complementari
* corsi di latino e di greco
* corso di analisi matematica
* laboratori di filosofia
* corsi di lingua: francese, spagnolo,  tedesco
* il greco moderno
* corso di disegno creativo
* corso di introduzione all'economia e al marketing
* corso di introduzione al diritto
* corso di avvio all'uso di Internet

5 - Attività espressive
* il giornale della scuola: non ha scadenze fisse ma nasce da gruppi liberi di alunni senza una regia particolare dei docenti
* gruppo musicale: concerto di Natale e di fine anno. Diversi gruppi che suonano musica classica e moderna
* Leopardinrete 1997: raccolta multimediale di testi in prosa e in poesia
* gruppo teatro: costituzione di una "compagnia" con l'apporto di un esperto esterno. Incontri organizzati con l'Associazione Provinciale Prosa su mito e teatro. Intervento sul Mito in una scuola elementare
* gruppo arti figurative: (collegato al gruppo di disegno creativo) i lavori si concludono con una mostra finale

6.4.1.  Scopo del lavoro

Sulla base di una situazione come quella descritta, si è voluto verificare quale grado di informazione e quale livello di conoscenza abbiano saputo provocare le direttive ministeriali inerenti i progetti di educazione alla salute; se cioè, da parte di docenti e studenti, siano stati recepiti, in linea di massima, lo spirito e la filosofia che animano l'ideazione e la progettazione di tali attività.
Abbiamo poi voluto indagare quale incidenza e che tipo di rilevanza siano stati in grado di suscitare i progetti in oggetto, all'interno dell'Istituto, sia per quanto riguarda la componente docente che quella studentesca.
E' stata infine richiesta una sorta di valutazione delle attività in esame, da parte di chi, come studente o docente, vi ha partecipato; tale giudizio ha cercato di evidenziare gli aspetti positivi e i limiti rilevati nel portare avanti tali esperienze.
 

6.4.2. Strumento di indagine

Per raccogliere in modo pratico e obiettivo i dati ritenuti significativi, abbiamo predisposto come strumento di indagine un questionario a risposte multiple (che troviamo in appendice) formulafdo le domande in base agli obiettivi prefissati. In alcuni casi è stata lasciata la possibilità di scegliere anche più di un'opzione, in modo da rendere la risposta più ampia e più vicina all'idea dell'interlocutore.
Tali questionari sono stati proposti ad un campione di sedici insegnanti della scuola, scelti dal docente referente alla salute, sia fra quelli che hanno partecipato alle attività in oggetto, sia fra quelli che ne sono rimasti al di fuori.
Lo stesso questionario, seppure con domande leggermente variate, è stato somministrato agli studenti rappresentanti di classe, delle seconde e delle terze liceo, per un totale di ventisette alunni; anche in questo caso il campione comprendeva alunni che hanno preso parte alle iniziative e alunni che non vi hanno partecipato.
 

6.4.3. Analisi dei dati

Tutti gli insegnanti interpellati (100%) dichiarano di essere a conoscenza dell'impegno del Ministero della P.I. riguardo i progetti di educazione alla salute e, nello stesso tempo, si trovano d'accordo (sempre nel 100% dei casi) sul fatto che la scuola, tra le sue molteplici funzioni, si debba occupare anche di salute. Ci sembrano, questi, dati di partenza importanti che rivelano, almeno a livello teorico, un buon grado di attenzione e di sensibilità da parte della classe docente nei confronti delle problematiche legate alla salute.
Non altrettanto si può affermare per gli studenti che hanno risposto al questionario, in quanto, solo poco più della metà di essi (il 51,9%) dichiara di conoscere i progetti di educazione alla salute. E' un dato sconcertante se si pensa alla mole di lavoro che sta alla base dell'ideazione e della progettazione di tali iniziative, sia a livello di Ministero che di singola scuola. Per avere un'idea più precisa su questo dato, bisognerebbe vedere come la scuola in oggetto ha agito per organizzare e propagandare l'educazione alla salute e le attività ad essa inerenti; ci pare, comunque, che questa disinformazione sia indice anche del grado di distrazione che spesso accompagna, in quest'epoca di super-stimolazioni, l'atteggiamento dei nostri ragazzi. Nello stesso tempo però, l'85,2% degli stessi riconosce come positivo il fatto che la scuola si occupi anche di salute, dimostrando così sensibilità e coinvolgimento rispetto ad un valore, considerato quindi degno di attenzione.
La domanda seguente del questionario ha voluto indagare sul parere che docenti e studenti hanno maturato in merito agli obiettivi che si prefiggono le attività di educazione alla salute proposte dal Ministero.

Come si vede chiaramente dal grafico, la risposta che ha riscosso il maggior numero di consensi, sia da parte dei docenti che degli studenti, tanto da raggiungere complessivamente il 46,8% delle risposte totali, è quella che individua l'obiettivo prioritario delle attività di educazione alla salute nella 'consapevolezza del valore salute' (46,3% dei docenti e 49,0% degli studenti).
Segue a distanza, con il 20,8% delle risposte date, 'il raggiungimento di uno stato di completo benessere fisico e psichico', anche se la differenza percentuale delle risposte dei due gruppi è notevole, in quanto gli studenti scelgono tale opzione per il 17,6%, mentre gli insegnanti per il 26,9%.
Al terzo posto compare 'la prevenzione delle tossicodipendenze e dell'AIDS', risposta che è stata scelta complessivamente nel 18,2% dei casi, e precisamente per il 19,6 dagli alunni, e per il 15,3 dai docenti.
Il discorso si differenzia notevolmente riguardo 'lo star bene degli alunni a scuola' che è scelto dal 15,3% dei docenti contro solo il 5,9% degli studenti, mentre la 'promozione del successo scolastico' è presa in considerazione esclusivamente da un 2% di studenti.
Tale analisi ci permette di affermare che, nel considerare gli obiettivi e lo spirito dei progetti in esame, emerge una visione tutto sommato statica, se non superata, dell'educazione alla salute. Prevalgono, infatti, gli aspetti legati a concetti teorici, come l'importanza del valore salute, o come, addirittura, il raggiungimento di uno stato di completo benessere fisico-psichico: concetti che, seppur corretti, rimangono lontani dall'esperienza quotidiana, e per i quali la scuola presenta uno ristretto margine di azione. Similmente viene data importanza all'aspetto preventivo, con cui l'educazione alla salute era stata inizialmente introdotta nella scuola, mentre vengono lasciati in secondo piano, o addirittura non considerati, gli obiettivi forse più significativi dell'indirizzo attuale. Intendiamo cioè la promozione dello star bene degli alunni a scuola, strettamente legata, a sua volta, al conseguimento o meno del successo scolastico: obiettivi, questi, per i quali la scuola dispone sicuramente di un maggior margine di intervento, di una motivazione più mirata e di strumenti più adeguati.
 
Viene, quindi, di seguito posto il quesito sui mezzi, ritenuti più idonei, a parere degli intervistati, attraverso i quali la scuola può promuovere salute. Prendiamo in esame il grafico seguente:
 

La risposta che, complessivamente, ha raccolto il maggior numero di consensi, pari al 37,8%, è quella in cui si considera di 'prestare attenzione al percorso scolastico degli alunni, predisponendo interventi nelle situazioni di disagio'. Significativa risulta la differenza percentuale tra i due gruppi considerati: per gli insegnanti tale percentuale raggiunge il 44,4%, mentre per gli alunni si ferma al 32,6%. A ben vedere tale risultato può risultare discrepante, se confrontato con la risposta precedente, in cui la promozione del successo scolastico non veniva considerata tra gli obiettivi prioritari dell'educazione alla salute. Qui invece emerge che la predisposizione di interventi nelle situazioni di difficoltà scolastica sia considerata mezzo privilegiato per promuovere salute a scuola.
Al secondo posto, considerando sempre la totalità delle risposte, individuiamo 'l'organizzazione di corsi e seminari di argomento salutistico-preventivo', che copre il 32,8% delle risposte, anche se per gli insegnanti viene scelta nel 25% delle risposte, contro ben il 39,1% degli studenti. La scelta di questa modalità, invece, pare conciliarsi bene con la concezione, tutto sommato, teorica della salute che prima abbiamo individuato.
Con un buon stacco percentuale segue la risposta 'favorire il protagonismo studentesco' con un 15,9% totale; è interessante notare come tale modalità di promozione della salute a scuola venga scelta dal 19,4% degli insegnanti e solo dal 13,0% degli studenti. Probabilmente, e lo vedremo anche in seguito, tale concetto è ancora lontano dai comuni modi di pensare e di organizzare le attività scolastiche, e sembra avere poca presa soprattutto sugli studenti.
Infine 'lo sviluppo dell'aspetto sanitario nelle singole discipline' copre il 12,2% delle risposte fornite (11,1% per i docenti e 13,0% per gli alunni), e pur collegandosi con l'immagine di salute individuata precedentemente, rappresenta forse il mezzo meno coinvolgente e più sperimentato, non in grado, quindi, di raccogliere consensi più ampi.
 
Per quanto riguarda il fatto di essere al corrente o meno dell'impegno della propria scuola riguardo le attività di educazione alla salute, si rileva per gli insegnanti il 100% di risposte affermative, mentre per gli alunni tale percentuale si abbassa al 74,1%. Appare significativo che, nonostante l'organizzazione, la pubblicizzazione, l'offerta ampia e varia che abbiamo prima delineato, più di un quarto degli alunni di questa scuola (sicuramente attiva e impegnata), non sia informato su quanto si faccia nell'ambito della promozione della salute.
 
E' interessante soffermarsi, a questo punto, sulla rilevanza che, a parere degli intervistati, tali attività hanno riscosso all'interno della scuola: il 43,8% degli insegnanti giudica tale rilevanza sufficiente e il 18,8% la trova buona, contro un deciso 25% che la giudica scarsa.
Fondamentalmente diverso appare il giudizio degli studenti che, per il 63% riconosce buona la rilevanza di tali attività e per l'11,1% sufficiente, a fronte di un altro 11,1% che la trova scarsa.

