Figlio di un Commissario di Pubblica Sicurezza, nasce nell'oscuro Molise, ad Isernia, il 16 ottobre 1892. Di quella terra conserva la schiettezza, il carattere aspro, la freddezza nei confronti della paura. Ha otto anni quando la famiglia si trasferisce a Tortona, in Piemonte, poi in Lombardia a Cremona. I continui spostamenti creano non poco disagio alla vita scolastica di Roberto. Troppe volte bocciato, a 17 anni si impiega come Capostazione a Cremona, sede che terrà per tutti i dodici anni che trascorre nelle ferrovie.
Istintivamente preso dalla lotta politica si avvicina al socialismo riformista di Leonida Bissolati, curando la riorganizzazione del sindacato contadino socialista che si contrappone a quello cattolico di Guido Miglioli.
Giornalista, pubblica corrosivi articoli su 'L'Eco del Popolo'. Esagitato donnaiolo, con riluttanti passi, nel 1910, accompagna sua moglie all'altare, costretto ad un matrimonio riparatore.
Allo scoppio della Grande Guerra, appoggia l'intervento armato dell'Italia, partecipando alle molteplici manifestazioni contro l'Austria. Intanto riesce a diventare corrispondente da Cremona per il "Il Popolo d'Italia" di Mussolini.
Nel maggio del 1915, volontario, combatte eroicamente congedandosi dopo solo un anno, con una croce militare ed il grado di caporale. La guerra non e' ancora finita, ma per lui -ferroviere- sì. Obbligato nella leva ferroviaria, trascorre il resto del suo servizio militare come capostazione a Cremona, per cui si becca il nomignolo di 'onorevole Tettoia'.
Nel '19 abbandona il gruppo di Bissolati per entrare nel movimento fascista. A Milano il 23 marzo e' tra i settanta con i quali Benito Mussolini fonda i Fasci di Combattimento.
Minacce, purghe, bastonature sono il suo metodo per ottenere il consenso. Con Starace e settemila squadristi si adopra per convertire al fascismo Trento e Bolzano.
Diviene segretario del Fascio di Cremona. Contemporaneamente profittando del caos in cui vive il Paese riesce ad ottenere la licenza liceale, si iscrive alla Facolta' di Legge a Modena.
Sempre chiassoso, violento nell'attaccare e colpire i socialcomunisti, Mussolini ne rimane affascinato, lo include fra i membri del Comitato Centrale Fascista.
Nel 1921 Farinacci si dimette dalle Ferrovie e nel
maggio con il sostegno degli agrari viene eletto Deputato alla Camera.
Il rapporto con Mussolini e' complesso, contraddittorio:
Farinacci si contrappone come Antiduce. Battaglieri entrambi, indisponenti,
soprattutto ambigui anche nel loro essersi ostili. E' un continuo travaglio
di complotti, di intrighi, di accuse infamanti. I due non si amano, ne' si
fidano. Si scrutano. Ma al tempo stesso sono costretti a convivere come una
perenne coppia litigiosa alla quale neppure i tradimenti porranno fine.
C'e' molto di stravagante, di controcorrente. Pur se l'Antiduce Farinacci
fa del tutto per sostituirsi al primo, in realta' lo rafforza con il suo pedante
zelo di fargli constatare le debolezze.
Neanche le opposizioni ritengono che le liti fra i due abbiano conseguenze. "Mussolini deve la propria forza proprio a Farinacci..." scrive Gobetti "...La violenza dei Ras gli e' cara e necessaria, egli sa dosarla!"
In effetti Benito apprezza le sue indubbie qualita' di timone dello squadrismo, pero' non lo ama, lo teme, vorrebbe tenerlo lontano. Se ci riesce -dal Governo!- non puo' altrettanto dal Gran Consiglio, il nuovo organo che ha sostituito il vecchio Comitato Centrale dei Fasci di Combattimento. Deplora: "… L'onorevole Farinacci non e' soddisfatto se non stronca un uomo al giorno!"
