Una biografia di Aldo Alessiani
e altre storie
di
Walter Scotucci

 

    Pochi mesi orsono ci ha purtroppo lasciato il prof.  Aldo Alessiani, medico, autore di pubblicazioni scientifiche e noto per le originali ricostruzioni di "casi" celebri.
    La morte, inaspettata, lo ha colto dopo un anno dall'inizio di una malattia che lo aveva pesantemente provato sia nel corpo che nello spirito.  La diagnosi aveva costituito uno dei pochi dilemmi non risolti della sua vita.
    Era nato ad Ascoli Piceno il. 7 aprile del 1925.  Viveva a Roma, ormai da parecchi anni, ma trascorreva lunghi periodi estivi nel paese dei suoi genitori, Domenico Alessiani e Marzia de Marzi.
    Si era laureato in medicina nel 1951 e poi plurispecializzato in medicina legale e delle assicurazioni, in igiene e profilassi, medicina del lavoro, cardiologia, gastroenterologia e medicina sociale. Primario medico e docente di medicina legale, aveva esercitato la sua professione presso la magistratura romana fin dal 1952.
    Una innata passione per la verità e un grande rigore intellettuale ne avevano contraddistinto sia l'operato professionale che gli studi di carattere storico-umanistico.
    Tra i lavori più noti, giunti al clamore delle cronache nazionali, le ipotesi in contro tendenza sulla morte di Mussolini, prima dalle pagine del quotidiano romano Il Tempo (17 ottobre 1959), poi de Il giornale d'Italia (24 aprile 1988) fino alla trasmissione televisiva di Mixer del 19 maggio del 1992.
    Nel campo dalla medicina, originali le sue considerazioni sulla fisiopatolog' a e origine del cancro (Gazzetta medica Italiana, febbraio 1997) successivamente confluite nella sperimentazione di terapie mediche alternative per la cura dei tumori -(Il Giornale, 8 marzo 1998).
    A dir poco sconvolgenti i ragionamenti circa l'identificazione nella Sindone di un clamoroso mosso fotografico ("Le quattro mani" dell'uomo della Sindone, articolo apparso su La Regione, Giornale di Roma e del Lazio nel giugno del 1991 e "Quando morì l'uomo della sacra Sindone?" sulla stessa testata nel sett. ott. nov. del 1995).  Lo studio, corredato da una scrupolosissima analisi medicolegale dei momenti della crocefissione, morte e deposizione di Cristo, presupponeva una vasta conoscenza delle fonti storiche.
    Altri considerevoli lavori, l'indagine sulla vicenda di Beatrice Cenci e quella sulla morte di Paolo e Francesca, pubblicata quest'ultima su Studi Malatestiani della Pontificia Università Lateranense.
    Altrove si parlerà in modo più dettagliato delle sue intuizioni e delle ricerche inedite che da alcuni anni aveva messo in cantiere come il caso Moro, il caso Matteotti, l'attentato di via Rasella, i Re magi ed altro.
    Voglio invece qui ricordare l'uomo che amava intrattenersi con pochi amici a raccontare le vicende di famiglia o a dissertare di questioni storico-filosofiche durante le notti d'estate trascorse passeggiare, le due o le tre dopo mezzanotte, nel vano tentativo di eludere una cronica ed indomabile insonnia.  A quell'ora, diceva, Monterubbiano è più bella perché è vuota e silenziosa. - Come non dargli ragione di fronte alla poco "urbana" realtà del presente? -
    Più raramente partiva con me.in auto, per sortite nella città natale a caccia di memorie, o verso mete a lui poco conosciute. A Sarnano e poi a Urbisaglia aveva potuto apprezzare civiche raccolte di armi antiche, divise e residuati bellici degli ultimi conflitti mondiali che tanto lo appassionavano.  Lo studio tecnologico delle armi da guerra moderne, confessava, era il settore intelletti Dite più stimolante poiché in questo campo, forse più che nella medicina, l'uomo aveva dato il meglio della capacità speculativa razionale.  Il museo di Sarnano aveva preferito per lasciare pregevoli oggetti di una piccola ma selezionata collezione.
