Circolare del
comitato centrale dei Fasci di azione rivoluzionaria
per indire le manifestazioni dell'11 aprile 1915
COMITATO CENTRALE
MILANO
A TUTTI I COMITATI DEI FASCI DI AZIONE RIVOLUZIONARIA
Sorti come protesta e difesa contro le oscure e insidiose esitanze dei governanti d'Italia in quest'ora solenne di destini quanto alcun'altra mai, i Fasci hanno per iscopo l'azione: senza di questa vien meno il motivo della loro esistenza.
L'azione vera fino ad ora fu limitata per opportunità di cose, ad una tenace propaganda che mirava a conquistarci la simpatia ed il seguito delle masse, presupposti necessari per rendere non solo possibile, ma sicura e feconda l'azione stessa. Tale scopo è ormai raggiunto: le simpatie piú vive ci circondano, grandissimo numero di uomini appartenenti ai partiti rivoluzionari sono con noi, al disopra di ogni vincolo e di qualsiasi altra preoccupazione, decisi tutti attendono da noi, oggi, dei fatti. Noi dobbiamo a noi stessi ed agli altri ancora, amici ed avversari, un gesto preliminare che sia un solenne atto di fede, una forte promessa: una grande, unanime, simultanea dimostrazione delle nostre forze e della incrollabile nostra volontà.
Finora abbiamo atteso, comprimendo l'iniziative individuali, preparando la concordia degli animi perché questa un giorno potesse esplodere nella concordia dell'azione, creando un ambiente politico tale da spingere il Governo a mobilitare e intervenire nell'immane conflitto con tutta la massa armata della nazione.
Noi rivoluzionari indicammo tale dovere cui sarebbe stata micidiale viltà il sottrarsi, e oggi ancora piú che mai vogliamo adempirlo con animo che va oltre la considerazione e le speranze di aumenti territoriali e di accresciuta importanza internazionale. Perché noi intendiamo come alla causa dell'universalità umana, alla causa suprema fondamentale della libertà di tutti i popoli e di ogni individuo assai piú oggi importi l'atto di solidarietà con la Serbia, il Belgio e le nazioni della Triplice Intesa, che un tentativo di azione isolata solamente Italiana, la quale lasciasse libera qualche parte del grande campo di battaglia europeo agli aggressori del mondo civile, mentre potremmo ivi opporre loro altre forze, nuovi e riposati eserciti punitori. L'Italia, sorta in nome del principio di libertà, deve ora insorgere contro chi ha infranta per avidità di dominio ogni legge del vivere civile e dell'umana ascesa verso un migliore divenire sociale. Rimanere assenti dalla lotta equivale ad una mostruosa solidarietà cogli imperi centrali, significa negare la fratellanza dei popoli e degli individui, porta a prolungare la tragica vicenda di stragi e di devastazioni. Per la nostra idealità rivoluzionaria immanente ad ogni momento storico noi sentiamo oggi essere il fatto rivoluzionario massimo la partecipazione alla guerra europea a fianco dei popoli che ci sono fratelli nella razza e nei destini; il fatto rivoluzionario interno noi poniamo secondo di fronte a quella, come una necessità per difendere la nazione dalla nefasta diserzione dei governanti dal loro compito. Perciò noi ponemmo dei limiti: non soltanto noi li ponemmo. Ci dissero esser d'uopo aspettare la primavera: sarebbero allora fioriti anche i cruenti fiori delle battaglie a vendetta di tutti coloro che sono caduti per una causa di giustizia in una strage non voluta. Marzo è venuto, primavera è qui: primavera gloriosa su tutti i campi della gigantesca pugna, primavera ritempratrice dei popoli forti, primavera funeraria per i nostri fratelli che ci aspettano da mezzo secolo. Oggi ci si parla appena di trattative diplomatiche, di promesse, di compensi che potrebbero essere tutt'al piú la conquista, inonorata, di una dinastia, non l'atto di redenzione del popolo nostro.
Sarebbe l'ultima vergogna! A scongiurarla siamo disposti e risoluti a tutto. Fin troppo abbiamo atteso. Bisogna agire. O il Governo o noi. O la guerra alle frontiere ed oltre, o la guerra all'interno. La monarchia deve sentire questa minaccia, deve persuadersi che, se non avremo potuto costringerla a marciare contro i briganti d'Europa, sapremo dare disperatamente tutta la nostra forza per rovesciarla, e nessun mezzo, individuale e collettivo, resterà intentato.
Oggi dobbiamo con una grande dimostrazione nazionale simultanea - non fatta ancora - la quale raccolga intorno a noi tutta la massa interventista d'Italia, intimare l'ultimatum ai nostri reggitori. Dopo, s'essi l'avranno voluto, l'opera nostra assumerà senz'altro l'unico carattere ancora possibile di rivoluzione interna, né la storia potrà imputarci di non aver saputo superare i limiti dottrinari e di aver turbato noi, il destino della nazione.
Tutti i Fasci hanno il dovere di compiere tale estremo gesto pacifico con tutta energia.
Domani - occorrendo - chiameremo ancora il popolo sulle Piazze memori delle nostre Città, non piú a dire ma a operare.
Ciascun Fascio convochi adunque nelle proprie Città per il giorno di Domenica 11 Aprile p. v. i nostri aderenti, impegnandosi a trascinare seco quanta parte di popolo è assurta a sentire, in quest'opera di convulsione e di rinnovamento internazionale, la necessità della guerra. Sia per tutta Italia un unico formidabile grido: GUERRA ALL'AUSTRIA E ALLA GERMANIA!
Rispondeteci immediatamente dandoci garanzia che provvederete nel modo piú risoluto: ricordate che stiamo anche noi giuocando tutto per tutto.
SALUTI E FRATELLANZA.
IL COMITATO CENTRALE