Rapporto dell'addetto navale
a Londra

Londra, 3 gennaio 1936-XIV

 

 

Argomento: Atteggiamento inglese questione A. O.

1)
La situazione qui, dopo la grande gazzarra inscenata in occasione del progetto anglo-francese di regolamento del conflitto italo-etiopico, è di stasi. Le feste di Natale sono intervenute a tempo per distogliere l'attenzione del pubblico dalla questione abissina incanalandola in altre occupazioni piú gradite.
Benché la grande maggioranza dei giornali non tralasci occasione per mettere sempre nella peggiore luce possibile ogni manifestazione italiana nei riguardi della questione italo-abissina, tuttavia si nota una certa stanchezza relativa al conflitto ed una certa tendenza a voler ormai sfruttare altri argomenti. Ciò non pertanto nel pubblico il progetto di pace anglo-francese ha prodotto delle curiose reazioni. Il discorso di Hoare alla Camera ha messo di fronte al pubblico un aspetto della verità dei fatti che non era stato presentato alla opinione pubblica prima delle elezioni. Davanti a questa esposizione, una parte di quel pubblico, che reclamava a gran voce la intransigente e completa applicazione dei principî leghisti è rimasta disorientata e la critica che viene apportata al progetto di regolamento del conflitto italo-etiopico è una critica non costruttiva poiché si limita a ripetere con enfasi i ben noti principî vieti e utopistici senza rendersi conto della nostra effettiva occupazione in Abissinia, della nostra resistenza e della nostra volontà di andare fino in fondo, nonché della nostra possibilità di fare ciò.

2)
Una certa parte della opinione pubblica sotto la immediata impressione del progetto anglo-francese e del discorso di Hoare si è irrigidita e domanda la applicazione delle sanzioni ad oltranza anche a rischio di provocare una guerra nel Mediterraneo. Vi sono delle persone (Lord Cecil, liberali, laburisti) i quali sostengono che piú espliciti sono gli accordi militati fra le potenze societarie e meno probabile sarà una reazione di forza della Italia nel Mediterraneo. Vi sono altri, d'altra parte (di solito militari ed alcuni imperialisti) che sono persuasi che un conflitto nel Mediterraneo verrebbe circoscritto a quella zona senza estendersi ed ampliarsi in una conflagrazione europea e che comunque si risolverebbe in tal modo, almeno per un certo tempo, il problema della sicurezza delle comunicazioni imperiali con l'Oriente.
Volendo fare una distinzione per ceto sociale si può dire, grosso modo e per quanto possibile fare tali classificazioni, che nel ceto piú basso vi è una marcata indifferenza verso il conflitto italo-abissino, si pensa piuttosto agli affari domestici e soltanto fra coloro che covano animosità antifasciste appare un interesse alla questione. Nel medio ceto si può dire che la ostilità all'Italia è quasi universale, alimentata dagli innumerevoli pregiudizi preesistenti e dai giornali. Nel ceto piú elevato è quasi lo stesso ma vi è forse una maggiore tendenza fra persone piú illuminate che non è acciecata da questa ondata di fanatismo e di misticismo malsano a rendersi conto della situazione quale essa è in realtà.
È ovvio come dietro a queste manifestazioni di ostilità contro l'espansione italiana, poiché anche nella stampa ormai si comincia a gettare la maschera e a parlare un po' piú dell'espansionismo italiano e un po' meno dell'Abissinia, vi siano forti gruppi di persone che premono sul Governo e sulla opinione pubblica. Fra questi gruppi, quello degli armamenti e principalmente la Vickers, sarebbe preminente.
A questi gruppi, come è noto, si unisce in modo assai efficace la Chiesa Anglicana la quale vede nell'Abissinia italiana un enorme campo di espansione per la Chiesa Cattolica in Africa a suo scapito e che inoltre cerca di profittare della crisi attuale per atteggiarsi a "leader" delle confessioni cristiane (non cattoliche) in Europa (v. messaggio di Capo d'Anno dell'Arcivescovo di Canterbury alle Chiese Cristiane in Europa).