    L'ultima volta che siamo partiti, l'estate scorsa, ha voluto che la moglie Piccarda Quilici ed io potessimo vedere la casa De Marzi-Alessiani ad Ascoli in piazza Roma, dove era cresciuto e di cui oggi è proprietaria una anziana e compitissima signora.  Le descrizioni più volte ascoltate erano fotografiche, gli ambienti immutati: la stanza nell'altana dove era solito rifugiarsi da piccolo e ad osservare le parate dei gerarchi davanti al monumento della piazza.  La piccola cappella di famiglia con il corpo di S. Gennara conservato nell'altare sopra al quale campeggia la bella tavola con l'icona della martire.  La galleria con le colonne, le decorazioni a stucco, lo studio del nonno, lo scalone, tutto scrupolosamente custodito a distanza di anni.  Lui in carrozzina, rimasto sull'uscio a pianterreno, mostrava un apparente disinteresse reso del tutto poco credibile dalla fitta serie di domande cui flimmo sottoposti sulla strada del ritorno.
    La famiglia Alessiani, si era stabilita da Moresco a Monterubbiano con il bisnonno Giovambattista (Jommattì), affascinante figura di mastro muratore, amico dell'architetto Sacconi al quale, in varie occasioni, era servito per momentanee assistenze economiche.  Un quadro del pittore Salvatore Spada, che Aldo teneva nello studio, lo ritrae in abito elegante e cravatta nera sulla quale risalta una spilla d'oro raffigurante due squadre sovrapposte ed opposte, segno di appartenenza alla consorteria dei liberi muratori.  La residenza, dapprima in via Laurenzi, si era poi trasferita nella più prestigiosa casa di piazza, ex casa Secreti, che dopo l'arco detto appunto de li lissiani, proseguiva fin quasi la cinta muraria con un altro cospicuo corpo di fabbrica.  Si era doppiamente imparentata con la vicina famiglia dei Calzecchi-Onesti poiché i due aitanti figli maschi di Jommattì, Vincenzo e Pietro, avevano preso in moglie due sorelle del casato ravennate, Iginia e Lavinia.  Alla morte di JommatCl a Pietro venne assegnata la parte di casa dopo l'arco verso mezzodi, a Vincenzo quella nella piazza.
    Tra i figli di Pietro, Domenico, avvocato, sposò, Marzia De Marzi.  Un amore d'infanzia coronato solo dopo la morte del primo marito.  Marzia, che viveva ad Ascoli, era infatti amica delle due sorelle di Mimmo e passava l'estate nel paese di origine dei genitori.  Dilettante fotografo, a lui si debbono alcune delle più antiche vedute di Monterubbiano e dei suoi concittadini.
    Tra i De Marzi, spicca la figura del nonno di Aldo, Giuseppe Maria detto l'avvocatino, sindaco di Ascoli, presidente dell'Amministrazione provinciale e dell'Ordine degli Avvocati, artefice, tra l'altro, di un cospicuo ampliamento della pinacoteca di quella città.  Immortalato nella satira politica di Luigi Centanni con il fratello Raffaele, farmacista, più volte sindaco di Monterubbiano - i famigerati Pippì e Fefè -, si era trasferito nel capoluogo per dirigere una testata giornalistica.  Giuseppe Maria assurse ad importanti incarichi pubblici ed ottenne varie onorificenze tra le quali quella di Cavaliere dell'ordine di S. Maurizio.  Una foto lo ritrae sull'auto scoperta accanto al Re d'Italia Vittorio Emanuele III, durante la visita fatta ad Ascoli nel 1927 quale referendario della Direzione delle Provincie Italiane.  Dal matrimonio di Giuseppe Maria con Cesarea Mircoli era nata nel 1889 Marzia De Marzi.  La famiglia viveva in una casa in piazza del Popolo con accesso in via Giudea, prospiciente il palazzo dei Capitani, allora sede della Prefettura.  Fu questa circostanza, ma non solo, che portò la figlia del principe del foro e primo cittadino, alla prestigiosa cerimonia nuziale con il figlio dei Prefetto Baldovino, giovane funzionario di belle speranze.  Il matrimonio ebbe però breve durata per la prematura scomparsa dello sposo che lasciò la vedova con il primogenito Ugo.  Marzia, che aveva seguito il marito in Piemonte e poi anche a Siena, dovette dunque tornare ad Ascoli nella casa patema.  Dopo quasi un decennio era fatale che la troppo giovane vedova allacciasse legami sentimentali con Domenico Alessiani.  Dal loro matrimonio nacque Aldo.  La famiglia ora abitava nel capoluogo piceno poco distante, in una casa tra piazza del Popolo e. piazza Roma, insieme con Cesarea e Giuseppe Maria che accettò Mimmo nel suo ben avviato studio legale.
