Galileo Galilei tra fede e scienza
di Roberto Colella
Correva l'anno 1616 esattamente il 24 febbraio quando il Sant'Uffizio sentenziava formalmente eretica la teoria copernicana, condannando dall'Indice i testi che avevano e che per il futuro l'avessero sostenuta e difesa. Galilei era dunque a Roma al momento della pronuncia inquisitoriale, e fu allora convocato dal cardinale Bellarmino che d'ordine del papa Paolo V gli ingiunse di non sostenere più il copernicanesimo. Questo monitorio intimato a Galilei alla presenza del commissario generale dell'Inquisizione Michelangelo Seghizzi, è all'origine giuridica del caso Galilei. Quando divenne pontefice Urbano VIII nel 1623, Galileo sperò nella revisione della condanna ecclesiastica dell'eliocentrismo. I due erano molto amici tanto che il pontefice lo ricevette ripetutamente in udienza. Urbano VIII chiese a Galileo le prove delle teorie copernicane. E così lo scienziato di Pisa si mise a lavoro su quello che sarebbe stato il suo "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo". In Europa incalzava la guerra dei trent'anni con le truppe protestanti svedesi giunte nella cattolica Baviera. A questo punto scoppiò una dura polemica antipontificia: il papa francofilo con il suo codazzo di scienziati dell'Accademia dei Lincei e Galileiani da che parte stava mentre l'Europa cattolica combatteva contro le potenze protestanti alleate della Francia? Fu questo contesto politico che spinse il pontefice ad atteggiamenti più cauti verso lo scienziato di Pisa che trovò le prime difficoltà nell'ottenere il nulla-osta ecclesiastico alla pubblicazione della sua opera tanto che spostò a Firenze la sede di edizione. Ottenuta l'autorizzazione alla stampa, il testo vedeva la luce nel febbraio 1632. Anticipato malignamente nei suoi contenuti al papa, ne provocò le ire: sembrava che financo l'emblema della tipografia fiorentina del Landini, tre delfini in circolo, fossero malevoli allusioni al nepotismo barberiniano. La diffusione del testo fu subito bloccata e si avviarono le procedure per l'intervento del Sant'Uffizio. Galileo con questo Dialogo avrebbe violato il monitorio di Bellarmino. Dopo una lunga dilazione per la presentazione a Roma di Galilei, il processo ebbe inizio il 12 aprile del 1633. Galileo all'inizio sembrò aver vinto su tutti i fronti. Infatti l'Inquisizione si trovò dinanzi ad un imprevisto: morti Bellarmino e Seghizzi del monitorio non esisteva alcuna traccia, e l'unico a poter ricordare era proprio Galilei che sosteneva essersi trattato d'una conversazione privata con Bellarmino. Così si dovette ricorrere a vie extragiudiziali. Ma il 27 aprile del 1633 Galileo, dopo un colloquio con Vincenzo Maculano nuovo commissario generale del Sant'Uffizio, decise per la resa vale a dire il riconoscimento dell'errore commesso nel Dialogo sostenendo l'eliocentrismo.
Cosa si saranno detti i due nelle prigioni del Sant'Uffizio? Ancora oggi l'interrogativo è privo di qualsiasi risposta.
Il 22 giugno del 1633 in abito penitenziale Galilei ascoltava la sentenza che dichiarava falsa e contraria alle Sacre Scritture la concezione astronomica copernicana da lui sostenuta. Udita la sentenza Galileo in ginocchio pronunciò la seguente pubblica abiura: " Io Galileo, figlio del q. Vinc. Galileo di Fiorenza, dell'età mia d'anni 70, consituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Emin.mi e Rev.mi Cardinali, in tutta la Repubblica Cristiana contro l'eretica pravità generali Inquisitori, avendo davanti gl'occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso e con l'aiuto di Dio crederò per l'avvenire, tutto quello che tiene predica e insegna la S. Cattolica e apostolica Chiesa. Ma perché da questo S.Off.o, per aver io, dopo d'essermi stato con precetto dell'istesso giuridicamente intimato che omnimamente dovessi lasciar la falsa opinione che il Sole sia centro del mondo e che non si muova, e che la Terra non sia al centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere né insegnare in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d'essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l'istessa dottrina già dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d'eresia, cioè d'aver tenuto e creduto che il Sole sia al centro del mondo e imobile e che la Terra non sia centro e che si muova. Pertanto volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e di ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me concepita, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li suddetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla Santa Chiesa; e giuro per l'avvenire non dirò mai più nè asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d'eresia lo denonziarò a questo S. Offizio, o vero all'Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò. Giuro anco e prometto d'adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo S.Off.o imposte; e contravenendo ad alcuna delle dette mie promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da' sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m'aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani.
Io Galileo Galilei sonetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma nel convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633".
Galileo fu condannato al carcere che era una sorta di odierni arresti domiciliari presso, l'ambasciata toscana a Roma, poi presso l'arcivescovo di Siena Francesco Bandini Piccolomini, suo amico e infine nella propria casa di campagna ad Arcetri dove morirà ormai del tutto cieco nel 1642.
