Memoriale
dei partiti interventisti di sinistra
ai delegati dei Soviet

agosto 1917

 

I Partiti politici interventisti d'avanguardia (Direzione del Partito repubblicano - Direzione del Partito socialista riformista - Gruppi socialisti autonomi - I Gruppi sindacalisti - Gli Anarchici interventisti - I Fasci rivoluzionari di azione interventisti) ai rappresentanti dei Soviet russo
Compagni,
Salutiamo calorosamente in voi i rappresentanti della rivoluzione russa, che i nostri intelletti auspicano fin da quando, attraverso le cronache sanguinanti del V. paese e per bocca dei vostri esuli ospiti nostri graditissimi, noi cominciammo a conoscere il martirio del v/popolo sotto la fosca tirannide czaresca.
Ed a voi rappresentanti della nuova Russia, desideriamo esporre il nostro concorde punto di vista di socialisti, di repubblicani, di sindacalisti ed anarchici d'Italia, sui piú gravi problemi e sulle nostre piú belle speranze in questa grande ora storica dei popoli.
Non sappiamo se voi siete bene informati sulle ragioni che ci spinsero a voler l'intervento dell'Italia nel conflitto internazionale, sul carattere che abbiamo voluto imprimere alla n/guerra e sui fini per i quali vogliamo la vittoria militare, dopo ché il popolo tedesco, dominante anche sui destini dell'Austria, dopo aver tradito il patto di solidarietà proletaria internazionale contro gli armamenti e contro la guerra aggressiva, si rifiuta non solo di abbattere rivoluzionarmente l'autocrazia seguendo il vostro esempio, ma anche di accettare i principi di un nuovo ordine internazionale pacifico basato sulla giustizia di tutti i popoli.
Noi abbiamo concepito e voluto la neutralità italiana, prima, e l'intervento poi, come due diversi ma egualmente necessari strumenti di rivolta contro l'imperialismo di fuori e di dentro.
Se noi fossimo stati mossi da aspirazioni imperialistiche, avremmo potuto seguire nella loro guerra di aggressione gli imperi centrali, ai quali eravamo legati da alleanza trentennale, conclusa dai rispettivi governi.
Il nostro contributo avrebbe assicurato sollecitamente la vittoria della Germania e dell'Austria, poiché avremmo potuto inviare corpi di armata sul Reno, e nello stesso tempo minacciare la Francia delle Alpi occidentali.
A questa impresa ci consigliavano i nostri imperialisti, concordi con quelli di Germania, i quali ci assicuravano larghi compensi nel Mediterraneo.
Noi, partiti d'avanguardia, con minaccie rivoluzionarie formulate in congressi, nella stampa ed in pubblici comizi, reclamammo la neutralità perché ci ripugnava anzitutto di partecipare ad una guerra di aggressione e di farci complici dell'assassinio del Belgio neutrale.
Non volevamo la vittoria del militarismo e dell'imperialismo.
Ci rifiutavamo di concorrere alla vittoria di quegli Stati d'Europa che avevano foggiato la piú formidabile tecnica militare e politica a servizio della reazione interna ed esterna. Noi vedevamo, è vero, nel gruppo delle nazioni aggredite anche la Russia dominata dall'Autocrazia; ma conoscevamo lo czarismo come un regime in dissoluzione, mentre l'Austria e la Germania costituivano il consolidamento perfezionato della reazione; conoscevamo la virtú rivoluzionaria della quale è capace il popolo russo e non il popolo tedesco; e consideravamo che la guerra portando tutto il popolo russo alle trincee, costituendo una fratellanza d'armi con le democrazie occidentali, mettendo la borghesia russa contro le due autocrazie d'Austria e di Germania, avrebbe privato l'autocrazia russa del suo piú forte sostegno esterno già altre volte utilizzato contro la rivoluzione. Infine volemmo la neutralità perché la nostra nazione, liberatasi rivoluzionarmente ma ancora mutilata, non doveva unirsi a coloro che concepiscono lo Stato come un regime di oppressione e non riconoscono il principio di nazionalità. Se avessimo seguito una politica non idealistica, avremmo potuto mercanteggiare la neutralità con la Francia. Invece volemmo una neutralità leale e disinteressata; con spiccata significazione di favore per la Democrazia d'Occidente. Anzi, tale neutralità, nelle manifestazioni popolari spiccatamente antitedesche, ebbe fin da allora il carattere di alleanza spirituale. Ed a questo carattere i nostri partiti dettero il suggello del sangue, con la legione garibaldina che andò a battersi in difesa della Repubblica francese, rossa avanguardia del popolo italiano sorto in armi per fini non egoistici.
