Archivio poesia - poetry

 

 

DENTRO E FUORI

di Annalisa Rossi


Ho 43 anni. Insegno Latino e Italiano in un Liceo. Scrivo poesie e mi diletto a trasformare i metri della poesia classica nei ritmi moderni . Amo i gatti, faccio normalmente come hobby decoupage e ristrutturo oggetti di alluminio. Curo spesso testi di tipo pubblicitario ad una agenzia che si occupa dell’immagine e della comunicazione sul Web. Ho una figlia e un marito. Vivo nella provincia delle province, cioè Cuneo.

 

 

 


LA MANTIDE

Avvolgendomi
dentro un bozzolo
di dura carne,
ingoiando salse
succulente,
mi costruii
una corazza
perché
nessuno
sospettasse.

Irrefutabilmente.

Una che
prendeva strade
divergenti,
amalgam' amando
equilibri arcani:
orbite vuote
e sguardi di cani.

Immancabilmente.

Cesoie taglienti
sopra
i tuoi sospetti
io,
la mantide.

 

 

LETTERA

Ti scriverò quanto mi pesa
la memoria danneggiata
dal troppo riconoscere
segni o segnali inopportuni
o il distacco che necessitano
tutti gli eventi certi.
La mia pigrizia è lunga
e lenta la tua arguzia,
fatta di parole balbettate
e sospetti inutili,
di frasi rattoppate
e ansie sterili.
Ti scriverò del nuovo condominio
dove una regola impone agli inquilini
di soffiar la polvere
giù per l'androne delle scale
e di quanto,poi, essa si depositi
davanti a tutti gli usci.
Ti scriverò del giardino stentato
che sussurra parole d'amore
a tutte le finestre
e delle altalene zoppe
che si fanno appena accarezzare
dalle dite di bambini
già callose per le affaticate
parole degli adulti.
Ti scriverò come sia strano
che in mezzo a tanta desolazione
alla fine io sia felice.

 


LA CASA D'ASTE DROUOT-RICHELIEU

S'ammucchiano nelle "salles"
di Drouot a Parigi-the auction rooms-
oggi, lunedì settenovembrezero quattro,
cineserie e avori di secoli passati
sculture e legni e giade
che furono d'un assente tempo,
rilievi di messaggi lanciati già al futuro
e qui raccolti per farne ancora
motti di racconto.
Pellegrini del tempo,
cose che più di noi vivranno
senza stretti orizzonti
e senza aperture
che la loro durata
lasci immaginare.
Cifre segni testimonianze
d'un filo trasparente che lega noi
che li compriamo adesso
a un presente eterno
insieme a chi ancora li ebbe
o prima o poi li avrà.


Parigi,25,novenbre,2004

 

 

A MIA FIGLIA

Il metrò di Parigi ha un odore
di zucchero filato e di solfati
come senz'altro aveva la casa
della strega che attirò Hans e Gretel
nella storia che raccontai a te,bambina,
anni fa, su un treno
che dalla Défence
ci portava à la Gare de Lyon.
Ligne rouge-ricordi?-.
T'addormentasti quella volta
passato le Marais-Saint Paul.
Ed io, persa in te, t'avvolsi
in abbraccio che ti accompagnò
dal T.G.V. a Lyon.
Stesso odore d'allora,oggi,
misto, però, con quello della tua assenza,
figlia mia,
che vai da sola a incontrare
altri binari.
Solo abbracci virtuali
ti posso regalare
qui al mio posto, tra Balard e Creteil,
-in Paris-
domenica, zero quattro,
di novembre il sei.

Parigi,6 novembre 2004

 


ZURICH

Zurigo ha strade grandi come fiumi
e un lago che respira il suo rigore protestante
e facce arabe e cinesi che si prestano
ad un folklore un po' globalizzato
di ristoranti e take away.
Rotaie come fiumi in mezzo ai viali
e alle foglie a terra morte
in un ottobre dove anche la natura
si disorienta nel calore distratto
d'una stagione forestiera.
Guardo senza sporgermi
le acque dello See
riempito gradualmente dai vapori pesanti
e dal dolore di secoli.
Si riflette lì
un viso liquido
dove tutti i segni del tempo
onde e increspature si fanno,
mentre si sovrappongono i contorni
a quella silouhette di pesce nero
che scivola sul fondo.
Difficile capire come fui o sono,
piuttosto lì ritrovo-forse-
chi sarò,
quando, spenta la luce,
falena o pesce
-tanto chissenefrega-
sguizzerò.


Zurigo 24 ottobre 2004

 


LA LINGUA DELL' EUROPA

Il tedesco è una lingua d'angoli acuti che s'incastrano
secondo leggi euclidee in piani d'espressione esatti
e assai delimitati nello spazio.
Una lingua scritta la prima volta da un uomo
che vi tradusse la parola d'un Dio
già tradotta altre volte ad uso e consumo
della Storia e d'altri uomini.
Qui -alla Volkshaus in Zurich-
testimone forse di fasti musicali,
s'incontrano adesso parole
che alla fiera del tempo si svolgono,
appiattendo o arrotando in dolci suoni palatali
-celtici in memoria-
o in aspirazioni gutturali
-arabe di sicuro-
tutti gli angoli che cambiano in accenti
di latitudini lontane.
Un'Europa già nata bastarda
che s'ostina al suo centro
di vibrazioni gotiche,
non più declamate da nessuno,
e non s'arrende al suo destino
di madre plurigemellare
e di sangue e malattie
che vennero e vengono
da tutto un mondo attorno,
rendendola aperta ad ogni fede.
Lo vedo nelle facce
qui in Zurich
che si prestano affannate
ad una radiografia
di genetica e di storia
-di certo non omogenea-
di madri e padri

Zurigo, 24 ottobre 2004

 

LE COSE DELLA VITA

La pansè nel vocabolario di greco
messa lì chissà quale primavera liceale;
il collare del gatto che dormì
con te, bambina,
e che fu sepolto sotto
il tiglio del giardino;
la conchiglia sbeccata raccolta
su una spiaggia vuota
insieme all'amica di una vita;
la cartolina che t'inviasti
da quella vacanza così felice;
una scatola di fiammiferi
del Ritz di Barcellona dove
imparasti il ritmo dell'amore;
un bottone dorato
che fu l'ultima vestigia
d'un vestito consumato;
una foto di te, treccine nere,
con le scarpette rosse
sempre troppo strette;
l'orso sgangherato e mal succhiato
da te, cucciola e sola;
una lettera di tua madre
e la sua stola
che portasti un capodanno;
poi ancora caramelle mezzo masticate
e un imprimaticcio a punto croce
coi frutti dell'estate;
la scatola coi ciuffi di peli
dei tuoi cani
ognuno legato con un nastro di velluto,
col nome
-per non dimenticare-;
un salvadanaio per conservare
le lacrime più amare
e l'anello d'argento che
lui ti regalò
ossidato dal tempo.
Tutto è quello che sei stata
e t'ha fatta incantata
del mondo e della vita:
grandi occhi
che scrutano il sentiero
con l'emozione di che spera
ad ogni curva una ricca fiera.


Milano, 25 ottobre 2004

 


DELLA VOCE DELLA POESIA

Un emettere suoni inudibili ai più
per firmare un destino
- o fermarlo, chissà?-

Un rumore tiepido
di foglie intrise di gelo
come all'inizio della primavera
-o della Storia, chissà?-

Una sillaba che canta
gocce di vocali in bassa onda
un boato acuto e rovinoso
che scalfisce il cuore
col diamante
di tutte le consonanti tonanti;
o forse é una sola
tempesta di respiri
liquidi e nasali
d'una natura luminosa e bianca.

Bra,12 dicembre 2004

 


LA SIBILLA

La Sibilla mostrò
la luna piena e quella calante
nel palmo delle mie mani aperte
a raccogliere le tue avide
domande.

T'indicai per questo
il tempo e farfalle
con i loro colori evanescenti
e i sentieri delle ombre.

Fosti tu a negare
tutte le stranezze dei tramonti
con le loro scaglie argentate di stelle
e la lontana fontana della giovinezza.

Mi cantò la Sibilla
il nulla quotidiano
nel prezzo della sposa
velata di bianco
con le sue
morbidezze infantili
e i miei milleduecento amori.

Il silenzio solo, dopo, sopportò.

Anche il mondo.
In ultimo anche tu.

 

 

L'AMADRIADE

Qualcuno le chiese
Dove ti piacerebbe stare?
Si guardò intorno e scorse il sicomoro
piantato là per pura decorazione
almeno a centinaia di kilometri
dalla sua vera casa.
Spalancò gli occhi
-in fondo un po' stupita-.
Erano millenni che
nessuno glielo chiedeva.
Rispose
Lontana dalle liti
e da tutte le polemiche.
Seguì la nuova luce.
Arrivò al giardino
del suo ontano centenario.
Lì, seduta a terra
appoggiata al tronco
sodo e duro fu con soggezione
che riuscì a riposare
all'ombra fresca delle foglie
alla fine sostenuta
dal legno profumato
e da una solitudine
decisamente intraprendente

 


LA CONCHIGLIA
omaggio a CONCHIGLIA DEL MARE
di C. Meireles.

Eccomi.

Pelle di madreperla bianca
e cuore di mare.

Io rosa delle onde.
Io lacrima di stella.
Io conchiglia.
Io chiglia di
uno spirito brulicante.
Io cellula di blu instancabile.
Io concavo recipiente
di un'anima liquida e instabile.
Abbandonata adesso
su una spiaggia di palme
mi attraversano
i granelli azzurri
della clessidra del mondo:
così consumo.

Mi tras-figuro
lentamente
e mi con-fondo
fuggendo
nel vento
che cor-rompe
il fianco mio
d'opale.

 

IL MECCANISMO

Ruota caterina,
nome da regina,
sostieni un ingranaggio
che si chiama scappamento.
Scappa, in effetti, il Tempo
misurato da un insieme
d'aste e viti "a cilindro"
o "a verga",dipende
se più giovani o più vecchie.
Ruota caterina,
con un nome che s'intona
al tuo essere a forma di corona,
regoli il tumulto delle ore.
Ruota il giorno insieme a tutto l'universo.
Il piccolo nel grande
senza importanza alcuna
nella macchina fantastica
che muove tutti i mondi.
Eppure é il piccolo che sa il grande.
Al contrario-ahimé!-
é solo la sobria ignoranza delle stelle.

 


LE SPERANZE

Guarda il cielo-disse la bambina.
E' azzurro come gli occhi del lupo delle nevi-disse la ragazza.
E' una pattumiera di nuvole-disse la donna
con la gonna a pieghe.
E' senza riposo e senza orizzonti-disse la vecchia.

La bambina la prese per mano intrecciando margherite
raccolte a caso nel prato.
Guarda come sono delicate-le disse adagio.
Sono già come morte-le disse la vecchia.
Sono come le corone delle regine:d'oro e perle-disse la ragazza.
Servono tutt'al più per fare fieno-disse la donna con la gonna a pieghe e rientrò in casa.

Insegnami una preghiera per non farle morire-disse la bambina.

Non conosco preghiere, posso solo insegnarti speranze.
Spera sempre di vedere, sentire,respirare, desiderare,
sbagliare,amare con cuore ardito
e odiare con rabbia dirompente.
Spera di avvertire il rumore dell'erba
che cresce a primavera
e la musica delle stelle invernali.
Spera anche di trovare la traccia della volpe
sui sentieri dei tuoi sogni.
Spera soprattutto di sognare
e che ogni giorno non sia mai uguale all'ieri.
Spera nei figli
e che tutto ciò che t'accada sia sempre
come un'alba nuova.
Spera nel mare e in una amica.
Spera nel vento che cancella ogni malumore,
nella terribile forza della debolezza
e in un sonno ombrato dal nome
dell'uomo che possieda la tua anima.
Spera nel gioco e nella risata a denti aperti,
in mille amanti e un solo amore.
Spera nel pianto e nel dolore,
nell'orgoglio e nel pudore.
Spera in un'anima spettinata e in almeno una stagione
tutta adorna dal suo sorriso.
Spera nella grazia e nelle veglie felici,
nella vanità,nelle favole e nella fantasia.
Spera di vivere-disse la vecchia.

Bra,24 dicembre 2004

 


PER ANASTASIA,BALLERINA

Il pane era tagliato sulla tavola.
Insieme ne mangiammo,
ma non fummo sazie.

Quando t'alzasti
l'orlo della manica sfiorò il mio collo:
respirai il tuo profumo di verbena
blu magenta chiaro e i tuoi occhi neri.

M'impigliai nel tulle bianco
del tuo vestito da scena
e questo m'impedisce di dimenticare.

Adesso mi sfiori e mi sfiorisci
con il tuo silenzio
da volpe spaventata da chissà
quale cacciatore.

Vorrei accarezzare il tuo silenzio
e stringermi forte la tua parola muta.
La tua parola nuda.

Un altro addio mi costa
tutte le croste del pane
sulla tavola imbandita.

