Archiviopoesia - poetry

 

SPEZIE
di Annibale Vacca
(1988)

A Giuliana Mancini

 
 
 

IL RITORNO DI CHARLIE*

Prigioni
vergate di antica utopia
si aprono
e qualcuno ti aspetta
di fronte a quel muro
che sbarra
tranquillo
la strada
a memorie
di guerre
fallite.
Si. Ho udito
la storia
dei molli fucili
sul bivacco de la notte
quando libertà bevuta
tra i sogni
condusse ognuno
all'unica speranza
uccidere!
Sulla porta
è giunta lei
che fu croce
ignuda
in quei
lontani
castelli
dove cospirasti un giorno
e ti perse;
temi,
hai paura,
vuoi tornare indietro...
Ma l'àncora donna
scavalca la soglia
le sbarre;
il sorriso
raggiunge
l'albergo incestuoso
dell'utopia
ed intriga la legge;
tu riscopri l'amore
che, infingarde vittorie
spezzarono
sul tuo labbro.
Parole
strette insieme
da fili.
Mentre il vortice
di polvere
impazza
su la porta,
che la prigione
chiude.
Fresca
sul ciglio
dell'erba
la mano ti disseta,
eroe clandestino.
E' di piccole
spoglie
l'estate
che scende
sul greto
del fiume.

oOo

SENZA TITOLO

Sorella
ho la voce
ubriaca
dell'impeto
che geme
in questa danza
lastricata d'amore.
Certo non basta
il vino dolce
bevuto intorno
alla graticola,
dove il capro
d'autunno
portò il suo pane
unto, del profumo
più vasto
del giardino.
Invano la testa
dritta
sul fuoco
intonò il silenzio
de la cetra,
che le note
accese
tra il rubeo riflesso
del tuo calice.
Nemmeno servì
a nozze
la coppa
che alzammo pigramente
d'oro.
Perché
su la foschia
tra l'avido
riflesso
de le nozze
venne
crudemente
il marmo.
Spezzò
l'orgoglio
del corpo tuo
che affiora
su l'uscio
stridulo.
Bocca
scoperta
come la coscienza
di un toro
appena sgozzato.
Vedo muggire gli occhi
sul barbaro
profumo
dei biancospini.
Ma non urlare
piccola
gitana
d'amore;
anche se
tagliato
avvelenato
usato
il cuore tuo oggi
per la prima volta
è colto
da un rasoio
che ne estirpa
de la pietà, il perdono.
Eclisse
vuoto
del giorno.
Senza corpo,
il mattino.
Sognato
ecco
il tuo amore
inciso nella brezza,
irraggiungibile momento!
Ogni anno
trattiene
i giorni
come grani
di un rosario.

oOo

CINGOLI*

Ricopri chimere
nel soffice
ondeggiare
dei corpi,
e l'antico
cero ricolmo
di lingue di fuoco
avventa alane
guerriere:
attratte
sul colle.
Così la foresta
dei salici
orma dopo orma
spande
e ritrae
il più alto sbadiglio
sull'avido litostrato.
Ma chi assalta?
Chi freme
il sanguigno
ritorno
sul campo?

Qui ancor
invaghisce
le cupìde urla
dei quattro cantoni
del giorno.
Là invece
più mesta è la voce
del gallo cedrone.
In fondo
a bosco di ginepro
tu, uccello
riappari ne l'antica
ombra di penne:
aperte su Labieno
contro Cesare
in marcia verso Roma.

oOo

NATALE

E' fuggito
ma ritorna col buio
malessere di un canto
il carro,
mosso da una sola voce,
che lungo il ciglio
scende
in cerca dell'aspro
sorriso alle finestre.
"Natale!"
Corrono i bimbi sui tumuli
bianchi
di una estate attimo.

Piccolo s'attizza allegro
'l fuoco
nella masseria
su le Mainarde
or alte
che alpeggiano
lassù
comete.
Pure il sole
è chino su le spalle
del guardiacaccia,
mentre gli scrosci
de le ciaramelle s'udìano
in veglia al tramonto.
Braci... ricordi
tra quei pensieri
accaldati di sogno
dove le cornamuse
giungono a persa luna.
Ecco la neve monta il cappello
ai tetti: il fumo punge aria salata.
L'asino solo corre in fretta
e immagina una razioni
di biada all'alba.
"Natale!".
Ciascuno dei magi è un guerriero.
sullo stordìo del treno
ormai tra lordi viaggiatori
si confondono al fumo passito
in cerca di volti.