    Di Marzia, morta ultra centenaria pochi anni orsono, sono ancora vive in paese le non comuni doti di generosità, lo spiccato amore per l'arte, per la musica, per il canto e la recitazione.  Ancora bambina aveva potuto ben vedere le esibizioni di avanspettacolo che si svolgevano davanti al vecchio caffè Meletti, proprio sotto le finestre di casa.  Aveva appreso movenze di ballo e arie musicali del café chantant che amava riproporre, applauditissima, a Monterubbiano, sopra il banco di vendita della farmacia dello zio Raffaele: "Son bello catterà..." canticchiava Aldo' imitandone le movenze con filiale orgoglio.  Marzia fu pure allieva del pittore Paolo Augusto Mussini (fra' Paolo) che per un certo periodo si rifugiò ad Ascoli, presso il convento dei frati cappuccini. Personaggio singolare della pittura italiana, dal carattere turbolento e contraddittorio, egli culturalmente si mosse nell'ambito del realismo sociale ed approdò al simbolismo con richiami al gusto dei preraffaelliti e al classicismo.  Visse per un periodo nel convento da oblato terziario, anche se frate non fu mai.  Ad Ascoli la sua popolarità sovrastò quella di altri artisti come Cesare Mariani o Adolfo De Carolis, che pure avevano dipinto nella città importanti cieli pittorici.  Attomo a lui si formò una scuola composta per lo più da elementi locali che si addestrarono tra i ponteggi e le impalcature della chiesa conventuale di S. Serafino o di S. Maria delle Piane a Quintodecimo.  Poche le allieve.  Unica eccezione, era solito recarsi per lezioni private a casa De Marzi, attraversando di corsa piazza del Popolo, coperto dal saio e dal tanto agognato cappuccio.  Le ragazze di famiglia benestante infatti, non potevano frequentare scuole pubbliche né ambienti che non fossero di rango.  Al sindaco De Marzi non mancarono occasioni per conquistare la gratitudine del burrascoso fra' Paolo.  Segno di riconoscenza di Mussini per la famiglia, il ritratto del piccolo Ugo, che stette molti anni nella casa patema di Ascoli e poi di Monterubbiano ed oggi forse a Firenze. Il ritorno di Marzia ad Ascoli risale al 1915 e il dipinto fu dunque eseguito dopo quella data.
    Ho avuto modo di conoscere Marzia De Marzi e frequentare la sua casa nei primi anni '80.  Parlavamo di pittura e di arte.  Ricordo che nell'84, mi dedicò delle belle riproduzìoni fotografiche dei suoi lavori, fatte fare appositamente.  Fu allora che le proposi di collocare qualche sua opera a Monterubbiano dove avevamo iniziato a riordinare la piccola quadreria comunale.  Dopo la sua morte, ho appreso con orgoglio che due dipinti erano stati donati, per volontà testamentaria, al comune.  Nonostante le sollecitazioni di Aldo e varie mie insistenti richieste, occorse un periodo di quattro anni prima che l'amministrazione ne entrasse in possesso ed le sistemasse nel museo civico.  Oggi fanno mostra di sé, speriamo provvisoriamente, tra i reperti archeologia, in una angusta e discutibile collocazione, che ha tra l'altro sconvolto l'esposizione didattica della raccolta.
    Si tratta della riproduzione su tavola della Madonna dei Magnificat del Botticelli, il cui originale si conserva presso la galleria degli Uffizi di Firenze.  Di forma circolare, coiì diametro di circa 2 metri, ha cornice intagliata e decorata in foglia d'oro fatta eseguire dallo scultore che realizzò, tra l'altro, i candelabri dello scalone di palazzo Venezia a Roma.'
    L'altra opera, di quasi tre riietri di altezza, è copia della Madonna col Bambino detta della Candeletta di Carlo Crivelli, già pannello centrale del polittico del duomo di Camerino, conservata a Milano nella Pinacoteca di Brera.  Entrambe stupiscono per la grande perizia tecnica di esecuzione, per la precisione calligrafica nella descrizione dei particolari e rappresentano un raro e significativo esempio di copia d'áutore di gusto primo novecento.
    Marzia De Marzi, specialista in questo genere, si era cimentata, con i medesimi ottimi risultati, anche nella riproduzione dell'Annunciazione di Beato Angelico dipinta'ad affresco nel Convento di S. Marco a Firenze, della Madonna con Bambino del Botticelli nella Galleria Poldi Pezzoli di Milano, della Madonna del Granduca di Raffaello pure a Firenze e di un ovale del Rubens. esposto a Monaco di Baviera, avente per soggetto una conversazione di puttini.  Opere queste rimaste nella casa romana.  Piccolo.gioiello di perizia e fonte di devozione privata - alla quale non pochi monterubbianesi attribuiscono proprietà miracolose - la copia della piccola tavola raffigurante la Madonna col bambino che reca in mano un uccello, il cui originale, anch'esso del pittore veneto Carlo Crivelli, si conserva a New York, proveniente da Ascoli.