Alla saggia decisione di costituire la Milizia, con la quale imbrigliare lo squadrismo piu' facinoroso e' di nuovo Farinacci ad opporsi, lo fa testardamente, minaccia le dimissioni e non solo sue ma anche di alti ufficiali della Milizia a lui fedeli. Questa volta però e' Mussolini ad averne ragione. Gli manda Emilio De Bono con l'ordine di arresto, e lui ritira le dimissioni.
Il giornale satirico il "Becco Giallo" lo
chiama "Onorevole Nitroglicerina" . E scrive: "Non studio' in nessun luogo,
ma in sei mesi consegui' licenza elementare, ginnasiale, liceale e laurea
…scrive cocomero con la q"
Ma lui riesce a laurearsi in legge. E per dimostrare che
non e' l'ignorante di cui lo accusano, pubblica vari libri, tra cui la "Storia
della Rivoluzione Fascista". I suoi avversari però diranno che non
l'ha scritta lui, che l'ha copiata, come ha fatto per la tesi di laurea.
Solo con il delitto Matteotti Farinacci torna ad
essere il protagonista. Con abnegazione si pone a difesa di Mussolini.
Fa appello alla determinazione di tutto l'estremismo
di cui e' rimasto leader. Minaccia le opposizioni, che intanto si sono ritirate
su l'Aventino, ed invoca da parte del Governo decreti eccezionali che consentano
l'arresto di tutti i deputati antifascisti.
La strategia di Farinacci a sostegno del Duce si attua
da un lato con il propagandare una netta cointeressenza tra il Capo ed il
fascismo, dall'altra garantendo la totale abnegazione degli estremisti a difenderlo.
Il prezzo che Mussolini paga per salvarsi e' alto, deve assumersi la responsabilita' politica dell'assassinio di Matteotti. Il Duce tentenna su questa decisione che non si sa fino a quanto ripugni, fatto e', dopo l'incontro con Farinacci ed i consoli della Milizia estremista, il 3 gennaio 1925 pronuncia il famoso discorso con il quale accoglie in pieno le richeste farinacciane, oltretutto, annuncia anche l'emanazione di provvedimenti speciali che saranno le leggi liberticide presupposto della dittatura.
E' un consiglio inutile, inconciliabile con il neosegretario, la cui totale assenza di diplomazia riesce ad irritare tutti, perfino il Vaticano che ritarderà di alcuni mesi le trattative per il Concordato.
Mussolini si irrita. Non sopporta questo confronto felino da nuora a suocera, cui lo obbliga Farinacci! con quelle prove di forza spesso velate da cerimoniosi omaggi. Come quando, con l'intento di portare in dono un toro, un cavallo, due mucche ed una cassa di violini fabbricati a Cremona, organizza lo spostamento in massa, con treni speciali, di 20.000 rurali lombardi. E' un modo per lusingarlo il suo Duce, ma anche per dimostrare che ha tutti i diritti per essere l'Antiduce, quelle sono le 'sue' masse. E non solo a Cremona ha sostenitori, ma anche a Trieste, a Udine; la folla spesso grida: "Viva Farinacci Ministro degli Interni, viva la Repubblica!" mettendo in evidenza tutto il suo potere su quell'ala del fascismo antimonarchico che vorrebbe la totale eliminazione del RE.
La nomina di Farinacci alla Segreteria, per Mussolini
e' anche un atto di compromesso verso gli intransigenti, nella speranza di
poterli controllare, riportandoli alla disciplina. Il braccio di ferro durera'
a lungo.
Piu' di una volta il Duce e' costretto ad intervenire
presso il Prefetto di Cremona per sequestrare i numeri del suo giornale per
i loro contenuti faziosi, per le denunce non sempre vere.
Grave e' l'episodio -anni dopo- quando fa intendere
-senza averne le prove- di essere a conoscenza di finanziamenti illeciti in
cui sarebbe coinvolto nientedimeno che Arnaldo, il fratello di Mussolini,
allora direttore de "Il popolo d'Italia"
Nonostante i suoi difetti Farinacci riamane simpatico
alla gente. Lo sente un uomo del popolo. Lo chiamano "Il superfascista!" ,
"Il Selvaggio Farinacci", "Il capo piu' focoso del rassismo provinciale".