Intervista al cardinale Paul Poupard attuale Presidente del Consiglio Pontificio di Cultura e Presidente nella fase conclusiva della Commissione di studio del caso Galileo istituita nel 1981 da Giovanni Paolo II
Cosa spinse Giovanni Paolo II a fare chiarezza sulla
vicenda e istituire una commissione di esperti?
In occasione del centenario della nascita di Einstein il 10 novembre 1979
il pontefice Giovanni Paolo II si chiese perché i due grandi uomini
di Scienza Einstein e Galileo che hanno caratterizzato e non poco la nostra
storia erano stati trattati così diversamente tanto che il secondo
ebbe molto a soffrire da parte di uomini e organismi di Chiesa. Il 1 giugno
del 1980 il papa venne a Parigi. A quei tempi io ero rettore dell'Università
Cattolica di Parigi. Così ci incontrammo e parlammo a lungo della
vicenda di Galileo. In seguito il 3 luglio 1981 veniva istituita una Commissione
Pontificia. La Commissione era articolata in quattro gruppi di lavoro.
Il primo presieduto dal cardinale Carlo Maria Martini relativo ai problemi
esegetici, il secondo presieduto dal professor Carlos Chagas e da padre
George Coyne per le questioni scientifiche ed epistemologiche, il terzo
da monsignor Maccarone per le questioni storiche e giuridiche e l'ultimo
da me in relazione alla questione culturale. Innanzitutto mi posi alcune
domande: cosa era avvenuto, come era avvenuto e perché era avvenuto.
E così cominciammo a studiare il caso per arrivare alla relazione
finale dopo più di dieci anni.
Perché Galileo Galilei rappresentò la sintesi tra
scienza e fede e non uno spartiacque tra fede e scienza?
Credo che la rivelazione e il sapere sono due campi per niente affatto
disgiunti. In un mio discorso alla Pontificia Università Gregoriana
il 14 maggio 2003 dissi che come è noto il pensiero illuminista
fece di Galileo il simbolo e corifeo della presunta costitutiva contrapposizione
tra scienza e religione. Galileo sarebbe stato la vittima della persecuzione
della Chiesa a causa delle sue idee. Oggi sappiamo che non è così.
Ben undici anni di lavoro della Commissione di studio del caso Galileo,
di cui gli ultimi come presidente di essa, mi hanno permesso di capire
meglio una vicenda estremamente complessa, nella quale si mescolano fattori
personali, concezioni filosofiche e teologiche. I giudici di Galileo commisero
un "errore soggettivo di giudizio", incapaci di dissociare una
cosmologia dal dato rivelato. Galileo ne ebbe a soffrire molto. Ma l'importante
è che Galileo, lungi dall'essere il precursore dell'ateismo moderno,
sia stato un sincero ricercatore dell'armonia tra la sua fede e le sue
scoperte scientifiche. Sappiamo che le sue proposte di interpretazione
della Scrittura, pur con i suoi limiti , rimangono un esempio che anticipa
di molto il Concilio Vaticano II. Penso che uno dei frutti di quella Commissione,
più che concludere la vicenda di Galileo, che rimarrà aperta
finchè ci saranno spiriti liberi, sia stato il recupero della grande
figura di Galileo come inscindibilmente uomo credente e scienziato geniale
che ha cercato la sintesi tra scienza e la fede.
E' vero che Galilei fu denunciato da "una persona pia"
in merito alla sua opera il Saggiatore in quanto contenente la teoria
atomistica che era in netto contrasto con la transustanziazione?
Mentre veniva pubblicato il Saggiatore moriva il papa Gregorio XV. Così
Urbano VIII grande amico personale di Galileo ascendeva al soglio pontificio.
Galileo dedicò l'opera al neo eletto pontefice. Contro di lui ancora
una volta Orazio Grassi scienziato gesuita che già in precedenza
si era scontrato con lo scienziato di Pisa a proposito dell'osservazione
e analisi di tre comete apparse nel 1618. Che fosse proprio Orazio Grassi
"la persona pia" che denunciò Galilei al Sant'Uffizio
per eresia eucaristica desumibile da alcuni passi del Saggiatore in tema
di atomismo che avrebbero potuto negare la transustanziazione delle specie
eucaristiche?
Non pensa che il cardinale Bellarmino avesse ragione quando sosteneva
di non voler un processo per Galileo? Egli sosteneva che è difficile
condannare un uomo di scienza. Fu una sorta di anticipatore delle teorie
di Popper?
Sicuramente Bellarmino era più rigoroso di Galileo. In realtà
il cardinale gesuita aveva percepito la vera posta in gioco del dibattito,
ritenendo da parte sua che, davanti ad eventuali prove scientifiche dell'orbita
della terra intorno al sole, si dovesse "andar con molta considerazione
in esplicare le Scritture che paiono contrarie" alla mobilità
della terra e "più tosto dire che non l'intendiamo, che dire
che sia falso quello che si dimostra".
Infine che tipo di uomo ci consegna la storia? E perché continua
ad essere oggetto di discussione?
Sicuramente Galileo e' stato un grande uomo di scienza. Ma era anche un
cattolico. Oggi continua ad essere oggetto di discussione a causa del
conflitto che si è sviluppato all'epoca e che ha contribuito a
farne un mito. Credo comunque che le Sacre Scritture ci insegnano come
si va in cielo non come è fatto il cielo!
webmaster Fabio D'Alfonso