medicina - medicine

DUE SCRITTI DEL 1991,
IN ATTESA DELLA RIFORMA
DELLA SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE
Facoltà di Scienze Sociali - Università "G. D'Annunzio" - Chieti

di Franco Blezza


 


Quello che segue è uno dei numerosi saggi che lo scrivente ha cercato di esprimere tra la fine degli anni '80 e i primissimi anni '90, a proposito di quella Riforma della Scuola Media Superiore che a più riprese è sembrata in dirittura d'arrivo secondo il cosiddetto "progetto Brocca", e che avrebbe completato quel ciclo di riforme iniziatosi con i primi anni '70. Esso sarebbe stato poi lasciato incompiuto abbandonando l'esame di quelle proposte da ultimo nella Legislatura '92-'94, l'ultima della cosiddetta "prima repubblica".
Anche questo, assemblaggio di due scritti più brevi, non è stato pubblicato, nonostante fosse stato esplicitamente richiesto, come è avvenuto per numerosi altri scritti analoghi e miranti allo stesso scopo, di fornire una critica costruttiva all'impianto generale di quel progetto di riforma, che in parte sono già in questo sito, in parte lo saranno.
Quella rivista ha dovuto cessare da tempo le pubblicazioni, come molte diverse altre che hanno rifiutato di questi scritti, e non pochi dei loro esponenti sono da anni in quiescenza. Queste idee, invece, sono ancora qui, e i lettori possono giudicare della loro attualità, anche con riguardo alle riforme Berlinguer - De Mauro approvate nella scorsa legislatura, e la riforma Moratti in corso in questa legislatura. (L'Autore)




Un parallelo con le riforme degli altri gradi di scuola: dati cronologici ...

Anche il grado medio - superiore, dopo decenni d'attesa e una lunga sequenza di studi e di proposte, sta muovendo di questi tempi i primi passi fattivi verso la riforma: qualche cosa si concretizza, dopo un'interminabile sedimentazione di proposte. Ora, dunque, uno sguardo comparativo ai gradi di scuola precedenti può essere utile a che la riforma stessa abbia finalmente una sua attuazione e, soprattutto, a che essa sia vera riforma e non un'ulteriore ripetizione di una scuola superata e inadeguata alle funzioni che può essere chiamata oggi a svolgere.
La scuola elementare è finalmente in corso di riforma dopo un'attesa ultratrentennale che è da tutti giudicata eccessiva, incompatibile con le legittime esigenze della società e degli educandi: la cosa non può certo passare indifferente agli insegnanti dei gradi di scuola successivi.
Rimanendo per un attimo ad un puro e semplice dato cronologico, quantitativo, osserviamo che gli altri gradi della scuola di base vanno apprezzabilmente meglio. La scuola media di 1o grado è stata rivista
due volte, dopo la riforma dell'immediato dopoguerra; e la scuola statale 3-5 anni (sul cui nuovo nome si discute) è in corso di revisione attualmente, dopo poco più di vent'anni.
Anche solo si ci fermassimo a questo, superficialissimo, stadio di indagine, concluderemmo facilmente che la situazione della nostra media superiore (anzi, dovremmo dire ancora oggi "delle superiori", al plurale) è singolarmente negativo: "singolarmente", anche in relazione con la pur criticabile e ben nota inerzia del legislatore, in materia scolastica come anche in altre.
Certo, 30 e più anni d'attesa per riformare la scuola primaria sono troppi sotto ogni punto di vista: anche per il nocumento evidente che un'attesa di simile durata ha indotto verso la cultura dell'evoluzione e della ricerca continua: un componente, cioè, essenziale per le professionalità educative, ed in particolare per chi si occupa comunque della scuola. Lo si vede bene nelle difficoltà enormi che incontrano le innovazioni più qualificanti che la riforma corrente sta apportando. Lo si vede altresì dal favore che incontrano, troppo spesso, dei provvedimenti amministrativi che, senza essere in linea con il trend dei programmi '83-'85, sono invece altamente coerenti con le consuetudini più inveterate e meno rispondenti alla realtà socio - culturale odierna.
Ma anche i 20-25 anni di vita dei programmi per il grado di scuola immediatamente precedente, e i 15-19 anni per il successivo, potrebbero non costituire un periodo compatibile con i ritmi sempre più accelerati d'evoluzione della società attuale.
In ogni caso, giudizi più pesanti si addicono al perdurare dei programmi "delle superiori" circa i quali, come noto, si va dai quasi trent'anni di vita degli istituti tecnici, ai quasi quaranta dell'istituto magistrale (cronologicamente più vetusto, quindi, di quei programmi elementari che si stanno riformando con un ritardo che già da solo è censurabile), all'ormai quasi mezzo secolo dei ginnasi e licei.