La prima volta che le cineprese italiche ne danno testimonianza e' in occasione della visita ufficiale delle autorita' fasciste a Predappio, alla casa natale del duce. Lo stesso anno, partecipa alle esibizioni del saggio ginnico di cui sono protagonisti gli ufficiali della Milizia.
Intanto il segretario non dimentica neppure di coltivare
qualche buon investimento. Trasforma 'Cremona nuova' su cui scrive da giornale
di provincia a testata di livello nazionale, col nome di 'Regime
Fascista'. E' l'evento di maggior rilievo della sua storia giornalistica
ed e' quello che gli permettera' di dominare la scena politica italiana pur
rimanendo a Cremona.
D'altro canto facendo valere il suo ruolo di avvocato
ha occasione di curare gli affari di molte imprese, ottenendone laute provvigioni.
Un altro aspetto che risulta inaccettabile per Mussolini
e' quel suo strano ambiguo e arbitrario motto 'disubbidire il Duce per servirlo!'
che se ha avuto una sua utilita' nei giorni critici del delitto Matteotti,
appena un anno dopo risulta eccessivo, sicuro inoppurtuno.
Nell'ottobre del '25 infatti vengono compiute vergognose
violenze a Firenze e con il placet di Farinacci. E' un precedente gravissimo,
talmente inconciliabile con la nuova linea del Paese che Mussolini lo rampogna,
affermando che tra gli squadristi ce ne sono molti di dubbia fama ed e' ora
di farla finita: "I fascisti, con i fascisti! I delinquenti con i delinquenti!"
E da' ordine al Prefetto di sequestrare i numeri di "Regime Fascista" nei
quali, il riottoso gerarca, incurante delle raccomandazioni tesse gli elogi
agli autori dei misfatti fiorentini.
Ma è con il processo Matteotti che Mussolini decide che al più presto deve liberarsi del Segretario. Divenuto difensore di Amerigo Dumini, imputato principale per quel delitto, durante l'arringa sfoggerà una tale arroganza e demagogia da infastidire non solo gli avversari ma tutto il fascismo moderato e di cui il Duce teme di alienarsi le simpatie! Appena spenti i riflettori sul processo, il 30 marzo '26, durante la seduta del Gran Consiglio è costretto a dimettersi. Ma protesta. Ne segue perfino una polemica tra lui e Mussolini sui rispettivi giornali, comunque deve accettare il fatto compiuto.
E tra l'altro neppure trascura il suo ruolo stimolante di organizzatore economico, rieccolo a Cremona, con il ministro Belluzzo inaugura la mostra agricolo zootecnica.
Graffi reciproci continueranno per tutto il ventennio. Non mancano sgarbi, ma anche gesti da galantuomini, che spesso affiorano sulla stampa. Come quando dopo l'attentato di Anteo Zamboni a Mussolini, a Bologna il 31 ottobre del 1926, la polizia nel tentativo di risolvere aspetti oscuri della vicenda, ritiene vi siano implicati componenti del fascismo estremista... Alcuni fanno il nome di Farinacci. Ed è solo la assoluta fiducia di Mussolini in lui che lo scagiona. E’ stato il momento più vulnerabile della sua carriera.
Il rapporto resta però in latente crisi almeno
fino al 21 novembre 1932, data di un incontro fondamentale per la quasi definitiva
rappacificazione, che sembra sia stato sollecitato ancora una volta dal ras
di Cremona tramite una lettera velatamente di ricatto.
In ogni modo l'esilio forzato di Farinacci termina,
non e' piu' in disgrazia; sicuro il Duce ha intenzione di servirsene per qualche
compito nuovo e delicato.
D'Oltralpe giungono echi di marce e canti provenienti
da un popolo la cui amicizia porrà aspetti davvero spinosi, quello
nazista!
Nell'agosto del 1933, si intravede tra la folla
dei gerarchi a seguito di Mussolini al rientro di Balbo dalla Crociera Nordatlantica.
La guerra d'Etiopia trova in lui un vero alleato.
Mussolini se ne serve per organizzarne la campagna politica e militare.
