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LETTO
di Enzo Cicchino
(Ospedale di Agnone luglio-agosto 1998)
 

"Figl' mì quand' sc'stengh
ch' te tengh n'at' sciat' "
Il bisturi ha scavato
un pozzo nella mia vita.
Non ha trovato il sangue
non ha trovato.
Non ha trovato.
che un orto abbandonato.
Un ramoscello ucciso.
Due giacigli. Vuoti.

...E' passata la donna
con la falce
questa sera
a cercare mia madre
per dirgli -tu muori-.
Era armata
di una Tac!
una lastra
un fantasma
uno scheletro
un camice
bianco
all'uncino
laggiù sulla strada.
La luce è sospesa in attesa del terribile
abbraccio del muto Robesbierre
chiamato Dio!

Un mattone ti è cresciuto sotto
il cuore, madre,
e non per costruire
aeroporti
ma tetti ristretti
che visti dal cielo
parranno parole
e confetti.
Bruciato, il ricordo,
Il tuo grembo
è ricolmo
di una feroce vicinanza
che m'allontana;
ed il calice
anch'io t'ho offerto
con l'odore anestetico d'infermiere
al valor pesceane.
I miei baci compressi
negli aghi taglienti dell'oppio.

Scoperte, le croste
di carne viva
all'aria sul femore
in letargo, sulle
inutili scarpe lucenti
il sonno ingioiellato.
Vennero. Cercai
nel dotto dottore
il sorriso a stipendio,
invece solo un canino bisturi
si sporse furente
dal vile taschino:
"Prima muore meglio è!"
rispose il dotto
signore in camice
bianco indifferente.
"Prima
muore meglio è!"
rispose e dopo che m'ebbe ripetuto
frustando la voce
feroce restai ancor più solo in croce.

Semplice! troppo è l'astuzia del male!
Quasi derido l'oscura lealtà
che pervade
lo sparviero infermiere,
dagli oncologhi raggi più neri.
E' la morte che s'è fatta la corte.
Intanto mia madre Maddalena
moriva nel letto 31. Perché... più nessuno!?

Perché? Se ho soccorso ogni volto!
Ed ancor corro e soccorro e scorro
binari mi scontro con mura e n'ho paura?
Ferme lancette ormai sull'ora maledetta.
Povero, codesto ricovero stanza.
Amico. Nessuno è più povero
di chi ha bisogno solo
di speranza.


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