La nostra dichiarazione ufficiale di neutralità ebbe un valore militare e storico incalcolabile, poiché permettendo alla Francia di trasportare un'Armata dalle Alpi ai campi del Nord, contribuí a determinare sulle rive della Marna l'arresto dell'invasione germanica e la salvezza della civiltà.
Dopo la Marna, creatasi una situazione di equilibrio tra le forze avverse, venne maturandosi nella coscienza popolare italiana la necessità di intervenire nel conflitto, per determinare la sconfitta del militarismo ed il rinnovamento politico dell'Europa su basi di democrazia, di diritto e di giustizia.
La generosità di questa direttiva del popolo italiano è resa piú evidente da queste considerazioni:
noi rinunciavamo ai benefici economici della neutralità contrabbandiera;
sapevamo per una esperienza di 10 mesi che cosa fosse la guerra moderna e quali sacrifici di sangue e di danaro imponesse; accettavamo di combattere sul terreno piú difficile di Europa in condizioni di assoluta inferiorità strategica;
E, nonostante ciò, entrammo in guerra, quando la Russia era battuta da Hindenburg e da Mackensen, quando ancora non erano pronti i nuovi eserciti inglesi e si prospettava perciò su tutti i fronti il pericolo di prevalenza austrotedesca.
Cosí l'Italia, dopo aver contribuito a salvare l'Europa dal prussianismo una prima volta con la neutralità, vi contribuí una seconda volta con l'intervento.
Non sappiamo se dall'estero l'intervento italiano sia stato considerato soltanto come atto di governo.
La verità è che invece si giunse all'intervento, dopo una lotta interna asprissima, delle forze democratiche e rivoluzionarie contro le forze conservatrici.
Le prime organizzazioni interventiste si costituirono infatti col nome di "fasci rivoluzionari d'azione" i cui proclami affermavano fin da allora ciò che oggi diciamo a voi.
Nei primi giorni del conflitto europeo, una parte molto potente del partito monarchico, il partito clericale, ed il partito nazionalista, avrebbero voluto l'intervento a favore degli imperi centrali e biasimavano la neutralità, perché nell'Austria e nella Germania, vedevano i baluardi della reazione internazionale, della politica e della forza che si sovrappone al diritto all'interno ed all'estero; i campioni del principio d'autorità sovrana assoluta e della conquista imperiale.
Quando i partiti democratici e rivoluzionari intrapresero vigorosamente la propaganda contro gli Imperi Centrali, il partito nazionalista fu trascinato dal nostro movimento, per non esporsi alle accuse di austriacantismo da parte dei patriotti irredenti; ma il suo tentativo di neutralizzare il carattere democratico ed anti imperialistico dell'interventismo non riuscí, perché il partito nazionalista è debole minoranza e non trova eco nella coscienza popolare.
Gli altri imperialisti pur di salvare la Germania e l'Austria, si strinsero intorno ai giolittiani fautori di una falsa neutralità negoziata e servizievole per la Germania, sperando di ottenere compensi per l'Italia e non rinunziando al proposito di determinare attriti con la Francia e l'Inghilterra che avrebbero potuto preparare le condizioni di un intervento in ora piú propizia a favore degli imperi centrali.
Cosí il neutralismo giolittiano-clericale divenne il partito dell'imperialismo e del reazionarismo austrogermanofilo, e si dette a tessere intrighi con i diplomatici e gli agenti del Kaiser di Berlino e del Kaiser di Vienna.
Esso poteva contare sulle forze potenti di gran parte dell'alta burocrazia di stato ostinatamente triplicista, di parte del clero austrofilo per vagheggiate speranze di restaurazione, di parte dell'aristocrazia francofoba per ripugnanza contro la democrazia, di parte della Banca e dell'alta industria, legate al meccanismo degli affari tedeschi - poiché anche in Italia, anzi in Italia piú che altrove se non quanto in Russia, la Germania aveva compiuto una perfida opera di conquista per lenta penetrazione in tutti i campi dell'attività statale e sociale.
