Archivio poesia - poetry





11 settembre 2004

In memoria e ricordo della strage delle Twin Towers

di Annalisa Rossi



In altro modo celebrarono gli specchi ingannatori
dentro i monitor degli dei atzechi.
Due marinai spagnoli sulla riva delle piramidi abbattute
festeggiarono all'ombra degli aranceti secchi.
Non erano moriscos, né giudei convertiti.
Se andò il giorno col suo carico di mischie umane
e sangue e fuoco e bambini rimasti orfani
e lastre di cemento senza nome e atti di eroismo,
non da scimpanzé.
Tutti gli arcangeli,
che avevano in comune carnefici e vittime,
scesero a "ground zero" l
'undici settembre del 2001,
per portarsi via tutte quelle anime.


INDISTINTAMENTE.

DEGLI UNI E DEGLI ALTRI,
PERCHE' UNO SOLO ERA IL LORO DIO.


Il martirio e la testimonianza della fede li portò tutti in Paradiso.

ACCLAMATI.

Ammone e Ishtar si rallegrarono.
Di sicuro non avevano colpe.
Odino e Osiride bevvero birra ed idromele
per essere diventati favola da tempo.

IMMEMORABILE.

Il re di Harlem celebrò il ritorno del sangue degli schiavi
in mano agli sceicchi.
Scorse a fiumi l'oro nero.
Fu la danza macabra degli scheletri
a riportar la morte dentro l'assassinio
delle folle in preda al vomito della "civiltà".
Città insonni per un attimo rifiutarono
le feste per la nascita di cristo,e di mohamed
( non li scrivo maiuscoli perché non han più dignità!)

Il notturno del vuoto s'insinuò nei cuori di
Voltaire, De Maistre e Khomehini.
Il problema nacque poi al cimitero ebraico di NY,
quando un Golem in rovina allontanò
tutte e due le tombe e il cane
che voleva morirci sopra.
Insetti viennesi ci ballarono vicino
un valzer a tre tempi.
La luna riuscì a fermarsi a contemplare il cozzo,
la morte e il cruore versato
e i corpi presenti e quelli assenti
insieme alle ninnnenanne degli adolescenti morti
in Palestina, suicidi in Israele,
dilaniati in Afganisthan, Africa e Iraq,
smembrati nei mercati mattutini di Sarajevo.

Le case minuscole nascondono adesso i sonni
e le preghiere delle donne brune,
le case coi rami nascondono adesso
le impossibilitate mani delle donne bionde.

Le comete rutilanti delle bombe intelligenti
spargono dio e amore sulle solitudini
di quattro mulattieri che tengon gli occhi a terra.

E terra,

TERRA
TERRA
TERRA

sottole nuvole frementi delle scie degli aerei
sulla sabbia dei deserti in mezzo al Medio Oriente.

E terra

TERRA
TERRA
TERRA

nella bocca dei soldati morti nel Medio Oriente.

E terra

TERRA
TERRA
TERRA

a "ground zero"
vicino ai grattacieli di NY.

E terra

TERRA
TERRA
TERRA

sulle sabbie di Bagdhag
dove i morti fratelli sono sepolti insieme.



perché la guerra di "prevenzione" al terrorismo è diventata una guerra e basta
perché 2000 anni fa i Romani dicevano "si vis pacem, para bellum",ma sono passati 2000 anni e un bel po' d'Illuminismo(almeno in Occidente)
perché nel Vangelo è scritto "porgi l'altra guancia"

 