 


PER TE, ANASTASIA, BALLERINA

Piovono i tuoi occhi sperduti d'usignolo
sull'asfalto grigio della strada
mentre svapori sul palco della notte
danzando come uccello in cerca d'infinito
su un una musica blu come l'abisso di stella
della tua passione di vento prigioniera,
con le scarpette a punta come due frecce
rivolte inutilmente alla giusta direzione.
Linea bianca tu, sulla scena scura,
volteggi nei miei segni, Regina delle Nevi,
altera come la poiana, con piume esiliate
da un mondo che trascini come preda.
Oppure come riverbero d'arcobaleno
ti fai d'improvviso greve di colori
e, aperta l'ala del respiro,
ricadi voluttuosa e lentamente bella
sopra l'ultima nota.
Un lungo collo da cigno, in realtà, da sempre
ha fatto te dell'innocente musica devota
e d'ogni legittimo delirio di sorriso -ahimé!-curiosa.

 

NOSTALGIA D'UNA VOLPE

In quel momento esatto
la volpe socchiuse tutti e due i suoi occhi neri

-che cosa non darei per stare al tuo fianco
quando annusi le pietre in fiore-

e sperò d'intravedere
i cigni in mezzo al lago blu oltremare.

-vorrei adesso condividere con te
quella musica e il sapore del rimpianto-

Si lisciò la pelliccia rossa
che aveva voluto fin da bambina
e si gustò tutta la solitudine del bosco.

-desidererei portarti al pranzo di Natale,
per schiacciare con Te le noci, dopo-

In quel momento esatto
sulla destra della sua tana
la volpe scorse il falco
proprio mentre io indossavo
le mie ultime scarpette rosse
e il mio primo abito bianco.

 

RIBELLIONE

Ribellione
é guardare senza mai tremare
la rosa che fiorisce
e da bocciolo delicato
che riesce appena a respirare
apre al sole tutta la lussuria
di una corolla che si fa
suono di colore anche
nell'ora morta della sera.
Senza vacillare bisogna
rimanere ad osservare
ogni petalo cadere
e far di se stesso
cuscino di calore sulla
terra nera per svelare
un frutto di bellezza alcuna
nell'ora della morte,
che a dispetto dell'ombra,
sarà il pieno sole dell'estate
a seccare disperdendolo
giorno dopo giorno
nel vento del ricordo.

 

 

DEL LIBRO E DELLA PAROLA

Fu quando lessi il Libro che cominciai
a credere nella poesia.
NON PRIMA,NON DOPO.

Tutti eravamo come Adamo la prima alba
che per sentieri mai battuti cerca radici e foglie,
sconosciuto a se stesso e al mondo intorno
che, però, di lui si bea, esistendo poi di fatto
soltanto se pensato.
Strana veglia allucinata, quella di un Adamo
primodie, quando i lillà fiorirono
-e fu per sempre-
nel prato accanto ai meli.

[c'era una bambina che usciva di giorno
con occhi di fuso blu come il ghiaccio
profondo dei laghetti di montagna in pieno inverno]

Ogni cosa nominò, quell'Adamo giornouno
dalla luna al batterio,al monte.Vita e Morte nominò
dando un nome anche all'addio.

[la bambina aveva bacche di risa brillanti
e ritmi musicali di respiro che modulava
con tocchi lievi come bruma]

Nominò poi Adamo i sette oceani dell'universo,
i boschi lontani, la luce dell'abisso,
la donnola, il ragno, il bruco,
le lontananze dei ricordi, i desideri di gioventù,
i sogni dell'infanzia,le brevi gioie di tutta una vita,
le vane speranze, i ritmi dell'Amore.

[camminava, la bambina,su nera ghiaia,
sotto la spessa pelle della sua anima,
seminando a mano a mano idee in mezzo
al fango fertile della materia della sua
immaginazione]

Si riposò Adamo in mezzo alle cattedrali di parole
erette in un sospiro e sorrise a quello scheletro
del mondo .
Il passo successivo fu quello di aggettare
tra i nomi gli attributi, aggettivi come
ponti su fiumi.

[la bambina camminò fino al mare
e là, sulla spiaggia, cercò le lacrime
dell'oceano dove i morti vengono per un bacio
raccogliendo tutti i rumori delle loro storie]

Sillabò Adamo il suono delle azioni
che seguirono spedite,
mentre a mano si rifaceva l'anima,
nera oramai a causa di tutto quel nascere
per la magia della sua bocca.

[sorseggiò la bambina la linfa ambrata degli alberi
e respirò col cuore per poter cantare a tutti
i quarti di tono e le note di passaggio che
aveva intrecciato in macramé di segni
risuonanti tutti i nomi di quell'Adamo visionario]

Lessi e anch'io fui forza danzante.

 


LA VACANZA SUL DONAU


VACANZE 2004
LA CROCIERA SUL DANUBIO

Dipende da me
se scendere o salire sulla nave
in questa ora vespertina,
su questo fiume che di Blu ha l'onde
e l'odore di battaglie combattute
e di fanfare.
Dipende da me
-e da me soltanto-
scendere la passerella
che dal molo di cemento
mi porta a una reception di crociera
congedandomi dal resto
per vivere nell'eterna formula
d'una vacanza
che è "vacare" dal mondo consueto
per cercare il canale
del sogno o del niente o del perdono.
Non potrò mai sapere
se è meglio questo o quello.
Non conosco la totalità della lingua
che a Babele fu confusa
in rivoli infiniti
da un Dio mal dicente
di sé e del suo creato.
MAI SAPRO' LA SCELTA.
Eppure il passo sarà totale
come credere che quello
stesso Dio
possa in qualche modo elaborare
una recita o un monologo
per sé o per qualche eletto
da far innamorare.

Passau 21 agosto 2004

 


NON INSEGNARE E SARAI SOLO ECCELLENTE
(Leonardo, Pensieri)

Il fiume,
Blu per il suo essere Danubio,
si presenta in una possibilità
di forma e di sostanza.
Blu per la storia che racchiude cruenta
in questa dimensione d'esistenza.
Porpora fenicia l'acqua
che racconta favole millenarie
d'ambre e tetti e vele e stemmi e nulla,
falsificati INEVITABILMENTE nel presente,
mascherato da un se stesso ineguagliato.
I merli dei castelli antichi si fan vicari
d'una immedesimazione consapevole
che simula dejà vu a mo' d'anima immortale.
Ma sono solo balbuzie elettriche di neuroni
e chimiche celesti di cervello
che si scrivono memoria.
Dei dimidiati che aspirano alla fine
a un linguaggio di rune in nettare d'ambrosia
che parrebbe facile ad un higlander decifrare.
Impasse delle parole che faticano a descrivere
la mia, la tua e la sua storia, lente e sorde
come le acque del fiume MAESTOSO.
Non c'è mai uno stesso tempo
né mai un solo fiume,per quanto sembri.
Piuttosto nastri di pellicole molti
che una moviola dispettosa
gira indietro e avanti senza che,
se non raramente,intersecarli
in quell'unica immagine reale
che è musica di sincopi,come disse Montale,
o scrisse in metrica di suono Motzart, e poi,
distante appena qualche fotogramma,
JOHN LENNON e, anche-se vogliamo-
un certo Colt e Walter Closed.
Occulti celebranti-tutti-
di un progresso,di una CULTURA
che non è premura di pensiero
quanto cloaca di confine,
limes di opposti desideri,
sepolcro imbiancato d'ideali
che furono musica di pochi
e morte di molti.
COSA INSEGNER0' ALLORA AGLI OCCHI,
CHE MI SI SPALANCANO DAVANTI,
GRANDI?
Basterà un gnwqi seauton,
visto che nessuno
ha chiesto questo accusativo?
______________________________________________

POST.
*Perché:"L'acqua che tocchi dei fiumi è l'ultima di quella che andò e la prima di quella che viene: così il tempo presente.(Leonardo,Pensieri)


In navigazione sul Danubio 22 agosto 2004

 

 

LA CHIESA COLLEGIATA DI DÜRNSTEIN

Lo scheletro del santo Faustinus
coperto d'oro e tulle e pietre e perle rare
in gloria excelsis Deo et Verbum Caro
factum est broccatis argentisque.
Icona terrestre d'un dio
incarnatus de Spiritu Sancto ex Maria Virgine
in oro e splendore di sculture e marmi
Ecclesiae suae.
Gloria di stellati cori al cielo in ricami d'artisti
fanno l'intonaco anche santo e raro.
Hoc est enim corpus meum.
"I.N.R.I in croce"offerens calicem sacerdos
aquam benedicens dicit
con profusione di miniate scritture
incomprensibili ai più
che vennero e ora vanno.
Dal rosone entra LUMINOSA
la presenza di quell'Iddio
per cui tutto qui brilla.
Solo il campanile
in vezzoso barocco teresiano
fu BLU per una svista
di qualche Inquisitore.
E' pur sicuro
che una sola pietra o corona
del teschio
potrebbero far crescere
un uomo che non può.
E la vita a te è sacra,
signore delle guerre clandestine!
AH!Agnus Dei, qui tollis omnia peccata mundi
MISERERE NOBIS!


Durnstein 23 agosto 2004

 


EHEU EHEU, FUGACES, POSTUME, POSTUME……

Postumo, già di nome,altro non fu che un dopo.
Come la via in fuga,sempre un passo indietro
all'andare del battello.
Come te,per cui io fui pergamena da scrivere
con stilo intriso d'un inchiostro
che si disse anche simpatico.
In realtà mentre sul ponte della nave guardi con me
la postuma fortuna della gente che si perde nel volto impersonale di tutti i tuoi passati
-un volto oliva e di limone giallo-
non so dirti se alla luce di candela o fuoco
troverai le tue parole.
Questo perché non so chi sono
e amo cancellarmi per esser sempre
disponibile alla penna.
Tu sei arte di Rinascimento
assai precisa per muscoli e colori
-uomo vero-
centro di un creato
di cui l'identità, però, a me sfugge.
Solo a volte
-ma non posso nemmeno dire attimi-
ci colgo il mio destino d'anima dannata.
Anche dentro a te che, fatto da un iddio
a lui uguale,giovane per sempre,
stai attaccato al gruppo
che ricompone sempre la sua fila
dietro a una guida ciarliera
di stronzate della Storia,
come gazza o anatra nello stormo
che il Donau sorpassa in volo.
Per me sempre meno la Storia,
più le pietre e le lapidi han valore
perché restano -pur se consumate-
a martirizzare il Tempo che è passato
e l'Iddio cieco che le ha create.
______________________________________________
POST.
#fu un silenzioso passaggio d'Eolo scontroso che ispirò questi versi
#fu uno stormo, ma non in volo sulla taiga
#fu una piuma intravista mulinare dentro il mio cuore

Navigazione sul Danubio 23 agosto 2004

 

 

IL PONTE RÖSENBRÜKEN

Nuvole trafelate ripercorrono
all'indietro la corrente del Donau.
Ti amavo-pensai-prima,indietro.
Ah! Quanto t'amai
prima di rammentare
che non esiste maggior piacere
del barare in un solitario
dalle carte un po' gualcite:
coppe, ori, bastoni e spade.
Le stesse che trafissero
il cuore di una Maria di legno,
in una chiesa di provincia austriaca
ai confini con il nulla
-di cui subito ho scordato il nome-.
Vedi ora andiamo per
lo splendor d'un sole di puntini,
invisibili cavalieri d' un futuro
che qui sul fiume millenario
sono ponti di cemento
e tiranti immensi
colorati d'un blu oltremare
con una rosa su questo
non di malta o creta ma di ferro.
D'altro canto il Rösenbrüken
non è un'utopia:
è un dinosauro preistorico
che sarà presente senza disturbo alcuno
per ere imprecisate dopo la mia avventura
di globulo d'acqua e idrocarburo.
Ti amavo-pensai ancora-
o in te m'amai,dolce memoria
di cenere d'oro che s'è sparsa nei
crepacci della vita vuoti di parole?

E poi-di colpo!-il lampo, il tuono,
il sospiro d'un dio
che sonnecchiava nel riposo eterno,
m'ha ridato questa fiduciosa superbia di me
che corro sempre parallela al mondo delle rive
su questa nave scuola,nave albergo,nave nuova.

Ti amai forse perché sicura di trovare
in te il riposo,di divenire muta talpa
da usignolo che fui,ferita dalla spina
in pieno petto.
Ma -ahimé!- ,ignaro, uno Zeus furbo
Procne trasformò in rondone,
senza possibilità non di suono o canto,
ma di parola.
______________________________________________

POST.