Complessivamente, quindi, la rilevanza prodotta dalle attività di educazione alla salute, viene considerata in modo positivo dal 68,9% degli insegnanti e dal 77,8% degli studenti. E' un risultato che dà un sicuro riconoscimento a quanti si sono impegnati all'interno della scuola, ma che denota, nello stesso tempo, la possibilità di un ampio margine di miglioramento, soprattutto per quel 25% di insegnanti che considera scarso l'impatto prodotto da tali attività.
 
La seconda parte del questionario è stata rivolta soltanto ai docenti e agli studenti che hanno partecipato a qualcuna delle attività di educazione alla salute: dei sedici insegnanti individuati soltanto sei, pari al 37,5%, hanno preso parte alle attività in oggetto, mentre per gli studenti tale percentual] si alza fino all'85,2% del totale degli intervistati.
La prima domanda ha voluto sondare gli ambiti di intervento che hanno coinvolto i docenti e gli studenti nella scelta e nella progettazione delle attività di educazione alla salute.

 
Dal grafico si nota, per i docenti, una maggior distribuzione nelle tematiche affrontate, in particolare verso le attività di educazione alla salute in senso stretto, di prevenzione delle tossicodipendenze, di educazione sessuale, di educazione alla sicurezza e di educazione alla legalità. Probabilmente tali problematiche trovano maggior spazio di sviluppo anche all'interno delle normali discipline curricolari che, come vedremo in seguito, costituiscono l'ambito di azione privilegiato dei progetti in oggetto.
Nel caso degli studenti si rileva invece una decisa preferenza nei confronti delle iniziative riguardanti l'educazione sessuale e sentimentale e la prevenzione dell'AIDS, che toccano complessivamente il 52,6% delle risposte raccolte. Questo fatto si può spiegare facendo riferimento alle iniziative organizzate dalla scuola con l'appoggio del Consultorio familiare e del Consultorio Giovani: in questa sede, infatti, sono state affrontate problematiche legate all'adolescenza e alla sessualità e, in senso più ampio, al disagio giovanile. Per lo stesso motivo, con ogni probabilità, il secondo ambito di preferenza, che ha raccolto il 23,7% del totale delle risposte date, è costituito proprio dalle tematiche relative allo sviluppo psicologico e alla prevenzione del disagio.

Per quanto riguarda il ruolo svolto da ogni insegnante e da ogni studente intervistato nelle attività in esame, notiamo anche qui una notevole, quanto prevedibile, differenza tra le risposte dei docenti e quelle degli studenti.

Il ruolo rivestito in modo nettamente dominante dagli studenti, tanto da coprire l'84% delle opzioni di scelta, risulta essere quello di 'partecipante' alle attività proposte, accanto ad un 12% che si dichiara 'interessato' alle attività in oggetto. Solo in un caso lo studente si dichiara 'promotore': siamo quindi ancora lontani da un tipo di progettazione che coinvolga gli alunni in prima persona, in qualità di ideatori e di organizzatori, secondo l'ottica del protagonismo giovanile.
Per gli insegnanti invece i ruoli si distribuiscono in maniera abbastanza equilibrata tra 'promotori' (23,1%), 'organizzatori', e 'docenti interessati' (entrambi al 30,8%) e 'docenti che hanno dato la propria disponibilità' (15,4%), così da riservare ad ognuno impegni e compiti scelti in modo spontaneo e autonomo.
 
Si passa poi ad analizzare che tempi hanno occupato le attività di educazione alla salute di cui hanno avuto esperienza gli insegnanti e gli studenti intervistati. Esse sono state prevalentemente organizzate durante l'orario curricolare, che ha raccolto il 71,4% delle risposte dei docenti e oltre il 95% di quelle degli studenti. Si rileva, nel complesso, una certa difficoltà, sia da parte degli alunni che dei docenti, ad impegnarsi al di fuori del tempo richiesto quotidianamente dalla scuola. Tuttavia una percentuale pari al 28,6% degli insegnanti risponde che le attività in oggetto hanno occupato sia tempi curricolari che extracurricolari.

Più significativa appare la valutazione che docenti e studenti esprimono in merito alle iniziative a cui hanno preso parte. Sostanzialmente i giudizi espressi dai due gruppi sembrano sovrapponibili, in quanto le risposte maggiormente scelte, seppure in percentuali differenti, corrispondono ad una valutazione dei risultati buona e sufficiente. Per maggior chiarezza prendiamo in esame il grafico seguente:

 Complessivamente i pareri che attestano i risultati ottenuti come buoni o sufficienti, superano l'85% delle risposte date da entrambi i gruppi, confermando la validità delle iniziative in oggetto, proprio da parte di chi vi ha partecipato. Sarebbe altresì da indagare a che cosa è dovuta quella percentuale che giudica insufficienti o addirittura inesistenti gli stessi risultati e che, nel complesso, arriva a coprire il 10% delle risposte date.

Maggior chiarezza, a questo proposito, può essere fatta analizzando gli aspetti positivi e i limiti che, secondo gli intervistati, si possono attribuire alle attività di educazione alla salute, al loro modo di essere organizzate, ai loro obiettivi.
Nel predisporre il questionario, ci è sembrato utile a questo fine, differenziare le risposte per il gruppo dei docenti e per quello degli studenti, in modo da renderle il più possibile aderenti alla specificità delle esigenze.
Per quanto riguarda gli aspetti positivi, i docenti individuano, nel 50% delle risposte scelte, 'la possibilità di rispondere ad esigenze ed interessi degli studenti', mentre per il 33,3% si ritiene importante poter 'contribuire ad arricchire l'offerta formativa della scuola'. Sono questi elementi significativi (superando insieme l'80% delle possibilità di scelta) che danno, a discapito di quanto comunemente si crede, un'immagine presente e motivata dell'impegno dei docenti.
A questi aspetti, che potremmo definire formativi, si aggiungono, in percentuali decisamente minori, aspetti più inerenti alla situazione personale-professionale dei docenti. Essi contribuiscono comunque ad aumentare il coinvolgimento degli insegnanti, e probabilmente anche dei ragazzi, nei confronti delle proposte della scuola. Ecco allora 'la ricerca di nuovi stimoli e soddisfazioni nella propria professione', che ricopre l'8,3% delle risposte ottenute e 'la possibilità di sviluppare un'attività inerente ad un proprio interesse e/o competenza', che raggiunge la stessa percentuale.
La possibilità di 'ottenere un qualche ritorno economico' non è invece presa in considerazione da nessun docente, come ad indicare che altre sono le motivazioni che spingono in questa direzione; d'altra parte, probabilmente, il compenso in questione, rapportato all'impegno richiesto, è così irrisorio da non fungere come incentivo.
Diversi sono i limiti individuati dagli insegnanti nella gestione delle attività di educazione alla salute: essi vengono principalmente individuati nella 'scarsa definizione degli obiettivi e delle modalità di verifica', e nello 'scarso collegamento con le altre attività della scuola' che, sommati, coprono l'80% delle possibili opzioni. Sono questi elementi importanti che non aiutano, anzi ostacolano, la progettazione e la messa in atto delle attività e sui quali occorre riflettere per migliorarne l'efficacia e l'organizzazione negli anni a venire.
In misura decisamente minore, pari al 10%, vengono indicati come limiti la 'rigidità nelle procedure e la pesantezza degli aspetti burocratici', e la 'poca pubblicizzazione da parte della scuola e/o del Ministero' (sempre 10% delle risposte totali).
Anche in questo caso 'la limitata disponibilità economica' non è considerata un problema o comunque un ostacolo rilevante per l'esecuzione delle attività.
Altri e maggiormente differenziati sono gli aspetti positivi di tali attività individuati dagli studenti; in particolare il 'considerare la scuola da un altro punto di vista, non strettamente scolastico' e la 'possibilità di conoscere nuovi compagni e instaurare nuove relazioni', raccolgono il maggior numero di consensi, arrivando a coprire il 64,8% delle risposte date. Eeerge quindi la necessità di vivere la scuola in un modo nuovo, dove sia dato spazio alla propria capacità di esprimersi, svincolata da obblighi e valutazioni.
Accanto a queste esigenze si nota anche la necessità di 'sviluppare un'attività inerente ad un proprio interesse', che raccoglie ben il 23,5% dei consensi, e che si può interpretare come recupero di una certa motivazione e fiducia nei confronti di quanto la scuola è in grado di offrire.
Il 5,9% delle risposte ottenute considera un aspetto positivo rilevante 'la flessibilità nell'organizzazione di tempi, modi, obiettivi' che tali attività permettono. Al contrario, 'la possibilità di essere protagonista sia come soggetto che come organizzatore' non raccoglie alcun consenso e sembra spaventare anche gli studenti più propositivi.
Per quanto riguarda l'individuazione dei limiti delle attività di educazione alla salute organizzate dalla scuola, ci sembra di notare una certa distribuzione: un terzo delle risposte date (33,3%) indica nella 'limitata disponibilità di mezzi, spazi e tempi', al contrario di quanto recepito dagli insegnanti, un problema effettivo. Quasi un quarto del totale delle risposte (precisamente il 24,2%), trova invece limitante 'lo scarso collegamento con le altre attività della scuola' e subito di seguito (21,2%) la 'poca pubblicizzazione da parte della scuola e/o del Ministero'. Il 12,1% di quanto raccolto nelle risposte, considera un limite il 'poco spazio concesso alle proposte degli studenti', mentre il 9,1% individua nella 'rigidità dell'organizzazione' un altro aspetto negativo.
Si ha come l'impressione che alcune opinioni non siano supportate da una conoscenza effettiva dei progetti di educazione alla salute e delle loro modalità di organizzazione e molti studenti si siano fermati al "sentito dire" senza sperimentare di persona le possibilità e le difficoltà insite in ogni progetto.
 