La festa del quattro luglio

C'era una nuvola che avvolgeva un mare di echi,
là, al confine delle mimose bianche.
I calessi dei Signori portavano le ragazze
al ballo della vita.
Un vento giuggiolone alzava loro le sottane,
sgonfiando i palloncini.
Le tube con i frac entrarono
con sotto ai pantaloni
i tacchi a spillo, appuntiti come stiletti,
per riuscire ad essere i primi a far centro nel paglione.
Giocarono in silenzio con sorrisi di formaggio e occhi di salame.
Giocarono alla morra con dita cotechini,
mentre le loro donne barattavano il profumo,
intrecciando silenzi con le note dell'orchestra.
Si mostrarono i denti d'oro e le facce di bronzo,
tirando i soldatini che attaccavano Fort Apache,
contando gli scalpi di tutti quei selvaggi.
Finirono alla grande,
mangiando "du fois gras",
d'oche nutrite con l'imbuto.
Si leccarono le labbra,
sfoderando portafogli,
gonfi come le gambe di mia madre.
Guardarono le stelle e i fuochi d'artificio,
dentro un cielo nero come i tuoi occhi aperti.
Stiparono gli applausi in guanti scuri come il peccato,
allungando le dita per toccare la luna,
bianca come il tuo volto di giglio addormentato.
Mixarono i gelati venuti dal continente
con i genitori che vivevano in Florida.
Sbirciarono sotto i tavoli per guardarsi le scarpe.
Non erano Gucci, ma non erano ricchi invano.
Ti pensai al fiume quando eri ragazza,
con i mocassini del bisonte e le trecce da puledrina.
Ti pensai danzare, con le gambe nervose,
girando intorno al fuoco, ululando come un lupo.
Ti pensai chinata, il viso contro il cielo,
mentre la luna rossa di faceva d'ambra e sangue.
Ti pensai nel bosco, che correvi alla betulla,
saltando in mezzo alle malve,
mia e lussuriosa.
Ti pensai addormentata,
un profilo da montagna,
tanto era sempre fermo il tuo viso.
Ti pensai sdraiata in mezzo alla strada,
con il bruno della rosa canina che ti rodeva il petto,
gli occhi spalancati che cercavano il 4 luglio,
le trecce a raggiera come la corona del loro dio cristiano.
Misurai il tuo corpo sotto la betulla.
Cercai la mia storia, ma non la trovai.
Camminai lungo le strade,
ammazzando i bisonti,
per arrivare qui, alla festa dei mercanti.
Stasera ho tre pallottole di cera e uno stoppino.
Accenderò la candela del ritorno,
che sulla finestra,
t'indicherà la via di casa.

perché la storia si ripete e non è mai "magistra vitae"
perché sono i più deboli che ci rimettono
perché nessuno riesce più a indignarsi

 


L'AGGUATO E IL PROCESSO DELLA STREGA

Nell'ora stellata, che precede il mattino,
la luna e la morte giocarono a dadi.
Il pioppo abbattuto, diventò di piombo,
affondando nel madrigale dei grilli
che s'alzava verso le stelle luminose.
Il desiderio di lui le fece nascere
spighe d'amore nel cuore e serpenti alle dita
e alla fonte vicino alla quercia del corvo,
lavò il suo corpo di cristallo,
immergendo le mani dentro pensieri pugnali.
Nella grotta dei lamenti, aspettando l'alba,
come sileno, lui giaceva, addormentato,
mentre le sei corde del suo cuore zingaro
vibravano tutte insieme,
suonando alla processione del dio risorto.
-De profundis clamavi te , domine meo-
cantò lei dalla fontana alla selva.
Lui si sentì in dovere di andarle incontro,
ma era ancora scuro,
così s'accollò una lucerna per scongiurar le foglie
di stormire più piano,
poiché il canto delle driadi ha note solo d'oro cupo.
Seguì a stento il sentiero.
S'inciampò nella croce che lì aveva portato la Guardia Civile.
La incontrò allo stagno dove stornellan le cicale.
La vista gli bruciò per tanta inconsistenza.
La Driade, mora, dal tronco di sequoia nera,
gli stese le mani per invitarlo al pranzo.
Lui annusò la mischia dei suoi pensieri
e si sentì rapito dalle sue iridi di lampone.
Lei gli passò sul viso una lingua di ribes
e gli cercò l'infanzia nel cavallo delle brache.
-Ode al Signore!- gli venne da gridare
e la guardia Civile trovò la strega col sangue
ancora da versare.
La presero per i capelli,
tirandola via per il suo amore disperato.
La trascinarono sulla strada legandola
col suo amore meraviglioso.
La spinsero colpendola,
dritta nel suo amore,
quello che non si lascia vedere.
La maledissero per le sue ferite d'acqua.
Lui lo rialzarono con le pacche sulle spalle,
martire di Dio, bruciato dalla sirena.
Lei la trasportarono nella piazza del mercato,
dove la legarono,
con le oscure colombe della sua voluttà,
alle bancarelle che vendevan pomodori.
Vennero in cinquanta per vedere
le sue dita d'oro peruviano
e ci fu anche chi
cercò di staccargliele a morsi.
La Guardia Civile resistette ad ogni preghiera.
Così quando sorse il sole,
lo spettacolo fu pronto.
Lui era in prima fila,
ormai rassicurato,
martire per la fede, incorruttibile soldato.
Lei quando lo vide gli cantò una ninnananna,
fissandolo negli occhi.
Arrivarono i pellegrini
e lui s'era addormentato,
mentre i poliziotti dichiaravano che il cielo non s'era oscurato.
Le presero i pensieri,
ma tagliavano come coltelli,
così si limitarono a prenderle le mani.
La linfa che ne uscì fu il segnale per il macello:
ognuno voleva un pezzo di lei per i suoi gerani.