#ad un amore che fu
#alla me stessa che é triste quando c'é perché non riesce ad amare abbastanza
#alla me stessa che é triste quando non c'é perché é l'unico individuo con cui ho un passato
#alle navi che salpano per le crociere transoceaniche
#ad un corso di latino rinascimentale in quel di Oxford cui rinunciai
#alla mia amica Grazia che ha studiato da oculista, ma non è che ci veda poi tanto meglio!


mattina del 24 agosto 2004
in navigazione sul Danubio

 

 

BUDA E PEST

Pest se ne sta sospesa a due stelle
con il suo real palazzo,grazie una fune doppia
d'angelo e cattedrale,
come un' altalena un po' sbilenca
che un vecchio nonno costruì per il nipotino
al tiglio del giardino.
Nessuna increspatura sul Danubio,
ma gabbiani e-stranamente-
anche un salso odor di mare.
La gente, tanta,
-ma senza il rumore rancoroso
che si respira e si tasta
nelle vie d'altre urbanità-
s'accalca a Buda verso il Parlamento.
-This building is in new gothic style-
dice la guida gettandomi
nel più nero degli umori mali.
Credevo fosse una vestigia antica
non un'altra maschera,una farsa, un simulacro,
una simulazione-virtuale no-ma muta.
Entrando è tutto un luccichio d'oro
-quarantaquattro kili ne son serviti
per fare quell'effetto da Astoria Warloff-
e al centro esatto v'han sistemato
la Corona Sacra, chiaro rifacimento
o assemblaggio di pezzi
provenienti dall'Italia e da Bisanzio.
Un'altra commedia di provincia
cui guardie repubblicane
presentano quotidiano omaggio.
Un clichè anche l'atto,allora,oltre che l'oggetto:
una sorta di commedia d'arte che cattura invece
tutti gli altri occhi,incantati davanti
allo spettacolo,fissi nell'istante,
storditi quasi da quell'effetto
disneyland- molto americano-
come davanti ad un sogno.
Allora credere è sognare
o l'incontrario?
E Shakespeare ha ragione
a scrivere GOD per Dio,
visto che cambia poco
a leggerlo all'indietro?
______________________________________________

POST.

#a Pest,dove sognai anni fa una sera di giugno di volare
#a Buda, dove mangiai anni fa un intruglio di paprika, trovandolo buonissimo
#a quegli"anni fa", quando incominciarono le mie 1000 idiosincrasie alimentari e le mie 1000 idiosincrasie sociali.


Budapest 25 agosto 2004

 

 

IL MATTINO DELLE CHIUSE

E' il fiume lento,regale,di ieratico passo,
a ricordarmi che esiste,anche se d'acqua,
un sentiero nel mondo,un senso e una corrente
che va ad un mare insieme alla nave della vita.
Ogni tanto una chiusa ostacola il silenzio delle acque,
tormentando con l'immobilità la sorte.
Poi un deus ex machina interviene e svuota
il bacino troppo alto gridando stentato
in un linguaggio
secco e storpiato che non intendo mai.
E'in quella sosta fittizia di corsa,di pensiero
e di intendimento che colgo l'ineffabile afasia
dell'uomo che, da quando parla,è muto.
Il mio vicino, cieco,mi guarda sorridendo,
forse perché solo lui possiede
una papilla apposta per il silenzio.
"Did you understand?"- gli chiedo -
invidiosa di quella sua totale consapevolezza
dei rumori e del loro indicibile contrario.
Ma lui si gira e dice: "And you, did you see?"
Allora mi rassegno all'inconsapevolezza
di suoni che insaporano ma non dicono,
se non un limite, una fine un approdo da un'ora.


In navigazione sul Danubio26 agosto 2004

 

 

L'ESPOSIZIONE -MUSEO DELLA CERAMISTA
MARGIT KOVACS

ECLETTICA.
Sumera, nubiana in mano greca,
che poi diventa la stessa arte bizantina
di prefiche di morte e Moire e qrenoi
e bassorilievi del Musaion-vita
insieme a Creta e Cnosso.
Tutto un Mediterraneo Eden d'ogni
iconografia che venne dopo.
Afrodite e la Madonna insieme
fuse in un 'unica donna figlia prodìga
che di verginità steatopigica fu feconda.
Immagine primigenia di quell'eterno
femminino,regalità d'ogni vita,
che fu temuto dopo più dell'ombra.
E poi San Giorgio e il drago
- Perseo bizantino su fondo oro-
e un normanno biondo
che fu Federico -o il suo santo-
in una Sicilia che lo fece
arabo per cultura, svevo per sangue
e di cervello già in pieno settecento.
Ecco che cosa ha raccontato in gesta
di ceramica Margit Kovacs:
una storia millenaria in materia
per quello che fu un orzaiolo
scoppiato nell'occhio dell'Iddio,
nato bruscolo rosso e poi in apparenza
pustola gonfiato.
In realtà uguale per sostanza a visi
a mani, a nasi,a copricapo a corpi interi:
un attimo di sofferenza di quel Signore
di sacrifici e sangue.

San Andreaz 26 agosto 2004(pomeriggio)

 

 

THE MELK ABBEY AND LIBRARY

Quello che alle formiche sembra l'universo
è il mondo nostro.
Nessuno sa se è tutto un gioco
di scatole cinesi o matrioske.
L'Abbazia di Melk è una torta viennese
da matrimonio di provincia enorme
a panna decorata con la lussuosa
sovrabbondanza d'ogni parvenu.
Un pavillon da ballo nei giardini
dipinto a tigri,donne e fiori d'Asia,
se ne sta a sostegno di quella fragolosa
rosità di forme senza uno scopo,
come del resto tutta la quotidiana
superficie del Donau che sotto sfugge
nel perpetuo panta rei.
Ad maiorem Dei gloriam fu starnutita
l'Abbazia da monaci riottosi alla fatica
del mondo.
E re e soldati dorarono le sue enormi spelonche
con sorprese barocche di marmi e legni.
Mentre cammino tra queste sale
-immense come corridoi dell'anima-
intravedo i fantasmi alle pareti di chi
-in excelsis gloria Deo-
sovrappose i decori per sopravvivere
a se stesso e ai giochi della vita:
ectoplasmi d'un vissuto ancora in atto
che si affaccia alla balaustra del pensiero
di questi benedettini esteti e ricchi.
Così nella biblioteca
-monumento dell'ora e del labora-
in mezzo alle polene di queste
baleniere di cultura che reggono indifferenti
nelle loro facce d'angelo dorato gli arpioni
immaginati di milioni di parole atti a catturare
bene altre coscienze ed immaginazioni dalla mia
-segata in due dal non esser Mater Dei-
si raggruppano scialuppe in ordinate schiere di pesi
su mensole insuperbite da tutta quell'immanenza
di alfabeti sacri.
Milioni di volumi in fila indiana,
amanuensi di se stessi,che non sanno, però,
l'unica, lunghissima,eterna e inutile parola
che diede inizio a tutto.
Una sala e una sola vita per raggruppar gli spifferi
dello spirito -Santo o meno che sia o fosse stato-
e molti stemmi che remano nell'oro
di questa libreria che è fiume e corrente
ad un tempo di parola,
ma senza un seguito di pesci,
piuttosto palude,fogna senza armistizio,
cloaca maxima d'una Roma verbale,
dove al Circo non s'alterna il pane.

Melk 27 agosto 2004

 


IN COLORE DI TERRA DI SIENA BRUCIATA

Tu che stai in equilibrio sul cuore
hai la stessa cicatrice sul dorso della mano
di quel magiaro che amai, cent'anni fa,
contessa austriaca,
in una tenda a Dubrovnik,
con occhi d'un lento blu oltremare.
Ne ho bevuto il ricordo molte volte
in un birra bionda gelata e senza schiuma,
quella che tu aborri perché non salta
agli occhi mai alcun geroglifico di solida
sostanza nel liquido sospeso
tra il Vetro e il Tempo.
Ho corteggiato per anni una fantasia
un salmone d'argento,
che da buon pescatore
avrei voluto s'attaccasse
a questa mia lenza della memoria,
ma che invece tenni a marcire
nella tomba di tutti i "FU"
-in colore:terra di siena bruciata-
E ora sul confine
d'un Austria repubblicana
la vita-cuoio che ha affilato
tutte le lame dell'anima-
trattiene ogni carezza sulle tue ferite,
così poco opportune.


Innsbruck 28 agosto 2004

 


BRIXEN
(Bressanone)

Palazzo episcopale d'una terra rivoltata
dalle virtù d'un Dio immenso
non per mole,ma per gli attributi
d'essenza ed esistenza.
EX IPSO ET IN TE IPSUM ET IN IPSO SUNT OMNIA.
Terra e cenere
-in colore:nero avorio mischiato a bianco piombo-
emergono in un cielo blu ardesia
con guglie di gotico ardimento,
pretenziose tele dell'immutabile
disegno che pare squadernarsi
per l'universo in ogni genere di ente,
poiché nessuno è creator di sé
o può dirsi tale.
Molti cardinali paludati dal mondo
d'oro siriano o bizantino,
-in bilico tra Iside e San Michele arcangelo-
si benedissero a vicenda le ossa nelle tombe.
Leggo le scritte epigrafate,
ora in un chiostro di chiara luce,
figlia anche lei del nulla,
uniche copie di corpi
che diedero la loro giusta parte
di carbonio, azoto, ossigeno ed idrogeno
alla Terra,in quel gioco
simile agli scacchi con l'ignoto,
che ha un nome che confondo sempre:
vita mortale o morte vitale.

Le case colorate,sorridenti nel loro rigido
ordo construendi
-o" vivendi": ma non c'è alcuna differenza-
sulla piazza intorno alla Chiesa centenaria,
da lei ricevon senza perdere,
in prodiga avarizia,un'attiva ed ironica
intenzione d'armonia in quell'incontro
impalpabile di stili e forme che le
rivelano solo per quello che non sono:
un tentativo della Storia
di farsi Inno
in opera o parola d'artista
o d'architetto o sacerdote
-tanto alla fine non importa-.

______________________________________________

POST.

***Attratta falena d'ombra
dalle ali di farfalla
movesti la tua musica
di tulle e destino
tra note di mistici spartiti
dove né il "la" né il "do"
erano in atto.

Bressanone 29 agosto 2004

 

 

AMOR OMNIBUS IDEM

 

 

ABSURDUM

Uomo che stai passeggiando nella mia vita
con un apoteosi di "ma"
hai scritto con il rossetto scuro
TI AMO
sullo specchio del bagno
che profuma dei Noi che siamo stati.

Si riallacciano da sole
le scarpe che portavo correndo
alla tua volta alla stazione
sulla collina di tenebra verde.

Noi due allora felici e paurosi per l'invidia del dio
camminammo per un lungo tratto mano nella mano.

Noi due adesso annusiamo anche l'ésprit de finesse
che cola dai buchi delle porte degli altri.

Noi due allora abbracciammo la vita
insieme alle nostre bandiere di vittoria.

Noi due adesso rammendiamo le tele
dei quadri che non abbiamo mai dipinto.

Si incrociano al largo sul mare
le vele delle navi con cui non salpammo.

Si chiudono le porte del labirinto di Cnosso
e Icaro non vola verso il sole.

E io mi muovo a passo di danza
all'interno di tutte queste parole
che sono ricci di mare.

E tu ti crogioli al sole delle lucertole
sorseggiando tutti i tuoi punti fermi
e le mie sonnolenze rapaci.

 


ALL'AMORE CHE RITORNA

Soffuso di sole,il viso imperlato
hai disegnato un orizzonte di fede,
con nuvole nuove e carezze d'amore,
per dare argenti e zaffiri al concerto dei miei pensieri.
Da un porto lontano sei giunto al mio porto
con la tua nave di secoli e la sua scorta d'onore.

Baldanzoso.

Bagnato di rugiada e luce mattutina,
accendi nella storia antica una storia nuova,
una svegliata memoria al ricordo assopito
e nuovi virgulti alla rosa canina di ieri.

Bello.

Scendesti dal molo da solo.

Non c'è sonora canzone che possa
imbrigliarti in nota di confine.
Un Amore Leviat'amo
che ingoia dove muoiono i sogni
dove la realtà riposa.
Se tu solo mi guardassi
ostinato in alta fronte ardito
insieme alla mia mano sboccerebbero le lire
e ciascuna corda saprebbe la nota da accordare.
Se tu solo mi guardassi rugiada pioverà sul mio grembo
e tremerà il tuo di nome in ciascun verso.
Perché solo tu sei stato poema alla mia mente
Increato ed insieme creatore.
_____________________________________________

POST.
#per uno sparviero di roccia
#per quell'uomo che possedeva la mia anima con cui non vidi albe
#per le mie mani
#per la mia bocca
#per i suoi pensieri di stamattina

 



L'AZZURRA ROSA DELLA NOTTE

L'azzurra rosa della notte già ai bordi
schiarisce lentamente
sfiorendo in un'alba impacciata.
Sulle sue foglie sdrucciolano le ultime stelle,
-lacrime che si incendiano d'amore vicino
al tuo sorriso nel mio letto-.
Corre veloce la notte a stenderle altrove.
Ed io, invece, sto accanto a te
perché adesso è l'orlo del cielo a incendiarsi
con lo stesso tuo sguardo bianco di fanciullo.
Frecce d'argento si fissano alle cime dei miei monti
e tu t'alzi trionfante come un profeta.
E il sole insieme.
Luce d'oro e di scarlatto sul tuo capo.
Tremolio di brezza sui campi,
mormorio di rugiada
sulle sperdute foglie delle mie viole.
T'apri nel tuo bagno di grazia,
saetti di luce nuovo come sei.
Si aprono a pupille le case addormentate.
Ti apri a corolla raggiante alla mia primula gialla.
Rami fioriti per le strade,gerani alle finestre
rosmarini nei giardini e uno sciame
di illusioni in ciascuna inferiata.
Carezze a metà come il sole sulle cose,
tu sulle mie cosce.
La campana che risuona preghiere incongruenti,
accompagna i nostri arditi respiri.
La campana dei tristi tocchi,
di quelli che non tornano più
oggi appare nuova.
Solo il mio cuore risuona ass'ordato
perché da morto ha suonato troppi "addio"
accordando con il vento le arpe delle piogge.
Vorrei berti, ma non posso.
Mi scivoli dall' incrinatura di questa coppa
dell'amore di lui che perdura.
_____________________________________________

POST.


