LA RICERCA DELLA VITA NELL' UNIVERSO
LE BASI SCIENTIFICHE
Dott. Giorgio Bianciardi
Dpt. Patologia Umana e Oncologia
Universita' degli Studi di Siena
Che cos'e' la vita?
Che cos'e' la vita?... E' calore, prodotto calorico di una sostanza sostenitrice di forme, una febbre della materia che coinvolge inarrestabile e inarrestabile accompagna il processo d'un'incessante dissociazione e ricostruzione di molecole di una costituzione complicata e meravigliosa..disposte con arte...
Thomas Mann (La montagna incantata)
Apriamo una finestra della nostra casa: probabilmente vedremo qualche pianta. Le piante sono una delle forme di vita del nostro pianeta. Come nasce una pianta? Da un seme o da una piccola talea, gia' vita, che ha utilizzato come materiale da costruzione quanto di piu' semplice e indifferenziato sia presente in natura: acqua, luce del sole, aria e sali minerali. Da quasi nulla vengono costruite una miriade di strutture altamente complesse: radici, fusto, foglie, fiori,..L' uso del microscopio ottico, l'osservazione ultramicroscopica o l'analisi molecolare dimostrano che questo grado elevato di organizzazione continua dal livello molecolare al livello macroscopico, senza soluzione di continuita'. Questo processo di costruzione di strutture complesse appare inarrestabile: la piantaun giorno morira', ma nel frattempo avra' prodotto semi o parti di se stessa da cui nuove piante potranno originarsi. Queste a loro volta cresceranno di dimensioni e saranno in grado a loro volta di riprodursi, se l'ambiente dove esse si troveranno sara' in grado di fornire energia e quelle poche piccole molecole necessarie. Creazione di strutture complesse a partire da elementi molto semplici e capacita' di originare nuove entita' simili a se' caratterizzano dunque quella forma di vita che chiamiamo pianta. Questo processo e' attivo nel nostro pianeta da 4 miliardi di anni: esseri viventi generano altri esseri viventi. La capacita' riproduttiva puo' essere enorme: se tutte le spore prodotte dalla vescia, un fungo, potessero attecchire, in 48 ore essa avrebbe convertito tutta la massa del pianeta in massa di vescia.
Un' elevatissima complessita' nascente dalla combinazione di piccole semplici molecole lungo le innumerevoli vie del metabolismo e' caratteristica non solo delle piante ma di tutti gli esseri viventi. La complessita' delle strutture viventi e' del tutto peculiare. E' una complessita' non casuale, ogni parte di un organismo ha uno scopo, un significato. Aristotele scriveva "come ... ogni membro del corpo serve a qualche scopo parziale, vale a dire e' specializzato, il corpo nella sua totalita' deve essere destinato a governare qualche sfera plenaria di azione" (De partibus animalium). Anche oggi, quando studiamo la forma di una macromolecola biologica non possiamo non constatare che questa non risulta mai casuale ma ben determinata, correlata alla sua specifica funzione, funzione che viene ad inscriversi in modo preciso nel contesto di tutte altre funzioni cellulari e dell' intero organismo. Il biologo ci dira' che nelle forme di vita vengono a costituirsi reti metaboliche dotate di finalita'. Quando un paleontologo trova un dente di un antico fossile, egli e' in grado di affermare molte cose sulle caratteristiche dell' animale che lo possedeva: ad esempio, se esso fosse un erbivoro o un carnivoro. La forma del dente viene ad essere infatti specifica per la funzione della masticazione di quel particolare cibo che l'animale usava per il proprio sostentamento. Solo nelle forme di vita assistiamo a qualcosa del genere: quando uno studioso di mineralogia trovasse un minerale con un complesso abito cristallino egli non potra' mai domandarsi se la sua forma sia in relazione a qualche scopo.
