CAGLIOSTRO
la parola alla difesa
di Roberto La Paglia




INTRODUZIONE:
L'autore di uno studio su Cagliostro del 1974 (ormai introvabile), scriveva di avere inventariato più di mille titoli sul Conte e che l'elenco, già all'epoca, risultava incompleto.
Cosa ha spinto così tante persone ad interessarsi alla figura di Alessandro di Cagliostro, e quale motivo tiene ancora acceso l'immaginario collettivo rispetto ad un fatto accaduto più di duecento anni or sono?
Il 26 Agosto 1795, nella fortezza di San Leo, alle tre del mattino, si concludeva tragicamente una vicenda che tenne con il fiato sospeso mezza Europa e nel più completo imbarazzo Roma ed il Vaticano; distrutto dalla lue, Alessandro di Cagliostro, lasciava questa terra per ricongiungersi col mistero che aveva caratterizzato la sua vita .
Sfogliando una qualunque enciclopedia o dizionario e cercando sotto la voce "Cagliostro", l'unica definizione che ci sarà possibile trovare sarà la seguente: "Giuseppe Balsamo, alias Conte di Cagliostro, truffatore di origini Palermitane, ecc."; molto spesso la paura del mistero si cela sotto la menzogna, e la menzogna non trova terreno più fertile di quello della gente perennemente alla ricerca del fantastico; rimane sicuramente più facile razionalizzare il mistero che non cercarne la vera essenza.
Nelle pagine di questo saggio tenterò di leggere tra le righe della montagna di documenti esistenti su Cagliostro, sforzandomi di anteporre la logica e l'amore della ricerca alla frettolosa voglia di voler dare a tutti i costi una risposta, per giungere infine ad una verità che mai sarà suffragata da prove visibili e concrete, ma che nella sua ardita fantasia non sarà poi così dissimile dalla storia che oggi conosciamo (o che hanno contribuito a farci conoscere) la quale, a sua volta, nessuna prova avrà mai a suo sostegno se non la cieca incoscienza della massa che a tutto crede purché venga sollevata dalle proprie paure.
Sarà un processo indiziario su un altro processo altrettanto indiziario e frammentario, dove i Giudici sono a loro volta testimoni ed accusatori, se non redattori delle prove stesse portate contro Cagliostro; "Nessuno scriverà mai la verità su di me" recitava il Conte e nessuno, in effetti, ha voglia di scriverla, non tanto per la difficoltà oggettiva che questa operazione comporterebbe, quanto perché la figura del Conte risiede ancora in quella fitta nebbia che egli stesso contribuì a creare e che i suoi nemici alimentarono prima per poterlo annientare, ora per non scoprire una verità sepolta da tempo, una verità scomoda.

darktear@inwind.it

 

IL PROCESSO

Il motivo che spinse Cagliostro verso Roma rimarrà per sempre un mistero; risulta insufficiente la teoria secondo la quale la moglie aveva nostalgia di rivedere i propri cari, come non è affidabile l’ipotesi di un bisogno urgente di denaro da parte dei Feliciani (se ciò fosse vero non si comprende per quale motivo avrebbero dovuto denunciare il Conte quando avrebbero ottenuto molto di più da un “accomodamento in famiglia”).

Risulta altresì incomprensibile il suo mancato rientro in Francia, visto che ormai la Monarchia era in decadenza e facilmente si sarebbe passato oltre al decreto di esilio.

Rimane come ultima ipotesi quella che sembra la più fantastica ma che, come già detto, scartate tutte le altre possibile soluzioni, rimane quella più plausibile; Cagliostro viene attirato a Roma con il pretesto del riconoscimento del suo rito Egiziano e, complici il Vescovo di Thun e Monsignor Filippo d’Herbault, si prepara l’ultimo atto di un dramma scritto e studiato da tempo nei minimi particolari.

Accingiamoci quindi ad esaminare i fatti del soggiorno romano e soprattutto il processo nei suoi risvolti e nelle sue incongruenze: alla fine di Maggio del 1789 Cagliostro e Serafina arrivano a Roma e prendono alloggio presso la Locanda della Scalinata, in Piazza di Spagna, per poi trasferirsi in un appartamento in Piazza Farnese.

La situazione romana non era delle più consone per proseguire gli studi e la divulgazione del Rito Egiziano, la Chiesa aveva apertamente dichiarato guerra alla Massoneria e si respirava un clima di terrore da entrambe le parti; i Massoni si nascondevano e preferivano proseguire in segreto i loro lavori, mentre la Chiesa acutizzava la sua campagna di “purificazione” per paura di rivolte e di sommosse sullo stile di quelle accadute in Francia.

Cosa accadeva esattamente a Roma in quel periodo? Il Vaticano era ormai la roccaforte acclamata delle forze più retrograde e conservatrici, temeva la realizzazione dei Principi emanati da Voltaire ed osservava in silenzio, ma sempre attento gli sviluppi della situazione Europea.

