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La prostata e le sue malattie
di
Marco dott. Giandotti



Anatomia normale della pelvi maschile





LA PROSTATA

La prostata è una ghiandola dell'apparato genitale maschile deputata alla produzione del liquido seminale, veicolo essenziale per gli spermatozoi che ad essa giungono dai testicoli attraverso i dotti deferenti. Ha la forma di una piccola castagna (circa 15-18 gr.) con la punta rivolta verso il basso e sulla quale poggia la vescica; l'uretra, il condotto che porta all'esterno l'urina, attraversa questa piccola ghiandola; è per questo motivo che una sua alterazione può ripercuotersi sulla funzione delle basse vie urinarie.
 
 


In questa foto la patologia prostatica ancora non è presente,
la ghiandola è allo stato fisiologico e non comprime l'uretra




LE MALATTIE PROSTATICHE

La prostata è un organo che, come altri, può essere sede di varie malattie. Il "soffrire di prostata" è un comune modo di dire che in realtà è generico e può creare confusione. E' molto importante quindi distinguere le varie patologie che possono interessare la prostata, quali infezioni (prostatite), ipertrofia benigna, tumore etc., e dare la giusta interpretazione agli svariati sintomi che da esse derivano; per ciascuna malattia ci sono esami, terapie e prognosi completamente diversi.

Tratteremo di seguito le malattie più frequenti che colpiscono la ghiandola prostatica nelle varie età.
 

PROSTATITE

L'infezione della prostata è un'evenienza molto più frequente di quanto si possa pensare e colpisce prevalentemente i soggetti giovani o comunque con una più intensa attività sessuale, quando è favorito l'ingresso di germi dall'esterno; più raramente i germi possono essere di derivazione intestinale (in pazienti affetti da stipsi, colite, etc).

I sintomi della prostatite possono essere molto vari; da quadri molto lievi, in cui il paziente lamenta soltanto un lieve aumento della frequenza minzionale o un vago senso di peso perineale (tra testicoli ed ano), a forma più conclamate con malessere generale e febbre anche molto elevata, forti bruciori minzionali, difficoltà ad urinare, fino al blocco completo. Altri sintomi che si possono riscontrare, variamente associati tra loro, sono la secrezione uretrale, l'emospermia (presenza di sangue nello sperma), deficit sessuali o bruciore all'eiaculazione, la minzione urgente, "fastidio" all'estremità del pene o in sede inguinale.

Spesso il medico può fare diagnosi di prostatite già dalla descrizione dei sintomi; la conferma può derivare dall'esplorazione rettale che consente di apprezzare la prostata soffice e gonfia e provocare la fuoriuscita di secrezione dall'uretra; l'esame delle urine può documentare la presenza di leucociti, cioè globuli bianchi, nel corso dell'infezione; altri esami utili, soprattutto nelle forme non acute quando tali indagini risulterebbero particolarmente fastidiose o dolorose, sono il test di Stamey-Meares (esame colturale in 3 campioni di urina prima e dopo massaggio prostatico e tampone uretrale) o la spermiocoltura per mettere in evidenza la natura dei batteri responsabili dell'infezione, l'ecografia prostatica trans-rettale (eseguita cioè, attraverso una piccola sonda inserita nel retto).

La prostatite è una malattia che si cura tanto più facilmente (con terapie antibiotiche e anti-infiammatorie) quanto più precocemente si scopre: dalla fase acuta si guarisce rapidamente in pochi giorni e senza sequele; se la malattia cronicizza le terapie sono molto lunghe (anche oltre un mese), le ricadute frequenti e le conseguenze si possono far sentire anche dopo anni, come spiegheremo in seguito, accentuando i disturbi dell'ipertrofia prostatica benigna.
 

IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA
 
 


Adenoma prostatico che riduce il calibro dell'uretra

La ghiandola prostatica molto spesso va incontro ad un ingrossamento già intorno all'età di 40 anni; il nome scientifico di tale ingrossamento è Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) o fibroadenomioma prostatico e circa il 70% degli uomini oltre i 60 anni ne è affetto.