La complessita' delle strutture viventi puo' essere studiata anche da un punto di vista informazionale. Se nel mondo non vivente troviamo atomi e piccole molecole, negli esseri viventi riscontriamo macromolecole formate da migliaia, milioni o miliardi di atomi. Il record di dimensioni lo raggiunge senz'altro l' acido desossiribonulceico o DNA: la molecola depositaria della memoria di tutte le proteine di un organismo. Il DNA riunisce centinaia di milioni o miliardi di unita' chiamate nucleotidi disposte in sequenza lineare. Come una frase, insieme non casuale di un insieme di lettere, contiene informazione, analogamente la sequenza di nucleotidi contiene l' informazione per costruire una tra le 100 000 diverse proteine di un organismo come quello umano. L' analogia e' piu' stretta di quanto potremmo immaginare: in tutte le forme di vita i nucleotidi, a tre a tre, determinano il tipo di aminoacido e la sua posizione in quella particolare proteina (polimeri linerai di qualche decina o qualche centinaio di aminoacidi), cosi' come la posizione delle lettere determinano in una frase il suo significato.
Complessita' ed informazione: la vita si oppone all' entropia. Questo e' possibile grazie alla continua immissione di energia dall' esterno, tramite la respirazione o la fotosintesi clorofilliana. Il sistema chimico-fisico risultera' vivo fino a quando si manterra' lontano dall' equilibrio termodinamico. La morte rappresenta in fin dei conti la vittoria dell' entropia, il sistema chimico-fisico raggiunge l'equilibrio, la complessita' si distrugge, il disordine molecolare trionfa. La vittoria della morte e' pero' effimera: le stesse molecole verrano riprese da altri esseri viventi che vi troveranno nutrimento ed energia ed il processo vitale continuera' nel tempo.
La complessita' delle forme di vita non si limita a continuare nella discendenza ma, lentamente e in modo discontinuo, va crescendo nel tempo. Cio' avviene a tutti i livelli. Con il cammino evolutivo si assiste al passaggio dalla cellula procariotica, cioe' priva di nucleo, alla cellula eucariotica, complesso sistema nato dall' unione simbiotica tra primitivi procarioti. Poco meno di un miliardo di anni fa la vita sulla Terra esperimenta numerose volte la costruzione di piante e animali pluricellulari. Nel frattempo il numero di basi azotate e quindi di geni negli organismi si incrementa. Con l' incremento di complessita' emergono nuove caratteristiche negli esseri viventi. La pluricellularita' permise la creazione di un sistema nervoso, ovvero di un apparato specifico di conoscenza: l' informazione proveniente dall' ambiente non verra' a questo punto immagazzinata solo con il lentissimo processo di mutazione e crescita dell' apparato genetico ma, in maniera estremamente piu' efficiente, tramite la costruzione di un numero quasi infinito di sinapsi (milioni di miliardi nel cervello umano). La comparsa del sistema nervoso significo' nel tempo anche comparsa del mondo della psiche: l' immagine del mondo viene ricreata dentro l'essere vivente che prende coscienza della sua esistenza.
Quindi, cos' e' la vita? E' un sistema chimico-fisico lontano dall' equilibrio termodinamico, altamente complesso, nato sulla Terra 4 miliardi di anni fa, dotato di finalita', capace di acquistare informazione dall' ambiente; le forme con cui esso si manifesta sono capaci di riprodursi, differenziarsi ed evolversi nel tempo. Con la vita la materia prende coscienza della propria esistenza e crea i nuovi mondi delle percezioni e delle sensazioni.