... e sopravvivenza di idee e fondamenti di altri tempi e funzionali ad altri progetti educativi

Ciò doverosamente rilevato, va subito aggiunto che, per loro stessi, tali dati possono dire ben poco, al di là di una carenza di cultura dell'evoluzione e del progresso, e dei comportamenti involutivi che il tutto può favorire.
A studiare gli episodi di riforma più recenti, si comprende come il grande passo in avanti che si sta compiendo per il complesso della scuola di base vada ben al di là della rottura di ritardi e delle inerzie che ne hanno caratterizzato così a lungo i tre gradi attualmente costitutivi.
E' di grande rilievo il notevole passo in avanti che ha informato essenzialmente quel complesso di riforme sul piano delle idee, dei fondamenti teorici: come pedagogia, come didattica generale, come visione della scuola nella società, come epistemologia (in senso lato), come professionalità docente.
Ciò acquista maggiore risalto ove si consideri che i programmi attuali medio - superiori presentano un'obsolescenza ben superiore a quella che denuncerebbero i semplici dati cronologici di cui dianzi. La sostanza teoretica è rimasta quella precedente: dell'anteguerra, sulla base di opzioni filosofiche (più che non pedagogiche in senso stretto) destro - hegeliane; opzioni chiaramente e dichiaratamente funzionali a tutt'altra società e a tutt'altra idea di uomo e di cultura, che non quelle correnti.
Si possono comprendere le ragioni per le quali chi opera nella media superiore tende a sottovalutare, se non ad ignorare, fattori come questi: e pure una simile omissione non consente una piena comprensione né dei ritardi né degli ostacoli permanenti, ed è di grave pregiudizio per una progettualità della scuola media superiore futura che consenta di metterla finalmente in grado di far fronte alle aspettative che in lei ripone, legittimamente, la società che la esprime. Aspettative che sono molto cambiate e vanno cambiando: la mancata sintonia con esse, fra l'altro, è parte importante della crisi di ruolo e d'identità che vanno vivendo, in modo sempre più acuto e grave, gli uomini di scuola oggi.
In effetti, molto ci sarebbe da imparare e da fruire da parte del mondo medio superiore da quello che si sta muovendo circa i tre gradi di scuola precedenti: proprio a cominciare dalle idee, dai fondamenti. Ed invece, in troppi casi sembra prevalere la preoccupazione opposta, quella di differenziarsene anche al di là del ragionevole. Prove ne siano l'istanza ricorrente per quella che viene chiamata, con un neologismo orribile quanto equivoco, una "secondarizzazione" accentuata; oppure la preoccupazione da tanti espressa perché il futuro biennio obbligatorio non diventi, come si usa dire, "una 4a e 5a media".
Eppure, basterebbe un minimo d'attenzione al fatto che la scuola media (di 1.o grado) avrebbe finalità largamente ed essenzialmente comuni a quelle del costituendo biennio medio - superiore (il quale, invece, andrebbe fortemente differenziato dal triennio successivo, a questo come anche ad altri riguardi), ed altresì al fatto che essa è stata aggiornata alle teorie più avanzate, per comprendere che l'essere il biennio una continuazione del triennio medio inferiore, in luogo di un'improbabile famiglio di un triennio comunque divergente, dovrebbe costituire semmai un'opzione altamente auspicabile.


Dati di fatto esemplari sulla permanenza di idee e progetti del passato

Ma le "sorprese" derivanti da un'attenta analisi dei fondamenti non si fermerebbero certo qui: riguardano dati di fatto ben precisi, conseguenze di impostazioni teoretiche che così permangono ben al di là della loro prevalenza politica.
Ad esempio, l'evidenza che chi opera "alle superiori" viene reclutato e gestito professionalmente solo (o quasi) in base alle competenze disciplinari risulta altamente significativa. In effetti, è difficile che oggi qualcuno sostenga davvero che "chi sa, sa anche insegnare": è questa un'istanza (o meglio, un pregiudizio) d'altri tempi. Non è una coincidenza che anch'esso provenga dalla stessa matrice destro - hegeliana: la sua permanenza ancor oggi non trova giustificazione alcuna sul piano dei fondamenti.
Oppure, si pensi a questioni d'ordinamento rilevanti: mentre nei gradi di scuola precedenti si è proceduto a partire dagli anni '70 a varie riforme sostanziali, in quello medio - superiore conservano tutto il loro vigore norme ordinamentali che risalgono ai provvedimenti di legge del '23 e del '28. La base teoretica è, coerentemente, la stessa; ed è davvero difficile non comprendere come le tante norme in materia, che l'uomo di scuola avverte nel loro enorme divario dalla realtà odierna, siano tutt'ora inestirpabili, senza risalire ai loro primi fondamenti, e senza una critica dei fondamenti stessi.
E' connotata nel modo che stiamo esemplificando una scuola che spesso si è portati a chiamare, sbrigativamente e genericamente, "tradizionale": così facendo grave torto ad una tradizione che è ben altrimenti ricca e teoreticamente spessa (anche solo sul piano nazionale, e per non dire della storia della pedagogia e della scuola dell'ultimo secolo e mezzo in Europa e nel mondo).
A ben vedere, però, si tratta del modello di scuola ispirato agli sviluppi tutti italiani del neo idealismo di destra, come accennato, e che ha avuto i suoi campioni in Benedetto Croce ed in Giovanni Gentile. E' stato il primo, tra il '20 ed il '21 , preparare quella riforma organica della scuola che il secondo promulgherà a suo nome nel '23: l'unica riforma organica della scuola che sia avuta da quando l'Italia è unita.
Ritroviamo più volte acclarata, attraverso esempi come questi, l'inadeguatezza dei riferimenti puramente cronologici. Gli ordinamenti medio - superiori attendono ancora una revisione nella sostanza. E quanto all'altro esempio portato, la normativa per il reclutamento degli insegnanti medi (anche di 1.o grado, del resto) è cambiata più volte negli ultimi vent'anni: ma questa idea fuorviante, e foriera di tanti problemi irrisolti, secondo la quale le competenze sui contenuti (qualcuno le chiama "disciplinari", con una generalizzazione evidentemente impropria) bastano o quasi a garantire perizia professionale, è rimasta pesantemente incombente: tanto, che quei pochi ritocchi che si sono apportanti in altri sensi, tendenti a recuperare l'insegnamento come professione, risultano essere poco più che di copertura.
Non basta, quindi, promulgare un atto che si definisca riforma: occorre che alla base vi siano dei fondamenti effettivamente nuovi, più realistici e meglio adeguati alla società e alla cultura in divenire. A volte, senza tali fondamenti non si riesce neppure a portare una riforma al di là dello stadio propositivo; altre volte, questa carenza produce riforme solo o prevalentemente di facciata, che non intaccano una sostanza assolutamente inadeguata a ciò che la società odierna legittimamente si attenderebbe dalla scuola.