La prima cosa da chiarire è che l'ipertrofia prostatica non costituisce di per sé una patologia significativa; solo quando questa comprime l'uretra in maniera da compromettere il transito dell'urina si determina una condizione patologica che definiamo come OSTRUZIONE CERVICO-URETRALE (cioè del tratto iniziale dell'uretra).

L'entità di tale restringimento non è proporzionale al volume raggiunto dalla prostata: è frequente riscontrare pazienti con prostate appena aumentate di volume, ma con ostruzione serrata e viceversa pazienti con prostate anche molto voluminose, senza restringimento significativo del condotto. Il motivo di questa mancata correlazione è da ricercare in diversi fattori che possono concorrere ad accentuare l'ostruzione, quali per esempio la perdita di elasticità del tessuto prostatico anche in relazione a pregressi episodi infettivi (vedi prostatiti), che sono causa della formazione di tessuto fibrotico nel contesto della ghiandola; altro elemento determinante è la comparsa di un "terzo lobo" prostatico che occlude come un tappo l'imbocco del canale; non riteniamo sia utile approfondire ulteriormente questo aspetto così tecnico del problema, ma sia invece fondamentale comprendere che LA GRAVITA' DELL'I.P.B. NON E' CORRELATA ALL'ENTITA' DELL'INGROSSAMENTO, MA AL GRADO DI OSTRUZIONE CHE ESSO DETERMINA.

È infatti il restringimento dell'uretra che può creare danni gravi e irreversibili alla vescica ed alla lunga anche ai reni; in condizioni normali la vescica contraendosi spinge all'esterno le urine con il minimo impiego di energia, ma se il condotto che porta all'esterno le urine è ridotto di calibro è evidente che la forza necessaria per superare tale ostacolo deve essere maggiore. Questo maggior impegno muscolare della vescica comporta uno sforzo che prolungato nei mesi e negli anni ne determina una sfiancamento progressivo fino al punto che, nei casi più gravi, la vescica non riesce più a svuotarsi, si ha cioè la RITENZIONE ACUTA DI URINA.

L'indebolimento della vescica è peraltro un danno irreversibile, non esistendo terapie atte a ripristinare una normale funzionalità della stessa. Per questo motivo è di fondamentale importanza curare per tempo i disturbi legati all'ostruzione cervico-uretrale determinata dall'ipertrofia prostatica.

A questo punto è bene chiarire un altro frequente motivo di equivoco per quel che riguarda tali disturbi.

I SINTOMI DELL'I.P.B. vengono generalmente raggruppati dagli specialisti in due categorie principali:

- SINTOMI OSTRUTTIVI (anche detti della fase di svuotamento)

- SINTOMI IRRITATIVI (anche detti della fase di riempimento).

I sintomi ostruttivi comprendono: l'attesa preminzionale, il getto debole o sottile, il getto discontinuo e con gocciolamento terminale prolungato, la sensazione di non svuotare completamente la vescica.

I sintomi irritativi consistono nell'aumento della frequenza minzionale, sia diurna che notturna, nella comparsa dell'urgenza minzionale fino all'incontinenza da urgenza (da non confondere con l'incontinenza da sforzo).

Poiché, come abbiamo sottolineato sopra, la cosa più importante da valutare quando ci troviamo davanti ad un caso di ipertrofia prostatica è il grado di ostruzione, è intuibile che i sintomi più significativi da prendere in considerazione sono quelli del primo gruppo che più direttamente sono ad esso correlati: tanto più stretto è il condotto, per esempio, tanto più lento sarà il getto di urina. I sintomi del secondo gruppo sono, come ci suggerisce il nome, di natura irritativa, espressione cioè di un fatto reattivo e quindi non specifici di ostruzione.

Il concetto fondamentale è che, alla luce di quanto detto, il sintomo più importante è proprio quello generalmente più trascurato dai pazienti: il GETTO DEBOLE. La gran parte dei pazienti, infatti, è portata a dare più peso ai sintomi irritativi, vuoi per cultura, vuoi perché più fastidiosi, e a trascurare quelli più specifici di ostruzione, più difficili da notare e certamente più tollerabili.