Milioni di miliardi di stelle
Noi siamo l'incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all'autocoscienza. Abbiamo incominciato a contemplare la nostra origine: siamo materia stellare che medita sulle stelle
Carl Sagan (Cosmo)
100-300 miliardi di stelle nella nostra galassia. 10-100 miliardi di galassie nell' universo conosciuto, ovvero, 1000-10 000 miliardi di miliardi di stelle. Gia' Giordano Bruno insegnava che le stelle fossero oggetti come il nostro Sole. Per lungo tempo pero' si ritenne che esse fossero di materia solida, coperte da nubi caldissime. Nella seconda meta' del XIX secolo il concetto di stelle come enormi sfere di gas era pero' gia' acquisito. Oggi infatti sappiamo che tutte le stelle sono grandi sfere caldissime di gas ionizzato di idrogeno, elio e moltissimi altri elementi in tracce. In una stella tipo Sole, la zona di bruciamento nucleare avviene in una piccola zona centrale provvista della temperatura necessaria, pari ad una decina di milioni di gradi. L'energia, dapprima trasportata quietamente tramite onde elettromagnetiche, viene poi, piu' esternamente, a trasmettersi tramite un inviluppo convettivo ovvero con la generazione di milioni di poderose colonne di gas grandi 500 e piu' chilometri innalzantesi verso la superficie alla velocita' di 7000 chilometri orari e quindi, come in un enorme pentolone ribollente, ricadenti verso il basso. In una stella media tipo Sole ogni secondo un' energia pari a quella emessa da migliaia di bombe all' idrogeno si libera nello spazio sottoforma di onde elettromagnetiche. Sfuggendo dalla "superficie", o fotosfera stellare, la radiazione attraversa la tenue atmosfera dell' astro dove gli ioni e gli atomi presenti lasciano la loro specifica impronta come righe di assorbimento quando la luce venga raccolta tramite un prisma o un reticolo a diffrazione per evidenziare lo spettro della stella. Un cammino durato un secolo e' stato quello che ha permesso di capire quale potenza di conoscenza fosse presente in uno spettro stellare: gli astronomi oggi quando raccolgono la luce di una stella riescono a conoscerne la composizione chimica, la temperatura, la presenza di campi magnetici, l' eta' . Questo ha permesso di distinguere vari tipi di stelle: O-B-A-F-G-K-M, in un ordine che va da stelle dalla fotosfera caldissima (50 000 K per una stella di tipo O) e di colore bianco-azzurro (O-B-A), a stelle relativamente firedde (2500 K per una stella di tipo M) e di colore arancio-rossastro (K-M), con i colori intermedi e temperature intermedie per i tipi intermedi (il giallo della stella Sole, di tipo G).Ma non solo la temperatura e il colore differenziano le stelle. Anche la massa delle stelle varia, in un "range" compreso tra 0,08 a 120 masse solari. Ad una massa maggiore corrisponde una temperatura maggiore, da cui consegue un piu' elevato consumo di combustibile nucleare e una maggiore luminosita'. Le differenze di massa e temperatura originano anche forti differenze di struttura (modalita' di convenzione o di irraggiamento per il trasporto di energia dal centro alla periferia), di diametro e di grado di ionizzazione degli elementi presenti nelle stelle. Il diametro, la temperatura o il colore di una stella dipendono fortemente anche dall' eta' della stella, ovvero dallo stadio evolutivo dell' astro. Le enormi dimensioni delle giganti e delle supergiganti, capaci di contenere nel loro interno milioni o miliardi di stelle uguale al Sole, non sono dovute tanto dalla maggiore massa, quanto dal fatto che esse si trovano verso gli stati finali della loro vita. Le reazioni di fusione dell' idrogeno vengono allora sostituite dalle piu' energetiche reazioni di fusione dell' elio o degli elementi ancora piu' pesanti: la maggiore energia prodotta causera' la dilatazione della stella. Anche il Sole, tra 5 miliardi di anni, passera' lo stadio di gigante rossa: il nostro astro sara' allora una stella di diametro 100 volte maggiore, capace di lambire l' orbita terrestre, e di colore rossastro, per la piu' bassa temperatura della fotosfera.
Non tutte le stelle sono delle solitarie come il nostro Sole, accompagnato nel suo cammino intorno al centro della Galassia solo da 9 microscopici corpi freddi, o pianeti. Se il 50% delle stelle della Via Lattea sono almeno stelle doppie, non mancano i sistemi tripli, quadrupli o septupli. Immense danze gravitazionali si costituiscono tra questi astri multipli, spesso con cospicue differenze di temperatura, colore e diametro. Agli astronomi appaiono cosi' panorami alieni: "piccole" nane azzurre, danzanti gravitazionalmente tra loro in orbita molto stretta contemporaneamente orbitanti intorno a immense supergiganti gialle, mentre spirali di gas volteggiano tra gli astri; giganti gialle vorticanti intorno al comune centro di gravita' cosi' strettamente avvinte da deformarsi e toccarsi con i poli.