Papa Pio VI, spaventato dagli avvenimenti accaduti in Francia, sostituisce nella carica di Segretario di Stato al Cardinale Boncompagni, il Cardinale Francisco Xaverio de Zelada, il solo ad accettare l’incarico; questo era l’unico uomo capace di contenere la follia importata dalla Francia dopo i recenti avvenimenti, l’unico uomo capace di sostenere e di accompagnare la politica schiettamente anti Francese del Vaticano.

Prima mossa del Cardinale Zelada si rivelò quella di provare ad arginare un certo spirito libertario che stava prendendo piede tra la media borghesia, sguinzagliò ovunque guardie e spie con l’ordine di riferire il minimo movimento costringendo così la gente per paura, a non incontrarsi, a non proferire parola per strada o nelle riunioni nei circoli; dall’altra parte aumentò le derrate alimentari diminuendo i prezzi allo scopo di tenere la popolazione lontana dalla fame che avrebbe potuto anche farla scendere in piazza, e soprattutto lontana dalle influenze Francesi che non avrebbero mai attecchito in un popolo ignorante ma ben nutrito.

Allo scopo di purgare la città dai disturbatori della quiete pubblica, i locandieri vennero costretti a registrare col preciso nome, cognome e luogo di provenienza, tutti coloro che scendessero ai loro alberghi, e di dare precise informazioni sul loro arrivo e sulla loro partenza; questo il clima che Cagliostro trovò a Roma, nella quale giunse anche spinto da una abile mossa del Cardinale Zelada il quale, rispondendo ad un biglietto inviato dal Vescovo di Trento al Cardinale Boncompagni, assicurò che nulla aveva il Conte da temere dalla Città di Roma non essendo egli ricercato o ritenuto pericoloso, e non avendo lo Stato Pontificio alcun pregiudizio nei cuoi confronti; mai bugia risultò così infida!

Il Conte prosegue in gran segreto i suoi studi, stringe amicizia con il pittore Agostino Belli (massone ed ospitante di una Loggia in casa propria) e cerca appoggi nel mondo dell’aristocrazia.

Le amicizie però debbono essere curate e non bastano soltanto le belle parole, viene così organizzata una tornata del Rito Egiziano a Villa Malta, della quale unica testimonianza (attendibile?), rimane quella dell’Abate Lucantonio Benedetti.

I fatti precipitano inesorabilmente, la Chiesa cerca l’occasione propizia per colpire la Massoneria e dare un severo esempio, turbata dalle voci che circolano circa alcuni tentativi di sommossa e la preparazione di tumulti popolari.

M.P. Azzuri ci fornisce informazioni interessanti in merito ai giorni antecedenti l’arresto di Cagliostro, nonché una curiosa notizia riguardo al Compendio di Monsignor Barberi, che circolava già sotto diverso nome tra il popolo per saggiarne le reazioni.

La sera del 27 Dicembre 1789 (anno della Rivoluzione Francese e della presa della Bastiglia), Cagliostro viene arrestato e condotto a Castel S. Angelo; nonostante voci amiche lo abbiano informato delle intenzioni del Santo Uffizio egli si lascia catturare e la stessa sorte seguono la Contessa Serafina, Fratello Giuseppe di San Maurizio ed il pittore Agostino Belli.

Da questi avvenimenti in poi il mistero si infittisce e sarà meglio analizzare per gradi i fatti salienti così come riportati dagli unici documenti visibili ma indubbiamente di parte.

Non esiste traccia della notifica di arresto del Conte a Roma, e non è mai stata ritrovata la motivazione di tale arresto (sembra che questo carteggio sia occultato in una casa romana); Cagliostro rimane a Castel S. Angelo e nel Gennaio del 1790 inizia il processo informativo.

Di tale processo informativo sfugge il senso e le finalità poiché, se è vero che ormai Cagliostro era stato smascherato quale Giuseppe Balsamo, e visto che esistevano prove concrete in favore di tale accusa, non soltanto nella capitale ma anche in Francia, non si capisce cosa il Santo Uffizio cercasse che non avesse già; è presumibile pensare che il periodo del processo informativo fu soltanto una scusa per poter reperire ed occultare tutti i documenti e la corrispondenza  che parlasse od interessasse da vicino Cagliostro, onde poter fare accettare come veri ed unici i documenti ed i libelli che l’Inquisizione mise in giro in quel periodo.

Questa ipotesi spiegherebbe anche per quale motivo non esistano documenti scritti di pugno dal Gran Cofto, non esistano i carteggi sicuramente intrattenuti con le altre Logge, non esistano lettere di Serafina, tranne qualche raro biglietto e stralci di lettere, ben misera cosa vista la frenetica attività del Mago in tutta Europa; riferendoci alla mancanza di documentazione propria, risulta anche inammissibile la risposta che i documenti mancano perché dati al rogo in Piazza della Minerva, primo perché la Chiesa venuta in possesso di documenti di tale portata difficilmente se ne sarebbe spossessata, secondo perché, anche ammessa una follia del genere, dove sarebbero andate a finire le lettere di risposta?.................................................