Così il paziente ostruito che abbia anche disturbi di tipo irritativo è, per così dire, più fortunato perché più motivato a rivolgersi allo specialista precocemente, rispetto a chi avendo solo il getto debole, e quindi misconoscendo il problema, giunge dall'urologo tardivamente o, nei casi peggiori, solo al momento della ritenzione acuta di urina.

Alla luce di quanto detto risulterà chiaro qual è il fine degli ACCERTAMENTI CLINICI che generalmente si eseguono in caso di ipertrofia prostatica benigna.

L'ESPLORAZIONE RETTALE è oggi ritenuta molto meno importante rispetto a qualche anno fa, quando sulla sola base del reperto palpatorio di una prostata molto ingrossata si poneva indicazione all'intervento chirurgico; tale esame rimane di grande utilità per le altre patologie prostatiche, mentre, come abbiamo detto, il riscontro di una prostata più o meno ingrossata, pur consentendo una immediata diagnosi di ipertrofia prostatica, non ci da alcuna informazione sul dato più importante da ricercare: il grado di ostruzione cervico-uretrale.

L'indagine fondamentale è invece la UROFLUSSOMETRIA.

Tale esame consiste semplicemente nell'urinare dentro un contenitore collegato con un computer in grado di elaborare un grafico che ci fornisce importanti informazioni sul flusso urinario; è ovvio che maggiore è il grado di ostruzione tanto più lento sarà il flusso.
 
 
Flusso normale   Flusso rallentato per ostruzione

Un'indagine più accurata per definire con esattezza il grado di ostruzione è lo STUDIO P/F, che con l'ausilio di particolari diagrammi ci fornisce un grado di ostruzione variabile da 0 (assenza di ostruzione) a 6 (ostruzione severa). Tale esame si svolge inserendo un catetere molto piccolo nell'uretra, dopo aver fatto urinare il paziente; attraverso di questo si riempie la vescica con soluzione fisiologica sterile fino a quando il paziente avverte lo stimolo; si invita quindi il paziente ad urinare in un flussometro, registrando così, contemporaneamente al flusso, anche la pressione (forza) vescicale che sostiene tale flusso. Quanto maggiore è il grado di ostruzione tanto più lento sarà il flusso e tanto più alta la pressione vescicale, necessaria per vincere le resistenze offerte dalla compressione prostatica.

L'ECOGRAFIA VESCICALE E PROSTATICA TRANS-RETTALE è un'indagine utilissima per evidenziare anatomicamente l'ipertrofia prostatica benigna, della quale ci offre tanti utili dettagli, indispensabili, come vedremo, soprattutto nella scelta terapeutica; tale esame ci fornisce anche indicazioni indirette sul grado di ostruzione, quali per esempio l'entità dell'apertura dell'uretra che attraversa la prostata (seppur non ci dica con quale sforzo vescicale si ottenga questa apertura), l'entità dell'eventuale residuo post-minzionale (urina che rimane in vescica dopo la minzione) e la presenza o meno di ispessimento della parete vescicale, segno di sforzo di tale organo conseguente all'ostruzione.

L'obiettivo primario di ogni TERAPIA dell'ipertrofia prostatica è quello di ridurre o eliminare l'ostruzione cervico-uretrale; obiettivo secondario, non meno importante per la qualità di vita del paziente, è il miglioramento sintomatologico.

La TERAPIA MEDICA dell'IPB, indicata nelle forme di ostruzione di grado modesto o intermedio, comprende diverse categorie di farmaci che hanno un meccanismo di azione completamente diverso tra loro; i 2 gruppi principali sono: gli alfa-litici e la finasteride.

I cosiddetti ALFA-LITICI, tra cui ricordiamo l'alfuzosina, la doxazosina, la terazosina e la tamsulosina, sono farmaci in grado di allentare la tensione della componente muscolare insita nella ghiandola prostatica e di ridurre quindi la costrizione dell'uretra cervico-prostatica; proprio per tale meccanismo d'azione sono maggiormente indicati nelle ostruzioni dovute a prostate non particolarmente voluminose. Tali farmaci, in forma di compresse orali, sono molto efficaci nel migliorare il grado di ostruzione, ed anche nell'alleviare i disturbi soggettivi. Tra gli effetti collaterali segnaliamo l'eiaculazione retrograda (mancata emissione di liquido seminale al termine dell'atto sessuale, per reflusso di questo in vescica) e più raramente l'ipotensione ortostatica (calo della pressione arteriosa).