Per la ricerca della vita nell' universo abbiamo bisogno pero' di sapere se le altre stelle abbiano pianeti o no. Dopo innumerevoli tentativi frustranti per cercare di evidenziare i deboli segnali lasciati dai pianeti di altre stelle oggi sappiamo che la risposta e' affermativa. E' il 1995 l'anno in cui venne scoperto il primo pianeta extra-solare (grazie ad un nuovo sofiticato strumento astronomico utilizzata dagli americani M. Mayor e D. Queloz): un pianeta della dimensione di Giove, o un poco piu' piccolo, orbitante intorno ad una stella tipo Sole: 51 Pegasi. Le scoperte in questi ultimi anni si sono moltiplicati e ormai e' ricca la lista dei pianeti extra-solari.
Una su mille, probabilita' per la vita
A mano, a mano che i livelli di complessita' salgono lungo la gerarchia dell' atomo, della molecola, del gene, della cellula, del tessuto, dell' organismo e della popolazione, compaiono nuove proprieta' .. cosi' abbiamo bisogno di principi nuovi, o emergenti, per poter cogliere tutta la complessita' della vita ..
S.J. Gould (Il sorriso del fenicottero)
Il pianeta Terra e' abitato da forme di vita da 4 miliardi di anni. La Terra orbita intorno ad una stella singola. Il Sole ha, rispetto alle altre stelle della galassia, dimensioni e temperatura intermedia, da quest'ultima caratteristica si origina il suo colore giallo. Forse non e' un caso. Estrapolando le nostre conoscenze di biologia e di astronomia sembra di poter affermare che la vita possa nascere solo su pianeti orbitanti intorno a stelle simili al nostro Sole.
La biologia ci dice chela vita e' complessita', per costruire complessita' c'e' bisogno di una struttura: la macromolecola. L'unico atomo capace di costruire in condizioni naturali macromolecole e' il carbonio. Le macromolecole a base di carbonio per interagire tra loro nel metabolismo hanno bisogno di un mezzo disperdente unico nella natura: l'acqua. Il biologo allora ci dira' che se vogliamo cercare la vita dobbiamo cercare un pianeta con acqua, e acqua allo stato liquido cioe' in un range molto ristretto di temperatura. Avremo anche bisogno di tempo: quei 10 o 100 milioni di anni necessari perche' possa nascere, in un modo che siamo ancora molto lontani dal capire, quel miracolo chimico-fisico che e' la vita. Acqua allo stato liquido e tempo sufficiente sono quindi le condizioni minimali che dobbiamo ricercare perche' possa avere senso la ricerca della vita.
Applichiamo quanto piu' sopra scritto alle attuali conoscenze in campo astronomico. Nella nostra galassia, o Via Lattea, quell' immenso "universo-isola" dall'aspetto di una girandola grande centomila anni-luce, vi sono, scrivevamo piu' sopra, circa 300 miliardi di stelle, ve ne sono di piu' calde e piu' grandi del Sole, e di piu' piccole e di piu' fredde. Le grandi calde stelle bianche-azzurre di tipo spettrale O-B-A, come Sirio e Vega, brillano per poche decine o centinaia di milioni di anni. Quindi si spengono, le piu' grandi dopo un' immane esplosione da supernova che le distrugge. I loro eventuali pianeti non fanno in tempo a formarsi che la stella ha gia' finito di emettere quell' energia senza la quale la vita non e' possibile. Le piccole fredde stelle arancio-rossastre di tipo spettrale K-M brillano per tempi valutabili in decine di miliardi di anni. Queste nane rosse hanno pero' quela regione in cui e' possibile una temperatura corrispondente all'acqua liquida, o ecosfera, estremamente ristretta. E' molto improbabile allora che un pianeta possa orbitare, e per un tempo molto lungo, in questa regione. Vengono inoltre a generarsi fenomeni poco favorevoli la vita, quali l' arresto della rotazione intorno al proprio asse per gli effetti mareali causati dalla stretta vicinanza dell' ecosfera all' astro principale. Possiamo quindi escludere tutte o gran parte di queste stelle piu' piccole del Sole dal novero di quelle con possibilita' di avere pianeti abitati. Infine, circa il 30% delle stelle binarie, cioe' di quelle con separazione tra le componenti di 0,1 e 3 Unita' Astronomiche (1 Unita' Astronomica = 150 milioni di chilometri) non sono in grado di produrre orbite stabili nella fascia di abitabilita'. Una frazione significativa di questi sistemi multipli non possono quindi avere presumibilmente pianeti abitati.