#dedicata a chi fu con me nell'alba di quello che credevo un giorno nuovo
#dedicata ad un ragazzo che beveva il sole come i girasoli
#dedicata a chi non capisce
#dedicata ad un profumo d'anemone e limone insieme
#dedicata alla mia inettitudine
#dedicata alla mia ignavia
#dedicata al mio cuore frigorifero.

 

 


REIMS 23 AGOSTO 2003

L'eretta cattedrale,
svelta
nella sua architettura ogivale,
ricamata di nubi
l'ombra dei platani assalì.

FU IL MIO PENSARTI.

-era un rosso splendore la sera-

Udivo
il tuo lontano palpitare

- d'indaco la luce della luna
vestì i presentimenti-

Parlava il tuo silenzio
ed io ascoltavo
il volo alto degli uccelli.

-affilò su quel giglio di pietre
la porpora profumata
della mia malinconia-

 

 

RICORDANZE

I ricordi e gli anni s'ammucchiano
mentre abbasso un poco il mio cuore presbite
in mezzo a questa morgana
di fumosa inconsistenza
che é una memoria a nebbie padane,
cercando il quid definitivo
che sono sicura d'aver letto di sfuggita
una notte a Cavoretto,
scandita da nuvole d'argento
aggrappate strette a una luna saccente.
Fu un trapasso di blu o indaco
che m'induce ora a corteggiare
un'intuizione salata,
come i sapori che non ritrovi,ma sai.
T'amavo allora,
amando,così,d'amarti,
senza nemmeno pormi il problema
del tuo nome,tanto difficile da dire,
per una dissonanza interna di vocali
di cui nemmeno più ho memoria.
Se adesso provo a pronunciarlo
solo le mille insidie del diavolo e vischio
mi vengono insieme
alle sillabe sempre storpiate
o claudicanti del tuo nome.
Eppure fu il lampo di luna del tuo sorriso
avido
-sotteso al fiordaliso dei tuoi occhi-
che riuscì a convincermi a un'anarchica nuca
e all'alterigia dei riccioli.

Ma ora tutto ciò più non ritrovo
e in dubbio é la stessa tua esistenza,
che persa fu dietro un mare d'altri amori
di cui raccolsi messaggi in bottiglia
di naufraghi lontani,
richieste d'aiuto -per lo più-
senza indicazione né di parallelo o nome,
perchè spesso l'umidore dell'acqua
scoloriva l'inchiostro,
o perché proprio loro -i naufraghi-
d'esser tali sapevano a stento,
o anche perchè non conoscevano
lingua ch'io potessi decifrare.
Nessuna tua bottiglia- o cartolina, almeno!-
mai mi giunse a confermare quel baluginìo d'eterno
che tu, lupo d'altura,con la testa sul mio grembo,
nella notte di collina,-affidato a dita
capaci di tracciare speranze sul mio corpo-
aprendo palmi pieni d'aforismi,
mi convincesti che solo un dio
poteva averlo dardeggiato.
Mi lasciasti un'anima tatuata disegni tribali
e un cuore compresso che non si svolse mai
per paura di perdere memoria di te.
Adesso mi chiedo spesso chi e se tu sia stato
e non so ancora se diavolo petulante
o angelo sciancato.
______________________________________________

POST.
*A Tancredi
*A Edipo
*Al principe Andrej

 


"E Giove seguitò dicendo:avranno tuttavia qualche mediocre conforto da quel fantasma che chiamano Amore"(Leopardi,Storia del genere umano)

Amore in fame trasformato
penzolante sul balcone
con le surfinie viola
solo giravolte e gighe
suggerisci
TRAFELATE.

Amore in sonno trasformato
tra lini e percalli stesi
con i due soli della sera
solo sapori di cenere e aceto
accompagni
PROFUMATI.

Amore in sete trasformato
vacillante trai vapori
con maneggi di bauli
solo litanie di belle notti
tocchi
UBRIACHE.

Amore in esangue falce di labbra
trasformato
tra il peana di colline,
stanotte, onde di conegrina
spandi nei fuochi
dell'estrema offerta
di un estate.

Amore lontano
nel cuore della fiamma
di questa notte liquirizia
raccogli il ghigno lucente
dei fischi di legno
che si fanno figure di tango.

Amore sperato
-strofinaccio della felicità-
mi bruci alla pecegreca
delle tue occhiate.

Amore disgiunto
ti sfalsi
e ogni cuore preme
cieco
messo all'angolo a far da palo
in vizio e ironia di parole
in moto falsificato.
Ho un cuore per te Amore
(un cuore per uno)
il cuore di un re
che firma una Grazia
per dovere di gioventù

 

"I have a friend, but my sorrow has no friend"
POESIA DEL DOLORE E DELL'ADDIO

S'appende alla tua risata
la sera con questa
luna ricolma d'addii.

-micosi in tutta la mia anima-

Che frigida riservatezza
ha il rebus che ti ri-guarda
d'idolo nominabile.

-perché non ha calli il mio cuore?-

Calabroni dorati le stelle
livori di lampi
s'ammucchiano in concorrenza
con lo stormo
delle cavallette notturne
come un pensiero cianotico.

-ogni tua parte del corpo così esatta!-

Contrappesi di tutte le miserie-nostre-
s'affacciano ciondolanti alla diligenza
del tuo riso sgranato a rosario.

-addio mio pescatore di sogni!-

Riprendi nella mia sussurrata sentenza
"Addio! Ti amo!"
l'incipit giusto per un altra.

-ho spirito per accendere domani ancora mille fanali
ma un dolore stretto all'altezza del cuore senza più ali-

Decantano le parole frammiste alle intenzioni
che stanno incrostando le scuse in embrione
e la mia gonna che batte su caviglie ignote

-sei entrato in un'altra Chiesa di carne
a dire le preghiere!-

L'AMI?
PROFUMO D'ANIMA PERSA

E' una vena nera che scivola
nelle mie rosse strade di sangue.

 


NOTTE D'AMORE?

Un libro di zaffiro
scritto con le stelle del mio ardore
è la notte.
E tu che ricami il mio corpo
con l'ago del tuo amore
in gemmazione
hai bordato di blu ortensia
gli orli del mio cuore.
Adesso fioriscono verbene
nelle crespate alture
dei tuoi sorrisi
mentre una luna un po' burlona
come la risata di dio
passa da te a me
per ritornare a te:
una magia di colori e luci
è la notte.
Profumano le lenzuola
di rugiadoso arancio
mentre vibrano lunghe
l'onde d'una passione
ancora adolescente.


*a quando fu, poiché fu.
*all'arancio dei suoi baci
*alla mia fuga scivolosa

 

DREAMS OR REMEMBERS?

D'improvviso i corsari,i mendicanti,
tutti gli animali parlanti,
i meschini e i coraggiosi,
le principesse e i re,
i cieli, i mari, le città, i castelli,
le montagne, le colline e i fiumi,
furono parte del mio mondo vero
e non figure di libri
o fantasie di sogni da bambino.
Gente e strade che vidi
e volti che amai
si mischiano a ciò che ogni volta
avevo immaginato uscire oracolando
dalle pagine scritte
che mi resero esperta di una letteratura
di vita che, senza le parole degli altri,
sulle pagine di carta, mai avrei saputo.
Spesso, però, m'accorgo che il confine
tra ciò che fu vissuto nelle ore del mondo
e ciò che fu soltanto sogno di una o due ore
di lettura netto non è
e che il ricordo è inquinato ed inquietato
dall'immagine di un altro mondo
che si fissò a priori nella mia memoria
prima ancora d'averne verificato verità
o una qualche consistenza nel di qua.
Spesso mi chiedo anche, per esempio,
se davvero possedesti tu, proprio tu,
l'ironia o gli occhi blu di Tancredi
o il fascino ribelle dell'Holden giovane
cui comunque t'accumunai.
Oppure se fosti soltanto
un dotato ventriloquo
che capitò per caso mentre
volevo sentirmi ad ogni costo anch'io
angelica o vampira.
*Dove sei?
*In quale libro del passato prossimo o remoto t'ho dimenticato?
*Oppure in quale delle tante ipotesi d'amore t'ho perduto?

 

 

TRE FIUMI PASSAI

Tre fiumi passai
prima di trovare
le tre corde di chitarra
perse la notte
delle serenate di maggio.

Il grido del silenzio
non fu
che un'evocazione
del pugnale sonoro
con cui sfregiasti
il mio amore di passaggio.

Il balcone delle mie speranze
era fiorito di girasoli e narcisi,
ma alla processione
non attaccai il drappo di velluto cremisi
e oro antico.

Aspettavo il tuo turno e il mio
sotto la luna nera
per cantare quattro ballate gialle.

Un 'ode s'alzò dal coro delle vergini
che accompagnavano una Maria aggrappata
a un Gesù fanciullo dal cuore d'arlecchino.

Attesi nella notte
che il suono si stemperasse
e le note d'argentato mercurio
sciogliessero l'oro del tuo cuore.

Ritrovai al mattino solo dell'ottone muto
fuso con la polvere della strada.

 

 

Piccolo Poema della Storia
e della memoria

Quando t'aspettavo,
ragazza di pochi anni e molte perle,
e tu giungevi -rio abayo rio-,
insieme storie e sogni e parole e segni
tracciammo per cercare la forza danzante
del respiro e farne percussione,
canto d'amore.
Nei quarti di tono e nelle note di passaggio
ricreai l'indizio e il resto dell'oracolo
che il tuo volto m'ispirò- grandi occhi
di smeraldo e labbra d'ermellino-.
Nel bel mezzo ci fu la scelta
d'un percorso-quello dei boschi-
e le dita d'un bambino appena nato
allineate come spighe di grano ambrato.
Fu una lacrima d'oceano
e una resina d'alberi frondosi
che dettarono pian piano dentro me il canto
della creazione programmata insieme
alla ricerca nel futuro di quella prima parola
che fu telaio al mondo e lo fece Cosmo,
ma - ahimé - anche ordine supremo
di incongruenze ulteriori a se stesso e a noi:
due mani che cercarono unite
l'alba in ogni orizzonte a tutti i blu già sordo.
Poi ci inoltrammo dentro il labirinto a spirale
che evaporò ogni nostro desiderio
Pesasti la mia passione in passiflora
e inaridì la memoria d'Africa delle tue labbra,
così succose di baci e di velluti.
Adesso nelle mani stringo
una ghirlanda d'insinuazioni e mali,
da stendere sul cadavere d'un cuore
che pulsò e uno specchio pieno di rose,
così canine da ululare,
che a me per nulla rassomigliano.
Ti guardo ancora,
perso nella tua eterna giovinezza
senza ombre né riflessi nel vetro che mi porgi
- d'un bianco titanio acceso-
e nella tua immagine che a me non favorisce più
nessuna "absence" dal mondo,
mentre interroghi le pagine illeggibili
d'un libro sibillino che dovrebbe
consegnarti la formula numerica
della tua immortalità.
Io per me, invece,
spero che presto almeno i segni
che mi rendono simbolo marcito
e traccia d'un dio da baccanale
s'arrestino per darmi finalmente
quella lucida innocenza di gioco
al di là del confine d'ogni terra,
-il naif del sentimento-
che in colore è di certo blu ceruleo,
terra verde,oro rosa, giallo di garanza
e azzurro aurora, ma quello
che si confonde già con l'alba.

 

SARA' AMORE?

A Ginevra, oggi, sul lago
onde bianche come le tue bugie
costruiscono un ritmo architettonico
di tegole d'acqua a mo' di punte d'anima.
Arriccio il mio respiro per raccontare
le tracce trovate nella neve fresca d'un sogno
a te che guardi il vento arrotolare
cocci, pulviscolo e rottami
contro l'opulenta passeggiata dove
gli hotel vestiti Christian Dior
fanno sfilata.
Se uso parole ardite è perchè
ancora credo d'aver con te momenti
con un solo respiro e un solo cuore
come questo, mentre stringi forte
il mio dolore al tuo provando
a immaginare la zampa posteriore
della volpe che segnò il sentiero
del mio sogno foriero di tempeste
e blu come solo in un bosco l'ombra
può apparire.
Nera era l'alchimia della mia notte
passata,nera come la nube che
dal Mont Blanc s'affaccia adesso
lampeggiando in mezzo a questo vento
che artiglia il lago,insieme alle piante
e alle storie di chi si ferma o corre frettoloso,
che graffia con sibili appuntiti
i tuoi e i miei vetri di ragioni,
ma con echi troppo lunghi di spessori
scompiglia i miei capelli e scompagina
il tuo incedere solenne e calibrato.
Così, a causa di questa asma di dio,
ti vedo perdere pian piano tutta
la tua proterva imperturbabilità,.
Forse ti stai chiedendo per la prima volta
M'amerà?

 


UN AMORE SENZA MEMORIA

Ti amo-ahimé! -
d'un amore privo di memoria
che allestisce spettacoli solo
con guitti di provincia
e si bea alla fine
di posti in galleria.

Ti amo anche
d'un amore senza voce,
che mormora sempre
a capo reclinato
e che sibila piano
le vocali necessarie.