 

perché di streghe ce ne sono state tante e tutte avevano occhi blu.
perché all'amore non si comanda
perché sembra un luogo comune ed anche un po' banale, ma è così
perché nel nome di dio, qualunque dio, gli uomini hanno commesso le più terribili nefandezze e i più tremendi tradimenti
perché nessuno ha mai avuto paura di queste atrocità, poiché le guerre se sono sante, così gli omicidi se commessi per dio, non offendono.

 

DELLA GUERRA SANTA IN IRAQ, AFGANISTAN E ISRAELE E DI TUTTE LE ALTRE
Sui confini della frontiera,
non la prima e non l'ultima,
si vestì il Sole a lutto.

Girammo gli occhi,
senza vedere la sposa con la dote di spine e sangue,
mentre lo sposo languiva,
BRUCIATO.

Furono occhi accesi di porpora cardinalizia,
quelli di Maria Maddalena,
quando ruppe il vaso bianco,
e, prodiga amante,
sparse l'unguento per bagnare i piedi,
asciugandoli con il suo respiro scorticato.

MAI PIU' UN GESTO.
DOPO.

Solo una valle di lacrime.

E là, sulla frontiera,
non la prima e non l'ultima,
ricca di mirra, aloe e benzoino( i profumi primi della Poesia),
oggi si respira il colore assoluto del dolore.

E Maria Maddalena, senza più un volto,
nascosta dietro ai veli dell'Islam

-figura da sola che conculca tutte le possibili
immagini di Dio-

guarda verso i suoi figli, nella polvere senza nome
aprire le bocche per bere l'oppio dell'odio.

Intanto, gridando alle bandiere, in mezzo alla teakrana,
marciano silenziosi i guardiani dei porci.
In mano hanno i bastoni, in bocca hanno le bombe,
che portano la ragione, che cancellano la fede.
Sono amanti intransigenti, dalla pelle d'ogni colore,
mangiano tutti i giorni la manna del Signore.

Camminano arroganti e spaventati,
convinti della Missione,
che servirà al Padrone del vitello nero e oro.
Chiedono perdono, prima di sparare
e Maria Maddalena cerca tra le macerie tutte quelle parole.

Un tempo lungo la via della seta passarono le carovane.
Per le strade di Damasco s'affollarono i poeti,
mentre Sherazade-Maddalena dimostrava che con
una storia si vinceva la morte.
Nelle regge di Bagdhad i Sultani costruirono
giardini pensili con acqua calda e fredda,
mentre Carlo Magno imparava a scrivere stentato
il proprio nome.
Nella terra di Giordania tradussero Aristotele,
mentre i Normanni morivano di fame.