 

6.5.  Considerazioni conclusive

Al termine di questa indagine condotta, per la prima parte, sulla documentazione relativa ai progetti di educazione alla salute presente in Provveditorato, e che per la seconda ha voluto verificare all'interno di un istituto superiore la portata di tali progetti, appare necessario comporre un quadro di insieme che dia ragione degli aspetti positivi, dei limiti, delle difficoltà e delle prospettive dell'educazione alla salute in questa Provincia.
Nel complesso ci è parso che, all'interno delle istituzioni con cui siamo venuti in contatto, Provveditorato e singole scuole, Comune e Azienda per i Servizi Sociosanitari, sia presente una certa coscienza sulla problematica che lega la salute alla fascia di età scolare e soprattutto a quella adolescenziale. Il disagio giovanile, l'abbandono e la dispersione scolastica, sappiamo, sono fenomeni che non interessano esclusivamente la scuola, ma la società intera, in quanto segnali di qualcosa che non va, e che richiedono dunque il coinvolgimento di tutte le componenti sociali per essere compresi meglio e per poter stabilire una strategia comune di intervento.
Abbiamo evidenziato che, sebbene in questa Provincia sia quasi irrisorio l'abbandono dell'obbligo scolastico, ben più forte risulti la dispersione scolastica nel passaggio dalla scuola media inferiore a quella superiore, che ha raggiunto, nello scorso anno scolastico, l'11,9%; nello stesso tempo supera ormai un terzo del totale, il numero degli iscritti ad una scuola media superiore, che non arriva a conseguire il diploma alla conclusione del quinquennio.272
Si è cercato quindi di fornire un quadro indicativo di quanto, e soprattutto di cosa, è stato proposto e messo in atto dalla scuola superiore, per far fronte alle emergenze individuate e, più in generale, per offrire una risposta formativa alle richieste dei giovani e delle loro famiglie.
Tramite la documentazione e il lavoro del Provveditorato abbiamo potuto avere un'idea abbastanza precisa di quello che è stato fatto a livello delle singole scuole, nell'ambito dell'educazione alla salute. Precisiamo che tale ambito non è l'unico in cui si opera per promuovere salute all'interno delle scuole: i progetti più recenti sull'orientamento in entrata e in uscita per ogni grado di scuola, sull'accoglienza, sull'avvicinamento al mondo del lavoro, sulla prevenzione della dispersione scolastica, sul recupero nelle situazioni di difficoltà, hanno come finalità comune lo star bene degli alunni, a cominciare dall'ambiente scolastico. Si mira quindi ad instaurare un clima sereno, in cui si sviluppino rapporti sinceri con compagni e professori, in cui si riescano ad individuare e riconoscere eventuali difficoltà, ad avere coscienza delle scelte fatte e a prefissarsi degli obiettivi futuri.
Tutti questi progetti con le loro ambiziose finalità si inseriscono purtroppo in una scuola che appare, tutto sommato, stanca e bisognosa di un disegno globale di rinnovamento, piuttosto che di piccoli interventi di aggiustamento. Con queste iniziative, spesso poco correlate fra loro, si rischiano di spezzettare energie e motivazione, quando invece si sente il bisogno di una ventata di novità e di energia. Pare necessario in primo luogo rimotivare la classe docente, vera fautrice di ogni iniziativa, fornendole, oltre che un certo ritorno economico, specifiche competenze che aiutino a far fronte alle sempre nuove richieste poste alla scuola.
Molti altri sono i limiti dei progetti emanati dal Ministero, che non favoriscono il lavoro di chi si adopera per metterli in atto: in particolare per l'educazione alla salute non sono previsti degli obiettivi precisi a cui far riferimento, degli ambiti di intervento mirati, delle modalità di verifica di quanto effettuato. Questa grande libertà d'azione, se da una parte carica di iniziativa e di motivazione, dall'altra rende il lavoro estremamente dispersivo e difficilmente valutabile. E' chiaro d'altra parte che "un progetto educativo non può essere fornito bell'e pronto dall'operatore pedagogico (...). Un progetto di educazione alla salute è molto più complesso di un qualsiasi progetto di istruzione, poiché riguarda dimensioni della persona il cui investimento e i modi attraverso cui questo investimento può avvenire nel corso dell'attività educativa, non possono essere previsti fin dall'inizio".273
Si è riscontrato poi uno scarso collegamento tra le scuole dello stesso grado e di gradi diversi, cosicché si rischia di disperdere tempo ed energie, di effettuare inutili ripetizioni diminuendo l'efficacia delle proposte. Lo stesso può dirsi riguardo gli adempimenti burocratici che devono accompagnare la stesura dei progetti: sebbene essi non costituiscano un ostacolo insormontabile, in più di qualche caso hanno frenato, se non bloccato, l'esecuzione di diverse attività.
D'altra parte non si può negare che molti siano stati anche gli aspetti positivi legati alle attività di educazione alla salute. Se da una parte è impossibile poter sapere quanto e cosa è riuscito ad elargire ogni singolo progetto a chi vi ha preso parte come partecipante e/o promotore, dall'altra forte è l'impressione di un grande seguito e di un grande coinvolgimento suscitati in qualche caso. "L'educazione alla salute del Progetto Ragazzi e del Progetto Giovani, offre una tematica di fondo che vuol portare i ragazzi a 'star bene', a conoscere i pericoli che possono minacciare il loro 'bene-essere', a renderli protagonisti, con la loro partecipazione creativa, dell'azione educativa".274
E' stata presa in esame, infine, una scuola-tipo per vedere da vicino cosa è stato promosso in questo ambito e quali sono alcuni degli effetti rilevati. Sicuramente c'è ancora molto da lavorare per migliorare tali iniziative, la loro organizzazione, la loro pubblicizzazione, in modo da renderle ancor più significative soprattutto sul piano della formazione della personalità degli studenti. Nonostante ciò la valutazione complessiva dei progetti proposti e portati avanti appare positiva, sia da parte degli insegnanti, che dei ragazzi che vi hanno preso parte.
Resta da vedere, a questo punto, quali saranno le prospettive future dell'educazione alla salute, come cambierà la normativa scolastica di quest' ambito, soprattutto in riferimento alla prossima riforma della scuola italiana. "Si tratta, ora, di uscire dalla provvisorietà delle iniziative, come fin qui si sono realizzate, di sistemare le esperienze e gli approcci in un quadro sistematico che assicuri stabilità e coerenza agli sforzi".275
Il progetto dell'autonomia agli istituti scolastici sembra inserirsi come risposta istituzionale a questa esigenza, per cui si avverte il bisogno di un rapporto più vivo con il territorio, di una maggiore collaborazione con le famiglie e, soprattutto, della realizzazione di nuove forme di partecipazione dei giovani, sia a livello di rappresentanza studentesca, sia come forme libere di aggregazione tra coetanei.
Secondo questa linea andrà, probabilmente, attenuandosi il carattere preventivo-emergenziale con cui l'educazione alla salute era stata pensata e introdotta nella scuola, per far prevalere la promozione dello 'star bene' a scuola. Tale aspetto non può essere considerato disgiunto da tutta una serie di problematiche riguardanti principalmente la prevenzione dell'insuccesso scolastico, e quindi la dispersione; l'accoglienza e l'ambientamento degli alunni, soprattutto nel primo anno di frequenza del nuovo grado di scuola; l'orientamento specie alla fine di ogni corso di studi e, nel caso delle scuole superiori, l'avvicinamento al mondo del lavoro. L'attenzione posta a questi aspetti, spesso sottovalutati, e il perseguimento di specifici obiettivi all'interno di ciascun progetto, dovrebbero aiutare l'alunno a considerare e a vivere la scuola non come ambiente ostile, ma come fonte di benessere.
 
 
 