Contro queste forze insorsero con energia travolgente le schiere compatte della democrazia piú avanzata, dei repubblicani, dei socialisti riformisti, della parte piú battagliera dei sindacalisti e degli anarchici e dei numerosi socialisti rivoluzionari che si erano allontanati dal partito socialista ufficiale, perché esso aveva preso un atteggiamento non piú neutrale, ma germanofilo, in collaborazione con i partiti borghesi imperialisti camuffati di neutralismo giolittiano e clericale.
Il popolo italiano, che conosce gli uomini ed i partiti, e che ha l'anima generosa, non si lasciò traviare dalle lusinghiere promesse di bottino da spartire con i vincitori a danno di liberi popoli, né da un falso pacifismo in realtà diretto a rafforzare il militarismo e preparare nuove guerre.
Esso dette agli interventisti le forze per vincere la difficile lotta interna; e, nelle memorande giornate di maggio, scese in piazza, a reclamare la guerra per la solidarietà con gli aggrediti, per la rivendicazione dei diritti di nazionalità, per la liberazione dei fratelli, per la ribellione al servaggio di una falsa alleanza con Austria e Germania imposta dalla minaccia militare e per finirla con le guerre.
Volle la guerra come una continuazione della rivoluzione italiana che, iniziatasi nel 1848 rivendicando le ragioni nazionali contro lo straniero e la libertà contro la tirannide, ebbe segnata dal pensiero divinatore di Giuseppe Mazzini e di Giuseppe Garibaldi, una meta di pacifica fraternità internazionale e di giustizia sociale.
Le forze popolari italiane che vollero l'intervento sono adunque molto piú vicine che non le forze neutraliste allo spirito animatore della nuova Russia. Il voto recente del congresso del partito socialista riformista per la socializzazione della terra da effettuarsi come prima riforma del dopo guerra è un postulato della politica sociale di gran parte degli interventisti.
Il congresso dei partiti e delle associazioni interventiste, che si è tenuto in Roma per discutere dell'azione politica da svolgere di fronte al Governo, ha acclamato - come potete controllare facilmente - alle rivendicazioni sociali affermate dai lavoratori del mare, dai ferrovieri e da altre organizzazioni proletarie ed ha approvato la dichiarazione presentata da sindacalisti, socialisti autonomi, repubblicani, socialisti riformisti, ed anarchici interventisti, sui fini della guerra, decidendo anzi che tale dichiarazione sia la piattaforma della propaganda e dell'azione che dovrà svolgere la nuova e potente organizzazione politica sorta dal congresso stesso.
La dichiarazione è basata sui seguenti capisaldi:
1) che le ragioni dell'intervento italiano furono intese dal n/popolo nel senso di lotta contro i disegni imperialistici austro-tedeschi;
2) che gli scopi dell'auspicata pace vittoriosa debbono essere precisati in modo da escludere il permanere od il crearsi di quelle situazioni nazionali e internazionali dalle quali è causata la guerra;
3) che perciò è necessario conseguire:
a) la reintegrazione territoriale dei paesi invasi;
b) il risarcimento dei danni subiti da questi paesi per effetto dell'invasione;
c) la integrazione delle nazioni che, come la Francia, l'Italia, la Romania, ecc. hanno qualche parte del loro territorio sotto il dominio straniero;
d) la ricostituzione in nazioni indipendenti della Poloniaa, dell'Armenia, e, in genere, di tutti i popoli smembrati e soggetti alla dominazione straniera, anche se artificiosamente riuniti in conglomerato, statale;
4) che gli altri problemi (sistemazione delle zone a popolazione mista, libertà dei mari, disarmi, colonie, ecc.) possano risolversi soltanto stabilendo tra i popoli un patto permanente che li unisca in una libera federazione, anche senza e contro quelle nazioni che si rifiutassero di aderirvi;
5) che in tal modo si potrà realizzare l'ideale bandito dal Presidente Wilson e dalla Repubblica Francese di costituire la Società delle Nazioni; quindi che la meta suprema della guerra deve essere definita nella costituzione degli Stati Uniti d'Europa e del mondo, unica e sicura garanzia di pace durevole, di giustizia internazionale e di migliore avvenire per l'umanità.
Ma se queste formule, perché sintetiche, possono apparire poco precise e concrete, non esitiamo a precisare e concretare, sulle orme dell'appello-programma che, a svolgimento dell'ordine del giorno approvato dal congresso, sarà lanciato al paese dalla organizzazione politica interventista, cui aderiscono i nazionalisti ed i liberali monarchici.
