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Battaglia di Cassino
la distruzione dell'Abbazia 15 febbraio 1944

Evans Bradford:
capostormo dei bombardieri
I PROTAGONISTI


 
LE INTERVISTE
di Enzo Cicchino
(1994)


Premessa

                     LA BATTAGLIA DI CASSINO
                            STRATEGIA
 

Il mattino del 19 settembre 1943 una colonna di autovetture dello stato maggiore germanico si fermò al chilometro 111 della strada statale Casilina, all'incirca all'altezza di Cassino, fra i monti Aurunci e quello a zampa d'orso su cui sorgeva l'antica Abbazia. Più lontano sorgeva il massiccio lungo delle Mainarde.
Alla testa del convoglio vi era il feldmaresciallo Alexander Kesselring, che dopo la partenza di Rommel dal Nord Italia, rimarrà l'unico comandante supremo dell'O.K.W. in Italia. Era giunto nella valle del Gari con il suo Stato Maggiore, coadiuvato in tale occasione anche dal colonnello giapponese Moriaki Shimizu addetto militare presso l'ambasciata del Sol Levante a Roma e da altri tre  ufficiali nipponici.
Le scelte strategiche da attuare in Italia erano dibattute e restarono tali per almeno un paio di mesi. A fronteggiarsi erano le due posizioni strategiche, le due concezioni del condurre la guerra che nascevano da principi militari completamente diversi.
L'una prevedeva lo sguardo dal cielo, la posizione dell'aviatore, quella del generale Albert Kesselring l'altra era invece più strana, controcorrente, era quella ancorata alla percezione sensibile delle azioni del nemico e tipiche di un uomo dall'intuito formidabile, la Volpe del Deserto: Rommel, che Hitler aveva urgentemente in Italia inviato dopo l'otto settembre e stabilitosi ormai da qualche giorno presso il suo Quartier Generale sul lago di Garda.
Da una parte il generale di aviazione Kesselring, temeva che un avvicinamento troppo eccessivo del fronte al suolo tedesco avrebbe fortemente favorito i bombardamenti Alleati sulla Germania Meridionale in quanto -essi- avvicinandosi troppo alla Pianura Padana avrebbero beneficiato di tutti gli aereoporti posti più a Nord, che offrivano maggior vantaggio tattico.
Dall'altro c'era il punto di vista del maestro della manovra Erwin Rommel che temeva invece uno sbarco Alleato nella Pianura Padana che potesse tagliare fuori tutta l'armata tedesca ancora presente nella parte sud dello stivale. Dimenticando che forse così faendo avrebbe avvantaggiato gli Anglo Americani nel condurre i loro bombardamenti a tappeto sugli impianti industriali e ninerari della Romania, dell'Austria, e che avrebbero bloccato la vitale navigazione del Danubio con il suo continuo flusso di merci e di minerali.
Mettere a rischio tutta l'armata tedesca in Italia tenendola a Sud invece che creare un baluardo di ferro lungo la Linea Gotica a ridosso della Pianura Padana! O trattenere l'esercito alleato a Sud con l'esito di evitare dei bombardamenti nei territori in mano ai nazisti! Questi i punti di vista, ciascuno con le sue ragioni.
Come si sa la spuntò Kesselring, apparentemente perché la sua posizione fu ritenuta dal Fuhrer più vantaggiosa, almeno per l'immagine di un esercito tedesco ancora battagliero. Iin realtà -lo si è scoperto perché rivelato dal colonnello Eugen Dollman molti anni dopo la fine della guerra- per una ragione per nulla di strategia, o di opportunità bellica. Per un fatto umano.Semplicemente umano e quasi provato. Fu esplicitamente riferito ad Hitler che Rommel lo si era sentito più volte affermare che non credeva più nella vittoria tedesca e fatto ancor più grave lo diceva ad alta voce, creando sgomento fra i suoi ufficiali. Questo fu dunque il motivo serio che agì sulla scelta del Fuhrer, che si vide costretto a richiamarlo dall'Italia, inviandolo, con il suo Gruppo di Armate B a sovraintendere alle fortificazioni in attesa dello sbarco in Normandia.