Questioni di materie nei programmi: la permanenze di scelte e priorità del passato

Parrebbe, questa, una riflessione ovvia: lo scrivente è dell'avviso che lo sia.
Essa viene qui esplicitata, solo perché non se ne vuole tener conto (o comunque, essa non viene attivata e seguita coerentemente) in vari atti di riforma che risultano, così, o inefficaci o inadeguati.
Sarebbe sufficiente, peraltro, riflettere su evidenze ricorrenti in riforme svoltesi per decenni (come quella testé identificata circa il reclutamento degli insegnanti medi) per rendersene conto facilmente.
Un ulteriore campo esemplificativo, forse più significativo dei precedenti e comunque maggiormente evidente e di leggibilità più immediata, è fornito dalle scelte di priorità e di gerarchia tra le materie d'insegnamento (attestate anche dagli orari, dalle presenze e dalle assenze) e dalle loro caratterizzazioni nei programmi.
A titolo puramente esemplificativo, e senza alcuna pretesa di essere né esaustivi né rappresentativi e neppure di identificare i caratteri più forti, consideriamo alcuni aspetti della media superiore attuale (quella uscita dalle riforme la cui lontananza si è sopra ricordata), come i seguenti:

# la prevalenza e l'onnipresenza aprioristica di due sole materie, l'italiano e la storia, tra le innumerevoli che dovrebbero concorrere alla formazione, alla cultura, alla preparazione, all'educazione dell'uomo;

## la persistenza dell'equivoco che spinge ad identificare queste (e poche altre) materie come "umanistiche", laddove è ormai insostenibile la tesi secondo la quale non siano umanistiche anche, ad esempio, le discipline scientifiche;

### l'insistenza forte e non motivata sui linguaggi verbali scritti, a grave scapito di linguaggi non verbali come quello iconico e quello sonoro (la cui presenza nelle superiori è episodica e sporadica), con la sola parziale eccezione del linguaggio corporeo - motorio, peraltro non adeguatamente trattato come linguaggio;

#### scontata questa riserva, la prevalenza sempre e comunque della forma (lingua italiana e lingue straniere, in primo luogo, e subordinatamente matematica) sulla sostanza;

##### la pesante sottovalutazione della cultura scientifica, anche in quegli istituti che dovrebbero qualificarsi maggiormente in quest'area culturale (si guardi all'attuale liceo cosiddetto "scientifico"; ma non solo a questo ...);

###### una confusione non sempre dichiarata, ma sempre evidente, tra la scienza e la tecnica (le quali sono, come noto, due forme di conoscenza e d'attività umana essenzialmente differenti), come appare chiaro anche dalla loro disposizione quasi sempre "in serie" od in alternativa, e quasi mai "in parallelo";

####### scontata anche questa riserva, una generale sottovalutazione (o meglio, ignoranza) della cultura e dell'educazione tecnica, la tecnica viene trattata solo se ed in quanto funzionale a pretese finalità professionalizzanti, ed è altrimenti del tutto assente;

######## la matematica come unica materia scientifica tenuta in una considerazione apprezzabile (pur con degli sbalzi notevoli), ma solo o prevalentemente nella sua componente di regole e di ottemperanza a processi rigidamente predisposti, senza alcuna attenzione per il suo ruolo essenziale di creazione umana nella risoluzione di problemi;

######### l'accentuazione, al di là dei fini conclamati, dell'aspetto normativo e supinamente mnemonico in tutti gli insegnamenti linguistici, latino compreso;

########## la già accennata tendenza a far sempre prevalere gli insegnamenti linguistico - formali su tutti gli altri, letta in stretta connessione con la loro impostazione viziata come appena visto;


########### negli insegnamenti storici, l'evidenza particolare conferita alla storia della letteratura (assieme alla "historia rerum gessatura", considerate entrambe non scientificamente ma "umanisticamente" nell'accezione fuorviante di cui dianzi); l'emarginazione e la singolarità di altri insegnamenti storici (ad esempio della filosofia, delle arti figurative, del pensiero educativo, ...) considerati sostanzialmente come specialistici; e l'assenza di insegnamenti relativi ad altri domini di storia delle creazioni umane, umanistici in senso pieno come i precedenti (del pensiero scientifico, della musica, delle conquiste tecniche, ...).