La lega dei popoli contro il militarismo e l'imperialismo, mediante la costituzione della Società delle Nazioni, deve essere idonea a difendere il diritto e la pace, da ogni ulteriore tentativo di sopraffazione e di brigantaggio, ed a realizzare l'arbitrato internazionale e il disarmo.
In seguito alla rivoluzione che ha eliminato in Russia l'autocrazia, l'attuale coalizione di alleati contro gli Imperi centrali può organizzare il gruppo costitutivo della Società delle Nazioni; perciò gli alleati devono fin d'ora accordarsi sulle basi d'una realizzazione concreta del nuovo ordine mondiale,
1) per una convenzione di solidarietà fra le nazioni;
2) per l'istituzione di magistrature internazionali e l'adozione di ogni altro mezzo preventivo e repressivo contro i violatori del diritto e i perturbatori della pace;
3) per il boicottaggio e per ogni altra sanzione punitiva contro gli stati che si rifiutano di aderire al Patto di solidarietà e di obbedire alle sue nonne.
Perché soltanto sulle basi di una organizzazione politica e giuridica degli Stati Uniti d'Europa e del mondo sarà possibile di impedire quella sopravvivenza della concezione barbara nei rapporti fra gli Stati, che costringerebbe tutti i popoli, come nel passato, a non riconoscere altro diritto fuori di quello della forza, a pretendere condizioni egoistiche di pace temporanea, a riprendere la folle gara degli armamenti subito dopo la guerra ed a tenersi in agguato gli uni contro gli altri, per non essere esposti rispettivamente a sopraffazioni ed umiliazioni.
Ma questo scopo non si può raggiungere se non siano eliminate le giuste cause del conflitto.
Perciò è necessario:
1) che ogni nazione abbia a conseguire le condizioni essenziali della sua unità, della sua indipendenza, del suo sviluppo e se invasa o repressa da meno recente dominio straniero sia restituita a se stessa, se smembrata sia ricostituita, se comunque mutilata da usurpazioni straniere, sia reintegrata nel possesso del territorio compreso entro il confine fisico segnato da natura a baluardo difensivo;
2) che a tutte le individualità nazionali sia data, nella Società delle Nazioni, una base equamente proporzionata di diritti e doveri, di benefici e di oneri, con la sistemazione internazionale delle questioni di protettorati, zone di influenza, colonie e della libertà delle grandi vie di comunicazione;
3) che le piccole nazioni mal distinte per difetto di confine fisico o per mescolanza di elementi etnici non ancora amalgamati, fomite di rivalità e di lotte sopraffatrici, come nella Balcania, siano costituite in federazione democratica esente dai pericoli delle ambizioni dinastiche;
4) che i gruppi di popolazione di nazionalità diversa, dispersi dentro il territorio geograficamente spettante ad altra nazione, abbiano garanzie di libertà religiosa, culturale ecc. con costituzioni democratiche.
Con queste premesse la istituzione dell'arbitrato internazionale obbligatorio diviene attuabile ed efficace, e la questione degli armamenti può essere praticamente risoluta.
Da queste premesse consegue la necessità della scomparsa del sistema di Stato Austriaco, basato sulla convivenza coattiva di popoli diversi assoggettati alla tirannia del "Divide ed impera", sulla oppressione esercitata da nazionalità predominanti, sulla soffocazione di gruppi nazionali ed usurpazione di territori spettanti a Nazioni confinanti e già saldamente costituite.
Consegue anche la ingiustizia fondamentale di considerare come base di diritto nazionale la infiltrazione effettuata per emigrazione o per arte di governo, da elementi di un popolo finitimo, entro il territorio che geograficamente spetta ad altra nazione e che a questa è consacrata dall'eroico martirio di un popolo sistematicamente sopraffatto.
Consegue anche la impossibilità pratica e la iniquità giuridica di subordinare le questioni di diritto nazionale a plebisciti locali la cui preparazione fu fatta con tutte le arti della soffocatrice tirannide autocratica e straniera.
All'Italia noi vogliamo che sia riconosciuto il diritto a completare la rivoluzione iniziata nel 1848 per la cacciata dello straniero dal suo suolo, per la liberazione dei suoi figli, per la sua unificazione, per la tutela della sua indipendenza.