E alla guerra Farinacci non esita a parteciparvi lui stesso. Nel febbraio
del 1936 si arruola nello squadrone dei bombardieri al comando di Galeazzo
Ciano. Qui lo vediamo il 12 febbraio a Napoli, insieme a Starace e Ciano in
partenza per l'Africa. Il 4 marzo sbarca all'Asmara.
Difficile dire se e' davvero una scelta convinta
la sua ammirazione per il nazismo, fatto e' che vi identifica molti degli
aspetti che lui avrebbe voluto si fossero sviluppati in Italia, scaduta -
a suo dire - in un fascismo da rivoluzione borghese. E' su questa linea che
stringe amicizia con Himmler e Goebbels.
Mussolini, che ha sempre visto con preoccupazione
l'ascesa della Germania, chissa' perche' si convince che Farinacci possa essere
proprio l'uomo giusto per trattare con i gerarchi del Fuhrer. Ed il suo compito
diventa ancora piu' delicato quando nell'ottobre 36 viene firmato l'Asse Roma
Berlino.
1937 Viene scelto per guidare la delegazione italiana
al congresso del partito nazista a Norimberga. Qui incontra per la prima volta
Hitler. I cinegiornali ce lo mostrano fra il pubblico durante quella colossale
manifestazione. Merito di questa amicizia, in ottobre viene insignito della
Gran Croce dell'Aquila tedesca.
A scopo di propaganda, come tutti i gerarchi, non
trascura l'attenzione per i giovani. Intitola a suo nome una colonia estiva
per 1500 ragazzi tra i quali si fa filmare orgogliosamente. E amante delle
adunate, il 21 settembre 1938 accoglie a Cremona 6000 dopolavoristi della
provincia.
Mussolini lo strumentalizza ancora una volta per un lavoro sporco, la campagna antisemita. Farinacci vi aderisce non tanto perche' ne e' convinto, ma perche' ritiene sia una scelta politicamente opportuna. In privato difende ed aiuta gli ebrei, alcuni dei quali sfrutta pure economicamente nel curarne l'arianizzazione, facendo loro ottenere documenti truccati. Va ascritto a suo onore che si rifiutera' sempre di licenziare la sua segretaria Jole Foa', nonostante fosse ebrea e contro le insistenze di Mussolini e altri gerarchi.
La sua visione dell'arte, contestataria, antimoderna, contraria alle visioni pittoriche care a Bottai e Margherita Sarfatti, lo porta ad inventare il Premio Cremona, con il quale si ispira al figurativo realististico della vita sociale e politica del paese.
17 maggio 1939 presenzia le gare ginniche del II Gran Premio delle legioni allo Stadio civico di Soresina.
In uno dei momenti di successo torna ad Isernia, tra la sua gente. Invece che ascoltarne il discorso questa pero’ comincia a fischiarlo, amichevolmente, ricordandogli che e' uno di loro, essendo stato messo a balia da una famiglia di contadini: i Cardiglio. Farinacci, indispettito dall'accoglienza fa emettere l'ordinanza di soppressione del Tribunale, mandando cosi' tutti gli isernini, a far le loro cause a Campobasso.
Ricava grande soddisfazione nell'apprendere dell'attacco alla Polonia da parte di Hitler il primo settembre del 1939. Perciò quando il 7 dicembre il Gran Consiglio decide per la non belligeranza dell'Italia, il suo intervento di protesta e' cosi' energico che il Duce e' costretto a rimproverarlo.
Mussolini è rabbioso contro di lui, che sostiene
una guerra che nessuno vuole. C'e' dell'ostico nell'uno che l'altro non riesce
a digerire, dell'inaccettabile e quasi ripugnante. Ma imprevedibilmente anche
del generoso e dell'umano, devoluto da parte di Farinacci alla causa del Capo
quasi con disinteresse. E' una schermaglia eterna fatta di sotterfugi e di
polizia, che Benito non esita a mettergli continuamente alle calcagne.
Lui sa d'essere controllato, eppure lo snobba, non
ne tien conto, imperterrito si ostina a dire e fare quello che crede e nei
modi che crede. Nonostante i sequestri del giornale, gli altola' repressivi.
Per paradosso, proprio le leggi fascistissime che lui ha voluto sono quelle
che gli vengono mosse contro!