La FINASTERIDE, somministrabile sempre in compresse orali, è in grado di ridurre il testosterone attivo, l'ormone maschile responsabile della crescita prostatica, determinando così una riduzione del volume prostatico; ciò comporta una diminuita compressione sul condotto uretrale e quindi una riduzione del grado di ostruzione; per tale motivo questo farmaco è soprattutto indicato nelle prostate più voluminose. Anche la finasteride risulta efficace nella riduzione della sintomatologia. Tra gli effetti collaterali il più significativo è il calo della libido e talora anche della capacità erettile.

Altri farmaci, per lo più estratti vegetali, hanno soprattutto funzione decongestionante e anti-infiammatoria e quindi sono utili principalmente nell'alleviare la sintomatologia irritativa, nei pazienti senza significativa ostruzione; ricordiamo tra questi l'estratto di "serenoa repens", il "pigeum", la "mepartricina".
 
Resettore per intervento endoscopico

La TERAPIA CHIRURGICA dell'IPB, il cui scopo primario, ricordiamo, è sempre quello di eliminare l'ostruzione cervico-uretrale, può essere praticata per via chirurgica tradizionale oppure (assai più frequentemente) per via endoscopica (passando attraverso il condotto uretrale). Sia che si esegua l'accesso chirurgico (con incisione sull'addome) che quello trans-uretrale, lo scopo dell'intervento è in ogni caso quello di RIMUOVERE COMPLETAMENTE E SOLAMENTE L'ADENOMA PROSTATICO E MAI LA PROSTATA VERA. Ciò per chiarire due concetti fonte di costanti equivoci; il primo è che non è assolutamente vero che l'intervento endoscopico sia parziale, mentre quello chirurgico è definitivo; se l'intervento endoscopico viene eseguito correttamente (ahimè, troppe volte non è così), con la rimozione completa dell'adenoma non sussiste rischio che questo si riformi; sono da evitare quindi per questo tipo di intervento definizioni come intervento parziale, "raschiatina", etc. Seconda cosa, ancor più importante da chiarire, è che in entrambi i casi la prostata vera (periferica) non viene asportata, e quindi questa va controllata periodicamente perché è in questa sede che può svilupparsi un tumore maligno, indipendentemente se operati o meno; ciò fa cadere anche il concetto molto comune, ma errato, che con tali interventi si possa evitare l'insorgenza del tumore prostatico (L'IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA NON DEGENERA MAI IN CANCRO).

Un intervento endoscopico alternativo alla resezione trans-uretrale (TURP) è la TUIP; tale tecnica, indicata nei casi di prostate piccole ma ostruenti, consiste nell'incidere la prostata, sempre per via endoscopica, consentendo così di annullare la costrizione che questa esercita sull'uretra.

Altro concetto da sfatare definitivamente è che tali interventi possano compromettere la funzione sessuale; NON È ASSOLUTAMENTE VERO CHE SUSSISTE IL RISCHIO DI IMPOTENZA SESSUALE (tanto meno di incontinenza urinaria); l'unica conseguenza dell'intervento sulla prostata è quello dell'eiaculazione retrograda (rarissimo con la TUIP).
 

CARCINOMA PROSTATICO

Il tumore della prostata è divenuto purtroppo il più frequente, secondo per mortalità solo a quello polmonare e un uomo su dieci svilupperà nel corso della propria vita questo tipo di neoplasia. Il rischio va aumentando progressivamente dai 40 anni in poi e tale rischio è più elevato in coloro che hanno familiarità positiva.