CONCLUSIONI
 

La consapevolezza che la salute non è un possesso stabile, ma un bene estremamente complesso che coinvolge tutte le dimensioni della personalità, che va conquistato e mantenuto giorno dopo giorno, ha portato, specie in questi ultimi vent'anni, a recepire la necessità della partecipazione attenta al problema da parte dei singoli cittadini, delle istituzioni e non solo dei servizi socio-sanitari preposti alla cura, alla prevenzione e alla tutela della salute.
Determinante in questo allargamento di prospettiva è stata la netta modificazione del quadro nosologico dominante nella nostra società, che ha visto in meno di mezzo secolo capovolgersi completamente le più frequenti cause di malattia e di morte: dalla decisa prevalenza della patologia infettiva si è ora maggiormente minacciati da quella cronico-degenerativa, caratterizzata da cause più complesse e fra loro legate, in cui sicuramente una certa componente è data dal comportamento individuale e dalle condizioni ambientali in cui ci troviamo a vivere. Per di più queste patologie hanno la peculiarità di portare con sé quadri clinici molto gravi che, se anche risolvibili, comportano quasi sempre effetti invalidanti.
Ecco allora l'effettiva importanza assunta dalla prevenzione che, attraverso diverse forme e mezzi, mira non solo ad evitare l'instaurarsi della patologia stessa, e quindi delle sue conseguenze a livello fisico, psicologico e sociale, ma in senso più ampio mira a promuovere una cultura centrata sulla salute, in cui più che puntare ad un modello predefinito di salute, è lasciato largo spazio allo sviluppo delle potenzialità personali e sociali per conseguire il miglior stato di benessere raggiungibile.
In quest'ottica giocano un ruolo determinante da una parte il comportamento individuale che guida l'assunzione di uno stile di vita salutare, di una corretta alimentazione, dell'abitudine al movimento, della conduzione di vita equilibrata ecc., mentre dall'altra fondamentale è l'atteggiamento collettivo di fronte a problematiche di carattere mondiale che coinvolgono più o meno direttamente la sfera della salute (inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo, uso del nucleare, buco dell'ozono, effetto serra, coltivazioni e allevamento intensivi con utilizzo di prodotti altamente elaborati quando non nocivi, ecc.). Accanto a questi aspetti di carattere individuale e collettivo, si aggiungono i non meno importanti elementi legati alla sfera psicologica e sociale che incidono in maniera evidente sulla salute. Lo stress, l'ansia, la precarietà e la complessità della vita moderna, i rapidi cambiamenti, la competizione esasperata, la mancanza di valori e di punti di riferimento, l'isolamento del singolo e/o della famiglia, la difficoltà ad instaurare rapporti con gli altri, ecc. sono fenomeni propri della nostra epoca che, in un discorso globale sulla salute e la prevenzione, non possono non essere considerati.
Dopo aver sommariamente illustrato una situazione di questo genere appare evidente come la dimensione della salute non possa interessare esclusivamente l'ambito medico, ma venga a coinvolgere direttamente la sfera dell'educazione a cui viene assegnato un nuovo e fondamentale ruolo. Il problema della formazione, infatti, non rimane circoscritto a delimitati ambiti o fasce di età, e nell'ambito specifico dell'educazione alla salute, non esclude nessun cittadino e nessuna istituzione nella prevenzione delle patologie e nella promozione della salute a tutti i livelli, anche se è chiaro che un posto di particolare rilievo spetta alla scuola quale sede privilegiata di educazione.
Emerge in questo senso la prospettiva interdisciplinare della pedagogia che raccoglie contributi di scienze diverse quali l'igiene, la sociologia, la psicologia, la legislazione scolastica, ecc., ma che mantiene proprie le specifiche finalità educative.
La scuola, da parte sua, non è rimasta indifferente a questo ampio movimento e ha messo in atto, sia a livello programmatico che organizzativo, importanti iniziative che hanno cercato di adeguarla ai nuovi compiti richiesti e alle esigenze avvertite. In particolare i programmi vigenti della scuola dell'obbligo e di quella per l'infanzia mettono in luce la forte valenza educativa affidata alla scuola nel suo complesso, in cui non è difficile scorgere quale e che tipo di considerazione rivesta l'ambito dell'educazione alla salute all'interno delle normali attività curricolari.
Un discorso a sé riguarda la scuola media superiore in quanto, al momento, non dispone di programmi definitivi e aggiornati per i diversi indirizzi di studio, ed è in attesa di una riforma organica che ne riveda le finalità, l'organizzazione e la struttura.
In più essa si rivolge ad una particolare fascia d'età, in cui sono maggiormente presenti situazioni di disagio, di demotivazione, di devianza, che si manifestano in forme diverse e che spesso si accompagnano ad insuccessi, se non addirittura all'abbandono della scuola. Sono questi fenomeni estremamente attuali e diffusi che possono comportare conseguenze gravi e pericolose non solo per l'istituzione scolastica, ma che chiamano in causa la società tutta come responsabile nei confronti delle giovani generazioni.
Di fronte a questa situazione di emergenza e soprattutto al fenomeno crescente della diffusione delle tossicodipendenze tra i giovani, il governo ha cercato di rispondere affidando, in tempi successivi, sempre nuovi compiti alla scuola. Gli ultimi fanno capo alla Legge 162/90 che introduce a pieno titolo le attività di educazione alla salute in tutti i gradi e gli ordini di scuola. Per mettere in atto questa legge sono stati pensati, motivati e organizzati tra le altre iniziative, anche i progetti di educazione alla salute del M.P.I. che hanno costituito la parte centrale della nostra riflessione. Attraverso di essi emerge chiaramente la prospettiva che sta alla base e che ha guidato l'idea e l'organizzazione dell'educazione alla salute nella scuola.
Il nodo concettuale consiste nella promozione del benessere scolastico per evitare, a qualsiasi livello, che la scuola si ponga come ambiente frustrante, demotivante, produttore di una prima forma di disagio sulla quale è più facile che si innestino in un secondo tempo demotivazione e insuccesso. Diverse sono le modalità previste per promuovere tali progetti, sebbene ampio spazio venga lasciato alle iniziative delle singole scuole e alle esigenze locali, ma l'elemento che le accomuna è la forte centralità riservata ai discenti, alla loro capacità progettuale, di iniziativa, di organizzazione e di ideazione delle attività. Essi possono intervenire direttamente nell'elaborazione dei progetti, possono costituire, negli spazi della scuola, gruppi liberi di interesse con il solo supporto dell'insegnante, possono proporre corsi e iniziative da realizzare all'interno del proprio istituto: molte e diversificate sono le possibilità che, nel complesso, mirano a promuovere un sano protagonismo in modo da far riappropriare gli studenti di una scuola troppo spesso vissuta come estranea.
A questi progetti è stata indirizzata la nostra indagine, condotta nella provincia di Pordenone: essa ha voluto indagare quale è stata la risposta delle scuole alle indicazioni ministeriali relative alle attività di educazione alla salute. Tale ricerca ha potuto usufruire della documentazione presente in Provveditorato che però tratta come oggetto prevalentemente gli aspetti di natura finanziaria e che quindi ha fornito indicazioni relative sulla qualità di queste iniziative e sugli obiettivi educativo-didattci raggiunti. Certo quello che è emerso dai dati esaminati è risultato per molti aspetti interessante e sicuramente indicativo di alcune tendenze attuali e di alcuni cambiamenti riscontrabili anche sul piano nazionale.
La seconda parte dell'indagine, condotta all'interno di un istituto superiore pordenonese, si è proposta di ottenere un riscontro pratico di quanto esaminato, e quindi di avere un quadro di insieme sull'attuazione delle attività in oggetto. Questa ricerca si è svolta con una buona collaborazione da parte del Preside e della docente referente alla salute, ma ha potuto contare su dati un po' esigui per arrivare a conclusioni maggiormente fondate.
A conclusione dell'indagine possiamo dire che nel complesso si nota la presenza di una buona sensibilità nei confronti delle problematiche legate alla salute a tutti i livelli con cui siamo venuti a contatto (Provveditorato e singole scuole e, nello specifico, nei docenti e negli studenti intervistati), così come appare comunemente condivisa l'opinione che la scuola non possa rimanere estranea a questo vasto movimento di sensibilizzazione, ma debba operare per favorire il "bene-essere" dei suoi utenti. Nello stesso tempo emergono però, incertezze e resistenze nelle modalità di messa in atto dei progetti in esame che sono così ancora lontani dall'aver coinvolto e interessato la maggior parte della popolazione scolastica.
Bisognerà vedere se e come la prossima riforma della scuola, che sembra dirigersi verso una maggiore flessibilità e autonomia, considererà l'esperienza maturata in tali attività riservando uno spazio importante alle problematiche inerenti l'educazione alla salute e in particolare alla prevenzione delle situazioni di disagio.
Le difficoltà incontrate e le imperfezioni individuate nell'elaborazione del presente lavoro non mi hanno impedito di apprezzare tutte le fasi che si sono intrecciate nella sua organizzazione, dalla ricerca del materiale, alla stesura di una prima bozza, dal lavoro di ricerca in Provveditorato, al rapporto collaborativo con diverse persone, dall'indagine 'sul campo', alla riflessione e alla revisione che ne sono seguite e che mi hanno portato ad essere soddisfatta di aver vissuto e concluso questa complessa e significativa esperienza.
 
 
 
 
 

APPENDICE

 
 
 

QUESTIONARIO INFORMATIVO
SULLE ATTIVITA' DI EDUCAZIONE ALLA SALUTE PROMOSSE DALLA SCUOLA
 
 
 

1^ Parte
(per i docenti)
 

1.1 - Conosce l'impegno del Ministero della P.I. riguardo i progetti di educazione alla salute come, per esempio, il Progetto Giovani?
SI                                                               ¤
NO                                                            ¤
 
1.2 - Trova giusto che la scuola, tra le sue molteplici mansioni, si occupi anche di salute?
SI                                                               ¤
NO                                                             ¤

1.3 - Cosa si prefiggono, secondo lei, le attività di educazione alla salute in questi progetti? (Indichi anche più di una risposta)
a - Il raggiungimento di uno stato di completo benessere fisico e psichico                        ¤
b - Lo star bene degli alunni a scuola                                                                              ¤
c - La prevenzione delle tossicodipendenze e dell'AIDS                                                  ¤
d - La promozione del successo scolastico                                                                      ¤
e - La consapevolezza dell'importanza del valore salute                                                    ¤
f - Altro (specificare)                                                                                                       ¤
 
 

1.4  - Come può operare la scuola per promuovere salute?
(Indichi anche più di una risposta)
a - Creare un ambiente accogliente e motivante, favorendo, per quanto possibile, il protagonismo degli studenti                                             ¤
b - Organizzare corsi e seminari su argomenti di attualità riguardanti la sfera salutistico-preventiva                                                                  ¤
c - Prestare attenzione al percorso scolastico degli alunni, predisponendo interventi nelle situazioni di disagio                                                  ¤
d - Sviluppare in ogni singola disciplina, per quanto possibile, l'aspetto igienico-sanitario, favorendo collegamenti e approfondimenti idonei     ¤
e - Altro (specificare)                                                                                                                                                                                   ¤
 

1.5 - E' al corrente dell'impegno della sua scuola riguardo le attività di educazione alla salute?
SI                                                               ¤
NO                                                             ¤
 

1.6 - Come considera la rilevanza che tali attività hanno, in qualche modo, prodotto all'interno della scuola?
a - Ottimo                                                   ¤
b - Buona                                                    ¤
c - Sufficiente                                              ¤
d - Scarsa                                                   ¤
e - Inesistente                                              ¤
 

1.7 - Ha preso parte a qualcuna di queste attività?
SI                                                              ¤
NO                                                            ¤
 
 

2^ Parte
(per i docenti che hanno partecipato alle attività di educazione alla salute )
 

2.1 - A che ambito si riferiva l'attività, il progetto a cui ha preso parte?
a - Educazione alla salute / Alimentazione / Igiene / Auxologia            ¤
b - Prevenzione delle tossicodipendenze                                            ¤
c - Educazione sessuale e sentimentale / Prevenzione AIDS                ¤
d - Educazione alla sicurezza / Educazione stradale                            ¤
e - Problemi dello sviluppo psicologico / Prevenzione del disagio       ¤
f - Educazione ambientale                                                                  ¤
g - Educazione alla legalità, alla pace, ai diritti umani, alla solidarietà   ¤
h - Attività espressive e ludiche                                                         ¤
i - Altro                                                                                            ¤
 

2.2 - Quale è stato il suo ruolo?
a - Docente promotore                                                                                    ¤
b - Docente organizzatore                                                                                ¤
c - Docente interessato                                                                                    ¤
d - Docente che ha dato la propria disponibilità ad attività proposte dagli alunni ¤
e - Altro (specificare)                                                                                       ¤
 

2.3 - Quando è stata organizzata tale attività?
a - In orario curricolare                                  ¤
b - In orario extracurricolare                          ¤
c - In orario curricolare + extracurricolare      ¤
 