    Scarsa, a due anni e mezzo di distanza, la considerazione ricevuta dalle opere donate: nessuna presentazione ufficiale da parte del Comune, nessun ringraziamento pubblico né privato al figlio per l'imprevista acquisizione.  Basti qui ricordare che non fu risparmiato ad Aldo neppure il prezzo del biglietto d'ingresso, quando già claudicante sali a fatica le scale del palazzo comunale per verificare la sistemazione delle opere della madre - né fu questo l'unico suo motivo di amarezza. :- Più volte mi sono chiesto con pentimento se non fosse stata più idonea una collocazione nella pinacoteca ascolana, non solo filologicamente più consona.
    Il professor Alessiani amava definirsi un culturista della mente in contrapposizione alle moderne mode che esaltano la cultura fisica e minimizzano le capacità di analisi e di giudizio.  Culturt'sta anche per ironizzare su un aspetto fisico che in gioventù aveva dovuto accettare suo malgrado.  Il disagio era accresciuto da certi superbi esemplari della rozzezza nostrana che si erano presi il gusto di schernirlo.
    Personalità eclettica, Aldo sapeva passare da temi colti di conversazione a momenti di grande allegria, fino a lampi di vera e sfrenata goliardia.  Molti ricorderanno la passione per l'organizzazione dei giochi intellettuali degli anni '60, divenuti appuntamenti fissi per numerosi turisti della zona.  Come pure il più recente "Mamma li turchi" gioco a soluzione, in costume, da lui preparato in rima in una sola notte, organizzato insieme ai soci dell'Archeoclub.
    Non va neppure dimenticata una vena autentica di teatrante consumato che sapeva tirar fuori in certe occasioni con gli amici più stretti o in serate con estranei quando amava stupire.  Memorabile l'interpretazione della poesia di F. Possenti "Prima de cena".  Dapprima si lasciava un pò pregare,... poi inforcava gli occhiali,... ci guardava,... aria alla Aldo Fabrizi ultima maniera e poi ... : "Nena,... mucina bene la polenta.  Te do 'na ciavattatta in faccia.  Nena!" Un vero amore quello per il teatro ereditato di certo per linea materna.  Non stupisca perciò il testo dell'unica sua poesia che conosco "Li Carzecchi Onesti", di certo non la sola scritta, che pubblico inedita su questo giornale.
    Ben conosceva il vemacolo romanesco e non si stancava di ricordare come a Monterubbiano fosse sepolto uno degli esponenti di spicco, della poesia dialetwe romana, Tommaso Eberspacher.  "Tommasino", marito della cantante Maddalena Tamburini, figlia d'arte, si era tragicamente spento a Roma nella tavema del Sole a pochi passi dal Pantheon.  Di lui sono pubblicati: "Er carnevale de quest'anno.  Sonetti satirici in dialetto romanesco" e "L'innamorati.  Sonetti in dialetto romanesco", Roma, 1897 e 1890.  "Lo squajo de la ggirannola.  Poemetto romanesco" Roma, 1893.  Curò pure la prefazione di un volume di sonetti di altri due poeti dal titolo piuttosto attuale: "Un pellegrino a Roma".
Morto nella capitale il 17 Marzo di quest'anno, anche Aldo è stato tumulato a Monterubbiano senza troppo rumore in un gelido e assolato pomeriggio.  Poche le persone quel giomo raccolte in suo ricordo.  Nessuna rappresentanza, nessun discorso.  Questo breve articolo vuole quindi essere un primo, doveroso e reverente omaggio alla sua memoria.
Con lui scompare un amico, un'eccellente professionista e uno studioso, ma soprattutto un libero pensatore scevro da mode, opportunismi ed atteggiamenti di convenienza.  Profondo conoscitore di fatti e persone oltre ciò che immediatamente appare alla gente comune, egli ha rappresentato per qualcuno una coscienza critica e per tutti i monterubbianesi un prezioso archivio di memoria paesana, soprattutto dei periodo del ventennio e della Il guerra mondiale.
Riposa ora nella sua Monterubbiano, nella tomba di famiglia all'ombra di una maestosa croce, copia in calco dal Giambologna della chiesa di S. Maria dell'Impruneta, che austera lo veglia nella silenziosa Pace infinita.


Piccarda Quilici con Aldo Alessiani