Si convenne, inequivocabilmente allora che le Armate del generale di Clark ed Alexander, accolta la posizione di Kesselring (cognome curioso, vuol dire "anello del paiolo") dunque, dovessero essere trattenute il più a Sud possibile, il più a lungo possibile, e questo era in una zona particolare: il punto più stretto della penisola, il cui tracciato erano i fiumi Garigliano, Gari, il corso settentrionale del Rapido nella metà occidentale dello stivale. Il grande cosolone delle Mainarde e poi la Maiella e tutto il corso del fiume Sangro fino ad Ortona, nella parte dell'Abruzzo, tratto geografico più tardi comunemente detto 'Linea Gustav', .
Dopo le tragedie dell'armistizio dell'8 settembre, i relativi combattimenti  a Porta San Paolo e Monterotondo, fu curiosamente proprio l'addetto militare giapponese a suggerire a Kesselring la posizione di Cassino, che in realtà non era una idea granché originale: veniva infatti riproposto un  piano di battaglia che lo Stato Maggiore italiano aveva fatto già studiare al generale Pollio addirittura nel 1909, che aveva identificato Cassino, ovvero 'la bretella di Cassino' quale miglior caposaldo per bloccare qualunque esercito di invasione che tentasse di raggiungere Roma dal Sud. Pollio per intenderci è lo stesso noto studioso che aveva rianalizzato, mettendone in evidenza gli errori, la tattica delle battaglie del Risorginento, per esempio scrisse un prezioso volume su la sconfitta piemontese di Custoza nel 1849.
Il centro della Linea Gustav era costituito dalla valle del Liri, larga 10 chilometri, con i suoi due punti fermi: il Monte Cassino, alto 519 m. a nord, e il Monte Maio a sud, con una quota di 900 metri sul fondovale. Dinanzi a questa linea di difesa ce n'era un'altra, passante per il Volturno, Mignano, Montelungo, San Pietro Infine fino a Termoli, strutturata come linea provvisoria che poi però resistette piuttosto bene: la  'Linea Bernard, o Reinard' indicata dagli Alleati come 'Linea d'Inverno'. Su questo fronte, "La Battaglia di San Pietro" durò qualche giorno, portò alla totale distruzione dell'abitato, terribile, fu immortalata per la storia del cinema dalle splendide riprese dirette da John Huston.
Utilizzando sia il lavoro dei soldati tedeschi che quello coatto degli abitanti del luogo, cassinesi, frusinati, ma anche campani, il generale del genio militare Bossel organizzò con criteri strategici tipicamente da trincea dinamica, una infinita serie di gallerie, ricoveri antiaerei, campi minati e costruzioni in filo spinato che sbarravano i  punti più accessibili della linea. Il corso superiore del fiume Rapido e quello inferiore del Garigliano vennero sfruttati per creare inondazioni, facendone crollare una parte degli argini.
Chi passasse oggi per Cassino, non si spiegherebbe alcuni aspetti di questa strategia, ma deve sapere che la geografia del territorio in parte è stata cambiata, per esempio nel dopoguerra, per evitare inondazioni poco desiderata nel centro del paese fu spostato molto in periferia il corso del fiume Rapido.
Alle spalle della della Linea Gustav all'altezza di Aquino, fu creato una terza linea di appoggio per reagire in caso di uno slittamento temporaneo del fronte: la 'Linea Adolf Hitler' o 'Sbarramento Senger'. Poi immediatamente vicino Roma, la 'Linea C', tutti segmenti strategici opportuni per  dare  maggior difesa e movimento alla X Armata tedesca.
Intanto Winston Churchill aveva capito che c'era dell'assurdità da parte degli Alleati nel cercare di colpire a morte la  Germania nazista proprio passando per Cassino, ovvero risalendo la penisola, ma si scontrò con l'opinione di Roosewelt e quella interessata di Stalin. Churchill intuiva in anticipo il futuro delle cose, lui si faceva sostenitore di una strategia globale coerente che si ponesse al servizio di un disegno politico unitario che sul piano internazionale aveva lo scopo di frenare l'avvolgente sviluppo imperialistico dell'Armata Rossa. Il  primo ministro britannico aveva indicato più volte infatti, con insistenza, agli stati maggiori Alleati. che il colpo decisivo per l'attacco finale contro la Germania di Hitler, andasse inferto nei Balcani.
La proposta di Winston Churchill non fu ascoltata e così le armate di Stalin ebbero successivamente modo di superare Berlino a nord, occupare Vienna e giungere fino a Trieste a Sud.
 