Rimangono quindi come possibili candidati per ospitare pianeti con forme di vita le stelle di tipo intermedio, F, G e i primi sottotipi di K, singole o, se doppie, con i 2 astri o molto vicini o molto lontani. Il Sole, la stella che ospita il nostro pianeta ricco di 10 milioni di specie viventi, e' in effetti una stella singola, di tipo G.
In base alle considerazioni esposte, la maggior parte delle stelle non possono avere pianeti ospitanti forme di vita. Non le stelle azzurre, quali Vega, Altair e Deneb, ne' le numerosissime stelle nane rosse. Stelle azzurre e nane rosse costituiscono circa il 90% delle stelle della galassia.
Probabilmente non e' casuale nemmeno il fatto che la stella Sole si trovi nella media periferia della Galassia. In effetti, le lontani stelle che popolano a miliardi il rigonfiamento centrale, cosi' come quelle dell' estrema periferia della Via Lattea (alone e ammassi globulari), non potrebbero avere comunque pianeti adatti, perche' tutte appartenenti alla prima generazione, tempi in cui mancavano gli elementi pesanti per costruire pianeti tipo Terra.Neanche tutte le stelle di tipo Sole sono pero' adatte alla creazione di ambienti adatti alla vita. Le ricerche compiute in questi ultimi anni per evidenziare pianeti extra-solari dimostrano che non tutte queste stelle hanno pianeti, e che quelle che i pianeti li hanno presentano molto spesso grandi pianeti giganti orbitanti vicinissimi alla stella principale (mentre nel nostro sistema solare i pianeti giganti sono tutti nella zona piu' esterna del sistema): situazione che rendono instabili le orbite nella fascia di abitabilita' dei piccoli pianeti quali la Terra. Se questi dati verranno confermati, le stelle di tipo solare con pianeti nella fascia di abitabilita' difficilmente potrebbero superare l' 1%.
Possiamo allora concludere il nostro calcolo affermando che una stella su mille appare possedere quelle caratteristiche minimali richieste per permettere la nascita della vita.
Quanto abbiamo scritto e' da ritenersi estensibile alle altre galassie dell' Universo conosciuto.
La ricerca della vita nell' Universo: da Anassagora al Progetto Darwin..la vita puo' emergere come conseguenza inevitabile della chimica dei polimeri. Raggiunta una diversita' critica, viene superata una transizione di fase. Si creano dei metabolismi che si riproducono collettivamente, capaci di crescere, di sopravvivere ...Se cio' e' corretto le vie verso la vita nell' Universo potrebbero essere larghi viali e non vicoli laterali dell' improbabilita' termodinamica.
S. Kauffman (in Cowan G.A.: Complexity - Metaphors, Models and Reality)
Fino ad oggi la ricerca della vita al di fuori del nostro pianeta e' stata meramente speculativa. Gia' agli albori della civilta' occidentale ci si interrogava sull' esistenza di esseri viventi al di fuori del nostro pianeta. Anassagora sosteneva che il Sole e le altre stelle non fossero dei, ma solo ammassi di pietre infuocate e che la Luna fatta di terra come il nostro pianeta, doveva essere abitata da esseri simili a noi. Per tutta l'eta' classica continuarono queste speculazioni. Seneca racconta che degli stoici affrontarono la questione riguardante la possibilita' che il Sole fosse abitato, mentre, nel II secolo d.C., lo scrittore satirico Luciano di Samosata scrisse di fantastici viaggi sulla Luna. Luciano nell' Icaromenippo racconta di una Luna abitata, mentre nella Storia Vera racconta di vere e proprie guerre interstellari, con guarnigioni di combattenti alieni inviati dalla Luna, dal Sole e da Sirio. I racconti di Luciano erano ovviamente solo dei pretesti letterari, ma cionostante ci dimostrano che anche nel tardo impero romano si parlava in qualche modo di alieni. Poi per mille anni in Europa nessuno piu' scrisse di altri mondi abitati. Il medioevo, pur pieno di storie fantastiche, situa l' "altrove" e l' "altro" sempre sulla nostra Terra. In effetti, nella cultura medioevale il cielo e' dominio di Dio: non c'e' spazio per altri mondi e per altri esseri materiali. Il volo di Astolfo sulla Luna dell' Ariosto e' forse l'ultimo racconto in cui nel cielo si situino solo entita' del mondo dello spirito (il senno perduto degli uomini), nel XVI secolo il Gargantua di Rabelais puo' andare sul Sole e sulla Luna dove trovera' mondi come il nostro. Cosi', nella prima meta' del XVII