E così via. Sono tutti, si badi bene, senza eccezione alcuna punti superati in avanti ed in positivo nelle riforme che stanno profondamente cambiando e mettendo a regime con l'evoluzione corrente la scuola di base: e questo, proprio perché l'analisi dei fondamenti è stata almeno in parte adeguata allo scopo.
Viceversa, pur non essendo certo difficile individuare l'origine teorica (e teoretica) anche di questi e di molti altri veri e propri fossili culturali che sbarrano alla scuola superiore la via dell'aggiornamento e del progresso, non mancano mai esempi di loro riproposizioni, anche sotto mentite spoglie di "riforma".
Rimane, d'altronde, chiaro che non si dà riforma se prima non si individuano e si criticano quei fondamenti, funzionali a progetti politici ed educativi oggi esplicitamente non riproponibili, e non si disponga invece prima di fondamenti alternativi, funzionali invece alla società e alla cultura odierne, ed al loro divenire.


La permanenza di fondamenti superati, attraverso le loro conseguenze non dichiarate

Una critica del genere consentirebbe, tra l'altro, di superare in positivo anche tutti quei pregiudizi, o quelle impostazioni viziate, che sono alla base di quegli undici ordini di inadeguatezze e di inattualità (e di altri) la cui ricorrenza si riscontra un po' ovunque nei programmi e nei piani di studio con relativi quadri orari vigenti; ed altresì di dare alla media superiore di fine secolo, almeno, tratti meglio corrispondenti alle esigenze di formazione culturale e di educazione degli studenti e della società intera.
In buona sostanza, si può chiudere queste brevi riflessioni (non più che introduttive ad una problematica che è necessario porre ed affrontare) osservando come dei fondamenti teorici (filosofici e politici) possono essere sopravvissuti al loro superamento storico attraverso loro conseguenze pratiche sulla scuola: conseguenze tra le quali vi sono anche le classi di esempi cui si è accennato (relative alla professionalità docente, agli ordinamenti, ai programmi e ai piani di studio). Ciò è stato consentito anche dal sottacere le idee che hanno presieduto (peraltro esplicitamente, e dichiaratamente anche quanto alle finalità umane e politiche) alla loro statuizione. Oggi, ben pochi si dichiarerebbero ancora destro - hegeliani, e favorevoli a quel progetto di società e a quella idea di uomo. Invece, sono ben di più quelli che mantengono e ripropongono comportamenti di quella matrice (nei campi esemplificati come anche in altri) semplicemente non esplicitandola, non mettendo in relazione conseguenze e premesse; od anche solo, non portando le premesse oltre alcune prime superficialissime conseguenze. Che, poi, questo venga operato con piena avvertenza, o per carenze generali, è un altro discorso, che richiede contestualizzazioni precise e riferimenti puntuali.
Invece, la fissazione dell'attenzione sulla dimensione teorica e teoretica che è postulata da qualsiasi atto di riforma consentirebbe sia di evitare simili distorsioni, sia di individuare per questi ed altri domini delle vie evolutive nelle quali scegliere per la promozione dell'uomo e della società.


Il dopoguerra e le inadempienze nello specifico

Se vi sia stato un qualche motivo per il quale si sia ritenuto opportuno mantenere in vigore i capisaldi applicativi di quella scuola per decenni nel dopoguerra*, pur essendone i fondamenti teoretici ormai superati, e quelli pedagogico - didattici del tutto insostenibili, oppure se questa non sia stata una scelta ma piuttosto una qualche forma di acquiescenza o di inerzia: su questo si potrebbe discutere a lungo, e comunque ciò richiederebbe un sano ed attento discernimento. E' un fatto, però, che la scuola ha perso progressivamente e rapidamente ruolo e credibilità in una società che andava altrimenti rispetto a ciò che avrebbe disegnato una neo idealista, e che gli insegnanti ne abbiano pagato, e continuino a pagarne, delle conseguenze sempre più onerose.
Tuttavia, mentre tutti gli altri gradi di scuola si sono andati riformando progressivamente negli ultimi due decenni, grosso modo, e mentre si andavano parallelamente e corrispondentemente riformando altri aspetti della scuola, la media superiore tendeva a restare al palo nel senso in cui dianzi.
Va registrata e attentamente considerata, al riguardo, la mancata incidenza delle sperimentazioni degli anni '60: anch'essa ha scontato lo stesso difetto dell'analisi sui fondamenti. E' anche per questo che tanto le sperimentazioni quanto le proposte di riforma per la media superiore dello stesso periodo erano tutte ed evidentemente in controtendenza.
Si pensi a quante sperimentazioni lasciavano (e lasciano) intatti o quasi tutti i punti di cui sopra, e tendono persino ad accentuarli: c'è ad esempio chi propone di fare ancora più lingue (una lingua in più, o più anni o più ore di lingua), in scuole che già hanno le lettere e le materie espressive e formali in posizione preponderante, e nelle quali un riequilibrio tra l'area linguistico - letteraria, l'area scientifica e l'area tecnica è lontanissimo, o non esiste proprio neppure come prospettiva.
Od alla stessa proposta, più recente, di introdurre l'informatica (cosa peraltro doverosa e financo tardiva): anch'essa finisce per essere in contro-tendenza, se inserita come un ulteriore linguaggio in una scuola dove i vari linguaggi (matematica compresa) sono oggetti di evidente ipertrofia.
Le proposte di riforma dei programmi medio - superiori più recenti (primavera '89, fine '90), pur facendo segnare dei consistenti passi in avanti per altri aspetti, non intaccano alla radice i grandi nodi predetti, lasciando pressocché inalterata la gran parte delle scelte gentiliane in materia. La stessa C.M. n. 109 del 19/4/90, peraltro prefigurante una sperimentazione apprezzabile come fatto, ma discutibile come sostanza pedagogico - didattica e scientifica, tenderebbe addirittura a peggiorare le cose: con essa, infatti, si vorrebbe prefigurare un'"area comune" la quale non contenga nessun insegnamento scientifico naturalistico, nessun insegnamento tecnico, e quasi esclusivamente insegnamenti letterari, formali, espressivi.
In questo caso, come in quello della professionalità docente, del reclutamento ed in tutti gli altri che si potrebbero portare ad esempio (dalla programmazione allo stato giuridico, dalla formazione continua al rapporto con le famiglie e con altre agenzie educative, dal ruolo sociale a quello economico - professionale) è chiaro che non si va avanti se non riprendendo il discorso dai fondamenti. Proprio come si è fatto, e non senza efficacia tangibile, per la (per il resto della) scuola dell'obbligo e di base.