L'ABBAZIA DI MONTECASSINO

Già fortezza sannitica e poi romana si aggettava come una zampa d'orso nella vallata controllandone ogni forma di vita. San Benedetto vi fondò il suo monastero nel 529.
Caposaldo strategico, l'Abbazia fu nei secoli ripetutamente distrutta dai Longobardi, poi dalle armate bizantine, etc. Tuttavia  risorse molte volte e fino all'ottobre del '43 e si abbellì  dei  preziosi affreschi di Luca Giordano, di cui esistono ora purtroppo solo le foto, che possono essere consultate presso l'Archivio dei Beni Culturali all'Istituto del San Miche a Roma.
Ma presso il Monastero vi erano ancora anche altre opere artistiche di pregio, il coro ligneo, incunamboli e  pergamene che testimoniano il nascere della lingua italiana.
Montecassino fu uno dei massimi centri di diffusione ed origine della cultura occidentale di ogni tempo, e non solo per gli studi teologici ma anche scientifici. In più bisogna tener  conto che nella cosiddetta Biblioteca Monumentale i monaci  custodivano i codici originali delle grandi opere latine e greche salvate dalle distruzioni barbariche. Tacito, Tito Livio, Seneca, Sant'Agostino, etc. Una raccolta unica al mondo.

1943
Fra i tanti ufficiali della Wermacht che in precedenza si  erano recati a visitare i tesori di Montecassino c'era il  proprietario di una ditta di imballaggi e traslochi di Vienna, il cinquantenne tenente colonnello Julius Schlegel, ed il  trentatreenne medico Becker, appassionato di archeologia.
Quando costoro, si resero conto che la linea Gustav passante  per Montecassino era cosa definitiva fecero pressioni sui loro comandi affinché si organizzasse un piano di messa in salvo di tutte le opere d'arte ivi custodite.
Benché non dessero autorizzazioni ufficiali, la reazione dei  vari generali, soprattutto Conrath e Kesselring fu estremamente positiva, permisero che si sottraessero al fronte più di centocinquanta autocarri pur di compiere un gesto meritorio per la cultura occidentale.
Ci volle molta fatica e pazienza per convincere l'abate Gregorio Diamare a dare il consenso di trasferire tutto a Castel Sant'Angelo in Roma.
Si riuscirono così a salvare i circa 70.000 volumi della Biblioteca Monumentale e dell'Archivio. Vennero portati in  salvo 1.200 pezzi di valore storico inestimabile, i sigilli di re Roberto il Guiscardo, re Ruggero I° di Sicilia e poi di  molti papi.
Per giunta si scoprì che nel Monastero non solo erano  custodite le opere d'arte di proprietà religiosa, ma addirittura l'importantissima pinacoteca del Museo di Napoli con i capolavori di Tiziano, Raffaello, Il Ghirlandaio, Tintoretto, Leonardo da Vinci, Bruegel, ed altri.
Lo sgombero completo delle opere si svolse all'incirca tra la metà di ottobre e i primi di novembre. Non tutto però era stato portato via, rimanevano alcune grosse tele d'altare, il coro ligneo del seicento ed ancora molte alte cose preziosissime.
Il salvataggio era stato affidato alla divisione Hermann Goring.
Contemporaneamente a questo trasloco, il Vaticano si era anche mosso affinché il monastero stesso venisse risparmiato dalla distruzione.
Kesselring di sua iniziativa dichiarò Montecassino ed un perimetro compreso per circa trecento metri intorno all'Abazia, -zona neutrale- interdetta per qualunque motivo ai soldati, anche se feriti! E in linea di massima pure gli Alleati accettarono questo accordo.
 

1944
 

PRIMA BATTAGLIA -17 gennaio 11 febbraio-

A dicembre del '43, dopo il ricongiungimento delle truppe alleate sbarcate in Sicilia in luglio con quelle sbarcate il 9 settembre a Salerno, sfondando, queste, la 'Linea  Reinardt'  sul Volturno, poi occupato San Pietro Infine e conquistato Monte Trocchio, si trovarono finalmente all'imbocco della valle del Liri e quindi a contatto con le prime fortificazioni della 'Linea Gustav'.
Dopo i primi assaggi del fronte, il 17 gennaio 1944, finalmente s'inizia la prima fase -quella inglese- della  Prima Battaglia di Cassino.
Essa  ebbe  inizio nel pomeriggio del 17, quando i fanti della  XVII Brigata inglese si lanciarono sugli avamposti della 94°  Divisione Fanteria Tedesca, sul Garigliano inferiore, quasi sulla riva del mare. L'attacco ebbe esito positivo e portò i soldati inglesi sino all'ingresso della vallata dell'Ausente, vallata di estrema importanza visto che si collega direttamente con quella del Liri poco sotto Cassino. La lotta prosegue sino al 20 gennaio quando i tedeschi ristabilirono le loro posizioni difensive un pò più arretrate ma più solide.
La sera dello stesso giorno 17 era iniziata anche la seconda fase, quella americana, più ad Est, in zona Cassino. L'attacco venne sferrato dai fanti  della divisione Texas sul fiume Rapido in località Sant'Angelo in Theodice. Con raccapriccio dopo poche ore però, avevano già perso 1700 uomini. L'esito dell'attacco fu alterno, comunque si protrasse fino al 23 gennaio quando gli americani furono costretti a riattraversare il Rapido e tutto tornò -con tanti morti- come prima.
Intanto proprio il 23 gennaio era avvenuto lo sbarco di Anzio, che, come si sa, fu un totale fallimento.
Sempre a Cassino... eccoci alla terza fase della Prima Battaglia, quella franco-neozelandese. Essa ebbe inizio il 24 gennaio e terminò il 4 febbraio, fu la più lunga e più sanguinosa di tutte. In essa combatterono soldati di ben 11 nazioni.
Iniziò con l'attacco dei marocchini e algerini del generale francese Alfonse Juin dal fianco destro dello schieramento  alleato, diritti verso l'Abazia, Terelle e Caira.
Ai francesi si unirono gli americani di Keyes, spintisi alla periferia di Cassino. Era il 6 febbraio infine, quando maturò l'insuccesso del famoso corpo neozelandese di Freyberg: i cui reparti scelti erano stati chiamati per l'occasione dall'Adriatico, ove l'VIII Armata inglese era rimasta bloccata davanti a Ortona.
 

DISTRUZIONE Abbazia
SECONDA BATTAGLIA -12 febbraio 19 febbraio-

Il 14 febbraio, nelle prime ore del pomeriggio strani  proiettili scoppiarono nel recinto del Monastero: ne vennero  fuori dei volantini su cui v'era scritto:

"Amici italiani, attenzione! Noi abbiamo sinora cercato in  tutti i modi di evitare il bombardamento di Montecassino. I  tedeschi hanno saputo trarre vantaggio da ciò. Ma ora il combattimento si stretto ancor più attorno al Sacro Recinto. E' venuto il tempo in cui a malincuore siamo costretti a puntare  le nostre armi contro il monastero stesso.
Noi vi avvertiamo perché abbiate la possibilità di porvi in salvo. Il nostro avvertimento è urgente. Lasciate il Monastero. Andatevene subito!"