Esaminate una carta geografica dell'Italia liberata e dell'Italia ancora detenuta dall'usurpatore. Voi vedete a colpo d'occhio che mediante il confine strategico impostoci nel 1866 da Bismarck a violazione del confine naturale, l'Austria e la Germania, padrone di tutti i valichi e di tutti i covi d'insidie, dal monte e dal mare, in casa nostra minacciano la nostra indipendenza, opprimendo cosí il respiro ad un popolo che, scacciati gli stranieri da gran parte del suo suolo, abbattute le tirannidi, demolito il potere temporale dei papi aspira a realizzare tutte le piú audaci liberazioni politiche e sociali.
L'Austria e la Germania minacciavano la pianura del Po dal Trentíno e la riva occidentale dell'Adriatico dal porto di Pola e dalle isole prossime alla costa orientale. L'Italia visse fino al 1915 serva degli Imperi Centrali e ne dové subire la volontà sotto la minaccia delle forze militari annidate in posizioni di favore dentro il nostro stesso territorio nazionale.
Se non sarà fatta giustizia all'Italia essa tornerà ad essere serva dell'imperialismo austro-tedesco.
Per amor di pace e sperando nell'avvenire, il popolo italiano tollerò questa condizione sua di servaggio agli imperi centrali; ma poiché costoro scatenarono la guerra, il popolo italiano ha il dovere di fronte a se stesso, di fronte ai suoi padri, di fronte ai suoi figli, e di fronte all'Europa di liberare per sempre l'Italia da una situazione tanto piú grave, quanto piú incorreggibili si sono ora dimostrati gli imperi centrali nei loro istinti criminali di violenza e di preda.
Il diritto d'Italia reclama la reintegrazione, entro il confine che natura le ha dato a difesa delle sorprese di malintenzionati vicini, con la salda barriera delle Alpi, che dalla Vetta d'Italia recinti il Trentino, la Carnia, il Friuli, la Venezia Giulia, l'Istria scende oltre a tuffarsi nel mare Adriatico formandovi un sistema insulare di protezione valida, quando ritorni all'Italia, o di minaccia opprimente quando all'Italia sia usurpato, per le coste ricche di cospicui centri di vitalità italiana, come Zara, Fiume, Pola, Trieste, tuttora in possesso dell'Austria e sacre quanto Trento al martirologio degli irredenti. E come Venezia, Ravenna, Ancona, Bari.
Per i gruppi di popolazione italiana che rimarranno in territorio d'altre nazioni, e per quelli d'altra nazionalità che si trovano dentro il territorio geograficamente spettante all'Italia, si debbono garantire, rispettivamente, istituzioni speciali di libertà.
Sulle questioni strategiche, coloniali ecc. della politica orientale mediterranea e mondiale, a tutela del libero sviluppo dei traffici con gli altri popoli vicini e lontani, cui il popolo nostro emigrante dà tanta parte delle sue energie produttive, noi non avanziamo pretese che non corrispondano a parità di condizioni per tutti. Anzi vogliamo una costituzione della Società delle Nazioni in base a tali accordi per i quali sia giusto fare rinunzie, il cui danno venga neutralizzato dalle rinunzie degli altri, pur di abbattere il militarismo e rendere impossibile ogni forma di imperialismo.
Per queste idealità salutiamo con entusiasmo la rivoluzione russa ed augurammo, come auguriamo che essa possa consolidarsi con la disciplina rivoluzionaria, garantendosi all'interno contro ogni tentativo di insidie nemiche di rinascita del passato o di rivincita delle forze reazionarie sotto qualsiasi forma esse si manifestino.
Ed auspichiamo che l'esercito rivoluzionario russo coadiuvi potentemente gli eserciti alleati nel raggiungimento della vittoria contro il militarismo austro-germanico, senza la quale sarà impossibile il trionfo definitivo della stessa rivoluzione poiché questa è la dura necessità dell'ora presente per assicurare un avvenire che dopo la esperienza fatta, non può essere garantito da promesse di solidarietà internazionale del militarismo tedesco.
Per queste idealità, larghe correnti democratiche, socialiste, sindacaliste, rivoluzionarie d'Italia, del Belgio, di Francia, di Inghilterra, di America aderirono alla guerra contro la guerra e si proposero di impadronirsene e volgerla ai fini comuni.
Se i compagni russi porteranno il contributo della nuova Russia a questa concezione rivoluzionaria della guerra, assicurando alla comune idealità la vittoria in tutta Europa, a se stessi il consolidamento della rivoluzione e non chiuderanno le vie dell'emancipazione ad altri popoli, acquisteranno cosí il diritto alla riconoscenza dell'umanità che dovrà considerarli tra i piú generosi cooperatori della nuova storia.