Poi lungo la via della seta camminarono i Veneziani.
Attraverso Bagdhad circolarono gli Olandesi e
in Gerusalemme arrivarono i Templari.

Adesso sulle carovaniere di quella grande Asia
si nutrono gli avvoltoi d'ogni razza e stazza,
mentre a Gerusalemme una triade divina
pretende amore e sangue.

I sacrifici umani, con grattacieli come altari,
vengono pretesi da sacerdoti incontinenti.

Sofisti menzogneri dichiarano i colpevoli,
con il fuoco delle torri nella cintola e
nell'anima la superbia dell'inferno.

Ma tutti obbediscono all'unico e solo DIO,
illimitato e illimitante, il motor immobile
di un Dante.
Il DIO degli eserciti e il Dio dei mercanti,
il DIO delle commesse e quello degli impiegati,
il DIO dei Giudei, l'ALLAH dei Musulmani,
il CRISTO dei cristiani,
il DIO degli sfigati e delle prostitute,
dei buoni e dei cattivi:

IL DIO DELLE VALUTE.



di come sempre meno distinguo i confini del bene e del male
di come si cerchi di cancellare tutto l'odore e il rumore delle bombe in ambienti di riposo pace e silenzio
di come siamo tutti miopi nella nebbia della storia
di come se "non porgi l'altra guancia", ti ritrovi senza

 

 

MEMENTO


Euridice ritornò all'Ade per non continuare
a camminare dietro ad Orfeo
e Gorgia interloquì con l'uomo dei gelati
sull'angelica inconsistenza
(e susseguente vanità)
di ogni realtà,
costruendo argomentazioni per giustificar
le morti sia di Noé che di Mangiafuoco.
Contemporaneamente l'ingegnere di Babele
scriveva il suo progetto
con la schiuma gassosa delle nane bianche.
Nel Circo di Londra si sedettero i miliardari
trinariciuti
e gli acrobati della politica
saltarono il London Bridge.
Nella Russia incolore i guardiani delle rovine
coprirono di fuochi e fronde di betulla
la montagna di carne dei loro figli.
Gli scribi finsero indignazione
scoprendo la gemmazione di nuove ferite
tra barelle, etere e tamponi.
Ma la cruna dell'ago andava restringendosi,
così passarono solo cammelli e grandi occhi di bambini.
Loro erano i clowns destinati a divertire
gli ignoranti nell'arena delle tragedie
nei roghi della memoria.
Cantò il pierrot, alla fine dello spettacolo,
tutti i loro sogni sperperati alla roulette della vita
dove i croupiérs ritirarono
le fiches di quelle incarnazioni.
Cantò il tumore nero delle nubi
del vergine cielo azzurro di Beslan.
Cantò i ricordi delle madri che abitavano
in palafitte montate su pali di fumo grigio,
private per sempre di qualunque possibile
valore associato alla probabilità dell'esistenza
del MALE.
Cantò per ultimo i gemiti dei bambini di Beslan
nei camerini da scena delle televisioni.
I truccatori della Morte li prepararono per la "prima"
sul palcoscenico d'un orrore reptatorio
per impedir alle pupe di divenir farfalle.
E,a spettacolo finito, rivelò quel che sapeva.
Giacciono ,ora, i bambini di Beslan
sperduti nel cuore lebbroso di qualunque anima
piena d'ustioni d'amore.
Dormono, adesso, i bambini di Beslan
sotto le addizioni dei corpi speciali
scritte con gessi bianchi sulla lavagna
della loro scuola.
Si svegliano ogni notte i bambini di Beslan
nelle anime piene di peste di coloro
che montan la guardia nella garitta della Storia.
Si accavallano ad ogni ora negli uteri delle donne
che infransero i giuramenti con le bombe nelle cinture
e in quello più ulcerato di ogni vero DIO.