Ti amo poi
d'un amore senza sprechi
che mai piaceri trae
dalle cerimonie
del pensiero
e che rapido incarta
tutte le emozioni
e i cambiamenti.

-Una mano a questo punto
raccoglie il profilo scarno
del mio cuore
nell'ultimo mattino-

Una notte di papavero
ben presto
d'oblio un lento tappeto
getterà

 

A UN AMORE INVERNALE

Distenditi sul pendio innevato
della mia passione invernale,
azzurra stella della mia alba,
mentre ancora nessuna canzone
scuote gli aghi dei pini ricamati.
I ruscelli addormentati nel ghiaccio
non ti hanno ancora sentito arrivare.
Solo le tue tracce da lepre bianca
potrò contemplare scendere
verso il cespuglio limpido
dove il falco lontano
plana per aspettare.
_________________________________________

POST.
*alla lepre
*al ricamo del ghiaccio
* alla mia passione.

 

 

QUANDO TI PENSO

Quando ti penso non so di te ridire nulla,
sperduta nel tuo nudo corpo di ragazzo
nei tuoi pensieri umidi d'amore
e nei tuoi occhi blu pervinca chiaro.

Quando ti penso non so che dirmi, adesso.

Quando mi scostai- e fu per gridarti"Amore!"-
tu volgesti tutto quel blu acuto e raro
verso una voce che cantava una melagrana
aperta alla tua bocca disdegnata.
Quando ti cercai nello scherzo
della luce d'acqua della luna
trovai solo un'immagine riflessa
nella cascata della mia voce urlata.

-Profumava di dalia lentamente
la tua mano quando saliva
dal mio fianco al cuore, pronunciando
il mio nome come un ritornello sacro.-

Quando ti penso non riesco più a ricordarti tutto.

Per te ho rovinato più giardini.
Per te ho consumato giorni
privi di qualunque pentimento.
Con te ho confrontato ogni destino
e l'ansia di ogni addio.
E adesso che ti penso
- e non ricordo altro che il tuo
ciuffo nero e pensieroso-
mi confondo il sorriso da bambino
con tutte le bocche che ho baciato.
Solo di te, però, ricordo il penetrante e ardito
sapore di velluto scuro del respiro
sul bianco del mio collo reclinato.

 

TENGO A MEMORIA

Tengo a memoria i tuoi occhi veloci
sempre pieni d'anemoni e di festa
e le tue mani grandi così
nitide d'allegria e speranza.
Sento ancora il peso della tua
guancia sulla spalla
e del tuo assennato dolore.
Un sussurro di ironia
s'accavallava nel tuo sorriso,
così pronto a tutti i sortilegi,
mentre il rumore dei passi
adesso mi fa attenta a tutti
questi anni d'implacabili silenzi.
Indossai per te la mia gioventù
così bianca e trasparente
e scarpe allacciate sempre strette.
Se avessi ascoltato meglio
il cadenzare delle sere
con i pettegolezzi delle stelle,
t'avrei rincorso per guardare
da vicino il sopracciglio acuto
e il profilo inciso e fiero
con cui ora mi scolpisci
il cuore,
angelo forestiero.

 


CIELO DI NEBBIA/TERRA DI LUCE
ispirata a G.Lorca

Cielo di nebbia/Terra di luce

Un fuoco fatto di baci
s'apre a ventaglio
dalle tue dita
sopra il mio cuore.

Cielo di nebbia/Terra di luce

Tremolano di sospiri
i miei occhi
di te prigionieri.

Cielo di nebbia/Terra di luce

Si muovo lunghe
le tue occhiate di fiordaliso
tra le mie coppe di papavero.

Cielo di nebbia/Terra di luce

Chiama la tua voce l'orizzonte
azzurro dei miei vent'anni
e l'indaco dell'ombra dei tuoi palmi
ricopre di lucciole i miei sogni.

Cielo di nebbia/Terra di luce

Di narcisi profuma la mia anima
sperduta sulla tua schiena
di muscoli vibranti con le note dorate
di questo amore di rubate carezze
alla vita di ogni altro.

Cielo di nebbia/Terra di luce

Perché solo tu hai occhi di blu così profondi
come l'eco del mattino
e una voce di fiori così bianca
come il grido di un'alba soleggiata?

Cielo di nebbia/Terra di luce

Baciami i capelli, adesso, amore,
e rendi insonne di carezze il mio profilo.

Cielo di nebbia/Terra di luce

TU.

 


STORIA

Lei era come un bucaneve
nel suo velo bianco.
Lui le disse"Ti amo".
Lei guardò i suoi occhi
d'acquamarina scura
e vi scoprì le galassie
oltre Orione.
Per l'infinito che vide
gettò il velo
ai garofani e alla cannella.
Lacrime blu
scivolarono
dai suoi occhi
ghiacciate.
In mezzo alle violaciocche
lo lasciò,
camminando
sulla ghiaia della strada
e sui suoi anni.
Visse.
Con il cuore in silenzio
ripentendo a memoria
Alpha Centauri.

 


CON TE

Con te ho sempre fatto l'amore
su tappeti di croco e giacinto.

Per te ho intrecciato preghiere
di bacche e agrifogli.

A te ho cantato le nenie dei mille ritorni
e la certezza della malinconia.

Sul tuo corpo di giovane uomo
così misurato e nervoso
ho accordato i ritmi arcani
delle mie pause di tono.

Dal tuo labbro che mai vacillava
ho imparato a cantare alla vita.

Con i tuoi occhi potenti d'azzurro
ho scorto bambini costruire castelli di sabbia
e madri scacciare loro le mosche dal viso.

Solo perché t'ho amato.

 

PENSIERI

I miei pensieri che amano i tuoi
stanno a corteggiarli nel policromo
intreccio delle nuvole al tramonto.

Non desidero una vita ad alta voce
solo farfugliare ogni tanto
la melodia stordita che gocciola
in felicità di eco dalle stelle,
quando tu, come stasera,
con il blu oltremare dei tuoi occhi,
sottolinei il profilo scarno della luna.

Tutti i miei sogni diventano speranze
srotolate al tuo ricordo.

Si colora ancora dell'esatta
proporzione del tuo corpo
il tormento generoso ed ebbro
che consola questa vita
dove riesco appena ad intravederti
di tanto in tanto negli angoli
delle notti meno nere.

 

STANOTTE

Giunge la notte
a passi felpati da gatto
con occhi di tigre
che a mille rifulgono in un lampo
dentro un cielo che sorride
con una bocca di luna sottile.
Inutile dire
che vorrei poter amplificare
il rintocco delle ore stanotte
e dilatare ogni minuto
solo perchè sei qui con me
dentro il mio letto.
Sono ad un breve passo
dalla felicità
-quella rara-
che riesce
a non turbar nessuna eco
e passar
senza lasciare traccia alcuna.
Che toglie
in una volta sola
tutte le possibilità
di proiettare ombre
e dell'ulteriore ultima
parola.

 


APPUNTAMENTO

T'incontrai già in ritardo
ritardando ancora un poco
quell'appuntamento rimandato.

Nell'ansia dell'incontro
dimenticai le strade
e la memoria a fatica
mi sostenne nel percorso.

Fu piuttosto il desiderio
e l'olfatto ammaestrato
dagli anni trascorsi
più a sognarti che a vederti
che mi suggerirono le mille
giravolte del sentiero
fino al punto dove
te ne stavi annidato
ad aspettarmi.

La tua mano asciugò poi
con il velo di un sorriso
ogni mio ripensamento.

Al tuo capriccio abbandonai
ogni intima fierezza
e tutti i miei pensieri
che volavano a libellule
sopra uno stagno di paure.

E lì, alla luce di un tramonto,
che trascolorava adagio nel prugna
di una notte senza luna,
con te,
attraversai il ponte del ruscello
del mondo noto ogni strada
abbandonando.

Nel buio, dopo,
l'addio, ancora.
Appena sfiorato.

Un cenno con le dita
e un bacio ricercato
come una trina di san gallo
ricamata da una mano ardita

 

C'E' TRA LA TUA BELLEZZA
(tentativo di sonetto)

C'é tra la tua bellezza e il mio cuore
tutto il segreto desiderio delle rose nere
e i baci scivolati e privi di rumore
che mi hai sussurrato piano in queste sere.

Così,se fuori nevicano stelle,
le tue parole diventano di fuoco,
e la mia pelle bianca più non trema
al rigore del gelo della luce.

Bianca e nuda senza timore alcuno
nel mondo porterò
questo bruciante e tenebroso

tuo delirio che di chiunque
mi fa schiva e prossima
anche al mio stesso esilio.

 

MOMENTI SEGRETI

I momenti segreti che
profumano i giorni grigi
dove ogni cosa é pietra,
li porto dentro il cuore.

Sono quelli in cui alzo
il mio viso al tuo che tu
tu annusi come lupo
inconsapevole e feroce

Azzurra é l'attesa del tuo passo
aperto ad ogni sguardo mio.

Quando ti vedo così fermo
e apertamente bello
carezzare con gli occhi il mio
corpo nudo ogni enigma
o dubbio su qualunque dio
mi sembra svanire attraverso
la certezza del sentirti vivo.

Certo é che fa male
accompagnarti poi
alla porta della stanza
e sentirti scendere le scale.

Come quando canti una antica
melodia della tua infanzia
che da sola non sai più intonare.

II VERSIONE
(con Anastasia)

Porto dentro
momenti segreti
dove annusi come lupo
il mio viso al tuo,
inconsapevole e feroce.

Azzurra é l'attesa.

Ti vedo fermo
apertamente bello
e ogni dubbio su dio
svanisce.

Fa male poi
accompagnarti
alla porta
e sentirti scendere le scale.

Come quando canti una
antica melodia dell' infanzia
che da sola non sai più.

 


LA STRADA PER L'AMORE

Camminare, naso all'aria,
con passo sicuro e baldanzoso
di chi possiede il mondo
e non teme le risate degli uccelli
sopra i tetti delle strade di paese.
E senza alcuna nostalgia
bruciante di lontane primavere
bere beatitudine ad ogni angolo
di via insieme al profumo
bianco della malinconia.
Per questo anche non
mettersi il cappotto
in pieno inverno, riscaldata dal
di dentro dal racchiuso desiderio
del tuo corpo aggrappato al mio
ancora impaurito dalla gioia.
La mia pelle adesso è piena di farfalle
e arcobaleni mentre guardo
la finestra dove tu stai aspettando,
-ed eccoti dai vetri salutarmi!-
con uguale desiderio, la mia voce.


II VERSIONE

Camminare naso all'aria,
con il passo sicuro di chi possiede il mondo e non teme le risate degli uccelli sopra i tetti delle strade di paese.
Senza alcuna nostalgia,
bruciante di lontane primavere
bere beatitudine ad ogni angolo
di via insieme al profumo
bianco della malinconia.
Per questo anche non
mettersi il cappotto
in pieno inverno,
riscaldata dal racchiuso desiderio
del tuo corpo aggrappato al mio
ancora impaurito dalla gioia.
La mia pelle adesso è piena di farfalle
e arcobaleni mentre guardo
la finestra dove tu stai aspettando,
-ed eccoti dai vetri salutarmi!-
con uguale desiderio, la mia voce

 


E.........

E questo tuo partire.
E ogni incontro già presupponente la partenza.
E questo mio restare.
E ogni incontro già sotteso della mia presenza.
Il tuo civediamopresto.
Il mio arrivederci.
L'avventura.
La rassegnazione.
Il viaggio.
L'attesa.
Il porto straniero.
La nost-algia.
Qualche bar in altri continenti.
La colazione(sempre alle otto).
Le donne dai baci soleggiati.
I giorni di neve.
La pesca d'altura.
L'uomo di mangiamoacasa.
I fusi orari sballati e i malditesta.
La casa con le tendine di percalle.
Le mail torneròaspetta.
I fiori piantati ad aprile.
Gli anni che rendono miopi.
I fiori che sbocciano nella prima estate.
Le valigie perse in chissà quale aereoporto.
I figli.
I tuoi passi sul selciato,
mentre dal balcone esce una ninnananna
cantata sottovoce.
Il mio adessoétardi e dormelabambina.
Il tuo guardamiamore sonoinvecchiato.
La mia ruga accartocciata
e i tuoi cocchi blumarino.
Il tuo possofermarmi.
Il mio NO.
Il tuo ripartoora.
Il mio addio.
Il tuo silenzio.
La mia ninnananna cantata sottovoce.

 

 

NON SONO MAI STATA COSI' BELLA

Ecco: non sono mai stata così bella
da quando gli anni hanno addobbato
il mio viso come decorazione di una festa
Una ruga che scende ai lati della bocca
é la luminosa scia di una cometa
scavata dall'amore per tutti i miei bambini.
Ah! non sono mai stata così brella!
I segni che corrono paralleli
alle sopracciglia nere e fanno trina
bianca come neve
sono i cani che ho amato
e che ora corrono felici
aspettando il mio passo felpato
da gatto simile ai gatti veri che
con me hanno dormito le altre notti
della vita.
Tutte queste memorie d'amore
m'han fatto così bella
e come un gioiello unico
é la cartina geografica
della mia vita
scritta tutta nei meridiani
di righe del mio volto
paralleli a quelli del mio cuore.
Si!
Non sono mai stata così bella!