Non appena l'abate Diamare ebbe letto questo messaggio cercò di mettersi in contatto con i tedeschi, ma essendo ancora giorno, ed essendo il territorio interdetto a qualsiasi movimento, solo  a tarda notte alcuni rifugiati riuscirono ad avvicinare l'equipaggio di un carrarmato e a dare la notizia. Nessun ufficiale si fece vivo.
Solo verso le cinque del mattino dell'ormai 15 febbraio, quando don Martino Matronola si accingeva ad uscire -a suo rischio-  per recarsi al Comando Tedesco, ecco giungere a Montecassino il tenente Deiber, accompagnato da un soldato.
Costui definì il manifestino alleato 'mezzo di propaganda'. Inoltre dichiarò che l'unica cosa che avrebbe potuto fare per i rifugiati sarebbe stata quella di tentare -fra la mezzanotte e le cinque del mattino del giorno 16- di far loro raggiungere le retrovie attraverso una mulattiera rasente la montagna. Comunque, in assoluto, non era permesso a chiunque di andare verso Cassino.
Tutto rimandato di un giorno quindi. Troppo tardi.
Infatti alle 9.45, i monaci avevano appena celebrato Messa, quando... durante la preghiera d'invocazione alla Vergine,  un'esplosione terribile scosse dalle fondamenta il cenobio, uno stormo di 142 fortezze volanti, dopo essere decollate dagli aereoporti pugliesi lasciò cadere sull'Abbazia 576 tonnellate di bombe.
Il  bombardamento, salvo qualche interruzione, durò tutta la giornata e, perché non ci fosse un attimo di tregua, fra il giungere di uno stormo e  l'altro, si abbattevano sul Monastero le centinaia di granate dell'artiglieria pesante giù nella valle e quella dei cannoni delle navi alla fonda nel golfo di Gaeta.
Churchill non fu soddisfatto dell'efficacia di quel raid aereo, lo considerò in effetti mal riuscito, forse perché le mura più antiche non crollarono sotto la deflagrazione delle bombe e salvarono tanta gente.
Ma le vittime furono incalcolabili! Deverse centinaia, non si è mai riusciti a darne un numero esatto.
Per ironia della sorte un grappolo di bombe cadde pure sull'accampamento di Clark provocando decine di morti.

Eppure i tedeschi, sebbene fossero disseminati per il Monte Cassino, non erano a Mentecassino!
Che il Monastero potesse essere sfruttato dai tedeschi come ottimo posto di osservazione è una idea da scartarsi a prori perché un punto così appariscente è completamente inadatto all'installazione di un osservatorio bellico. La tattica  tedesca prescriveva che questi fossero situati a mezza costa e su fondo mimetizzato.
Gli Alleati lo sapevano bene che Montecassino non era occupato dalla Wermacht, già il 25 ottobre ed il 7 dicembre, la Segreteria di Stato della Santa Sede aveva ufficialmente chiesto agli Anglo-americani e ai tedeschi di avere rispetto per il  Monastero. I tedeschi vi avevano perciò lasciato un perimetro di circa trecento metri di zona smilitarizzata tutt'attorno.
Assicurazioni di rispetto per l'Abazia erano state poi espresse anche dalla legazione britannica presso la Santa Sede.

La sconfitta subita dai neozelandesi nella Prima Battaglia di Cassino era cocente. Ciò spinse molti a ricercare un capro espiatorio e la colpa fu addossata al Monastero che dall'alto dominava tutti gli accessi alla città ed alla Casilina.
Certo la colpa dell'insuccesso, soprattutto da parte di Freyberg  fu attribuita all'Abbazia invece che alla montagna sulla quale sorgeva! Il generale neozelandese affermava che pur avendo conquistato la collina del monastero e pur essendo giunti a  cento metri dalle mura dell'Abbazia, da attaccanti non avevano potuto mantenere le posizioni conquistate in quanto la propria artiglieria non aveva potuto bersagliare con efficacia le posizioni germaniche proprio per paura di colpire il Monastero! Questo argomento fu usato ripetute volte in quei giorni come mezzo di propaganda anche dalla BBC e dalla radio americana. Ragion per cui il ministro inglese Osborne, a nome di Winston Churchill,  si rivolse di nuovo alla Santa Sede affinché si accertasse la veridicità intorno all'Abazia della 'neutral zone' tedesca.
Intanto il 12 febbraio il generale inglese Alexander, dopo essersi consultato con Londra, fece sapere che se l'eroico Freyberg riteneva necessario che si bombardasse il Convento, poteva ben farlo come e quando volesse.
Il generale statunitense Mark Clark, datosi che gli aerei da bombardamento in tal caso sarebbero stati appunto americani, volle parlare ancora una volta con Alexander. Prima di dare l'ordine definitivo fu dunque mandato un tecnico militare in perlustrazione su un piccolo aereo intorno all'Abbazia per verificare se fosse proprio vera l'opinione dell'ostinato capo neozelandese. Purtroppo il generale Jacob Devers, di ritorno dal sopralluogo, per aver scambiato i parafulmini che sovrastavano le mura del convento per antenne radio finì proprio  per dare l'ultima conferma sbagliata e togliere i dubbi. Freyberg l'ebbe vinta.
Tuttavia, pur dando l'assenso, il generale americano Mark Clark non era d'accordo sull'operazione, infatti lui condivideva il pensiero dell'amico gen. Keyes il quale riteneva che il bombardamento non solo non avrebbe giovato alle truppe attaccanti ma ne avrebbe reso addirittura ancora più difficile il compito: i tedeschi, se lì dentro non c'erano, poi si  sarebbero sentiti autorizzati a prenderne possesso e servirsi delle rovine come valide posizioni difensive. Tant'è vero poi proprio così accadde.