La neve cade su le finestre,
su le ruvide soglie. Ne impiastra
l'uscio con falsa mollica. Sotto
le foglie secche rannicchiate
dal vento il fuoco ha il cuore
duro. A testa bassa un uomo
fuma la pipa, intenerito
dal tiepido calor che spira.
Natale taglia ronzante l'aria!
cavalca sfingi che all'alba
spengono il cinereo canto
di un gallo. Rubea sua cresta
ancor s'affanna, dimena
la zampa, l'ultima energia
che v'è nel cuore... mentre
l'accetta... con un colpo
in testa lascia recisa la speranza.
Oggi Natale! Domani, chissa'.

Certo la nascita dei re è incisa
agli architravi, in alto, e lì resta.
La morte di un gallo invece,
in un misero fiotto sanguigno
di penne sulla siepe, dove, scosse
dal vento, le galline ruspano feroci
in cerca dell'ultime budella madri.
Dolor perenne, questo è Natale
per i pollastri nostri per i capponi.
E il porco delle stamberghe mostro.

Davanti ogni porta si consuma
la vita, guazza tra le pozzanghere
al passo dei cantori. Mentre i cani
si azzuffano, ululando sul cuoio
abbandonato della misera coniglia.
E pare, nella lotta, che la sua pelle
indigesta diventi rimedio all'unica
malattia... "Natale!"  "Fame!"

I Magi, dileguando un respiro
si sommergono tra le mura
coperti di calce e di bianco.
In un cielo infinitamente assolato.
In un gelo che frantuma le soglie.

oOo

STEFANIA

Donna
che al tenero
sole
mi porti
ferito
da gemme:
non s'alzi il tuo gemito
in urla! Si strazi
la mia muta voce,
invece ininterrottamente!
Di seta
vagheggiano
le tue parole
oscure di profumo
nella stanza,
ma quando t'offri
le nude curve
dell'oppio
al tremore vuoto
che mi prende, gelo.

Certo il magro pensiero
conficca le dita tra gli ondosi
flutti e qui cerca l'orma
e qui la roccia viva e qui
altre sponde irraggiungibili.
Un eco lontano mi lacera
tu però
non sei qui ad ascoltarmi.
Lenta strada percorri
sul ciglio privo d'erba
dove, cocci muti
di vetro pungono
i tuoi passi.
Poi morde un labbro
il vento, ripido, geloso
e rompe molle ogni forte incanto.
Riparti
corri
e torni
e vai
e gridi
e chiami...

Scende col vento la pioggia
su la strada
e l'asfalto
che agli occhi tuoi
par nero
corpo villoso
è colmo.
Umido accartocciato
tra le pozzanghere
il cielo
scopre la pelle
e ad uno ad uno
libera tra i sassi
i nostri corpi
in lacrime cadenti.
Si. Certo. Dove muore
la pioggia
si specchi dunque
afosa
la luna; che notte s'alzi!
tra le cupìde stelle
evocanti ricordi.
Pioppo di fuoco
giudice re
il sole non ha ancora
ucciso
le voglie del servo.
E' fine giorno
la regina attende
sotto la coltre affannata
l'orrore mite dell'alba.

E così vibra
la tua infanzia
che partì come un veliero triste
dai tuoi sogni;
scorgo tra i suoi raggi d'ombra
le contorte scie del vento
su la prua, il cui pianto
nudo
impreziosisce
il volto, chino
di perle.

Io me ne sto d'inverno
su la riva
ad aspettar le nozze
di chi non torna.
Poi col fuoco
vangherò il tempo
affinché questo gelo
dal cuor primitivo
i pensieri tuoi accolga
leggeri
addormentati
su la coltre di neve
della mia innocenza.

oOo

CHI?

Addestratore di lupi,
conosci la foresta
il pruno avaro
e l'acero
coperto d'erba
ove inciampa la vipera
in letargo.

Addestrator di lupi
che cerchi nei fossi
la ruònela infida
quando affera
i fringuelli per pasto
e guizza nei campi
con i serpi in bocca!

Addestratore di lupi
tu traduci
in sangue
le miti farfalle
che assassine
strisciano
sull'altare delle ombre.
Il tuo ringhio è mansueto:
pregno
serrato, discreto.

Addestrator di lupi
a che servi ora?
ucciditi.
 


oOo

*un ex terrorista delle BR
**Cingoli, paese delle Marche che dette i natali a Tito Labieno, luogontenente di Cesare in Gallia e poi suo nemico nella guerra civile


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