 

PER GRAZIA

Perchè noi siamo così.

Marinai di terraferma,
sirene di collina
se una collina mai
avrà driadi squamate.
Ci trasciniamo spesso
stentate e sporche
tra i filari e i noccioleti.
Oh! Ma gettaci in acqua!
Ci vedrai allora sguizzare
nella corrente del destino
argentate come lune
in fondo ai pozzi.
Noi che nella vita
abbiamo avuto
solo due mani insieme
e molti mali di famiglia.
Sorelle per decisione della sorte
o di chissà quale carma
o-al più-fortuna!

 


SILENZIO

Silenzio. Dato. Intuizione.
Ottuso. Sospirato. Improvvisa.

Note a margine.
Le tue parole.

Il muschio verde
e il profumo
azzurro carico
dell'erica.

L'Amore. La Disperazione.
Ri-perderti.

Sì.
Posso di nuovo.

Dopo.

Nemmeno una descrizione.
Piccola o imprecisa
della beatitudine
senz'ali.

 


COMETA DI NATALE

Le rose canine sono troppo permalose
per fiorire d'inverno-mi dicevi,
spalancando i tuoi occhi d'un blu quasi istintivo-
In mezzo a tutto questo bianco
chi le vedrebbe,chi le noterebbe?.
Poi mi spettinavi il cuore
arricciando tutti i sentimenti
con mani d'artista capace d'illuminare
con un solo imprevedibile colore
anche la più scura notte di tempesta.
T'amavo d'un amore profumato
che sapeva il tempo e la speranza
e conosceva a memoria la danza
calcolata dei pensieri.

Questo é stato ieri.

Oggi t'ho incontrato ancora
e t'ho visto vagliare
con estremo disappunto
i miei capelli corti e pettinati
senza più scompiglio.

Chissà poi come hai fatto
a far fiorire di nuovo
in pieno inverno
tutta quella babele di fiori
sul mio viso pallido dal freddo
e scrupolosamente austero?
Quale azzurra magia sollevò
ad uno ad uno i miei pensieri
e la disciplina del mio amore
gelida e fedele
da anni costruita apposta
sulla esatta simmetria
d'una goccia d'acqua congelata?

Passasti un'altra volta,
liquefacendo quel poco d'armonia
dello stato solido
d'idrogeno e d'ossigeno
da tempo reso assai perfetto
da certezze e appartenenze.

Bello e fragile
era il mio fiocco di neve.

Di nuovo tuo fu questo
ennesimo momento.

Tu, stella cometa,
d'un Natale
senza più Re Magi.

 

MUNCHEN HA UN SEGRETO

Munchen ha un segreto che non svela
in questa notte svestita dalla luna
negli angoli retti delle piazze
di cristallo antico per il ghiaccio
nella architettura classica e ricca
da vera torta bavarese.
Così misurando Maximilienplatz
scivolando sul selciato bianco
e sulla tua passione appesa
tra pensieri e baci gutturali
che mi canti a ogni portone
riesco a render vuoto ogni ricordo
di un'altra notte trillante
di luna e vento in piena estate
nei cortili aperti della Residenz
mentre ridevo di me stessa
davanti alla fontana del Perseo
e giuravo eterno amore
a un pittore biondo che mi
raccontava gli ori della Schatzkammer
in uno stentato inglese.
Munchen ha un segreto che non dice.
Forse é il modo in cui riesce a palpitare
d'oro dentro ogni facciata delle case.
Forse é nei bronzi verdi delle cupole
e nei fregi messi lì a confondere
l'occhio che s'abitua al rigore geometrico
di tutte queste strade.
Forse é nei miei due amori biondi
e nei loro sorrisi azzurri.
Maximilien mi guarda alto nel cavallo
eretto al centro con indubitabile fierezza
e tu mi sfiori piano il viso
per liberarlo dalla neve.
Il mio cuore intanto svicola e s'inciampa
nei tuoi sguardi di blu lieve

 

SULLA STRADA DEL NOSTRO TEMPO


SULLA STRADA DI ISFAHAN

Sulla strada di Isfahan
camminano i cammelli.

Sulla strada di Isfahan
rotolano i sassi mentre sventolano
lune assassinate e i soli mettono
a nudo le rovine.

Sulla strada di Isfahan
un pazzo e un ladro sfoderano pugnali
come occhi di vetro addosso alla polvere
che turbina insieme coi soldati
dalle gambe gonfie.

Sulla strada di Isfahan
raccolgono tesori i paso doble
sorvolando bambini morti invano.

Sulla strada di Isfahan
si vendono le perle degli orecchini
delle donne
ai cercatori d'oro dentro le loro tende.

Sulla strada di Isfahan
camminano i cammelli.

Sulla strada di Isfahan
vivono leoni, tigri e iene
ma nessuno lava le tue camice nuove.

Sulla strada di Isfahan
ho indossato un vestito nero
per guardare dritto il mio destino
e mondare la mia coscienza.

Sulla strada di Isfahan
mi sono addormentata senza sapere
chiudendo tutte e due le mani
per non sentir le bombe.

Sulla strada di Isfahan
ho mangiato solo aceto e fiele
all'ombra del crocifisso
dei miei ideali.

Sulla strada di Isfahan
ho ballato fino a cader
per terra proprio là dove
tu mi hai trovato nuda.

Sulla strada di Isfahan
ho lasciato partire tutti
i miei figli
mentre ti dicevo addio,
Padre mio.


II VERSIONE

Sulla strada di Isfahan
camminano i cammelli.

Sulla strada di Isfahan
rotolano i sassi
mentre sventolano
lune assassinate
e i soli mettono
a nudo le rovine.

Sulla strada di Isfahan
un pazzo e un ladro
sfoderano pugnali
come occhi di vetro
addosso alla polvere
che turbina
insieme coi soldati
dalle gambe gonfie.

Sulla strada di Isfahan
raccolgono tesori
i paso doble
sorvolando bambini
morti invano.

Si vendono le perle
degli orecchini delle donne
ai cercatori d'oro
dentro le loro tende.

Sulla strada di Isfahan
camminano i cammelli.

Sulla strada di Isfahan
vivono leoni, tigri e iene
ma nessuno lava
le tue camice nuove.

Sulla strada di Isfahan
ho indossato
un vestito nero
per guardare dritto
il mio destino
e mondare la mia coscienza.

Mi sono addormentata
senza sapere
chiudendo tutte e due le mani
per non sentir le bombe.

Ho mangiato solo aceto e fiele
all'ombra del crocifisso
dei miei ideali.

Ho ballato fino a cader
per terra
proprio là dove
tu mi hai trovato nuda.
Sulla strada di Isfahan.

Sulla strada di Isfahan
ho lasciato partire tutti
i miei figli
mentre ti dicevo addio,
Padre mio.

 


DE VULPE

Fui volpe nella tana
che stanarono i cacciatori,
ma anche sul sentiero
dove m'inseguirono
i guaiti dei cani
e volpe ancora
che si nascose sottovento
in mezzo agl'alberi.

Fui volpe comunque
e fui rossa
in mezzo a tutto
quel verde.

Mi feci martora
e mi rotolai nel sambuco.

Nacquero i miei figli
e nacquero volpacchiotti.

In un giorno di maggio
vennero i cacciatori e i cani:
in un giorno di maggio
mentre facevo la martora
insieme allo scoiattolo.

Li annusai abbaiare
urla gutturali,
li sentii arrivare
nelle uniformi rigide.

Mangiarono i miei figli
perché non riuscirono
a cacciarli.
Però li mangiarono solo
nel giorno del Signore.

 

GUERRA

Fischi di cotone
nevicarono sopra
le macerie delle case.
Secca bambagia
spararono i cannoni
delle guerre
dei mercanti.
Nidi immondi
rivoltanti di vermi
mangiarono
tutti i cuccioli.
Ed io
che correvo
cercando d'imparare
a nuotare
non capii, non capii
dove cercare
il primo turno d'amore.

 

 

QUASI UNA POESIA

Il ritorno che corre
come la luna impazzita,
rossa di tenebra,
realizza i Se tu….

Un commiato a guisa di freccia:
spara una raffica di mitra
nella notte.
[quasi un'elegia]

Un cantuccio del cielo
racconta la sua totalità di stelle
in mezzo al crepuscolo.
[quasi un carme]

Una madre rintraccia
il ricordo dell'ospizio di Ishtar
nella grande tristezza
della pinzetta del bucato.
[quasi un'epopea]

Sul piatto del cielo
Venere e Adone
disegnano fontane
per una costellazione
che ruota
noncurante.
[quasi un sonetto]

Cicogne di spuma rosa
abbandonano i portici
di Gerusalemme,
mentre un Dio inforchettato
ambisce al suo angolo
eterno.
[quasi una ballata]

Satiri occidentali
denudano le perle di Bangkog
nascondendo nelle crepe dei muri
tutti i non nati.
[quasi una canzone]

E io qui
sotto questo
Letè di seta nera
cerco una sirima
inquietante.

 


LE MOIRE

Uscirono le Moire
nel cielo di Uruk.

Guardaron le rovine
lasciate dai Sumeri.

Contarono i cadaveri
dei Palestinesi.

Si mossero a spirale
per guadagnare il mare.

Vestivano di bianco
per andarsi a sposare.

Cloto aveva filato
la stoffa con la neve
di tutte le vite tosate dall'odio.

Niente meno e niente più
Lachesi aveva misurato.

Ed i vestiti bianchi
arrivarono alle onde.

Atropo si fece avanti
-e nessuno potè evitarla-
danzando sulle acque,
camminando sulla spuma,
dove le spade di Dio
si spezzarono come burro
di fronte alle sue forbici.
Il mare le sposò
vomitando cadaveri
con occhi spalancati.
Vomitando cadaveri
con occhi di bambini.

 

IL CERCHIO SI CHIUDE

La circonferenza-sinonimo d'ogni perfezione-
non è l'eden sperato né la figura di dio.
E' piuttosto un moto blaterante,
suggerimento schizofrenico di celesti glorie
a suggello d'astrazioni sbrindellate.
La geometria-scienza di numeri e di piani-
ha una realtà circolare che si trasforma
in energia là dove ci concede il privilegio
della morte e la fede fiera nel dono del divino
che si fa cerchio, linea conchiusa in sé,
serpente tentatore a coda in bocca,
ruota d'un ingranaggio d'orologio
la cui spirale é il vuoto.

Quello che tu scrivi in segno zero.

 

TERRA DI DIO

Intorno un mondo scolorito,
fiorito in bianco e nero,
mentre il percorso che porta giù
nella Giudea
[ora Giudecca d'un Lucifero ambiguo
che non trova un dio capace
di comandargli né castigo né perdono]
è tutto puro fuoco,
regno vacillante d'un Diavolo
contestato, profanato anche lui
da una guerra sconsacrata.
Con le fauci spalancate
-ma dove sono, o Dante, le tre teste?-
Belzebù cicaleggia all'ignaro
gruppo di turisti dell'unico Calvario
che oggi a ognuno
è concesso di vedere.

 


LE TAVOLE DELLE LEGGI

Il roveto prese fuoco
mentre Morgana
intrecciava la sintassi
per disegnar l'Amore.

Un Dio distratto
sillabò
significati e significanti
ad un mucchio
di plantigradi sbadati.

Mosè incespicò
sotto il peso dei divieti.

Morgana sposò
la Terra al Re.

Le briciole dei VERBA
si schiantarono addosso
agli IDOLI.

La Terra inaridì
pur di far morire
il RE.

Morgana cercò
nell'astratto delle nuvole
la GLOSSA universale.

Le norme divine
infransero le bocche
delle donne,
digerendo SPERANZE.

Arrivarono insieme
le croci e le autoradio.

Sparsero nell'etere
sangue e suoni.

Mosè non s'accorse
che lo chiamavano
anchor-man.

Morgana cercò
le lettere che
s'erano disperse.

Voleva ricomporre
il mondo
evaporato
nella disciplina
degli integralisti.