secolo, Cyrano de Bergerac compiera' un viaggio sulla Luna che trovera' abitata. Anche Voltaire raccontera' nel suo Micromegas del viaggio di alieni giganteschi provenienti da Sirio e da Saturno per giungere sulla Terra. Certo, anche questi erano racconti fantastici con intenti parodistici (in Rabelais) o di riflessione sulla vita umana (Cyrano e Voltaire), ma gli stessi astronomi gia' dal XVIII secolo asserivano di riuscire a vedere con i loro telescopi sicure testimonianze della presenza di forme di vita sugli altri pianeti del sistema solare. Friedrich Wilhelm Herschel, lo scopritore di Urano, scrivera' nel 1776 di avere visto sulla superficie lunare delle differenze di colore spiegabili con la presenza di foreste di alberi altissimi, 4 o 6 volte piu' alti di quella della Terra. Anche il Sole e Giove dovevano essere presumibilmente abitati, sosterra' ancora Herschel. Il grande selenografo Johann Schröter nel suo Selenotopographische Fragmente scrivera' di piccole macchie scorte sulla Luna interpretabili come abitazioni dei seleniti, a volte nascoste dai fumi emessi dalle loro industrie. Ancora nel 1918 Svante Arrhenius nel The Destinies of the Stars descriveva Venere come un pianeta con elevatissima umidita' e con condizioni climatiche uniformi e che dunque poteva ospitare "solo forme di vita inferiori". A quell' epoca, comunque, molto piu' interessante appariva Marte. Su quel pianeta venivano scorte da decenni "prove" dell' esistenza di forme di vita intelligente, sicuramente provvisti di una cultura tecnologicamente molto piu' progredita della nostra. Chi altri avrebbe potuto costruire gli imponenti canali di Marte?
Oggi invece sappiamo, grazie alle minuziose indagini compiute dalle sonde interplanetarie, che la vita nel Sistema Solare e' presente solo sul nostro piccolo pianeta. Continuano gli studi per la ricerca di forme di vita elementari su Marte o sulle lune di Giove e di Saturno, ma quasi nessuno crede a esiti positivi da queste ricerche. Ma se la vita e', come oggi fortemente crediamo (si veda ad es. quanto riportano i premi Nobel Christian De Duve e Ilya Prigogine o gli scritti del prolifico fisico americano Paul Davies), inevitabile conseguenza dell' evoluzione chimico-fisica di un pianeta adatto che orbiti intorno ad una stella adatta, questa non puo' non essere presente anche in altre parti del Cosmo. Dovremo pero' cercare tra le stelle, a centinaia o migliaia di anni-luce dal nostro pianeta. Il compito e' estremamente arduo ma per la prima volta nella storia dell' umanita' ci troviamo oggi con le conoscenze e, tra non molti anni, la strumentazione, in grado di effettuare la ricerca, razionale e scientifica, della vita al di fuori del nostro pianeta. Per questo scopo dovremo unire quanto di piu' sofisticato abbiamo nell' armamentario strumentale dell' astronomia moderna: la spettroscopia e l' interferometria.Della prima ne abbiamo gia' scritto piu' sopra, della seconda diremo che questa nasce dall' intuizione del fisico Albert A. Michelson, premio Nobel per la Fisica. Nel 1881, al tempo dei suoi studi post-laurea, lo scienziato concepi' lo strumento che sara' poi chiamato interferometro, un sistema che permette di combinare l'informazione proveniente da apparati di ricezione lontani tra loro: 2 telescopi con uno obiettivo di 1 metro, a 100 metri di distanza tra loro e operanti in interferometria, lavoreranno come un unico telescopio avente un obiettivo di 100 metri. Nell' esempio considerato significa il poter discernere un segnale con una risoluzione diecimila volte maggiore. I problemi tecnici sono enormi, notevoli le limitazioni, ma l'esperienza raggiunta e' ormai tale che i potenti interferometri operanti dallo spazio progettati per i prossimi anni permetteranno risoluzioni dell' ordine del milionesimo di secondo d'arco nella sfera celeste: a questo punto i pianeti extrasolari saranno alla portata. Gli strumenti dovranno lavorare nell' infrarosso, qui il rapporto del segnale pianeta/stella e' infatti piu' favorevole che nel visibile. Fino all' orbita di Marte la concentrazione della finissima polvere zodiacale dispersa per il sistema solare interno produce un'emissione infrarossa in grado di annullare il debole segnale proveniente dal pianeta extrasolare. Sara' quindi necessario inviare i telescopi a 4-5 Unita' Astronomiche dal Sole.