Dalla critica alla proposta

Riassumendo, una revisione, reale ed efficace, della media superiore nel nostro paese postula una critica preventiva di fondamenti teorici persistenti da altri tempi ed altri contesti politico - culturali, ed il previo fornirsi di fondamenti teorici nuovi, a regime nei riguardi della realtà odierna e del suo divenire.
Si è visto altresì come, a questo proposito, il grado di scuola secondario di 2.o grado sia in controtendenza rispetto a tutti i gradi precedenti: per essi, infatti, si registrano non solo un migliore dinamismo nella riforma e nell'innovazione, ma soprattutto quell'attenzione per i fondamenti teorici (in primo luogo pedagogici e didattico - generali) la cui mancanza, appunto, costituisce uno degli ostacoli principali nella continua riproposta di riforme per il grado superiore.
Naturalmente sui fondamenti teorici (e teoretici) che stanno alla base delle riforme intervenute nella nostra scuola in questi ultimi due decenni, si potrebbe discutere a lungo. E ciò, specie se si cerca di applicare a questo complesso di atti di ricerca, di elaborazione propositiva e di promulgazione, una qualche "etichetta" ben precisa ed in via esclusiva; d'altra parte, in una società democratica e pluralista come la nostra si capisce bene come non sia proponibile una scuola integralisticamente fondata.
E' semmai maggiormente congruo rifarsi al modo in cui l'idea stessa di democrazia pluralista che è andata affermandosi teoreticamente negli ultimi tempi, a partire da elaborazioni che avessero attenzione per la definizione e le regole proprie di una società democratica, o per la materia educativa, o per entrambe.
Comunque, gli atti di riforma della scuola succedutisi con evidente continuità negli ultimi due decenni presentano una sensibile coerenza a tale riguardo: e questo ci consente di "distillare" una linea di teoria pedagogica e democratica la quale, avendo già ispirato le riforme in corso o già approvate per gli altri gradi di scuola, può offrire il suo contributo là dove è evidentemente carente il lavoro per la riforma anche della media superiore.
Un avvio di una delineazione siffatta costituirà l'oggetto della presente seconda nota.


Per una ricerca di precedenti teoretici con attenzione verso la materia educativa e la democrazia

Il Neo Idealismo italiano, sviluppo nazionale della destra hegeliana, si è atteggiato a reazione verso il precedente Positivismo che, in Italia, aveva informato alcuni decenni di riforme della scuola. Questo ha dato luogo ad un pesante stallo nella ricerca educativa nel nostro paese, la quale si è a lungo distaccata dagli sviluppi mondiali, e ha scontato ancor più a lungo questo ritardo (in parte, lo sta scontando ancora).
Tale ritardo ha due manifestazioni esemplari nella denegazione dell'autonomia della ricerca educativa (riducendovisi la pedagogia a filosofia), e nella deprivazione del contributo della scienza e della tecnica (sia in via essenziale, sia anche in via solo strumentale) nella teorizzazione e nella pratica educativa e didattica. Non è difficile leggere, tra le conseguenze di tale impostazione e di queste sue manifestazioni, quelle che si sono esemplificate nella nota succitata, e le tante evidenti anche in proposte recentissime.
Sarebbe alquanto lunga, comunque necessiterebbe di un attento senso del discrimine, e non risulterebbe del tutto pertinente alla tematica in questione (anche se certo non inutile), una discussione circa l'effettiva mira della critica destro - hegeliana italiana: se essa cioè si indirizzasse effettivamente alla realtà del Positivismo Italiano (con le sue specificità), od al Positivismo in genere, o non piuttosto ad un'idea estremizzata e non del tutto realistica di quel grande movimento di pensiero; ed altresì se essa si indirizzasse al reale modo d'essere della scienza e della tecnica, o a delle visioni distorte di queste due forme di pensiero umano, che sarebbero improponibili presso uno scienziato od un tecnico.
Comunque, il trend evolutivo della ricerca mondiale andava in tutt'altra direzione, ad entrambi i riguardi (e ad altri). Mentre in Italia la polemica del Neo Idealismo contro il Positivismo si dimostrava storicamente non progressiva quanto alla materia educativa, in parte d'Europa e negli Stati Uniti si seguivano altre vie, più costruttive, e per le quali non sarebbe difficile comprendere come abbiano fatto registrare ben altri risultati: risultati che, poi, nel dopoguerra avremmo cercato di inseguire, non senza ritardi ripensamenti e veri e propri atti involutivi, e che comunque rimangono per noi dei riferimenti imprescindibili ove si voglia veramente il progresso, insieme, nel senso educativo ed in quello democratico.
Ritardi ed atti involutivi di questo genere, proprio la media superiore (e l'università) li pagano più pesantemente oggi.
Per imboccare una via più costruttiva, ad esempio, si potrebbe partire dal Pragmatismo statunitense (letto in originale, e non filtrato e deformato attraverso letture di altra impostazione), non trascurando quello europeo e quello italiano in particolare, attraverso l'Attivismo Pedagogico (anch'esso "in originale") e la Pedagogia Scientifica (non confusa con le filosofie positivistiche e neo - positivistiche, che non hanno con essa nulla a che fare).
Sempre in campo pedagogico, si potrebbero citare ulteriori contributi di grande rilievo, come le Scuole Nuove, l'ascesa delle scienze dell'educazione, le pedagogie e le didattiche contemporanee attorno e dopo Bruner.
In campo filosofico, si potrebbero citare (sempre ad esempio) le varie filosofie del linguaggio, della storia e della scienza, avendo cura in questi ed in altri campi di considerarne la ricchezza e l'articolazione e di non cadere comunque in nessuna forma di riduzionismo: vale a dire, né della filosofia del linguaggio o della storia o della scienza ad una sola corrente di pensiero, né delle forme educative corrispondenti a "traduzioni" (più o meno "letterali") di una certa filosofia.
In campo scientifico, si potrebbero esaminare le varie scienze dell'educazione, in ascesa da oltre un secolo, e che annoverano sia scienze della natura (come le discipline biologiche, o quelle mediche, o quelle psicologiche e neurologiche, o quello storico - naturalistiche ed evoluzionistiche, o quelle igieniche ed auxologiche, o quelle ecologiche ed ambientali in genere, e così via), sia discipline non naturalistiche ma che possono essere trattate scientificamente al pari di queste (discipline sociologiche, antropologiche, economiche, politiche, storiche, e via dicendo), sia anche altre discipline più specifiche, ma suscettibili di un approccio scientifico di pari rigore, come la didattica, la docimologia, la tecnologia educazionale.
Si potrebbe continuare con varie discipline storiche e storiografiche, compresi sviluppi più o meno recenti della storiografia del pensiero educativo, filosofico, scientifico, tecnico, letterario.