 

L'AGGUATO E IL PROCESSO DELLA STREGA

Nell'ora stellata, che precede il mattino, la luna e la morte giocarono a dadi.
Il pioppo abbattuto, diventò di piombo, affondando nel madrigale dei grilli che s'alzava verso le stelle mute.
Il desiderio di lui le fece nascere spighe d'amore nel cuore e serpenti alle dita e alla fonte vicino alla quercia del corvo, lavò il suo corpo di cristallo, immergendo le mani dentro pensieri pugnali.
Nella grotta dei lamenti, aspettando l'alba, come sileno, lui giaceva, addormentato,mentre le sei corde del suo cuore zingaro vibravano tutte insieme, suonando alla processione del dio risorto.
-De profundis clamavi te , domine meo- cantò lei dalla fontana alla selva.
Lui si sentì in dovere di andarle incontro, ma era ancora scuro.
Portava una lucerna per scongiurar le foglie di stormire più piano, poiché
il canto delle driadi ha note solo d'oro cupo.
Seguì a stento il sentiero.
S'inciampò nella croce che lì aveva portato la Guardia Civil.
La incontrò allo stagno dove stornellan le cicale.
La vista gli bruciò per tanta inconsistenza.
La Driade, mora, dal tronco di sequoia nera, gli stese le mani per invitarlo al pranzo.
Lui annusò la mischia dei suoi pensieri e si sentì rapito dalle sue iridi di lampone.
Lei gli passò sul viso una lingua di ribes e gli cercò l'infanzia nel cavallo delle brache.
-Ode al Signore!- gli venne da gridare e la guardia Civil trovò la strega col sangue ancora da versare.
La presero per i capelli, tirandola via per il suo amore disperato.
La trascinarono sulla strada legandola col suo amore meraviglioso.
La spinsero colpendola, dritta nel suo amore, quello che non si lascia vedere.
La maledissero per le sue ferite d'acqua.
Lui lo rialzarono con le pacche sulle spalle, martire di Dio, bruciato dalla sirena.
Lei la trasportarono nella piazza del mercato, dove la legarono, con le oscure colombe della sua voluttà, alle bancarelle che vendevan pomodori.
Vennero in cinquanta per vedere le sue dita d'oro peruviano e ci fu anche chi cercò di staccargliele a morsi.
La Guardia Civil resistette ad ogni preghiera.
Così quando sorse il sole, lo spettacolo fu pronto.
Lui era in prima fila, ormai rassicurato, martire per la fede, incorruttibile soldato.
Lei quando lo vide gli cantò una ninnananna, fissandolo negli occhi.
Arrivarono i pellegrini e lui s'era addormentato,mentre i poliziotti dichiaravano che il cielo non s'era oscurato.
Le presero i pensieri, ma tagliavano come coltelli, così si limitarono a prenderle le mani.
La linfa che ne uscì fu il segnale per il macello: ognuno voleva un pezzo di lei per i suoi gerani.

_____________________________________________________

POST.
· perché di streghe ce ne sono state tante e tutte avevano occhi blu.
· perché all'amore non si comanda
· perché sembra un luogo comune ed anche un po' banale, ma è così
· perché nel nome di dio, qualunque dio, gli uomini hanno commesso le più terribili nefandezze e i più tremendi tradimenti
· perché nessuno ha mai avuto paura di queste atrocità, poiché le guerre se sono sante, così gli omicidi se commessi per dio, non indignano.

 


IL VIAGGIO DELLA SIRENA

Supina ho dormito fino a ier l'altro nel canale della vita
in mezzo a pesci- gatto miagolanti a una luna d'acqua ossigenata.
Quasi per incanto mi risvegliò un pesce-palla rimbalzandomi
con la sua nuova gomma-teflon sull'occhio del destino.
S'aprì una branchia accanto alle alghe di capelli
che avevano sussurrato per decenni il loro amore ai gamberetti.
Le lucide scaglie della coda sobbalzarono di sdegno
percependo tutti quei giovani muscoli che stavano lì attaccati da millenni.
Fu una pasta dentifricia partorita dalla moglie del capitano Grant
che m'aveva addormentato, cercando il suo spazzolino nel bagno dell'albergo
dove lui mi lasciò senza risposte.
Inarcando il petto per emettere un sospiro ingoiai la melma delle sue domande
che m'avevano dipinto di nero queste iridi turchine.
Nuotando fino al mare per rivedere il sole, trovai gocce di rubino
impigliate nelle reti dei pescatori.
Scartai la nuova Ansa che godeva di neonate Gilde di mercanti
e finalmente vidi le lunghe onde e i cormorani.
Smarrii la corrente dei ricordi e mi ritrovai sotto la stessa barca dove
la Speranza remava con l'Amore in un'orgia di flutti garantita dai Tritoni.
Balbettai un'angoscia incoerente nel vedere torpediniere e sottomarini
terra d'ombra naturale solcare come immense rughe di vecchiaia la fronte del mare.
Sul ponte di una nave riconobbi il capitano, dentro un sigaro d'acqua lo vidi guardiamarina.
Ne afferrai le prore per leggerci le parole quelle che non pronunciò, rifacendomi Sirena.
Cantai la nostalgia di tutti quei ritorni, abbandonati lampi di silenzio.
Cantai per lui che amavo, che mi raschiò via dal mondo in gesti e negligenze.
Non spararono i siluri -non quella volta-.
Si calmarono le acque, si mossero le orche insieme a maghi e dei.
Contemplarono il mio amore fischiato coralmente dai delfini,
il mio amore nato per gemmazione, colpevole di fiducia,
il mio amore per un uomo di carne e sangue e guerra,
il mio amore per un uomo con un cuore come garza di nebbia.
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POST

· perché "homo ispe sibi magna quaestio est"
· perché le Sirene cantano solo la verità
· perché "stipendium peccati mors"(S. Agostino-Confessioni)

 

 


LA FESTA DEL QUATTRO LUGLIO

C'era una nuvola che avvolgeva un mare di echi,
là, al confine delle mimose bianche.
I calessi dei Signori portavano le ragazze al ballo della vita.
Un vento giuggiolone alzava loro le sottane, sgonfiando i palloncini.
Le tube con i frac entrarono con sotto ai pantaloni i tacchi a spillo, appuntiti come stiletti,
per riuscire ad essere i primi a far centro nel paglione.
Giocarono in silenzio con sorrisi di formaggio e occhi di salame.
Giocarono alla morra con dita cotechini,
mentre le loro donne barattavano il profumo,
intrecciando silenzi con le note dell'orchestra.
Si mostrarono i denti d'oro e le facce di bronzo,
tirando i soldatini che attaccavano Fort Apache,
contando gli scalpi di tutti quei selvaggi.
Finirono alla grande, mangiando "du fois gras",
d'oche nutrite con l'imbuto.
Si leccarono le labbra, sfoderando portafogli,
gonfi come le gambe di mia madre.
Guardarono le stelle e i fuochi d'artificio,
dentro un cielo nero come i tuoi occhi aperti.
Stiparono gli applausi in guanti scuri come il peccato,
allungando le dita per toccare la luna,
bianca come il tuo volto di giglio addormentato.
Mixarono i gelati venuti dal continente
con i genitori che vivevano in Florida.
Sbirciarono sotto i tavoli per guardarsi le scarpe.
Non erano Gucci, ma non erano ricchi invano.
Ti pensai al fiume quando eri ragazza,
con i mocassini del bisonte e le trecce da puledrina.
Ti pensai danzare, con le gambe nervose,
girando intorno al fuoco, ululando come un lupo.
Ti pensai chinata, il viso contro il cielo,
mentre la luna rossa ti faceva d'ambra e sangue.
Ti pensai nel bosco, che correvi alla betulla,
saltando in mezzo alle malve, mia e lussuriosa.
Ti pensai addormentata, un profilo da montagna,
tanto era sempre fermo il tuo viso.
Ti pensai sdraiata in mezzo alla strada,
con il bruno della rosa canina che ti rodeva il petto,
gli occhi spalancati che cercavano il 4 luglio,
le trecce a raggiera come la corona del loro dio cristiano.
Misurai il tuo corpo sotto la betulla.
Cercai la mia storia, ma non la trovai.
Camminai lungo le strade, ammazzando i bisonti,
per arrivare qui, alla festa dei mercanti.
Stasera ho tre pallottole di cera e uno stoppino.
Accenderò la candela del ritorno, che, posta sulla finestra,
t'indicherà la via di casa.
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POST
· perché la storia si ripete e non è mai "magistra vitae"
· perché sono i più deboli che ci rimettono
· perché nessuno riesce più a indignarsi

 

UNDICINOVE
in memoria della strage delle Twin Towers

In altro modo celebrarono gli specchi ingannatori
dentro i monitor degli dei atzechi.
Due marinai spagnoli sulla riva delle piramidi abbattute
festeggiarono all'ombra degli aranceti secchi.
Non erano moriscos, né giudei convertiti.
Se andò il giorno col suo carico di mischie umane
e sangue e fuoco e bambini rimasti orfani
e lastre di cemento senza nome e atti di eroismo,
non da scimpanzé.
Tutti gli arcangeli,
che avevano in comune carnefici e vittime,
scesero a "ground zero" l'undici settembre del 2001,
per portarsi via tutte quelle anime.
INDISTINTAMENTE.
DEGLI UNI E DEGLI ALTRI,
PERCHE' UNO SOLO ERA IL LORO DIO.

Il martirio e la testimonianza della fede li portò tutti in Paradiso.
ACCLAMATI.
Ammone e Ishtar si rallegrarono.
Di sicuro non avevano colpe.
Odino e Osiride bevvero birra ed idromele
per essere diventati favola da tempo.
IMMEMORABILE.
Il re di Harlem celebrò il ritorno del sangue
degli schiavi in mano agli sceicchi.
Scorse a fiumi l'oro nero.
Fu la danza macabra degli scheletri
a riportar la morte dentro l'assassinio
delle folle in preda al vomito della "civiltà".
Città insonni per un attimo rifiutarono
le feste per la nascita di cristo,e di mohamed
( non li scrivo maiuscoli perché non han più dignità!)
Il notturno del vuoto s'insinuò nei cuori di
Voltaire, De Maistre e Khomehini.
Il problema nacque poi al cimitero ebraico di NY,
quando un Golem in rovina allontanò
tutte e due le tombe e il cane
che voleva morirci sopra.
Insetti viennesi ci ballarono vicino
un valzer a tre tempi.
La luna riuscì a fermarsi a contemplare il cozzo,
la morte e il cruore versato
e i corpi presenti e quelli assenti
insieme alle ninnnenanne degli adolescenti morti
in Palestina, suicidi in Israele,
dilaniati in Afganisthan, Africa e Iraq,
smembrati nei mercati mattutini di Sarajevo.

Le case minuscole nascondono adesso i sonni
e le preghiere delle donne brune,
le case coi rami nascondono adesso
le impossibilitate mani delle donne bionde.

Le comete rutilanti delle bombe intelligenti
spargono dio e amore sulle solitudini
di quattro mulattieri che tengon gli occhi a terra.

E terra,
TERRA
TERRA
TERRA
sottole nuvole frementi delle scie degli aerei
sulla sabbia dei deserti in mezzo al Medio Oriente.

E terra
TERRA
TERRA
TERRA
nella bocca dei soldati morti nel Medio Oriente.

E terra

TERRA
TERRA
TERRA
a "ground zero"
vicino ai grattacieli di NY.

E terra
TERRA
TERRA
TERRA
sulle sabbie di Bagdhag
dove i morti fratelli sono sepolti insieme.


POST
· perché la guerra di "prevenzione" al terrorismo è diventata una guerra e basta
· perché 2000 anni fa i Romani dicevano "si vis pacem, para bellum", ma sono passati 2000 anni e un bel po' d'Illuminismo, almeno in Occidente
· perché nel Vangelo è scritto "porgi l'altra guancia"

 

 


RIASSUNTO DELLE NEWS DEL TG SULLA GIORNATA DI GUERRA IN IRAQ

Quando il giorno spaura nella notte
le stelle per un attimo somigliano tutte
alle sputacchiate d'un Dio catarroso,
mentre cattedrali immense di canapa e cotone
ululano al vento orientale di Tigrit.

Granelli di paura e fame costruiscono spirali
dove asini di pezza portano tutto il basto
d'un dolore millenario e donne nere cercano
nelle pattumiere i fratelli morti sgozzati la mattina,
aspettando in silenzio il dio delle televisioni
per ricevere denaro del pianto sgorgato dalla morte.

Ognuna con un figlio al seno
vende lacrime per un bouquet di pane
da mescolare con le spine.

Lo show della guerriglia temporeggia
con la notte che scivola e non dice
il profumo dei gelsomini che sbocciano
nelle piazze.
E' un rumore lo sbocciare di quei fiori,
che si mangiano comunque in insalata
quella russa dei poeti e quella nera dei vampiri.

Il Signore delle Armi
ne produce, lì vicino, a centinaia,
mentre i suoi figli studiano in Australia.

Il Signore delle Pallottole
ne sforna, non lontano, a migliaia,
ma le sue figlie han sposato banchieri d'Asia.

Il Signore dei Pozzi,quelli scuri e profondi,
ne incendia lì sul posto proprio uno al giorno,
però tutte le sue mogli mangiano nei Mac Donald's.

I cani, intanto, insieme ai latrati delle bombe
diventano il richiamo per tutti i messia.
Contemporaneamente i muri si sgretolano
sotto le raffiche delle speranze gelate
infrante
come la neve e il ghiaccio.
In tutte le bocche le sillabe del diavolo
sussurrano ALZAEL.