2.4 - Come giudica i risultati ottenuti?
a - Ottimi                   ¤
b - Buoni                   ¤
c - Sufficienti             ¤
d - Insufficienti          ¤
e - Inesistenti            ¤
 

2.5 - Quali sono stati, a suo avviso, gli aspetti positivi di tale attività?
(Indichi anche più di una risposta)
a - Contribuire ad arricchire l'offerta formativa della scuola                                  ¤
b - Possibilità di sviluppare un'attività inerente ad un proprio interesse
     e/o competenza                                                                                             ¤
c - Rispondere a delle esigenze, a degli interessi degli studenti                              ¤
d - Ricercare nuovi stimoli e soddisfazioni nella propria professione di insegnante ¤
e - Possibilità di ottenere un ritorno economico                                                    ¤
f - Altro (specificare)                                                                                           ¤
 

2.6 - Quali sono stati, invece, a suo avviso, i limiti di tale attività? (Indichi anche più di una risposta)
a - Rigidità nelle procedure e pesantezza degli aspetti burocratici    ¤
b - Limitata disponibilità economica                                               ¤
c - Scarsa definizione degli obiettivi e delle modalità di verifica       ¤
d - Poca pubblicizzazione da parte della scuola e/o del Ministero   ¤
e - Scarso collegamento con le altre attività della scuola                 ¤
f - Altro (specificare)                                                                    ¤
 
 
 
 

QUESTIONARIO INFORMATIVO
SULLE ATTIVITA' DI EDUCAZIONE ALLA SALUTE PROMOSSE DALLA SCUOLA
 
 

1^ Parte
 (per gli studenti)
 
 

1.1  - Hai mai sentito parlare di progetti inerenti l'educazione alla salute come, per esempio, il Progetto Giovani ?
SI              ¤
NO            ¤
 

1.2  - Trovi giusto che la scuola si occupi anche di salute ?
SI               ¤
NO            ¤
 

1.3  - Cosa si prefiggono, secondo te, le attività di educazione alla salute in
questi progetti? (Indica anche più di una risposta)
a - Il raggiungimento di uno stato di completo benessere fisico e psichico  ¤
b - Lo star bene degli alunni a scuola                                                        ¤
c - La prevenzione delle tossicodipendenze e dell'AIDS                            ¤
d - La promozione del successo scolastico                                                ¤
e - La consapevolezza dell'importanza del valore salute                              ¤
f - Altro (specificare)                                                                                 ¤
 

1.4 - Come può operare la scuola per promuovere salute?
(Indica anche più di una risposta)
a - Creare un ambiente accogliente e motivante, favorendo, per quanto possibile, il protagonismo degli studenti                                                                                                                                                        ¤
b - Organizzare corsi e seminari su argomenti attuali riguardanti la sfera salutistico-preventiva                                                                                                                                    ¤
c - Prestare attenzione al percorso scolastico degli alunni, predisponendo interventi nelle situazioni di disagio                                                                                                                                                          ¤
d - Sviluppare in ogni singola disciplina, per quanto possibile, l'aspetto igienico-sanitario, favorendo collegamenti e approfondimenti idonei                                                                                                                                                             ¤
e - Altro (specificare)                                                                                                                                      ¤
 

1.5  - Sei al corrente dell'impegno della tua scuola riguardo le attività di educazione alla salute?
 SI            ¤
NO           ¤
 

1.6 - Come consideri la rilevanza che tali attività hanno, in qualche modo, prodotto?
a - Ottima           ¤
b - Buona           ¤
c - Sufficiente     ¤
d - Scarsa          ¤
e - Inesistente     ¤
 

1.7  - Hai partecipato a qualcuna di queste attività?
SI            ¤
NO          ¤
 
 

2^ Parte
(per gli studenti che hanno partecipato alle attività di educazione alla salute)
 

2.1 - A che ambito si riferiva l'attività, il progetto a cui hai preso parte?
a - Educazione alla salute / Alimentazione / Igiene / Auxologia                                     ¤
b - Prevenzione delle tossicodipendenze                                                                     ¤
c - Educazione sessuale e sentimentale / Prevenzione AIDS                                        ¤
d - Educazione alla sicurezza / Educazione stradale                                                     ¤
e - Problemi dello sviluppo psicologico / Prevenzione del disagio                                 ¤
f - Educazione ambientale                                                                                           ¤
g - Educazione alla legalità, alla pace, ai diritti umani, alla solidarietà                             ¤
h - Attività espressive e ludiche                                                                                   ¤
i - Altro                                                                                                                      ¤
 

2.2 - Quale è stato il tuo ruolo?
a - promotore               ¤
b - organizzatore          ¤
c - partecipante           ¤
d - interessato             ¤
e - Altro                      ¤
 

2.3 - Quando è stata organizzata tale attività?
a - In orario curricolare                                     ¤
b - In orario extracurricolare                             ¤
c - In orario curricolare + extracurricolare         ¤
 

2.4 - Come giudichi i risultati ottenuti?
a - Ottimi           ¤
b - Buoni           ¤
c - Sufficienti     ¤
d - Insufficienti  ¤
e - Inesistenti    ¤
 

2.5 - Quali sono stati, a tuo avviso, gli aspetti positivi di tale attività?
(Indica anche più di una risposta o specifica)
a - Considerare la scuola da un altro punto di vista, non strettamente scolastico          ¤
b - Possibilità di sviluppare un'attività inerente ad un proprio interesse o competenza   ¤
c - Possibilità di conoscere nuovi compagni e instaurare nuove relazioni                      ¤
d - La possibilità di essere protagonista sia come soggetto che come organizzatore     ¤
e - La flessibilità nell'organizzazione di tempi, modi, obiettivi                                       ¤
f - Altro                                                                                                                    ¤
 

2.6 - Quali sono stati, invece, secondo te, i limiti di tale attività?
(Indica anche più di una risposta o specifica)
a - Poco spazio concesso alle proposte degli studenti                    ¤
b - Limitata disponibilità di mezzi, di spazi, di tempi                       ¤
c - Rigidità nell'organizzazione                                                       ¤
d - Poca pubblicizzazione da parte della scuola e/o del ministero   ¤
e - Scarso collegamento con le altre attività della scuola                ¤
f - Altro                                                                                       ¤
 
 

BIBLIOGRAFIA

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* M. Laeng (a cura di), I nuovi programmi della scuola elementare, 4^ ed., Teramo. Giunti e Lisciani, 1986

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NOTE

1 Art. 1  del preambolo della Costituzione dell'OMS, costituitasi a New York nel 1946, all'interno delle Nazioni Unite

2 M. Geddes, C. Aiello, Che cos'è l'educazione sanitaria, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1980, p.21

3 Fondatore del Centro Sperimentale di educazione alla salute di Perugia e della rivista "La salute umana"

4 A. Seppilli, La rivoluzione della salute, Roma, Il Pensiero Scientifico, 1985, p.61

5 A. Giobbi, "Il progetto sperimentale per l'educazione alla salute", in Educazione alla salute, a cura della Regione Lombardia, Milano, ARES, 1985

6 Dichiarazione di Alma-Ata, (O.M.S.) elaborata dalla Conferenza internazionale sull'assistenza sanitaria di base, 12 settembre 1978

7 H. Noack, Concepts of health and health promotion, WHO, 1987

8 S. Beccastrini, S.Tonelli, "L'educazione alla salute oggi in Italia", Salute e territorio, n.87, 1993, p.6

9 Funzionario regionale per l'educazione sanitaria dell'Ufficio Europeo dell'O.M.S.

10 I. Kickbusch, "Promozione della salute: verso una nuova salute pubblica", in M.Ingrosso, Dalla prevenzione della malattia alla promozione della salute, Milano, Franco Angeli, 1987, p.43

11 I. Kickbusch, "Promozione della salute: verso una nuova salute pubblica", in M.Ingrosso, op. cit., p.44

12 M. Ingrosso, Docente di Sociologia, presso l'Università di Lecce, membro dell'Editorial Board di Health Promotion. An International Journal, in "Diventare sensibili alla salute. Efficacia e apprendimento nell'educazione e promozione della salute", Educazione sanitaria e promozione della salute, n.1, marzo1994, p.19

13 Cfr. M. Ingrosso, "Diventare sensibili alla salute. Efficacia e apprendimento nell'educazione e promozione della salute", Educazione sanitaria e promozione della salute, n.1, marzo1994, p. 18-20

14 Cfr. I. Kickbusch, "Promozione della salute: verso una nuova salute pubblica", in M.Ingrosso, op. cit., p.45

15 Cfr. M.A. Modolo, "Problemi politici e tecnici per garantire i diritti del cittadino all'informazione", Educazione sanitaria e promozione della salute, n.1, marzo 1996, p.12

16 Art. 1  del preambolo della Costituzione dell' OMS, New York, 1946

17 Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 10 dicembre 1948

18 Legge n. 833, del 23-12-1978

19 Dichiarazione di Alma-Ata, O.M.S., 12-9-1978

20 Documento elaborato dalla Conferenza Internazionale dell'OMS, Ottawa, 17-21 novembre 1986

21 G. Pampanini, "Strutturazione ed esperienza. Due concetti fondamentali dell'educazione alla salute", I Problemi della Pedagogia, n.2-3, marzo-giugno 1990, p.191

22 M.S. Marzi, Salute e società nel Medioevo, Firenze, La Nuova Italia, 1978

23 Cfr. M.A. Modolo, Educazione sanitaria e promozione della salute, Firenze, Rossini, 1989, p.25-26

24 L. Checcacci, C.Meloni, G.Pellissero, Igiene, 2^ ed., Milano, Ambrosiana, 1992, p.547

25 G. Berlinguer, Medicina e politica, Bari, De Donato, 1973, p.135-140

26 M.A. Modolo, Educazione sanitaria..., op.cit., p.30

27 A. Seppilli, Significato di una riforma, Roma, Pensiero scientifico, 1972, p.14

28 L. Checcacci..., Igiene, op.cit., p.549

29 A. Seppilli, Significato di una riforma, op.cit., p.10

30 Health Promotion Glossary

31 M.A. Modolo, Educazione sanitaria e promozione della salute, op.cit., p.30

32 M. Ingrosso, Dalla prevenzione della malattia alla promozione della salute, op.cit., p.29

33 M.A. Modolo, Educazione sanitaria e promozione della salute, op.cit.,p.32

34 M. Ingrosso, "Diventare sensibili alla salute", Educazione sanitaria e promozione della salute, n.1, marzo 1994, p.16

35 M. Ingrosso, Educazione sanitaria e promozione della salute, op. cit., p.77

36 M.A. Modolo, "Problemi politici e tecnici per garantire i diritti del cittadino all'informazione", Educazione sanitaria e promozione della salute, n.1, marzo 1996, p.13