Due sono i progetti, uno della NASA e uno dell' ESA. Il progetto della NASA e' il Terrestrial Planet Finder: 4 telescopi infrarossi, con ottiche di 1,5 metri di diametro raffredate a 35 K disposti su un'asse lungo 70 metri e collegati insieme cosi' da funzionare in interferometria. L' interferometro spaziale dovrebbe essere lanciato per essere inviato in un punto posto oltre l' orbita di Giove verso il 2005. L' ESA propone invece il progetto Darwin: 6 telescopi infrarossi, con ottiche di 1 m, disposti a formare un interferometro avente la forma di una grande ruota di 100 m di diametro. L'invio del gigantesco occhio oltre l' orbita di Marte e' previsto tra il 2009 e il 2017.
Gli interferometri spaziali scandaglieranno le cento e piu' stelle di tipo solare poste in un raggio di 50 anni luce dalla Terra. I pianeti di massa terrestre saranno analizzati per lo studio spettroscopico della loro atmosfera. L' evidenziazione di una riga a 15 micrometri, corrispondente alla presenza di anidride carbonica, permettera' il riconoscimento di un pianeta provvisto di atmosfera (come Marte o Venere o la Terra primordiale); la presenza di righe al di sotto di 8 micrometri permetterano il riconoscimento di vapor d'acqua nell' atmosfera e quindi la presenza di estesi oceani (come la Terra attuale e il Marte primordiale); un forte assorbimento in corrispondenza della riga di 9,6 micron rivelera' la presenza dell' ozono, ovvero di ossigeno (da quest' ultimo per azione degli ultravioletti si forma il primo), come solo la Terra nel Sistema Solare. L'ossigeno libero nell' atmosfera ci mostrera' la presenza di un forte disequilibrio termodinamico: solo un' estesa biosfera e' in grado di produrre qualcosa del genere a livello planetario. L' abbondanza di ossigeno libero nell' atmosfera ci stara' rivelando dunque la presenza di meccanismi fotosintetici, ovvero di piante o di alghe, cioe' la vita.Se la ricerca avra' avuto esito positivo, nuovi e ancor piu' potenti interferometri provvisti di una base di lavoro di centinaia o migliaia di chilometri, gia' in progetto e previsti oltre il 2015, potranno fornirci una dettagliata immagine della superficie di queste nuove Terre disseminate nel Cosmo. Potremo vedere i loro oceani ed il manto verde che ricopre i loro continenti, l'analisi spettrale potra' allora darci la conferma definitiva, rivelando le righe di assorbimento della clorofilla.
Non piu' speculazione filosofica ma vera ricerca scientifica, il sogno di Anassagora e di tutti coloro che si sono domandati sulla presenza di altre forme di vita nell' Universo sta iniziando a prendere forma.Dott. Giorgio Bianciardi
Dpt. Patologia Umana e Oncologia
Universita' degli Studi di Siena
Quanto qui riportato e' stato presentato piu' ampiamente dall' Autore nel libro "La Vita oltre la Terra", casa editrice CUEN, collana "Tessere", 1998.