Altro aspetto insensato della logica di Freyberg: subito dopo  il bombardamento non attaccò immediatamente il Monastero per occuparlo, come si sarebbe potuto immaginare, ma aspettò il 23 febbraio, quando i tedeschi vi si erano posizionati già da otto giorni ed avevano incorporato il rudere come punto chiave della loro linea difensiva. Inoltre Freyberg aveva cambiato addirittura la direzione d'attacco, non più l'Abbazia, ma Cassino.

Una domanda sorge spontanea, se Clark non era d'accordo per il bombardamento, perché lo permise?
La risposta è ormai chiara ed inequivocabile, Clark obbediva agli ordini di una più alta autorità politica ed in particolare alle esigenze di rapporti di fiducia che intercorrevano tra i  Governi delle potenze che formavano la coalizione Alleata ed i  loro singoli comandanti sul campo.
La decisione fatale comunque maturò esclusivamente in seno ai vertici politico militari dei due grandi protagonisti: Inghilterra e Stati Uniti. Infatti il permesso alla distruzione venne direttamente dal Ministero della Guerra inglese e americano, vale a dire da Churchill e Roosevelt.
In tal grave situazione che vedeva i bei giovani delle colonie inglesi decimati dalle mitragliatrici teutoniche, l'eroico generale Freyberg aveva tutto il buon diritto di chiedere il bombardamento dei tedeschi nell'Abazia, pur di salvare le proprie gioventù da altra morte sicura. In tale ottica era perciò doveroso che Freyberg fosse accontentato.
I britannici poi, non avevano alcun interesse a guastarsi rapporti proprio con la divisione neozelandese, con il suo  generale e soprattutto con il suo governo, rifiutando di bombardare un Convento che per Auckland o Wellington non aveva alcun significato. Se gli inglesi si fossero rifiutati di aderire a quella richiesta potevano derivarne conseguenze incalcolabilmente gravi da un punto di vista militare, potevano addirittura comportare il ritiro della stessa divisione neozelandese dall'Italia e dal fronte per ordine del suo Governo.
E' da tener presente che le truppe dell'Impero Britannico dipendevano dai rispettivi Dominion anche sul campo di battaglia, essendo sottoposte all'autorità di comando britannica solo per l'impiego. Si poteva perciò innescare un ritiro a  valanga di tutte le truppe Alleate, dai Brasiliani ai Canadesi, agli Indiani, Sudafricani, etc.

Comunque era proprio necessario occupare Montecassino per sfondare la Linea Gustav?
Dal punto di vista della tecnica militare si afferma che quando un esercito si trova nella sua avanzata dinanzi ad un ostacolo inespugnabile è sempre bene aggirare l'ostacolo, accerchiarlo e non insistere a cozzarvi contro. Tale strategia fu proposta, già all'inizio della prima battaglia, dal generale francese Alfonse Juin, ma non trovò ascolto. Si riteneva che Alfonse Juin -con i suoi marocchini- fosse un gregario di scarsa importanza. Ma era lui ad aver ragione!
 

TERZA BATTAGLIA  -20 febbraio  25 marzo-

Intanto pur se il 15 febbraio l'Abbazia era stata distrutta, e poi il 15 marzo anche l'abitato di Cassino raso al suolo da  2000 ton. di bombe. Gli Alleati cercano di penetrare con i loro blindati fra le macerie ma vengono ancora una volta respinti  dai superstiti della I° divisione paracadutisti del tenente  generale Heidrich.
Si sono inoltre ripetuti i fallimentari attacchi per  occupare la stazione di Cassino.

Le zone strategicamente importanti per tutte le fasi delle quattro battaglie ricordiamo -La dorsale del Fantasma, La Masseria dell'Albaneta, Monte Calvario, Rocca Janula, La Collina dell'Impiccato-
Ogni luogo ha una sua storia, ogni storia un fiero tributo di eroismo e di sangue.

NOTA:  Quanto alle battaglie, esistono due forme di numerazione, quella tedesca conta tre battaglie difensive mentre gli Alleati quattro battaglie offensive. La cronologia qui seguita riporta lo schema Alleato.
 

QUARTA BATTAGLIA -26 marzo  18 maggio-

Mentre i principali generali del fronte tedesco sono a Berlino, il corpo di spedizione francese al comando del generale Alfonse Juin aggira alle spalle lo schieramento tedesco passando per  gli Aurunci. Costringe le truppe germaniche all'abbandono di tutta la linea del fronte per evitare l'accerchiamento. Le  truppe polacche occupano Montecassino, lasciato vuoto dai paracadutisti.

La battaglia sulla Linea  Gustav  durò fino a maggio. Churchill da Londra chiese ad Alexander il perché della ridicola progressione dell'avanzata dopo tanto uragano di  fuoco buttato addosso ai tedeschi. Alexander addusse varie ragioni e di ogni genere. Ma, prima fra tutte, indicò la difficoltà nell'utilizzo dei carrarmati in quel mare di pietre, buche, fango e rovine che loro stessi con i bombardamenti avevano contribuito a creare.
Praticamente ammise che quel diluvio di fuoco aveva creato la migliore barriera difensiva per i tedeschi. Ma con estrema onestà, mise nella massima evidenza anche il valore eccezionale dei soldati germanici che combattevano come spinti da una  forza non più umana, con una tenacia incredibile.
 
 

INTERVISTA CON IL GEN. EVANS BRADFORD
STATI UNITI (1994)
di Enzo Cicchino






Nota:
Ho realizzato questa intervista per la trasmissione Speciale Mixer LA BATTAGLIA DI CASSINO di cui ho curato la regia ed andata in onda su Rai Tre nel 1995. (E.C.)