Si alzano da soli tutte le sere i tramonti
a portare l'oblio
quale unica liturgia possibile di felicità
sulla terra d'Iraq

 


DELLA GUERRA SANTA IN IRAQ, AFGANISTAN E ISRAELE E DI TUTTE LE ALTRE

Sui confini della frontiera,
non la prima e non l'ultima si vestì il Sole a lutto.
Girammo gli occhi,
senza vedere la sposa con la dote di spine e sangue,
mentre lo sposo languiva,
BRUCIATO.
Furono occhi accesi di porpora cardinalizia,
quelli di Maria Maddalena,
quando ruppe il vaso bianco,
e, prodiga amante,
sparse l'unguento per bagnare i piedi,
asciugandoli con il suo respiro scorticato.
MAI PIU' UN GESTO.
DOPO.
Solo una valle di lacrime.
E là, sulla frontiera,
non la prima e non l'ultima,
ricca di mirra, aloe e benzoino( i profumi primi della Poesia),
oggi si respira il colore assoluto del dolore.
E Maria Maddalena, senza più un volto,
nascosta dietro ai veli dell'Islam
-figura da sola che conculca tutte le possibili
immagini di Dio-guarda verso i suoi figli, nella polvere senza nome
aprire le bocche per bere l'oppio dell'odio.
Intanto, gridando alle bandiere, in mezzo alla teakrana,
marciano silenziosi i guardiani dei porci.
In mano hanno i bastoni, in bocca hanno le bombe,
che portano la ragione, che cancellano la fede.
Sono amanti intransigenti, dalla pelle d'ogni colore,
mangiano tutti i giorni la manna del Signore.
Camminano arroganti e spaventati,
convinti della Missione,
che servirà al Padrone del vitello nero e oro.
Chiedono perdono, prima di sparare
e Maria Maddalena cerca tra le macerie tutte quelle parole.
Un tempo lungo la via della seta passarono le carovane.
Per le strade di Damasco s'affollarono i poeti,
mentre Sherazade-Maddalena dimostrava che con
una storia si vinceva la morte.
Nelle regge di Bagdhad i Sultani costruirono
giardini pensili con acqua calda e fredda,
mentre Carlo Magno imparava a scrivere stentato
il proprio nome.
Nella terra di Giordania tradussero Aristotele,
mentre i Normanni morivano di fame.

Poi lungo la via della seta camminarono i Veneziani.
Attraverso Bagdhad circolarono gli Olandesi e
in Gerusalemme arrivarono i Templari.
Adesso sulle carovaniere di quella grande Asia
si nutrono gli avvoltoi d'ogni razza e stazza,
mentre a Gerusalemme una triade divina
pretende amore e sangue.
I sacrifici umani, con grattacieli come altari,
vengono pretesi da sacerdoti incontinenti.
Sofisti menzogneri dichiarano i colpevoli,
con il fuoco delle torri nella cintola e
nell'anima la superbia dell'inferno.
Ma tutti obbediscono all'unico e solo DIO,
illimitato e illimitante, il motor immobile
di un Dante.
Il DIO degli eserciti e il Dio dei mercanti,
il DIO delle commesse e quello degli impiegati,
il DIO dei Giudei, l'ALLAH dei Musulmani,
il CRISTO dei cristiani,
il DIO degli sfigati e delle prostitute,
dei buoni e dei cattivi:
IL DIO DELLE VALUTE.
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POST

*di come sempre meno distinguo i confini del bene e del male
*di come si cerchi di cancellare tutto l'odore e il rumore delle bombe in ambienti di riposo pace e silenzio
*di come siamo tutti miopi nella nebbia della storia
*di come se "non porgi l'altra guancia", ti ritrovi senza

 

LA CONFESSIONE DEL SOLDATO

A paesi stranieri stracolmi d'immagini
diressi i miei studi e le ipoteche sui poeti futuri.
Figlio d'un Adamo distratto per avere
troppo a lungo cantato il "sé" di prima mattina,
intinsi il calamo nei lillà che san di lacrime,
dietro a tutte le culle che dondolano,
incessanti.
Sussurri di morte divina accompagnarono
la mia vita tra gli elementi scagliosi dello sguardo
dei primi nomi.
IO
soldato
allevato da una madre educata
col Manuale delle Giovani Marmotte,
partii
per la redenzione di Gerusalemme.
Mi benedisse il prete,
promettendo la vittoria sull'infedele.
Partimmo per fame, per una laurea, per una frontiera.
Partimmo per i pidocchi e gli hamburger di provincia.
Volammo sui sentieri non ancora tracciati
di un continente sconvolto dalla peste e dai pesticidi.
I corpi speciali si chiamavano Templari.
Gli altri, senza croce,li dicevano marines.
Sfociammo nella Casbah
di un Islam affamato, dove i califfi
credevano solo nel muezzin del petrolio.
Marciammo tutti insieme una marcia trionfale,
masticando le foglie degli assassini,
per non sentire il puzzo dei cadaveri bambini
e delle statue assassinate.
La sera, nel deserto, nelle tempeste di sabbia
in mezzo alle zecche, appoggiato alle
spade dei cavalieri contemplo Dio nei vermi dentro i pani
o negli otri d'acqua calda appesi ai
carri armati di balestre.
La terra che ho davanti non esclude nessun concime
e sarà buona, con tutti questi cadaveri,
Ci ringrazieranno di certo i loro nipoti
perché coltiveranno rigoglioso grano.
spargono a piene mani, i miei compagni,
fede, speranza e libertà,
ma io mi sono mosso sempre ai limiti del convoglio.
Nuvole occidentali meditano sul Tigri e sull'Eufrate,
mentre gli occhi degli infedeli cercano gli ossi nei fossi.
Per questo non ho resistito a baciare
le labbra calde del cadavere impuro,
sdraiato sulla strada, accanto ad un mio compagno:
una veglia di morte,
prima di laurearmi in paradiso.
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POST
*ai soldati di tutte le guerre
*alle vittime delle stragi
*a nessun generale
*a nessun re
* a nessun governo

 


MEMENTO
per i bambini di Beslan

Euridice ritornò all'Ade per non continuare
a camminare dietro ad Orfeo
e Gorgia interloquì con l'uomo dei gelati
sull'angelica inconsistenza
(e susseguente vanità)
di ogni realtà,
costruendo argomentazioni per giustificar
le morti sia di Noé che di Mangiafuoco.
Contemporaneamente l'ingegnere di Babele
scriveva il suo progetto
con la schiuma gassosa delle nane bianche.
Nel Circo di Londra si sedettero i miliardari
trinariciuti
e gli acrobati della politica
saltarono il London Bridge.
Nella Russia incolore i guardiani delle rovine
coprirono di fuochi e fronde di betulla
la montagna di carne dei loro figli.
Gli scribi finsero indignazione
scoprendo la gemmazione di nuove ferite
tra barelle, etere e tamponi.
Ma la cruna dell'ago andava restringendosi,
così passarono solo cammelli e grandi occhi di bambini.
Loro erano i clowns destinati a divertire
gli ignoranti nell'arena delle tragedie
nei roghi della memoria.
Cantò il pierrot, alla fine dello spettacolo,
tutti i loro sogni sperperati alla roulette della vita
dove i croupiérs ritirarono
le fiches di quelle incarnazioni.
Cantò il tumore nero delle nubi
del vergine cielo azzurro di Beslan.
Cantò i ricordi delle madri che abitavano
in palafitte montate su pali di fumo grigio,
private per sempre di qualunque possibile
valore associato alla probabilità dell'esistenza
del MALE.
Cantò per ultimo i gemiti dei bambini di Beslan
nei camerini da scena delle televisioni.
I truccatori della Morte li prepararono per la "prima"
sul palcoscenico d'un orrore reptatorio
per impedir alle pupe di divenir farfalle.
E,a spettacolo finito, rivelò quel che sapeva.
Giacciono ,ora, i bambini di Beslan
sperduti nel cuore lebbroso di qualunque anima
piena d'ustioni d'amore.
Dormono, adesso, i bambini di Beslan
sotto le addizioni dei corpi speciali
scritte con gessi bianchi sulla lavagna
della loro scuola.
Si svegliano ogni notte i bambini di Beslan
nelle anime piene di peste di coloro
che montan la guardia nella garitta della Storia.
Si accavallano ad ogni ora negli uteri delle donne
che infransero i giuramenti con le bombe nelle cinture
e in quello più ulcerato di ogni vero DIO.
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POST
*perché io non voglio dimenticare MAI

 


I CAMPI DI GIRASOLI

Bisanzio maddalena nelle strade dell'Ovest
racconta le essenze e le perle dell'Oriente
insieme alle lacrime di ambra russa
giocate alla roulette dell'amore
consumato a banconote.
Le ragazze raccolgono
momenti d'ansie febbrili
insieme ai copertoni neri
come stregoni.
Si mischiano
insieme alle spighe di grano ucraino
le noci di cocco dell'Africa
e le macchine grigie degli uomini d'Europa
si colorano per pochi attimi
di musiche speziate.
Loro sono belle:
hanno ai capezzoli etichette
di orecchini d'oro
e possiedono in più l'estenuante
gelsomino di una notte tzigana.
Si muovono sinuose
come danzatrici antiche
al suono di cembali orgiastrici:
prati di fiori luminosi
ai confini con le città.
Tra i muri di cemento incedono
- culodritto-
le sacerdotesse
d'un'Iside americana.
Hanno unghie da pantere
laccate col sangue
dei figli abbandonati
e graffiano il cuore
con sorrisi da madonne.
Raccolgono ombre carminie
per allontanare i tramonti,
mentre noi dormiamo
aspettando un asso di picche
nell'eterno poker giocato
tra le loro e le nostre esistenze.
Aurora rododattila
-che ci scopri tutte insonni-
riconoscici per quel che siamo.
Tue compagne e solo donne
in questo campo
di mortali girasoli giganti.
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POST

*Alle sorelle, con tutto il mio amore

 


LE VACANZE NEL NORD EUROPA

STOCCOLMA

L'onda sempre sospettosa
di questo mare freddo e lento
come il capodoglio immenso
tenta la rigida architettura
d'una Stoccolma in crinolina
tatuata da confluenze
di linee e geometrie
molto cool.

Azzurra e bianca ragazza nordica
appena accarezzata da una baia
assai marina con un'onda grigia
ancora chiusa a lago.

E' dolce Stoccolma
cremosa vagamente al gusto
con iridi lucenti nella perenne
notte d'un inverno incosciente.

Stoccolma é il tempo adesso
solo occhi splancati
senza alcuna evidenza delle palpebre

 

SAN NIKOLAUS CATTEDRALE DI STOCCOLMA

Il legno.La pietra.
L'arco e la sua colonna
d'avvincente gotico
solo stranamente più rotondo.
Forse spuntato dal respiro del Nord
e dal cuore ghiacciato di tutti i re predoni.

Poi, nella chiesa,appresso
ad una altare molto Westfallia
in argento e ebano, eccolo.

Ancora San Giorgio e il suo drago
a lingua e fuoco di corna d'alce.

Luci smorzate rincorrono anche qui
ori e grifi,nappe e fregi.

Molti marmi calpestati
di tombe di uomini dimenticati
che hanno creduto lì nella loro immortalità.

Si sono liquefatti, invece,
i loro nomi insieme al loro tempo
e alla pompa di questo e dell'altro mondo.

Ora fanno da pavimento ai piedi
di tutti questi turisti
che non vogliono nemmeno
avere ricordo di sé
o una qualche involontaria memoria
del pulpito luterano di Cristiano Vasa
che si raggruma tutta nella forza
della fede delle volte scaricata a terra.

Neanche una madonna.

Solo diaconi donne
che tengono accesa la luce
in questo perenne buio
dell'inverno della terra.

 


LE STELLE

Il cielo notturno é un telo forato
da cui irrompe la luce delle stelle.
Vi sta forse dietro un sole
d'altre genti
che a noi lascia
intravedere appena
pochi raggi di sé.

Al polo, stasera, sembrano
piuttosto luci
d'una veglia per morti.

Piuttosto
- forse -
i morti siamo noi
e i vivi loro.

Quelli che biascicando
all'incontrario
stupiscono per
i punti atoni di buio
in un cielo notturno
luminoso.


SEI UOMO DI GHIACCI...

Sei uomo di ghiacci compressi
che danno costruzioni anche di manieri
in questa terra di Finlandia.
La nebbia che rende gli orizzonti uguali
mista alla neve,sopra il mare baltico,
ha la consistenza del tuo sguardo
che travalica ogni orizzonte
apparentemente certo.
Di qua,a me, presbite,
non per scelta ma per natura,
comunque arriva a stento
l'eco di luce delle stelle,
zone dolenti nello spugnoso
-e per lo più assente-
cielo artico.

Lacrime di dolore-forse-
di quel dio di cui tu
potresti essere sineddoche
o metatesi.

 

HAPRANDA STAND HOTEL

Mentre la terra cede
a tutto questo ghiaccio bianco,
ai pomeriggi bui
e alla tua spietata giovinezza,
io mi affaccio timida all'ufficio informazioni
per cercare i depliants dell'albergo
che ti promisi in Haparanda town,
ai confini del mondo
dove rari bucanieri e molti Sami
commerciarono inutili speranze.
E quando davanti alla costruzione rossa
d'un liberty spiato da un centro del mondo
-che qui si é fatto fantasma di se stesso-
cerco le lacrime e il sangue
delle guerre di parole
che un tempo su questo limes
furono scritte, insignificanti al resto,
una eterna ferita diventa la memoria.
Sali nella hall che nulla ha perso
dei brividi intriganti di una terra di frontiera.
Fuori c'é solo un universo umido e latteo
con una storia conchiusa,
e dentro il tuo corpo disposto
ad ogni smarrimento.
Nella camera, poi,
gettando le coperte alla rinfusa
per cercare a chi appartenne un tempo,
mi accorgo che é la tua incoscienza di tutto
la vera conoscenza
e che solo il tuo respiro dentro il mio
sa dare un senso
ad ogni nostro passaggio o paradiso.

 


 
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