*perché io non voglio dimenticare MAI

 


RIASSUNTO DELLE NEWS DEL TG SULLA GIORNATA DI GUERRA IN IRAQ

Quando il giorno spaura nella notte
le stelle per un attimo somigliano tutte
alle sputacchiate d'un Dio catarroso,
mentre cattedrali immense di canapa e cotone
ululano al vento orientale di Tigrit.

Granelli di paura e fame costruiscono spirali
dove asini di pezza portano tutto il basto
d'un dolore millenario e donne nere cercano
nelle pattumiere i fratelli morti sgozzati la mattina,
aspettando in silenzio il dio delle televisioni
per ricevere denaro del pianto sgorgato dalla morte.

Ognuna con un figlio al seno
vende lacrime per un bouquet di pane
da mescolare con le spine.

Lo show della guerriglia temporeggia
con la notte che scivola e non dice
il profumo dei gelsomini che sbocciano
nelle piazze.
E' un rumore lo sbocciare di quei fiori,
che si mangiano comunque in insalata
quella russa dei poeti e quella nera dei vampiri.

Il Signore delle Armi
ne produce, lì vicino, a centinaia,
mentre i suoi figli studiano in Australia.
Il Signore delle Pallottole
ne sforna, non lontano, a migliaia,
ma le sue figlie han sposato banchieri d'Asia.
Il Signore dei Pozzi,quelli scuri e profondi,
ne incendia lì sul posto proprio uno al giorno,
però tutte le sue mogli mangiano nei Mac Donald's.

I cani, intanto, insieme ai latrati delle bombe
diventano il richiamo per tutti i messia.
Contemporaneamente i muri si sgretolano
sotto le raffiche delle speranze gelate infrante
come la neve e il ghiaccio.
In tutte le bocche le sillabe del diavolo
sussurrano ALZAEL.

Si alzano da soli tutte le sere i tramonti
a portare l'oblio
quale unica liturgia possibile di felicità
sulla terra d'Iraq
_______________________________________________________________________
PERCHE' NON SI PUO' FERMARE? PERCHE'?.

 

 

 

LA CONFESSIONE DEL SOLDATO


A paesi stranieri intagliati d'immagini
diressi i miei studi e le ipoteche sui poeti futuri.
Figlio d'un Adamo distratto per avere
troppo a lungo cantato il "sé" di prima mattina,
intinsi il calamo nei lillà che san di lacrime,
dietro a tutte le culle che dondolano,
incessanti.
Sussurri di morte divina accompagnarono
la mia vita tra gli elementi scagliosi dello sguardo
dei primi nomi.
IO
soldato
allevato da una madre educata col
Manuale delle Giovani Marmotte,
partii
per la redenzione di Gerusalemme.
Mi benedisse il prete,
promettendo la vittoria sull'infedele.
Partimmo per fame, per una laurea, per una frontiera.
Partimmo per i pidocchi e gli hamburger di provincia.
Volammo sui sentieri non ancora tracciati
di un continente sconvolto dalla peste e dai pesticidi.
I corpi speciali si chiamavano Templari.
Gli altri, senza croce,
li dicevano marines.
Sfociammo nella Casbah
di un Islam affamato, dove i califfi
credevano solo nel muezzin del petrolio.
Marciammo tutti insieme una marcia trionfale,
masticando le foglie degli assassini,
per non sentire il puzzo dei cadaveri bambini
e delle statue assassinate.
La sera, nel deserto, nelle tempeste di sabbia
in mezzo alle zecche, appoggiato alle
spade dei cavalieri contemplo Dio nei vermi dentro i pani
o negli otri d'acqua calda appesi ai
carri armati di balestre.
La terra che ho davanti non esclude nessun concime
e sarà buona, con tutti questi cadaveri,
Ci ringrazieranno di certo i loro nipoti
perché coltiveranno rigoglioso grano.
spargono a piene mani, i miei compagni,
fede, speranza e libertà,
ma io mi sono mosso sempre ai limiti del convoglio.
Nuvole occidentali meditano sul Tigri e sull'Eufrate,
mentre gli occhi degli infedeli cercano gli ossi nei fossi.
Per questo non ho resistito a baciare
le labbra calde del cadavere impuro,
sdraiato sulla strada, accanto ad un mio compagno:
una veglia di morte,
prima di laurearmi in paradiso.
*ai soldati di tutte le guerre
*alle vittime delle stragi
*a nessun generale
*a nessun re
* a nessun governo