10 giugno del 1940, la guerra alla Francia ed Inghilterra e' approvata con entusiasmo da Farinacci, cosi' pure e' d'accordo per la politica aggressiva nei confronti dei Balcani e dell'Egitto.
Con l'avvento del conflitto le manie del suo carattere diventano ancor più ossessive. Visti gli insuccessi militari, tra il '41, '42, '43 esaspera di continuo Mussolini, informandolo di ogni sorta di tradimenti da parte di generali e gerarchi a danno delle forze italo tedesche.
Agli inizi del 1941 si fa mandare in Albania come
Ispettore Generale della Milizia ed anche qui la sua critica contro la totale
disorganizzazione che vige nelle Forze Armate è feroce. Sta per renderne
pubblica la relazione sul suo giornale quando Mussolini ne ordina il sequestro
perche' le informazioni, oltre ad essere dannose, risulterebbero anche inesatte.
La verità è che Farinacci ha il grave difetto di dire quel che
pensa e di dirlo senza perifrasi, con sincerita'.
Ma un risultato lo ottiene. Per le gravi sconfitte
subite in Grecia, Pietro Badoglio -Capo del Comando Generale- viene rimosso
e fatto sostituire con il suo amico Ugo Cavallero.
In questi anni di guerra la sua ambizione è sfrenata, spererebbe in un rimpasto di Governo, con il quale, sostenuto dai tedeschi, assumerebbe la carica di Ministro degli Interni. Mussolini ancora una volta gli rimette la polizia politica alle costole. E piu' la situazione militare si aggrava, piu' si intensificano i sospetti su di lui.
Se le prove di forza fra i due durano tutto il ventennio
con rotture piu' o meno ricucibili, il fatto grave però che lo incrinerà
per sempre è quando, il 10 giugno 1943, Mussolini -inspiegabilmente-
autorizza l'ammiraglio Pavesi, responsabile della piazzaforte dell'isola di
Pantelleria, ad arrendersi agli Alleati senza combattere! Troppo inconsistente
e' per Farinacci la scusa che non ci siano forze sufficienti, la difesa non
e' neppure tentata!
Quell'ordine di resa, significa che il Capo del Governo
non e' piu' all'altezza della situazione. Bisogna sostituirlo! E ritiene che
l'uomo giusto non possa essere che se stesso! Tra l'altro poi, e' sconcertato
del fatto che ovunque la gente sparli del Regime e del partito senza che il
governo reagisca.
Mussolini ribatte che deve smetterla con quella sua
mania di persecuzione; quanto alla crisi militare poi, assicura che gli Alleati
prenderanno una batosta fenomenale appena porranno piede in Sicilia.
Ma Farinacci non gli crede, il 27 giugno riparte
alla carica informandolo di aver saputo dell'esistenza di un complotto
a cui non sono estranei uomini delle Forze Armate e di Casa Reale. Ancora
una volta Mussolini reagisce con ironia. Lui, disperato, si rivolge ai tedeschi
perche' ne riferiscano al Fuhrer, ma l'ambasciatore von Makensen non gli da'
credito. Troppe volte ha gridato 'al lupo'!
Dopo lo sbarco alleato in Sicilia. Farinacci si rende
conto che non c'è più nulla da fare. Prospetta al Capo del Governo
che se neppure lui crede che la Germania vinca la guerra, e' il caso di rimettere
il Comando Supremo delle Forze Armate nelle mani del re perche' tratti una
pace separata gli Alleati. La franchezza pone il problema per quel che e',
esplicitamente, senza neppure tutto quel burocratese di cui sara' farcito
l'Ordine del Giorno Grandi.
Alla presenza di Ciano e Scorza mostra un biglietto
che ha appena ricevuto da Cavallero in cui gli scrive: "Caro Farinacci,
fai sempre molta attenzione a Grandi e Compagnia, congiurano per scalzare
Mussolini, ma il loro gioco sara' in ogni modo vano, perche' Casa Reale, con
Acquarone, conduce la lotta in proprio e li giochera' tutti".
Al che il Duce "Calmati e tranquillizzati" risponde
"Il Re mi ha dato la sua parola d'onore di essermi amico e di sostenermi!"