L'evoluzione della scuola di base nell'evoluzione della società

Questa ricchezza pluralistica è di per sé un bene se accolta costruttivamente, e coerentemente seguita. Ad esempio, è possibile come preannunciato delineare sommariamente e a grandi tratti una dottrina educativa e cognitiva che possa prestarsi a fare da filo conduttore, ed insieme a chiave di lettura, per le riforme positivamente introdotte nella nostra scuola nel corso degli ultimi due decenni.
Così si esprime al riguardo un passo dei programmi per la media di 1.o grado del '79, bene apprezzabile nel nostro contesto:

"... se correttamente interpretate, tutte le discipline curricolari - sia pure in forme diverse - promuovono nell'allievo comportamenti cognitivi, gli propongono la soluzione di problemi, gli chiedono di produrre risultati verificabili, esigono che l'organizzazione concettuale e la verifica degli apprendimenti siano consolidate mediante linguaggi appropriati.
Nella loro differenziata specificità le discipline sono, dunque, strumento ed occasione per uno sviluppo unitario, ma articolato e ricco, di funzioni, conoscenze, capacità ed orientamenti indispensabili alla maturazione di persone responsabili e in grado di compiere scelte."

E così via: potremmo citare innumerevoli altri passi dei programmi medi, elementari o delle proposte per la scuola 3-5 anni: ma lo spazio ci manca, e poi questo è da solo esemplare. E' difficile negare, con qualche razionalità, che anche l'insegnante medio - superiore abbia molto da imparare da brani come questo. O che il riformatore di tale grado di scuola non abbia per nulla da ispirarsi ad essi e ai principi cui s'informano.
Registriamo qui quell'impiego troppo disinvolto del termine "disciplina" che, peraltro, va lamentato per tutto il complesso di riforme cui si va facendo riferimento: tanto, che vengono chiamate correntemente "discipline" anche quegli insegnamenti che riguardano, invece, delle aree d'integrazione pluri - disciplinare, come quella di scienze umane, quella di scienze naturali integrate, o l'educazione tecnica ...
Ma sorvolando in questa sede su questo vizio di fondo, che pure non è solo terminologico e non è scevro d'insidie, troviamo qui tutta una serie di punti potentemente innovativi, dai quali trarre delle indicazioni nella riforma sia per il biennio, che anche il triennio medio superiore: da una riaffermata (e applicata coerentemente) unitarietà ed organicità del sapere e della cultura, ad un suo risolversi in sintesi pedagogica; dalla problemicità rettamente intesa come valenze educative e come funzioni didattiche, alla scientificità dei discorsi come loro coerenza e controllabilità, dall'essenza dei contenuti "disciplinari" come mezzi per la formazione dell'uomo all'attenzione in questo senso (ma proprio in questo) per i vari linguaggi; e così via.
In sostanza, è qui operata bene una sintesi organica di ciò che più si è evoluto negli ultimi decenni nella nostra società: compresa la cultura militante, compreso il costume, compreso il diritto positivo, compresi i comportamenti cognitivi ed interattivi.
Si pensi, tanto per fare qualche esempio, all'evoluzione del modo comune di pensare delle ultime generazioni: dal potentissimo senso teorico della cosiddetta generazione "del '68", il quale però disattendeva le regole della conoscenza e della democrazia come ad esempio la coerenza logica e la controllabilità degli asserti; attraverso un confronto conflittuale e, appunto, problematico con la realtà, che viene convenzionalmente identificato con la generazione"del '77"; per sboccare in un potente accento sull'aspetto pratico e fattuale, contingente ed immediato, tipico dei cosiddetti "ragazzi del 1985" e tuttavia manchevole di senso teorico e di elaborazioni più complessive; e, quindi, in una comprensibile nuova forma di conflittualità, come quella che caratterizza la "pantera" a partire dal '90.
Oppure, un buon esempio in tal senso ci viene dalla riforma del codice di procedura penale (D.P.R. n. 447 del 22/9/1988). Si veda l'idea generale di sostituire ad un impianto inquisitorio (improbabile induzione da "dati di fatto" della "verità processuale") un impianto accusatorio, cioè di lavoro su ipotesi di soluzione di un problema (le accuse di colpevolezza di un reato o delitto) mediante scontro tra confutazioni e corroborazioni (il Poeta direbbe, "provando e riprovando" ...).