37 Carta di Ottawa, Conferenza Internazionale OMS, 17-21 novembre 1986

38 Ibidem

39 V.Lucchetta, "L'educazione sanitaria e la promozione della salute", La salute umana, n.100, lug-ago.
1989, p.22

40 F. Blezza, 'Il diritto alla salute come problema pedagogico', in L.Corradini, A.Pieretti, G.Serio (a cura di), Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, Cosenza, Pellegrini Editore, 1992, p.65

41 F. Ravaglioli, Profilo delle teorie moderne dell'educazione, Roma, Armando, 1980

42 Cfr. M.L. De Natale, La Salute.Un impegno educativo in prospettiva interdisciplinare, Bari, Cacucci, 1991, p.30; L.Briziarelli, "Nuove tendenze dell'educazione alla salute in Italia e in Europa", in Dalla prevenzione della malattia alla promozione della salute, (a cura di M.Ingrosso), Milano, F.Angeli, 1987, p.228; L. Briziarelli, M.P. .Manfroni, Per una cultura della salute, Roma, Bulzoni, 1991, p.62

43 V. Baronio, Principi e metodi dell'educazione sanitaria, Torino, Ed. medicina scientifica, 1981, p.25

44 I. Dassori, I responsabili dell'educazione alla salute, Milano, Vita e Pensiero, 1988, p.58

45 L. Briziarelli, in M. Ingrosso, Dalla prevenzione della malattia alla promozione della salute, op.cit., p.235

46 V. Baronio, Principi e metodi dell'educazione sanitaria, op.cit., p.26

47 M.L. De Natale, La salute.Un impegnoeducativo in prospettiva interdisciplinare, op.cit.

48 Professore di Igiene dell'Università di Perugia, collaboratore del Centro Sperimentale per l'Educazione Sanitaria della stessa Università.

49 Documento elaborato dal Comitato di esperti dell'educazione sanitaria della popolazione, O.M.S., Ginevra, 1954

50 Documento della 1^ Conferenza europea dei Ministri della Sanità dei Paesi membri del Consiglio d'Europa (Madrid 22-24 settembre 1981)

51 Legge 833 del 23-12-1978, art. 2

52 S. Beccastrini, S.Tonelli, "L'educazione alla salute oggi in Italia", Salute e territorio, n.87, 1993, p.4

53 D. Pagliacci, "Programmare per la salute", La salute umana, n.100, lug-ago 1989, p.20

54 V. Lucchetta, "L'educaziona sanitaria e la promozione della salute", La salute umana, n.100,lug-ago 1989, p.22

55 N. Galli, La famiglia e l'educazione alla salute, Milano, Vita e Pensiero, 1988, p.285

56 N. Galli, op. cit., p.288

57 M. Ingrosso, "Diventare sensibili alla salute", Educazione sanitaria e promozione della salute, n.1, marzo 1994, p.24

58 L. Briziarelli, "Educazione sanitaria e promozione della salute: rapporti e campi di applicazione", Educazione sanitaria e promozione della salute, n.2, giugno 1993, p.80

59 V. Lucchetta, "L'educazione sanitaria e la promozione della salute", La salute umana, cit. p.22

60 M. Ingrosso, Dalla prevenzione della malattia alla promozione della salute, op.cit., p.236

61 S. Beccastrini, S. Tonelli, "L'educazione alla salute oggi in Italia", Salute e Territorio, op.cit.,p.7

62 Assistenza sanitaria di base, Dichiarazione di Alma-Ata, da M.A. Modolo, Educazione Sanitaria, op.cit. p.248

63 L. Conti, Imparare la salute. Educazione sanitaria e scuola, Bologna, Zanichelli, 1983, p.120

64 A.Seppillli, M.Mori, MA.Modolo, Significato di una riforma. Motivazioni e finalità del Progetto di Riforma Sanitaria, Roma, Il Pensiero Scientifico, 1972", p.5-15

65 M.A. .Modolo, "I principi del Servizio Sanitario Nazionale", La salute umana, n.2, 1979, p.2-5

66 A. Seppilli, "L'educazione sanitaria oggi", La salute umana, n.60, nov-dic. 1982, p.27

67 Legge 833, art. 13

68 Da notare che la stessa competenza viene attribuita al Distretto Scolastico in base all'art. 12 del DPR 416/74, nonché alla scuola tutta, in base all'art. 85 della L. 685/75

69  M.A. Modolo, Educazione sanitaria..., op.cit., p 40

70 L.833, art.2.,tra gli obiettivi:"la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un'adeguata educazione sanitaria, del cittadino e della comunità"

71 M.A. Modolo, Educazione sanitaria..., op.cit., p.83

72 P. Beatini, "Il progetto giovani 1993", La Salute Umana, n. 111, mag-giu 1993, p.9

73 P. Beatini, "Il progetto giovani 1993", La Salute Umana, cit., p.9

74 P. Beatini, Ibidem

75 L. Corradini, pedagogista, vicepresidente del CNPI dalla fine degli anni '80 al '93, sottosegretario alla P.I. con il Ministro Lombardi, è stato l'ideatore, il promotore e il sostenitore dei progetti di educazione alla salute del Ministero.

76 L. Corradini, "Paideia di fine millennio", La scuola si aggiorna, n.19, 1993, p.4

77 Cfr. F.Alberoni, F.Ferrarotti, C.Calvaruso, I giovani verso il duemila, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1986, p.91

78 V. Andreoli, Giovani, 5^ed., Milano, Rizzoli, 1995, p.124

79 V. Andreoli, Giovani, op. cit., p.124

80 Dati ISTAT, ricavati da R. Tortora, "Il ministero della P.I. e i giovani", Corso nazionale di aggiornamento, Amantea 1992

81 L. Corradini, "Vivere il positivo", La scuola si aggiorna, n. 20, ottobre, 1993, p. 4

82 Dati ISTAT, ricavati da M.P. Bucchioni Di Nino, "Il terreno dell'incontro", La scuola si aggiorna, n. 20, ottobre 1993, p.7

83 G. Guerreschi, "Alcolismo giovanile, un dramma", L'Arena di Verona, 20.1.1992

84 G. Santoro, "L'adolescenza: una nessuna centomila", La salute umana, n.97, gen-feb., 1989, p.13-14

85 G. Santoro, Ibidem

86 Convenzione sui diritti del fanciullo, New York, 20 novembre 1989. Ratificata per l'Italia con Legge 22 maggio 1991, n.176

87 L. Corradini, La comunità scolastica, n.2-3 aprile 1973, Roma, Salpgraf, p.20

88 L. Corradini, 'Ripensamento di un itinerario pedagogico', in M. Borrelli (a cura di), La pedagogia italiana contemporanea, , 2^ed., Cosenza, Pellegrini editore, 1995, p.132

89 L.Corradini, 'Ripensamento di un itinerario pedagogico', in La pedagogia italiana contemporanea, op. cit., p.134

90 A. Pieretti, 'Un nuovo umanesimo per dare un senso alla vita', in L.Corradini, A.Pieretti, G. Serio (a cura di), Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, Cosenza, Pellegrini editore, 1992,  p. 122

91 A.Pieretti, 'Oltre la scienza verso l'uomo', in L.Corradini, A.Pieretti, G.Serio (a cura di),Dove va la scienza? Educazione alla conoscenza e alla responsabilità, Cosenza, Pellegrini Editore, 1990, p.23

92 I.Dassori, "I nuovi bisogni formativi nell'educazione alla salute", in P.Cattaneo, Educazione alla salute e alla solidarietà, Reggio Calabria, Laruffa Editore, 1990, p. 87-99

93 M.A. Modolo, "Educazione, salute, scuola", La salute umana, n.110, mar-apr.1991, p.8

94 R. Massa 'Per un possibile sviluppo della pedagogia come clinica della formazione', in L.Corradini, A.Pieretti, G.Serio (a cura di),Dove va la scienza? Educazione alla conoscenza e alla responsabilità, op.cit., p.148

95 M.P.I., Atti della Conferenza Nazionale sulla scuola, Roma, Sciascia editore, 1990, p.348

96 G. Santoro, "L'adolescenza: una, nessuna, centomila", La salute umana, n.97, gen-feb., 1989, p.14

97 L. Corradini, "Paideia di fine millennio", La scuola si aggiorna, n.19, 1993, p.11

98 V. Andreoli, Giovani, op. cit., p.123

99 I. Dassori, "I nuovi bisogni formativi nell'educazione alla salute", in P.Cattaneo, Educazione alla salute e alla solidarietà, op. cit., p.88

100 F. Blezza, "Il diritto alla salute come problema pedagogico", in L.Corradini, A.Pieretti, G. Serio (a cura di), Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit, p. 60

101 F. Blezza, "Il diritto alla salute come problema pedagogico", in op. cit., p.61

102 F.Blezza, , "Il diritto alla salute come problema pedagogico", in op.cit., p.66

103 N.Capaldo,"Programma, programmazione, curricolo", in AA.VV. Maestri anni 90, Firenze, Le Monnier, 1992,  p.182

104 N Capaldo, "Programma, programmazione, curricolo", in op. cit., p.197

105 R. Di Nubila, "L'orientamento nella scuola secondaria superiore: ipotesi e strategie didattiche", in L.Corradini, A.Pieretti, G. Serio (a cura di), Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit, p.102

106 N.Capaldo, "Programma, programmazione, curricolo ", in op. cit., p.196

107 F.Blezza, "Il diritto alla salute come problema pedagogico", in op.cit., p.66

108 N. Capaldo, "Programma, programmazione, curricolo", op. cit., p.195

109 CNPI, "Regolamenti attuativi dall'autonomia scolastica", Scuola Nuova, n.34, 1997

110 L.59/97, art.21

111 G.Serio, Per una scuola costituente. La sfida dell'educazione interculturale e i progetti del M.P.I., Roma, Bulzoni, 1995, p.13-14