DOMANDA:
Generale Evans Bradford, che grado aveva sul fronte italiano tra l'ottobre del '43 e il marzo del '44?

Gen. EVANS BRADFORD:
Maggiore.

DOMANDA:
Riguardo al bombardamento di Montecassino: è vero che il generale Mark Clark dovette assecondare - contro la propria volontà - il Generale Freiberg capo del Corpo di Spedizione neo-zelandese?

Gen. EVANS BRADFORD:
Clark, comandante generale della 5a armata per la zona di Cassino, era contrario al bombardamento, prima di tutto perché il monastero sarebbe stato ridotto in  macerie e in quel caso i Tedeschi sarebbero potuti entrare ed occuparlo... avrebbero praticamente tratto vantaggio dal bombardamento. Per questo motivo riteneva che l'azione non fosse necessaria.

DOMANDA:
E' vero che senza il bombardamento dell'Abazia, il Generale Freiberg avrebbe minacciato il ritiro dei suoi neozelandesi dal campo di battaglia?

Gen. EVANS BRADFORD:
E' vero, il generale Freiberg, che era al comando dell'esercito neozelandese, si trovava nella situazione piuttosto inconsueta di poter ritirare le proprie unità e la propria divisione dalla battaglia e tornare a casa. ...Una deliberazione politica della quale non ho mai sentito parlare nella storia militare... e cioè il fatto che un comandante potesse ritirare le proprie truppe ed abbandonare il campo di battaglia. Questo fu il motivo per il quale si accettarono le condizioni di Freiberg, non si poteva perdere il suo appoggio.

DOMANDA:
Come ricorda quel tragico giorno?

Gen. EVANS BRADFORD:
...Oh, me ne ricordo benissimo.
Ero comandante e capo pilota del bombardamento del Monastero ed eravamo di base sull'altro versante della penisola italiana, vicino a Foggia. Si trattava di una missione molto breve, che chiamiamo "milk-run" (missione aerea effettuata con regolarità, N.d.T.), una missione facile, insomma. Quando ci avvicinammo a Cassino, al comando di 244 bombardieri, si vedeva il monastero in cima alla montagna che dava sulla vallata dove tutte le truppe alleate fronteggiavano i Tedeschi. Quando sganciammo le prime bombe, rientrai nel vano bombe: Le porte dell'aereo erano ancora aperte; si trattava di un B17, un quadrimotore da bombardamento pesante, e potevo vedere le bombe cadere giù e colpire il monastero.  Quando le vidi centrare ebbi la sensazione...ovviamente bisogna considerare che eravamo in guerra, e quindi cerchi di non farti turbare troppo da cose di questo genere e non permetti comunque che interferiscano con la tua missione, ma quell'evento ebbe un grosso effetto su di me perché eravamo abbastanza sicuri del fatto che ci dovevano essere molti monaci e contadini che avevano cercato scampo all'interno del monastero, e questo certamente ebbe un grosso impatto. Fu così che in seguito decisi di scrivere due libri su quell'avvenimento.

DOMANDA:
Quale ordine diede ai piloti della sua squadriglia quel giorno?

Gen. EVANS BRADFORD:
Ci incontrammo  intorno alle 4.30 del mattino e prendemmo istruzioni di volo dai  funzionari del servizio segreto. Ci diedero una stima della situazione... il monastero poteva essere occupato dai Tedeschi... oppure i Tedeschi lo stavano usando per fare fuoco con l'artiglieria sugli alleati appostati nella vallata.. Allora diedi istruzione a tutti i piloti delle diverse squadriglie di volare in formazione serrata, in altre parole volevo che gli aerei volassero il più vicino possibile gli uni agli altri - a 5 piedi di distanza da una punta dell'ala all'altra, perché ciò ci avrebbe consentito di concentrare le nostre bombe su un punto specifico del monastero e allo stesso tempo, nel caso in cui fossimo stati attaccati dagli aerei tedeschi, avremmo avuto una forte capacità difensiva. Un altro punto molto importante nelle istruzioni che diedi ai miei uomini fu quello di metterli in guardia sul fatto che gli americani, gli inglesi, i polacchi e gli eserciti degli altri paesi erano localizzati molto vicino al monastero, alcuni di essi a circa 1500 metri, e quindi bisognava evitare che le bombe colpissero le nostre truppe. Questo rappresentava un punto molto importante nelle istruzioni di volo che diedi a tutti i piloti che facevano parte della missione.

DOMANDA:
Da quale aeroporto siete partiti?

Gen. EVANS BRADFORD:
Decollammo da Foggia. Era lì che i bombardieri pesanti erano di base durante la Seconda Guerra Mondiale e sorvolammo la penisola italiana verso Napoli con il Vesuvio che era ben visibile, e rappresentava per noi un ottimo punto di riferimento; poi ci dirigemmo verso Capua, che era un nostro posto di controllo, in altre parole dovevamo essere là ad una determinata ora e ad una certa altitudine, pronti ad effettuare il bombardamento decisivo su Cassino. Circa cinque minuti prima del bombardamento, avevamo tutti gli aerei in formazione serrata e ci trovavamo all'altezza giusta per lanciare le bombe e passai i comandi al bombardiere della mia squadriglia, il quale puntò il monastero, che trovandosi a circa 1500 piedi al di sopra della vallata, è abbastanza visibile; quindi effettuammo una precisa manovra verso l'interno a una quota di circa 17000 piedi e nel frattempo tutte le altre formazioni di bombardieri stavano disposte in fila e partivano a 15 minuti di distanza l'una dall'altra, cosicché il bombardamento si svolse nel giro di circa 2 ore. Sganciammo le bombe e poi, come ho detto prima, tornai al vano bombe e vidi con i miei occhi le prime 12 bombe partire dal nostro aereo e colpire il monastero, e tutto questo è documentato su pellicola fotografica ed è la prova che effettuammo un bombardamento di grande precisione. Sganciammo le prime bombe, alle 9.30 del mattino.
Poi eseguimmo una virata a sinistra e facemmo ritorno al territorio alleato in pochi minuti, per cui fu una missione davvero facile sotto questo aspetto. Infine tornammo alla nostra base a Foggia.