La visione pedagogica corrente della scienza, per "punti forti"

Senza insistere sull'esemplificazione, si può sostanziare questa nota con un'esposizione sintetica della visione pedagogica della conoscenza che, essendo pervasiva della realtà socio - culturale odierna, democratica e in divenire, ha informato in modo forte le riforme della scuola degli ultimi due decenni. Lo scopo rimane quello di fondo di fornire un contributo del quale la tanto attesa riforma della scuola dimostra tutta la necessità, perché essa sia effettiva, efficace, adeguata.
A tal fine, ed anche per l'approccio assolutamente generale che vi abbiamo dato, tale esposizione sarà scandita attraverso un numero limitato dei "punti forti", o capisaldi, di questa teoria: fermo restando che di questo si tratta, e che come ogni altro discorso che riguardi una realtà complessa come quella educativa tutto si stempera e si articola in un processo unitario, continuo e certamente da contestualizzarsi.


* La considerazione specifica dell'educando quale soggetto di cultura e d'evoluzione culturale; l'educazione, prerogativa specifica della specie umana, è condizione necessaria per quell'altra capacità che distingue l'uomo dagli altri viventi, e cioè l'essere soggetto di cultura e d'evoluzione culturale (e quindi di storia), capacità che gli consente di prevalere anche sull'evoluzione biologica.

** La valorizzazione piena, come occasione e motore evolutivo, di situazioni di squilibrio, di conflitto e di contrasto tra l'educando e l'ambiente; il che significa anche, in educazione e in didattica, il dovere dell'educatore di mettere in atto estrinsecamente siffatte situazioni, se del caso.

*** L'essenza umana nell'agire verso la razionalizzazione di tali situazioni critiche, inteso come propria messa in condizione di lavorare in senso costruttivo, positivo, verso tali ragioni di crisi; in educazione, la guida dell'educando in tale direzione ("per seguir virtute e canoscenza").

**** Conseguentemente, l'atteggiamento umanamente congruo centrato sul problema e sulla problematicità; la vita umana è fisiologicamente, istituzionalmente problematica: ed è deontologicamente umano affrontare positivamente i problemi che vi si incontrano.

***** Il lavoro, consapevolmente ipotetico ed interlocutorio, sempre provvisorio e sempre fallibile, per il tentativo di soluzione dei problemi posti e vissuti, nel senso predetto (non basta un interrogativo a che si dia un problema, occorre anche la disposizione umana ad affrontarlo positivamente ed in avanti).

****** La comprensione piena delle valenze della creatività umana comunque esplicata (nelle arti figurative come nelle scienze della natura, nella narrativa come nella tecnica, nelle scienze umane come nella poesia, nella musica come nella filosofia, ...); si tratta sempre della stessa creatività, sia pure inquadrata e regolata diversamente.

******* L'inquadramento di tali ipotesi, elementi del sapere e della cultura creati dall'uomo ed in elaborazione continua, all'interno di sistemi di pensiero più ampi e generali, e quindi formazione del senso teorico.

******** La valorizzazione piena e senza riserve, anche in quest'ambito, del pluralismo, che è altro e più del plurisecolare e meritorio concetto di "tolleranza". Non si tratta più solo di affermare il diritto di ciascuno ad avere una propria posizione e ad affermarla, ma soprattutto di comprendere razionalmente come l'esistenza di diversificazioni culturali condivise sia un bene comune, in quanto mette tutti nelle condizioni migliori per affrontare positivamente problemi comuni; esso si configura, quindi, come un diritto oggettivo della società, che diviene diritto del singolo solo di conseguenza.

********* Lo sviluppo delle ipotesi avanzate all'interno di detto sistema teorico di riferimento, mediante l'ottemperanza al principio della coerenza logica. E' noto che oggi (e da tempo) si dispone di una pluralità di logiche; rimane però chiaro che, per tutta l'istruzione pre - universitaria, l'unica logica applicabile è quella "classica", a due valori, che è anche la più forte.

********** L'individuazione, tra le conseguenze logiche di tale sviluppo, di quelle che sono controllabili. Tale controllabilità varia di connotazione a seconda della modalità cognitiva esplicata, e va dall'adeguatezza nelle discipline formali, all'utilità nelle discipline tecniche, all'esperibilità nelle discipline propriamente scientifiche (non solo in quelle naturalistiche); ha connotazioni meno facilmente riassumibili nelle arti figurative e letterarie, ma comunque va riferita alla congruità umana.