112 B. Barbero Avanzini, 'Le tossicodipendenze nella vita giovanile', in N. Galli, La famiglia e l'educazione alla salute, Milano, Vita e pensiero, 1988, p.260

113 M. Gattullo, A. Visalberghi (a cura di), La scuola Italiana dal 1945 al 1983, Firenze, La Nuova Italia,1986, p.91

114 A. Agazzi, in AA.VV., Nuovi programmi per la scuola media, 6^ edizione, Brescia, La Scuola, 1984, p.14

115 F. Fabbroni, R. Maragliano, B. Vertecchi, Pedagogia e didattica dei nuovi programmi per la scuola elementare, Firenze, La Nuova Italia, 1985, p.68

116 Legge 16 giugno 1977, n.348, Modifiche di alcune norme della legge 31 dicembre1962, n. 1859, sulla istituzione e l'ordinamento della scuola media statale

117D.M. 9-2-1979, Premessa ai Programmi per la scuola media statale

118 L. Mellacqua, "L'obiettivo salute nella scuola media", La salute Umana, n.96, nov-dic 1988, p. 24

119 D.M. 9-2-1979, Premessa ai Programmi

120 C. Fiorentini, M. Piscitelli, "La dispersione scolastica: osservazioni e proposte", Scuola e Città, n.9, sett. 1995, p.379

121 L. Mellacqua, "L'obiettivo salute nella scuola media", La salute umana, n.96, nov-dic 1988, p. 24

122 L. Mellacqua, "L'obiettivo salute nella scuola media", La salute umana, ibidem

123 Cfr. F. Di Raimondo, R. Licordari, in AA.VV I nuovi programmi per la scuola media,. 6^ ed., Brescia, La Scuola., 1979, p.259

124 Cfr. F. Di Raimondo, R. Licordari, I nuovi programmi per la scuola media,  op.cit., p.261

125 F. Di Raimondo, R. Licordari, I nuovi programmi per la scuola media, op.cit., p. 265

126 F. Di Raimondo, R. Licordari, I nuovi programmi per la scuola media, op.cit., p. 271

127 A. Agazzi in AAVV, I nuovi programmi per la scuola media, 6^ edizione, Brescia, La scuola, 1984

128 Cfr. 240/91

129 Art. 3 della Costituzione Italiana

130 M. Parente, Commento sistematico ai nuovi programmi della scuola elementare, Bergamo, Juvenilia, 1987, p.74

131 D.P.R. 12-02-1985, n.104, Premessa ai Programmi didattici per la scuola primaria

132 M. Parente, Commento sistematico ai nuovi programmi della scuola elementare, op.cit., p.78

133 D.P.R. 12-02-1985, n.104, Premessa ai Programmi didattici per la scuola primaria.

134 D.P.R. 12-02-1985, n.104, Premessa ai Programmi didattici per la scuola primaria.

135 Cfr. U. Cassola, Elementare: una scuola che cambia, Torino, Paravia, 1987, p.361-365

136D.P.R. 12-02-1985, n.104, Premessa ai Programmi didattici per la scuola primaria

137D.P.R. 12-02-1985, n.104, Premessa ai Programmi didattici per la scuola primaria

138 M. Parente, Commento sistematico ai nuovi programmi della scuola elementare, Bergamo, Juvenilia, 1987, p.227

139Cfr. A. Alberti, La riforma della scuola elementare. Il modulo organizzativo, Firenze, La Nuova Italia, 1990, p.133

140 E. Catarsi, L' asilo e la scuola per l'infanzia, Firenze, La Nuova Italia, 1994, p.335

141 E. Catarsi, L' asilo e la scuola per l'infanzia, op.cit., p.336

142 D.M. 3-6-1991, Nuovi Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali, 1^parte, 3°capoverso

143 C. Scurati, "Linee fondamentali della scuola degli Orientamenti 1991", in G. Rubagotti (a cura di), Manuale di formazione e di aggiornamento per i docenti della scuola materna,Milano, Fabbri editori, 1992, p. 166

144 D.M. 3-6-1991, N.O. 2^ parte, Il bambino e la sua scuola

145 D.M. 3-6-1991, N.O. 2^ parte, 5° capoverso

146 S. Neri, "Il curricolo", in G. Rubagotti (a cura di), Manuale di formazione e aggiornamento per i docenti della scuola materna, op.cit., p.184

147 S. Neri, ibidem

148 D.M. 3-6-1991, N.O. 3^ parte, 2° capoverso

149 D.M. 3-6-1991, N.O. 3^ parte, 2° capoverso

150 D.M. 3-6-1991, ibidem

151 D.M. 3-6-1991, ibidem

152 O. Serena, "Il corpo e il movimento", in G. Rubagotti (a cura di), Manuale di formazione e aggiornamento per i docenti della scuola materna,
op.cit., p. 208

153 O. Serena, "Il corpo e il movimento", in G. Rubagotti, op.cit., p.208

154 D.M. 3-6-1991, N.O., 3^ parte, 2° capoverso

155O. Serena, "Il corpo e il movimento", in G. Rubagotti, op.cit., p.209

156 D.M. 3-6-1991, N.O. 3^ parte, 2° capoverso

157 D.M. 3-6-1991, N.O. 3^ parte, 2° capoverso

158 D.M. 3-6-1991, N.O. 3^ parte, 2° capoverso

159 E. Erikson, Introspezione e responsabilità, Roma, Armando, 1968, cap.  IV e G. Rubagotti, Manuale di formazione.., op.cit., p..351

160 D.M. 3-6-1991, N.O. 4^Parte, 2°capoverso

161 P. Bertolini, "La nuova professionalità del docente", in G. Rubagotti, (a cura di), Manuale di formazione... op.cit., p.499

162D.M. 3-6-1991, N.O. 4^parte, 3°capoverso

163 Dati desunti da M.P.I. Atti della Conferenza Nazionale sulla scuola del 1990, Roma, Sciascia editore, 1991, vol.1, p.178-193

164 M.P.I. Atti della Conferenza Nazionale sulla scuola del 1990, Roma, Sciascia editore, 1991, vol.1, p.201

165 Cfr. C.M. n. 22 del 23 gennaio 1973, - Lotta contro la diffusione delle tossicodipendenze

166 M.P.I., Educare per prevenire. Atti del 6°corso nazionale di aggiornamento per docenti sulla prevenzione dall'uso della droga, Marina di Massa, maggio 1981

167 L. 685/75, art.85

168 Cfr. A.Pellicciari, 'La prevenzione della tossicodipendenza: la scelta educativa', in M.P.I., Educare per prevenire: idee guida, indicazioni normative e strumenti operativi (1976-1989), dicembre 1989, p.84

169 L. 685/75, art.8

170 Cfr. I. Dassori, "Realtà della droga: quale compito per la scuola", Annali della P.I., n.5, sett-ott 1983, p.623

171 I. Dassori, "Realtà della droga: quale compito per la scuola", Annali della P.I., ibidem

172 Cfr. C.M. n. 17 del 19 gennaio 1976, - Diffusione droghe tra i giovani, strumenti per la prevenzione L.685

173 Cfr. I. Dassori, "Realtà della droga: quale compito per la scuola", Annali della P.I., n.5, sett-ott 1983, p.625

174 C.M. n. 46 del 14 febbraio 1977, - Diffusione droghe tra i giovani. Strumenti per la prevenzione

175 Intervento del Sen. Falcucci, in M.P.I., Educare per prevenire. Atti del 3°corso nazionale di aggiornamento per docenti sulla prevenzione dall'uso della droga, Frascati, marzo-aprile 1978

176 Legge n.833/78

177 C.M. n. 306 del 6 novembre 1980, - Educazione alla salute e prevenzione dalle tossicodipendenze

178 C.M. n. 8 del 7 gennaio 1981, - Educazione alla salute e prevenzione dalle tossicodipendenze

179 C.M. n. 8 del 7 gennaio 1981, - Educazione alla salute e prevenzione dalle tossicodipendenze

180 Cfr. A.Pellicciari, "Documento conclusivo dei lavori", in Educare per prevenire, idee guida..., op.cit., p.119

181 Cfr. C.M. n.57 dell'11 febbraio 1985, - Progetto Giovani. Prevenzione educativa

182  A.Pellicciari, "Documento conclusivo dei lavori", in Educare per prevenire, idee guida..., op.cit., p.120

183  Legge n. 162 del 26 giugno 1990, ripromulgata con T.U. DPR309/90, art.104

184 L.Corradini, A.Pieretti, G.Serio (a cura di), Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, Cosenza, Pellegrini Editore, 1992, p.8

185 Legge n. 162/90, DPR309/90, art.104

186 Legge n. 162/90, DPR309/90, art.106

187 L.Corradini, A.Pieretti, G.Serio (a cura di), Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit., p.9

188 Cfr. P. Cattaneo, Educazione alla salute e alla solidarietà, Reggio Calabria, Laruffa, 1990, p.90

189 G. Ferrazzi, 'Educare alla salute nella scuola: significati, problemi, prospettive', in L.Corradini , A.Pieretti, G.Serio Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit., p.44

190 L.Corradini, 'La legge 162/90 e il Progetto Giovani '93 del M.P.I.' in L.Corradini , A.Pieretti, G.Serio, Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit., p.23

191 Cfr. N. Galli, La famiglia e l'educazione alla salute, Milano, Vita e Pensiero, 1988, p.200; P.Cattaneo, Educazione alla salute e alla solidarietà,  op.cit., p.92

192 Cfr. E. Damiano, 'La salute e la scuola' in N.Galli, La famiglia e l'educazione alla salute, op. cit., p.201

193 Cfr. P. Cattaneo, Educazione alla salute e alla solidarietà, op. cit., p.142

194 Cfr. P. Cattaneo, Educazione alla salute e alla solidarietà, op. cit., p.90

195 G. Ferrazzi, 'Educare alla salute nella scuola: significati, problemi, prospettive', in L.Corradini , A.Pieretti, G.Serio Educazione alla salute tra
prevenzione e orientamento, op.cit, p.45; P. Cattaneo, Educazione alla salute e alla solidarietà, op. cit., p.96