3)
Quello che ormai emerge di concreto dal seppellimento del progetto di pace è la intesa politico-militare franco-inglese, ossia la ricostituzione della "Entente Cordiale" che da anni è stato vivo desiderio del Foreign Office (Vansittart ecc.). Secondo la stampa, le disposizioni nel campo navale per una azione concertata in Mediterraneo in caso di una offensiva italiana sarebbero complete fin dall'Ottobre mentre le trattative per l'Esercito e la Aeronautica sarebbero cominciate soltanto il 10 dicembre. Tuttavia si fa notare che per queste forze armate occorre una impostazione diversa da quella per la Marina, la quale è sempre pronta. Infatti bisognerà vedere quali disposizioni verranno prese nei riguardi dello schieramento dell'Esercito francese sulla frontiera alpina e di un aiuto inglese per la sostituzione di queste truppe sul Reno, e inoltre occorre perfezionare le disposizioni per l'impiego da parte degli aerei inglesi dei campi di atterraggio in Francia. Che la intesa anglo-francese in materia navale sia assai avanzata vi sono molti indizi fra cui quelli di cui al foglio n. 344 del 30 Dicembre u. s. dell'Addetto Navale a Parigi e quanto segnalato dallo scrivente con foglio n. 80/S del 27 Dicembre a Maristat. Ad ogni modo qualunque siano le intese che sono intervenute fra la Francia e l'Inghilterra è evidente che una volta terminato il conflitto italo-etiopico la Gran Bretagna dovrà porsi il dilemma: o continuare a considerare l'Italia come nemico potenziale con tutti i rischi conseguenti in Mediterraneo, oppure trascinare l'Italia in una intesa Franco-italo-britannica per la sicurezza dell'Europa, ossia dovrà essere ricostituito il fronte di Stresa.
Nel frattempo giunge notizia che il Comitato del Lloyds ha ridotto da 5/- per cento a 3/4 per cento il premio di assicurazione per carichi che transitano per il Mediterraneo e il Mar Rosso mentre il premio su carichi di moneta metallica rimane invariato a 2/6%.

4)
Gli ambienti dell'Ammiragliato sono assai riservati ed è difficile di poter ottenere qualche notizia sicura in merito alla questione Mediterranea.
Ho ricercato l'occasione di avere un colloquio amichevole con l'Ammiraglio Vice sottocapo di Stato Maggiore, membro del Board, e riassumo qui brevemente i punti principali della conversazione e le impressioni riportate.
Ho cercato di attaccare il discorso chiedendo per quali ragioni l'Inghilterra ,si ostinava a voler ritenere che noi Italiani avevamo intenzione di attaccarli. Nel fare questa domanda volevo tastare il terreno nei riguardi dei recenti accordi navali franco-inglesi.
L'Ammiraglio mi ha risposto con queste precise parole: "Abbiamo dovuto inviare navi in Mediterraneo e prendere tutte le precauzioni del caso per non essere colti alla sprovvista. Quando, come nel vostro caso, vi è un Dittatore, un solo uomo che comanda, quando non si può avere alcuna premonizione o sintomo di ciò che potrà avvenire poiché dipende dalla volontà di un solo uomo se vengono prese le decisioni piú gravi, noi non possiamo fare a meno di premunirci a tempo.
"Supponiamo - egli ha proseguito - puramente a titolo discorsivo, di considerare le seguenti tre ipotesi:
a) che venga messo l'embargo sul petrolio,
b) che avvengano dei rovesci militari in Abissinia,
c) che la situazione finanziaria in Italia sia tale da destare le piú gravi preoccupazioni di modo da dover rinunciare in pieno o in parte alla campagna in Africa.
"Queste tre ipotesi - egli ha detto - possono essere concomitanti. Per l'embargo sul petrolio è probabile che non vi sarebbe una immediata reazione, ma, ad ogni modo, l'Ammiragliato ritiene che una o piú di queste ipotesi che si avverassero potrebbero provocare, tosto o tardi, come un ultimo gesto disperato da parte dell'Italia, una reazione armata contro l'Inghilterra". L'Ammiraglio mi ha fatto chiaramente intendere che si temeva sopratutto per l'Egitto.
"In queste condizioni - egli ha proseguito - è assolutamente necessario che ci teniamo pronti per ogni eventualità".