 

 

I CAMPI DI GIRASOLI

Bisanzio maddalena nelle strade dellOvest
racconta le essenze e le perle dell'Oriente
insieme alle lacrime di ambra russa
giocate alla roulette dell'amore
consumato a banconote.
Le ragazze raccolgono
momenti d'ansie febbrili
insieme ai copertoni neri
come stregoni.
Si mischiano
insieme alle spighe di grano ucraino
le noci di cocco dell'Africa
e le macchine grigie degli uomini d'Europa
si colorano per pochi attimi
di musiche speziate.
Loro sono belle:
hanno ai capezzoli etichette
di orecchini d'oro
e possiedono in più l'estenuante
gelsomino di una notte tzigana.
Si muovono sinuose
come danzatrici antiche
al suono di cembali orgiastrici:
prati di fiori luminosi
ai confini con le città.
Tra i muri di cemento incedono
- culodritto-
simili a sacerdotesse
d'unIside americana.
Hanno unghie da pantere
laccate col sangue
dei figli abbandonati
e graffiano il cuore
con sorrisi da madonne.
Raccolgono ombre carminie
per allontanare i tramonti,
mentre noi dormiamo
aspettando un asso di picche
nell'eterno poker giocato
tra le loro e le nostre esistenze.
Aurora rododattila
-che ci scopri tutte insonni-
riconoscici per quel che siamo.
Tue compagne e solo donne
in questo campo
di mortali girasoli giganti




ADDIO

Stamane portasti le tele, i colori
e i pennelli di martora e setola di maiale
e il mio pomeriggio non ancora in circolazione
vicino alla sabbia,
sulle quadrelle di pietra leggere come
legno di balsa.
Il proiettile che disegnasti in una sala d'autopsie
dove abitavano i resti delle macchine umane
era istupidito da troppa televisione.
Avevo sperato di vederti tracciare per me
la giungla della Mesopotamia,
senza tutti i suoi limiti di ragazza troppo sensibile.
-IN COLORE:giallo cromo, lacca di robbia,verde bluastro!-
Le onde danzarono un minuetto magrissimo
con l'addetto allo jogging e tutte le sue seguaci,
mentre tu, fermo nella magia,
responsabile della tua rovina,
t'impegnasti nel compito più difficile:
quello di trarre dall'oriente LUCE.
Un milione di forcine nere attraversarono di botto
tutto il possibile che si concretizzò nel pranzo
dentro alla tua nuova luminosità da giardino.
"Figliolo
-ti gridò il muratore bianco che velocemente
attraversò il passato con in mano l'orologio di Kafka-
Attento al vento! Ti può portare
la penna che dimenticasti sul
tuo banco di scuola!"
Ma tu non gli badasti, deciso a conservare
in color rosso vermiglio francese tutti quei papaveri
che t'avevo indicato lì, nel bel mezzo dell'Est,
dopo avere letto"Due città della Provenza",
Semplicemente a caccia d'aneliti, di graffi
e poesie da spennellare in obesità di olî
-IN COLORE:rosso veneziano e rosa robbia-
avendo dimenticato raschietto e trementina,
decidevi per l'invincibilità e l'indifferenza.
Così, a me che t'osservavo lavorare indefesso
come un giapponese,
non mi restò che sparire per subire
tutto quel tuo fascino di John Lee.


 

 

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