Ma questa solidarietà verso il Duce è anche un gioco pieno di contraddizioni, ambiguo, nel quale Farinacci nasconde un proprio piano. Infatti quando il 16 luglio viene dato l'ordine a tutti i gerarchi di parlare nelle Piazze d'Italia per rassicurare il popolo quanto alla difficile situazione bellica, lui inizia a fare accuse pesanti, radicali. Ne seguono animose discussioni. Per uscirne, il gruppo di gerarchi decide di recarsi da Mussolini e lui per porre fine alle critiche convoca il Gran Consiglio per il 24 luglio sera. Di questa decisione ne viene informato il Fuhrer.
La crisi morale ed umana di Mussolini si accentua con il fallimento del suo incontro con Hitler, a Feltre. Il Duce ha tentato invano di chiedere nuovi aiuti germanici per le truppe italiane, e soprattutto non è riuscito a parlargli del necessario sganciamento dell'Italia dal conflitto. Il colloquio peraltro viene interrotto dalla tragica notizia del bombardamento di Roma il 19 luglio.
Sulle prime la convocazione del Gran Consiglio non e' gradita a Dino Grandi, pensa che sia uno stratagemma dei tedeschi per realizzare appunto il piano di Farinacci. Grandi opterebbe che il Duce rimetta il potere nelle mani del Re, rinunciando alla convocazione del Gran Consiglio. Mussolini pero' rifiuta. E' convinto tra l'altro che i nazisti hanno ancora qualche possibilita' di Vittoria; a Feltre, Hitler, gli ha parlato di armi segrete che avrebbero rivoluzionato le sorti della guerra. Assiste a questo colloquio tra Mussolini e Grandi anche Kesselring, che per caso si trovava in anticamera.
Alle ore 17 del 24 luglio i 28 membri del Gran Consiglio
siedono di fronte a Mussolini ed incomincia la seduta.
"Dal volto" riferisce Bottai "Emergono
i segni di una volonta' rassegnata alla gran resa dei conti. La sua voce non
ha piu' i timbri provocanti e beffardi degli assalti polemici. Si difende.
Afferma che nessuna guerra e' stata popolare, men che mai questa!"
Dopo l'intervento di Grandi, il cui ordine del giorno
pone Mussolini con le spalle al muro, si alza Farinacci per illustrare il
suo.
L'incipit è identico a quello di Grandi: un
ringraziamento alle eroiche Forze Armate italiane che combattono in Sicilia,
ma poi prosegue, ricordando anche: le Forze Armate tedesche, le Camice
Nere, i fascisti di tutta Italia, categorie dimenticate da Grandi. Continua,
chiedendo il ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo al Re, al
Gran Consiglio, al partito, al Governo ed a tutte le altre istituzioni le
responsabilita' stabilite dallo Statuto e dalla legislazione.
Infine invita il capo del Governo a chiedere al re
di assumere l'effettivo comando di tutte le Forze Armate per dimostrare che
il popolo italiano e' ancora capace di combattere. E soprattutto chiede che
non si dimentichi il dovere di tenere fede alle alleanze concluse, vale a
dire con -i tedeschi-.
Durante il dibattito che ne segue, rivolto al Duce,
ancora afferma: "La mia fedelta' e' stata sempre lontana dagli incensamenti
e non ha mai ridotto l'indipendenza del mio giudizio. Tu sai che restero'
al tuo fianco con una solidarieta' totale ed assoluta. Tu non hai mai creduto
di fidarti interamente di noi vecchi. Ad uno ad uno ci hai allontanati, mentre
noi non chiedevamo che di servire il nostro paese ed il Regime.
Tu molte volte hai scelto i meno preparati, i
meno intelligenti ed anche i meno fedeli, solo perche' dicevano sempre di
si… e giuravano falsamente sulla tua infallibilita'. Il Duce stesso mi e'
buon testimonio che io mai ho nascosto a lui il mio pensiero!"