DOMANDA:
Quali tipi di aerei parteciparono all'attacco?

EVANS:
In totale 244 velivoli, tutti quadrimotori,  bombardieri pesanti B17, i Mitchell B25 e i Marauder B26, di misura media. La nostra fanteria non riportò perdite nel bombardamento, e neppure la nostra forza aerea; non ci fu nessun caccia tedesco che scese ad intercettarci ed i Tedeschi non fecero fuoco antiaereo da terra perché temevano che in tal modo avrebbero portato allo scoperto le loro postazioni. Quindi non dovemmo subire l'attacco dell'artiglieria, e da questo punto di vista si trattò di una missione molto facile.

DOMANDA:
Ma il Vaticano non aveva informato gli eserciti di tutto il  mondo del fatto che il monastero e i suoi confini erano zona demilitarizzata?

Gen. EVANS BRADFORD:
Sì. Presumibilmente c'era un cerchio, sulle carte geografiche, che era stato tracciato intorno al monastero allo scopo di indicare il divieto di bombardare o di fare fuoco con qualunque tipo di arma al suo interno. Ma tale divieto non durò a lungo, fu ben presto trascurato. Successivamente, non so come, venne fuori che non c'erano Tedeschi nel monastero ma solo un migliaio di contadini che vi avevano trovato rifugio... si trattò di una scoperta molto spiacevole.

DOMANDA:
Secondo lei per quale motivo nessuno prestò attenzione all'invito del Vaticano? E' possibile che qualcuno pensasse che i monaci si fossero alleati con i Tedeschi per attirare l'esercito anglo-americano in una trappola?

Gen. EVANS BRADFORD:
No, non lo credo possibile... stiamo parlando dei  monaci Benedettini - si tratta della Chiesa Madre dell'Ordine dei Benedettini -  e la loro testimonianza nel corso dei secoli è sempre stata una testimonianza di pace. Non avrebbero mai accettato una collaborazione di questo genere, ne sono certo... Sono assolutamente sicuro che non sarebbe mai potuto accadere.

DOMANDA:
Riflettendo... dopo tanti anni, come spiega che tutto ciò sia potuto accadere?

Gen. EVANS BRADFORD:
A quell'epoca, secondo le informazioni segrete più attendibili di cui eravamo a conoscenza, i Tedeschi avrebbero occupato il monastero per poter puntare l'artiglieria contro gli Alleati e molti ci credettero... Ma altrettanti, che poi dopo la guerra sono diventati ufficiali di alto rango... alcuni sono generali... furono contrari al bombardamento. Tuttavia, come sempre accade, è il militare di più alto grado che ha l'ultima parola e questo fu proprio ciò che accadde. Anche se fu una ultima parola che contrastava con la loro volontà intima, il Generale americano Mark Clark infatti era contrario; ed anche il generale Montgomery delle truppe inglesi, si piegò, dicendo: "Se è necessario dal punto di vista della strategia politico-militare, dobbiamo farlo, ma sono personalmente contrario".
Il bombardamento fu una decisione soprattutto politica.

DOMANDA:
Lei era a conoscenza di quale fosse il valore storico del Monastero per la cultura occidentale?

Gen. EVANS BRADFORD:
No, fu solo dopo il bombardamento che divenni consapevole del grande contributo che aveva reso alla civiltà.

DOMANDA:
Fu detto che gli anglo-americani avrebbero potuto vincere la battaglia di Cassino senza il bisogno di bombardarlo, aggirando l'ostacolo. Perché non fu presa in considerazione la strategia del generale Juin?

Gen. EVANS BRADFORD:
Sì, questo è un altro punto problematico. Il Generale Juin aveva occupato la zona montuosa che circondava Cassino, avendo a propria disposizione asini e muli che potevano trasportare gli equipaggiamenti su quel terreno estremamente roccioso ed a picco sulla valle. Le sue truppe da montagna erano state appositamente addestrate ad effettuare operazioni militari in quelle particolari condizioni. E lui, con l'esperienza di ciò aveva elaborato un piano per accerchiare il monastero e Cassino... consisteva nell'oltrepassare le montagne e ridiscendere dal versante nord per poi ricongiungersi alle truppe che erano sbarcate ad Anzio e proseguire per Roma, ma purtroppo il suo piano venne respinto.

DOMANDA:
Ha mai pensato che, dal punto di vista strategico, il bombardamento di Cassino fu un errore?