Fortunatamente la storia clinica di questo tumore è profondamente cambiata con la scoperta relativamente recente del PSA, una sostanza prodotta soltanto dalla prostata, che si trova nel sangue in quantità elevata nei pazienti affetti da carcinoma prostatico, anche in fase molto precoce, quando la malattia non è visibile con alcuna metodica. E' quindi necessario sottoporsi almeno una volta all'anno al dosaggio del PSA (un comune prelievo di sangue) per diagnosticare precocemente un eventuale tumore prostatico.

Non sarà mai ripetuto abbastanza che i sintomi del tumore prostatico (come di molti altri tumori) sono sempre troppo tardivi per permettere un trattamento che porti alla guarigione. Solo la DIAGNOSI PRECOCE, oggi possibile grazie al PSA, consente di guarire da questa malattia. Quando la neoplasia comincia a dare segno di sé, con sintomi simili a quelli dell'ipertrofia prostatica perché anch'essa determina un'ostruzione del condotto uretrale, non esiste più possibilità di guarigione definitiva in quanto la malattia si è già diffusa ad altri organi.

E' bene ricordare ancora una volta che il tumore prostatico insorge nella porzione periferica della ghiandola, porzione che non viene asportata con gli interventi per l'ipertrofia benigna; quindi anche chi si è sottoposto a tale trattamento deve eseguire annualmente il dosaggio del PSA.

Diciamo subito che l'aumento dei valori del PSA può essere determinato anche dalle altre patologie prostatiche, quindi se riscontrate un valore anche molto elevato NON ALLARMATEVI: sia l'ipertrofia benigna che la prostatite possono provocare innalzamenti del PSA (anche molto cospicui in caso di prostatite acuta). La diagnosi differenziale con la prostatite è abbastanza semplice, sia sulla base della sintomatologia, dell'esplorazione rettale, che degli esami colturali (più difficile con l'ecografia trans-rettale, che può non discriminare l'aspetto delle due patologie); nei confronti dell'IPB valori poco alterati di PSA (tra 4 e 10) possono ingenerare difficoltà di diagnosi differenziale, in quanto possono essere espressione sia di una voluminosa ipertrofia benigna che di un iniziale microscopico tumore; varie formulazioni del PSA ci offrono un aiuto nel dirimere tale dubbio: dal PSA-density (che mette in rapporto il valore di PSA con il volume prostatico) al rapporto tra PSA libero e totale (basso e inferiore al 20% nei tumori prostatici).

Anche l'ecografia prostatica trans-rettale è di grande valore nel porre il sospetto di tumore, ma è soltanto la BIOPSIA PROSTATICA ECO-GUIDATA che consente di porre diagnosi certa e definitiva di carcinoma prostatico. Tale procedura consiste nel prelevare dei campioni di tessuto prostatico, da esaminare istologicamente, mediante un sottile ago introdotto, dopo anestesia locale, in sede perineale e sotto controllo ecografico.

Una volta posta diagnosi di carcinoma prostatico si deve procedere alla stadiazione clinica del tumore, si devono eseguire cioè le indagini strumentali necessarie per definire l'estensione della malattia; a questo scopo si impiegano la TAC dell'addome e della pelvi e la scintigrafia ossea, oltre all'ecografia prostatica trans-rettale già utilizzata nella fase diagnostica.

Se il tumore è confinato alla ghiandola prostatica, senza interessamento degli organi vicini, dei linfonodi satelliti o di altri organi a distanza, si può impostare un programma terapeutico, variabile in considerazione dell'età, delle condizioni generali e della volontà del paziente, con ottime possibilità di guarigione definitiva. La scelta in questi casi è tra la terapia chirurgica (prostatectomia radicale) e la radioterapia, riservando alla prima, ove non sussistano controindicazioni specifiche, il nostro favore in termini di radicalità e di guarigione. La prostatectomia radicale consiste nell'asportazione completa della prostata insieme alle vescichette seminali, ed eventualmente dei linfonodi vicini; le tecniche più recenti permettono interventi meno demolitivi rispetto al passato, consentendo di evitare spiacevoli conseguenze, più frequenti qualche anno fà, quali l'incontinenza urinaria (oggi ritenuta eccezionale) e l'impotenza sessuale.

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