196 Cfr. I.Dassori, I responsabili dell'educazione alla salute, Milano, Vita e pensiero, 1988, p.38

197 D.P.R. n.309 del 9 ottobre 1990 - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza - art.106

198 L.Corradini, in AA.VV., La pedagogia italiana contemporanea, Cosenza, Pellegrini editore, 1995, p.298

199 Cfr. C.M. n.47 del 20 febbraio 1992 - Attività di educazione alla salute

200 A.L. Ferrante, N.Florio, "I centri di informazione e consulenza: quale risposta", La salute umana, n.133, gen-feb 1995, p.23

201 G. Vinci, "I Centri di Informazione e Consulenza nel Friuli-Venezia Giulia", Quaderni di Orientamento, n.9, dic.1996, p.25

202 Cfr. CM 120/94 e CM 600/96

203 Cfr. C.M. n.47 del 20 febbraio 1992 - Attività di educazione alla salute

204 Gruppo di Studio dei Comitati Tecnici Provinciali, "I CIC: una sfida e una scommessa", La scuola si aggiorna, n.20, ottobre 1993, p.13

205 Gruppo di Studio dei C.T.P., "I CIC: una sfida e una scommessa", La scuola si aggiorna, n.20, p.14

206 Ibidem, p.15

207 Gruppo di Studio dei C.T.P., "I CIC: una sfida e una scommessa", La scuola si aggiorna, n.20, ottobre 1993, p.17

208 G. Vinci, "I Centri di Informazione e Consulenza nel Friuli-Venezia Giulia", Quaderni di Orientamento, n.9, dic.1996, p.25

209 G. Vinci, "I Centri di Informazione e Consulenza nel Friuli-Venezia Giulia", ibidem, p.25

210 Cfr. C.M. n.362 del 22 dicembre 1992

211 M.P.I., Atti del VI Corso Nazionale "Educare per Prevenire", Marina di Massa, 1981, p.133

212 A. Pellicciari, in M.P.I., Atti del VI Corso Nazionale "Educare per Prevenire", Marina di Massa, 1981, p.134

213 M.P.I. "Progetto Giovani. Identità e solidarietà nel vissuto giovanile", La documentazione educativa, n.8, Roma, 1991, p.51

214 Cfr. C.M.114/90

215 G. Serio, Per una scuola costituente, op. cit. p.85

216 L.Corradini, "Paideia di fine millennio", La scuola si aggiorna, n.19, 1993, p.12

217 L.Corradini, "Paideia di fine millennio", La scuola si aggiorna, n.19, ibidem

218 Cfr. R.Russo Jervolino, Un impegno per il 2000, Conferenza Nazionale Studenti, Roma, febbraio 1993

219 CENSIS, Scuola, educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze, Roma, 1992, p.102

220 L.Corradini, "Paideia di fine millennio", La scuola si aggiorna, n.19, ottobre 1993, p.4

221 C.M. 246/89

222 L. Corradini, "Paideia di fine millennio", ibidem

223 L. Corradini, 'La legge 162/90 e il Progetto Giovani '93 del M.P.I.', in L. Corradini, A. Pieretti, G. Serio (a cura di), Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, Cosenza, Pellegrini Editore, 1992, p.24

224 L. Corradini, 'La legge 162/90 e il Progetto Giovani '93 del M.P.I.', in Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit., p.26

225 (  CM 327/90, - Progetto Giovani 93. Organizzazione degli incontri di confronto e sintesi delle esperienze
* CM 241/91, - Progetto Giovani 93. Documentazione e valutazione circa le iniziative dell'a.s. 1990/91. Progettazione delle attività dell'a.s. 1991/92
* CM 47/92, - Attività di educazione alla salute. Centri di informazione e consulenza. Proposte di iniziative da parte degli studenti (artt. 104, 105, 106 T.U. DPR 309/90). Progetto Giovani 93. Progetto Ragazzi 2000, Progetto Genitori
* CM 362/92, - Attività di prevenzione e di educazione alla salute
* CM 120/94, - Attività di prevenzione primaria, e di educazione alla salute - Progetto Arcobaleno - Progetto Ragazzi 2000 - Progetto Giovani 93 - Progetto Genitori - Centri di informazione - Corsi di Formazione. Con questa circolare il PG 93 viene riconfermato e rilanciato al 2000 con il nome appunto di PG 2000.
* CM 600/96, "Interventi di educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze"

226 L. Corradini, 'La legge 162/90 e il Progetto Giovani '93 del M.P.I.', in Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit., p.30

227 M.L. De Natale, La salute, un impegno educativo in prospettiva interdisciplinare, Bari, Caccucci editore, 1991, p.202

228 G. Bertagna, "Le nuove domande educative", La scuola si aggiorna, n.19, ottobre 1993, p.16

229 L. Corradini, 'La legge 162/90 e il Progetto Giovani '93 del M.P.I.', in Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit., p.32

230 Cfr. L. Corradini, ibidem

231 P. Beatini, "Il progetto giovani 1993", La Salute Umana, n.111, mag-giu. 1991, p.10

232 M.L. De Natale, La salute. Un impegno educativo in prospettiva interdisciplinare, Bari, Caccucci editore, 1991, p.198

233 C.M. 246/89

234 G. Serio, Per una scuola costituente, op. cit., p.82

235 G. Bertagna, "Le nuove domande educative", La scuola si aggiorna, n.19, ottobre 93, p.17

236 L. Corradini, "Paideia di fine millennio", La scuola si aggiorna,  n.19, ottobre 1993., p.13

237 L. Corradini, 'La legge 162/90 e il Progetto Giovani '93 del M.P.I.', in Educazione alla salute tra prevenzione e orientamento, op.cit., p.33

238 Cfr. Conferenza Nazionale Studenti Progetto Giovani 93, Documento degli Studenti, Roma, febbraio 1993

239 M. Zoccoli, "Imparare ad essere", La scuola si aggiorna, n.26, novembre 1993

240 A. Pellicciari, "Per uscire dal labirinto", La scuola si aggiorna,  n.20, ottobre 1993, p.31

241 A. Pellicciari, "Per uscire dal labirinto", La scuola si aggiorna, ibidem

242 CM 240/91

243 L. Corradini, "Le ragioni di un'avventura", La scuola si aggiorna, n.20, ottobre 1993, p.4

244 L. Corradini, "Le ragioni di un'avventura", La scuola si aggiorna , ibidem

245 C.M. 240/91

246 Cfr. C.M. 240/91

247 A. Cogosi, "Continuità coinvolgimento partecipazione", La scuola si aggiorna, n.20, ottobre 1993, p.34

248 A. Cogosi, "Continuità coinvolgimento partecipazione", La scuola si aggiorna, ibidem

249 L.Corradini, "Dimensioni e prospettive", La scuola e l'Uomo, n.3, 1993

250 Cfr. C.M. 240/91; A. Cogosi, "Continuità coinvolgimento partecipazione", La scuola si aggiorna, ibidem, p.38

251 A. Pellicciari, "Per uscire dal labirinto", La scuola si aggiorna, n.20, ottobre 1993, p.31

252 A. Pellicciari, "Per uscire dal labirinto", La scuola si aggiorna, n.20, ottobre 1993, ibidem

253 G. Villarossa, 'Prevenzione primaria come identificazione delle situazioni di disagio produttrici del rischio insuccesso e di devianza nei minori', Provveditorato agli Studi di Benevento, "A scuola con l'arcobaleno", Benevento, 1994, p.9

254 Nota ministeriale n.1999 del 9 giugno 1994

255 Cfr. C.M. n120/94, Attività di prevenzione primaria e di educazione alla salute Progetto Arcobaleno

256 G. Villarossa, 'Prevenzione primaria come identificazione delle situazioni di disagio produttrici del rischio insuccesso e di devianza nei minori', in op.cit., p.16

257 D.M. 3 giugno 1991, - Nuovi orientamenti dell'attività educativa nella scuola materna statale

258 Nota ministeriale n.1999/94

259 M.P. Cavalluzzo, "A scuola con l'arcobaleno", Provveditorato agli Studi di Benevento, op.cit., Benevento, 1994, p.3

260 L. Cajola, "Me ne faccio carico", La scuola si aggiorna, n.20, ottobre 1993, p.42

261 L. Cajola, "Me ne faccio carico", La scuola si aggiorna, ibidem

262 C.M. n.362 del 22 dicembre 1992, - Attività di prevenzione e di educazione alla salute

263 Cfr. C.M. n.362 del 22 dicembre 1992, - Attività di prevenzione e di educazione alla salute

264 Cfr. C.M. n 47 del 20 febbraio 1992, - Attività di educazione alla salute

265 Cfr. M.P.I., Atti della Conferenza Nazionale sulla scuola. Roma 30 gennaio - 3 febbraio 1990, Roma, S.Sciascia editore, 1991

266 L.Cajola, "Me ne faccio carico", La scuola si aggiorna, n.20, ottobre 1993, p.44

267 L.Cajola, ibidem, p.46

268 Art. 85 della L. 22-12-1975, n° 685

269 CENSIS, Scuola, educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze. Rapporto sulla Regione Friuli-Venezia Giulia, Roma, 1985, p.106

270 Provveditorato agli Studi di Pordenone, Giovani e scuola in provincia di Pordenone (a.s. 96/97), Pordenone, 1997, pagg. 7-8

271 Dati desunti dal rapporto sulle scuole di Pordenone a cura del Comune di Pordenone, Progetto Giovani, 1996

272 Provveditorato agli Studi di Pordenone, Giovani e scuola in provincia di Pordenone (a.s. 96/97), Pordenone, 1997, pagg. 7-8

273 G. Pampanini, "Strutturazione ed esperienza. Due concetti fondamentali dell'educazione alla salute", I Problemi della Pedagogia, n.2-3, marzo-giugno 1990, p.193

274 M. Castellazzo, "Disagio giovanile: possibili motivazioni", I Problemi della Pedagogia, n.4, 1995, p. 454

275 Provveditorato agli Studi di Pordenone, Giovani e scuola in provincia di Pordenone,... op. cit., p.13
 


 
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