Mussolini abbassa il capo, quasi ad ammettere la
verita' delle sue parole. E Farinacci prosegue: "I soldati tedeschi muoiono
accanto ai nostri… Col tedesco bisogna parlar franco, mostrarsi uomini e non
cortigiani; ma una volta scelta una linea di condotta, quella bisogna seguire
con la massima lealta'"
Sia chiaro, l'ordine del giorno Farinacci, non esprime
nulla sul ruolo futuro di Mussolini, se debba rimanere a capo del Governo,
o andarsene, ne demanda semplicemente la responsabilita' al Re. Proprio per
questa uscita, che getta un ponte fra le varie posizioni, Ciano ad un certo
punto si alza, proponendo che vengano ritirati tutti e tre gli ordini del
giorno, ce n'era un terzo, stilato dal Segretario del partito Scorza per conto
di Mussolini, e chiede che se ne faccia uno di comune accordo.
Ma Farinacci, ostinato, non ritira il suo. Il compromesso
e' respinto. Mussolini tace. In ultimo prende la sconcertante decisione di
mettere ai voti proprio l'ordine del giorno Grandi, quello che in principio
aveva raccolto più adesioni. Ed e' la sua fine.
I tedeschi non perdoneranno mai Farinacci di non
essere stato capace di far porre ai voti il suo ordine del giorno, che di
sicuro avrebbe obbligato la nuova soluzione politica ad impegni più
concreti nei loro confronti. I quali, anzi, speravano in una delega totale
per condurre la guerra senza intralci ed anche per conto dell'Italia.
Ma sarebbe stato molto difficile per Farinacci farsi
strada tra le vecchie volpi del Gran Consiglio. Se l'uomo aveva si' la coerenza
e la perseveranza di portare avanti le sue idee, difettava pero' della strategia
e della perspicacia di valutare gli avversari. Nei momenti decisivi, pur attuando
iniziative concrete, per il suo essere un provinciale difetterà sempre
di quella sicurezza di se' che lo avrebbe potuto far essere determinante.
La sera del 25 luglio, arrestato Mussolini a Villa
Savoia, Farinacci si rifugia all'ambasciata tedesca e la stessa notte, per
motivi di sicurezza e' trasferito, con indumenti da ufficiale presso la sede
del comando di Kesselring a Frascati. Per sua richiesta, il mattino dopo e'
in volo per Monaco.
Il 27 luglio e' da Hitler. Scandalizza il Fuhrer per la sua totale assenza
di rammarico per la sorte di Mussolini verso cui il ras di Cremona non risparmia
critiche, e la cosa indispone il Fuhrer, il quale e' turbato dal suo irrefrenabile
desiderio di esserne il successore.
L'unica soddisfazione che gli si permette e' quella
di rivolgersi -da radio Monaco- al popolo italiano, invitandolo ad una strenua
resistenza contro gli Alleati invasori.
L'immagine di Farinacci si deteriora ancor più.
Dopo l'8 settembre, viene alla luce il memoriale del maresciallo suicida Ugo
Cavallero, per le cui gravi affermazioni anche lo stesso Farinacci e' messo
in cattiva luce come uomo inaffidabile, per aver anche lui complottato contro
il Duce.
Liberato Mussolini il 12 settembre, costituitosi
il governo della RSI Roberto Farinacci torna in Italia. Non ha più
speranze. Inesorabilmente escluso da ogni incarico politico. Torna nella sua
Cremona, torna ad essere il ras di provincia e, con il suo giornale, torna
a far polemica con la corrente socialista del nuovo Governo, di cui fa parte
lo stesso Mussolini. Del resto, 'Regime Fascista' diventa il reggicalze dei
tedeschi, dei loro proclami, dei loro avvertimenti e delle loro minacce alla
popolazione.
E' incredibile. Nonostante le polemiche gravi il
loro rapporto rimane vivo. Di tanto in tanto, da Cremona, irrompe a Gargnano,
presso la residenza di Mussolini, maniaco, chiedendo un colloquio. E di nuovo
lo riassilla con le sue manie complottardi di vedere traditori ovunque. Eppoi
si lamenta della emarginazione in cui e' tenuto a Cremona. Del suo essere
un reietto. Dopo vent'anni ancora non abbandona quel ruolo di 'suocera del
Regime', maldicente, pettegolo, troppo sincero!