Gen. EVANS BRADFORD:
Sì, penso che fu un errore... per le macerie causate dal bombardamento... che i tedeschi utilizzarono a proprio vantaggio e, naturalmente... per tutti quei morti... a la gente che c'era dentro. Non sapevamo esattamente quante persone ci fossero, eravamo sicuri comunque che c'erano parecchie centinaia di contadini, ...e certo, quando ero al comando della formazione aerea pensavo che lo scopo di quell'azione sarebbe dovuto essere assolutamente risolutivo per vincere la battaglia altrimenti non si poteva giungere a sacrificare così tante vittime. No... no. Ho sempre pensato che si sarebbe potuto evitare. E' stato un errore terribile!

DOMANDA:
Pesarono molto gli errori nella Battaglia di Cassino?

Gen. EVANS BRADFORD:
Beh, se considera che la campagna di Cassino durò cinque mesi e che ci furono quattro battaglie importanti che ebbero luogo in quello stesso periodo, è assolutamente impensabile che un'azione militare di così ampio respiro si sarebbe potuta portare a termine senza un margine di errore, e di errori ne furono fatti... Durante la stessa operazione contro l'Abbazia per esempio, alcune  granate -quelle sparate dalle navi- caddero proprio sul nostro versante ed uccisero alcuni soldati delle nostre truppe oltre ai contadini che si trovavano nel monastero.

DOMANDA:
Dopo un attacco, un pilota è in grado di valutare l'efficacia della propria azione?

Gen. EVANS BRADFORD:
Beh, per quanto riguarda l'efficacia del bombardamento, fu effettuato con notevole precisione. Le nostre bombe caddero proprio in mezzo al monastero, quindi non c'è niente da dire al riguardo, ma questo non basta a giustificarne l'esito finale.

DOMANDA:
E qual'è la reazione di un pilota quando spinge il bottone e colpisce un obiettivo?

Gen. EVANS BRADFORD:
Beh, a quell'epoca si trattava di un dovere militare che dovevamo compiere e quindi tutta la nostra concentrazione era diretta solo in quella direzione. Quindi credo che, nel mio caso, quando vidi le bombe cadere e colpire il bersaglio... fu solo in un secondo tempo che ebbi una reazione...è difficile riportare alla mente questi ricordi dopo tanti anni, ma ricordo distintamente l'effetto che quell'episodio ebbe su di me.

DOMANDA:
In quale momento il generale Clark ebbe la certezza di esser riuscito a superare l'ostacolo di Cassino?

Gen. EVANS BRADFORD:
...Durante la Quarta Battaglia - quella che si svolse nel mese di maggio; ...in cui i marocchini riuscirono a penetrare attraverso le linee tedesche sugli Aurunci... e poi l'avanzare graduale delle forze bloccate a Cassino fino a loro ricongiungersi con quelle di Anzio. Fu un sollievo quando insieme marciarono verso Roma.
Ora, fortunatamente Roma fu dichiarata città aperta dai tedeschi e per questo non dovette subire distruzioni; tutti i ponti rimasero intatti e gli Alleati impiegarono un solo giorno per occupare l'intera città riportando perdite molto esigue.

DOMANDA:
Tornando al bombardamento dell'Abbazia, lei, senza tema di smentite, ribadisce che quell'azione non fu assolutamente necessaria!

Gen. EVANS BRADFORD:
No, mi sento di affermare che non fu necessaria e credo che quasi tutti coloro con cui ho avuto modo di parlare la pensano allo stesso modo, ora che la storia ha portato alla luce questi fatti.
Alcuni monaci del monastero, alcuni sono ancora vivi (siamo nel 1994) tennero un diario estremamente dettagliato di quei giorni; quindi, dopo averlo letto, sono giunto alla conclusione che quella missione non era davvero necessaria.

DOMANDA:
Dopo la guerra è tornato varie volte a Cassino. Quali sentimenti prova nel calpestare quella terra?

Gen. EVANS BRADFORD:
Vede, quando ci tornai la prima volta, mi domandai quale sarebbe stata la reazione della gente del posto con cui avrei parlato. Temevo che avrebbero avuto del rancore nei miei confronti per ciò che avevo fatto, ma non fu così.  Furono estremamente cordiali e disponibili con me ...e così dal 1978 torno in Italia quasi tutti gli anni, e ogni volta stringo nuove amicizie. Ho un rapporto molto affettuoso con la gente di Cassino ed è qualcosa che mi rende molto felice, perché la prima volta che ci ero tornato avevo avuto molti timori.

DOMANDA:
L'ultima domanda che vorrei rivolgerle riguarda la sua attività. Lei ha appena terminato un grosso lavoro, quello che lei chiama il "Grande Libro" (the Big Book"); prima ne scrisse uno più piccolo, vuole parlarcene?

Gen. EVANS BRADFORD:
Sì, il precedente libro, che è stato pubblicato circa quattro anni fa, trattava soltanto del bombardamento del monastero. Il libro più grande è un romanzo storico che abbraccia invece la storia dei 1400 anni del monastero e si intitola "L'Abbazia Indistruttibile". Il motivo del titolo è che essa è stata distrutta ben cinque volte nel corso della storia dagli invasori provenienti dalle terre del nord, dai terremoti, da Napoleone e infine... da me, durante la Seconda Guerra Mondiale. Quindi il libro abbraccia tutto quel periodo di tempo e viene narrato in terza persona da un ragazzo, un contadino al quale San Benedetto, fondatore del monastero, concesse la vita eterna. Il ragazzo vi conduce per mano fino alla fine del libro. E' un romanzo storico, che parla soprattutto di  fatti eali... ho dovuto ottenere un'autorizzazione particolare per poter scrivere un romanzo sull'argomento. E' un soggetto davvero affascinante.