5)
Avendogli io chiesto fino a quando riteneva dovessimo restare in questo stato di tensione egli mi ha risposto all'incirca cosí: "Speriamo che la questione sia presto accomodata poiché noi non possiamo continuare ancora molto tempo in questo modo senza indire la mobilitazione e, allora, capirete, la cosa acquista un aspetto ben piú grave. L'Ammiragliato ha detto al Foreign Office che bisogna arrivare ad un accomodamento al piú presto possibile per queste ragioni".
Per cercare di avere qualche dato di fatto piú preciso gli ho chiesto se riteneva che la situazione si sarebbe protratta in questo modo fino all'epoca delle grandi pioggie, ossia fin verso Giugno, ma egli non ha voluto pronunciarsi sulle date né ha voluto fare alcun accenno intorno alla cooperazione navale franco-inglese in Mediterraneo.
6)
Avendogli io espresso come opinione personale che non mi sembrava affatto necessario, dal punto di vista inglese, di rinforzare la flotta in Mediterraneo poiché quella ivi esistente in Agosto era sufficiente per far fronte alla flotta italiana se si pensa che questa è priva di navi da battaglia, egli mi ha risposto cosí: L'Ammiragliato aveva ritenuto necessario rinforzare in special modo il naviglio sottile e gli incrociatori da 10 000 T. e inoltre annetteva grande importanza all'arma aerea, importanza che egli personalmente metteva al quanto in dubbio. Ha anzi soggiunto scherzosamente "sarebbe stata una buona occasione per definire una volta per sempre -la famosa controversa questione della arma aerea contro la corazzata".
7)
Durante tutto il colloquio egli non ha voluto ammettere che l'invio della Home Fleet e di altri rinforzi fosse dovuto a ragioni di intimidazione.
L'Ammiraglio ha detto inoltre che non c'era mai stato alcun desiderio da parte del Governo Inglese o dell'Ammiragliato di provocare una guerra contro l'Italia. Ha ammesso che indubbiamente fra gli ultra-leghisti e sanzionisti vi fossero delle persone che avrebbero potuto desiderare ciò ma che una simile soluzione non era mai entrata nelle previsioni degli organi responsabili inglesi. Egli ha espresso la opinione che le sanzioni non saranno rinforzate.

8)
Avendogli chiesto la sua opinione circa le previsioni che potevano farsi a crisi terminata, se cioè l'Italia doveva sempre considerarsi come nemico potenziale da parte dell'Inghilterra o se vi sarebbe stato un accordo franco-italo-britannico, l'Ammiraglio mi ha risposto che molto dipendeva dagli avvenimenti, ma che, mentre prima del conflitto italo-etiopico una guerra con l'Italia era assolutamente esclusa dallo Stato Maggiore inglese, d'ora innanzi bisognava invece considerare l'Italia come un eventuale nemico potenziale onde non essere colti alla sprovvista come era avvenuto nel mese di Settembre scorso.

9)
Concludendo nulla per ora è sostanzialmente cambiato e si ha l'impressione che per il momento non vi è alcun indizio di una diminuzione della flotta inglese in Mediterraneo e di un ritorno a condizioni normali fino a che la questione politica relativa alla crisi italo-abissina non sia stata in qualche modo definita. L'impressione che qui si ha è che oramai l'avvenire ed il regolamento della questione siano unicamente influenzati dalla situazione militare in Africa orientale, né sembra possibile farci illusioni su un accoglimento piú favorevole della nostra tesi ed in genere su un movimento di simpatia per le nostre aspirazioni fino a che non venga riportato un qualche decisivo successo militare sul campo di battaglia.