*********** La disposizione continua ed illimitata, senza riserva alcuna, all'esercizio effettivo ed in prima persona di tale controllo, nel senso e secondo le modalità pertinenti alle forme di conoscenza coinvolte, e nei limiti delle possibilità realisticamente disponibili.

*********** Questo può andare di pari passo la consapevolezza dell'intersoggettività di tale controllo; la questione è fortemente controversa, ma almeno per le discipline tecniche e per quelle scientifiche (nel senso anzidetto, di discipline dalle teorie coerenti ed esperibili fattualmente, in quell'accezione cioè che si dice impropriamente"moderna") ci sono significativi elementi a favore.

************ Il senso della non specularità logica di tale controllo, dell'ineguaglianza delle sue ricadute (qualche filosofo parla di "asimmetria"): in quanto basta una evidenza negativa per inficiare qualsiasi ipotesi (nel sistema teorico assunto), mentre invece non si hanno mai certezze per quanti sostegni empirici un'ipotesi abbia ricevuto.

************* La conseguente rinuncia ad un criterio di verità in tutte le creazioni umane che non siano puramente formali (casi nei quali, invece, si dà verità solo sulla base della coerenza con gli assiomi; ma non è un criterio di congruità umana).

************** L'ottemperanza alla retroazione (feedback) conseguente, che induce da un lato ad abbandonare (od almeno a rivedere) il sistema teorico così inficiato, mentre non legittima mai a conferire a detto sistema caratteri di "verità" (si parla, semmai, di "validità", di "vigore", o simili, ad un dato momento storico); nella conoscenza umana, come in democrazia, non solo non si dispone di alcun criterio di verità, ma non se ne sente proprio nessun bisogno.

*************** L'atteggiamento sanamente storico e critico verso le idee ed le loro concretizzazioni nella realtà; nel senso che qualunque idea, creazione umana per risolvere problemi parimenti umani, nel momento in cui si cala nella realtà in divenire si fa anch'essa soggetto di divenire, e per tale è sempre perfettibile e non è mai perfetta.

**************** L'instaurazione di un rapporto congruo e razionale, di reciproco rispetto e di crescita e progresso sinergico, tra uomo ed ambiente, cultura e natura, ethos e bios, storia umana e storia naturale, e così via.


Qualche riga di chiusura

E' chiaro che, in una visione pedagogica adeguata e coerente, le varie materie d'insegnamento ("discipline", adottando la nomenclatura ministeriale) sono degli strumenti per formare e sviluppare nell'educando questi (ed altri eventuali) ordini di risorse umane.
Grave errore sarebbe, dunque, il confondere tali mezzi con le finalità: l'affermare, ad esempio, che si insegna la storia perché l'allievo sappia la storia è uno dei più classici esempi di assenza di fondamenti adeguati.
Lo scopo centrale, comunque e per qualsiasi scuola, è quello di mettere lo studente in grado di vivere attivamente e da uomo maturo la storia ventura, di essere soggetto di storia e non oggetto di decisioni altrui, di essere responsabile padrone di sé e del suo ruolo nella società, e non suddito o servo di apriorismo comunque configurati.
E' altrettanto chiaro che questa formazione non è compatibile, nella sua promozionalità, con alcuna forma di anarchia o di libertarismo. Al contrario, come in democrazia il massimo di libertà di ciascuno va di pari passo con l'ottemperanza da parte di tutti a regole comunemente accettate, così nell'evoluzione culturale e cognitiva dell'uomo è l'ottemperanza a regole stabilite (sempre comunque criticabili e mutevoli) che costituisce condizione necessaria perché si dia educazione.
Va precisato che questo varrebbe anche nell'ipotesi di una scuola più o meno direttamente finalizzata alla professionalizzazione od alla pre - professionalizzazione; lo si dice, pur se questa ipotesi non sembra molto realistica nel trend della riforma della media superiore.
La definizione di tale visione pedagogica come "pedagogia democratica", oltreché corretta. è molto più rigorosa che non per quanto riguarda i riferimenti alla "tradizione" non altrimenti specificata. Si è accennato: in molti casi un riferimento generico alla "tradizione", un parlare, semplicisticamente e banalmente di "scuola tradizionale " e di "educazione tradizionale", in realtà richiama (scientemente o meno) un solo componente di questa tradizione, quello destro - hegeliano. La nostra tradizione scolastica (e culturale in genere) annovera anche ben altri componenti: spiritualisti e personalisti, positivistici, herbartisti, attivistici (e pragmatisti, sinistro - hegeliani, critico - razionalisti, e via dicendo, l'elenco sarebbe lungo).
Prende così forma e sostanza l'idea di quel processo continuo ed interinato, non teleologico ma chiaramente orientato in senso progressivo, privo di qualunque definitività, il quale è tipico e peculiare sia della democrazia, che dell'educazione odierna, che della ricerca, che di altri domini ancora nei quali si cimenta l'homo sapiens.
Esso è altresì predicabile, con le sue varie specificazioni, anche alla didattica, alla teoria della scuola, ed alla professionalità docente.
Si tratta di un sistema pedagogico per il 2 000. Ad esso ci si potrà informare anche e specialmente per una riforma tanto attesa come quella medio - superiore. Riforma per la quale quelle in corso per gli altri gradi di scuola, nonché un'ispirazione, offriranno una chiara esplicazione dell'ampia applicatività dei necessari nuovi fondamenti.

 


 
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