E neppure Mussolini è cambiato verso di lui.
Ora che lo ha prigioniero vorrebbe perfino processarlo per tradimento, ma
poi ci ripensa. Entrambi hanno ancora bisogno l'uno dell'altro.
La ragione è che forse, Mussolini e' stato
sempre convinto che l'altro, nonostante i tentativi non avrebbe mai potuto
scalzarlo. E forse, Farinacci, pur consapevole di questo, è rimasto
sempre appagato dall'idea che avrebbe potuto farlo e non ha voluto.
Quel che rimane dell'uomo affiora dalle parole del
suo ex nemico Guido Miglioli, che Farinacci ha avuto la soddisfazione di far
catturare ma nei confronti del quale si comporta generosamente.
"Egli e' in piedi, nel vano di una finestra piena
di sole, con l'occhio vagante sulla piazza deserta. Noi siamo soli ed egli
tace. -Non siamo ancora alla fine!- urla -Ho quattromila camice nere e mille
tedeschi disposti a tutto; in due ore possiamo spianare la citta'!- Parla
di ingratitudine del popolo, della vigliaccheria dei sedicenti amici. E poi
ricorda una sequela di nomi e di fatti contro i quali si scaglia con disprezzo
feroce. Una storia ventennale rigurgita dal suo pensiero e dal suo animo.
…L'ora di una fine oscura lo sovrasta, ma reagisce… e pur tra i dubbi incalzanti
dell'agonia, si erge e grida -Verra', verra' l'ora per tutti!- Possiede una
confusione spirituale fra malvagita' e indifferenza. Una maschera di superiorita'
e di ostentazione, su un cumulo di miserie".
Il 27 aprile, lasciata Cremona con la sua colonna
di fascisti, diretto in Valtellina, lungo la strada -con un atto gentile-
decide di accompagnare a casa la segretaria dei fasci femminili che e' insieme
a lui in macchina, cosi' imbocca la strada per Oreno, da solo, senza scorta.
A Beverate la sua auto viene fatta segno di colpi
di mitra dal partigiano Angelo Gerosa. Farinacci e' l'unico a rimanere illeso,
essendo riparato dalle valige.
E' l'alba di un giorno piovoso quando compare presso
il Municipio di Vimercate. La folla lo aggredisce con gli ombrelli ed e' soltanto
il prologo del breve processo a cui stanno per sottoporlo. La giuria e' composta
da familiari di partigiani uccisi. Nella improvvisata aula volano insulti
e spari, confusi come l'accusa: collaborazionismo con i tedeschi, propaganda
antisemita, eccidi durante lo squadrismo.
Farinacci, bianco in volto, ma calmo, ribatte punto
per punto. Si difende. Dice che certo ha commesso degli errori, ma si professa
estraneo agli assassini.
Afferma che dal 1926 non ha ricoperto piu' alcun
incarico politico. E poi se certo ha commesso degli errori bisogna anche riconoscergli
dei meriti. Conclude che non spetta ai giudici che ha di fronte condannarlo,
ma almeno a quelli di Cremona.
Alla richiesta della pena di morte sorge una certa
esitazione, ma l'intervento di una madre a cui da poco e' stato ucciso il
figlio fa decidere unanimamente di fucilarlo alla schiena.
Farinacci mantiene un comportamento dignitoso. Scorge
un prete tra la folla, gli fa un cenno. Don Attilio Bassi chiede al pubblico
di essere lasciati soli. Scrive un biglietto di addio alla figlia, poi si
libera di tutti i soldi che ha in tasca chiedendo che vengano distribuiti
fra i poveri di Cremona.
Così muore il vecchio massone Roberto Farinacci.
Con i conforti religiosi. Ed in un modo quanto mai inatteso. Crudelmente i
partigiani la prima scarica la sparano in alto perche' lui si è voltato
d'improvviso per offrire il petto. Ne segue un battibecco, lui si ribella,
dice di non essere un traditore. Sarà l'unica concessione. Poi, gli
sfondano il petto di colpi.
I Documenti Luce
Nel file .zip e’ presente l’elenco di tutti i cinegiornali reperibili su Farinacci presso l’Istituto Luce in Roma.