GALASSIA MEDITERRANEO
Percorsi didattici di approfondimento interdisciplinare
di Gennaro Tedesco
Avviso ai naviganti
Al contrario di quanto normalmente avviene nei saggi di antica e recente memoria, noi non intendiamo nel modo più assoluto "concluso" il nostro lavoro, ma appena avviato. Nell'approccio culturale, come in quello didattico, non esiste, fortunatamente un approdo definitivo in qualche porto tranquillo di un mare interno, calmo e pacifico. Esiste invece una navigazione a vista che induce anche noi a stabilire con l'eventuale docente, lettore, ricercatore e sperimentatore un contratto di imbarco e di navigazione coinvolgente e interattivo. Fuor di metafora, cercheremo di inserirci nel sito informatico IRRSAE - Lombardia o in un sito da noi costruito per aprire e stabilire un Forum interattivo con quanti dall'esterno dell'IRRSAE vorranno contribuire all'ampliamento e all'approfondimento del lavoro da noi fin qui svolto, ma necessariamente suscettibile di integrazioni, suggerimenti, interventi dall'esterno volti a far progredire il tema-problema in pubblica, telematica e informatica discussione. Non promettiamo nulla a nessuno, ma sicuramente terremo conto dei vostri eventuali interventi anche perché è probabile che l'operazione di scavo e di ricerca da noi quasi sistematicamente intrapresa, con la vostra collaborazione al Forum, possa ulteriormente continuare, sfociando in una ulteriore, si spera, interessante e proficua pubblicazione.
L'estensore di queste note , con l'augurio che la navigazione nel mare aperto e tempestoso possa riprendere e continuare la sua rotta infinita verso l'isola che non c'è.Crediamo che questa ricerca che qui si presenta sia la prima a esplorare l'evoluzione di una città antica e il suo territorio dal punto di vista tecnologico, attraverso il mondo medioevale e bizantino fino all'epoca contemporanea. Va altresì evidenziato il suo valore innovativo non solo metodologico, ma anche contenutistico, che offre uno spaccato di una società e di un mondo mediterraneo del tutto rivisitato e reinterpretato alla luce di ricerche avanzate. Ma l'altro aspetto non meno interessante e innovativo è proprio l'approccio all'antico per mezzo di Internet, che in presenza di apporti storiografici tradizionali, potenzia, approfondisce e velocizza la ricerca storico-transdisciplinare-didattica anche dal punto di vista metodologico. L'altra novità della nostra proposta consiste, all'interno del discorso sui Nuovi saperi, in un' importanza primaria attribuita ai curricoli e alla loro essenzialità, problematicità, storicità e progressività. In quest'ottica si sottolinea la centralità di quelle competenze che, attraverso una pratica interdisciplinare e transdisciplinare, modificano il loro stesso assetto, creandone uno diverso nel loro incontro transazionale, avvicinandosi in tal modo alle esigenze del mondo studentesco e giovanile, che da anni adopera un pensiero olistico, frutto di un'educazione informale che ha come punti di riferimento ormai quasi esclusivamente codici metaforici multimediali e tecnologici.
IntroduzioneNuovi saperi, didattica e Internet
Il gruppo di ricerca, costituito da quattro persone, docenti delle Superiori dal liceo al tecnico, ha lavorato all'IRRSAE-LOMBARDIA nell'anno Duemila nel tentativo di attuare un progetto, per un Biennio Superiore riformato, atto a cercare, trovare e valorizzare un percorso didattico innovativo: l'dea era quella di far convolare a giuste nozze la storia e la tecnologia dell'antichità. La prospettiva esplicita era quella di far nascere da queste insolite nozze una prole, che, pur conservando alcuni tratti dei genitori, si differenziasse da essi, assumendo nuove e impreviste caratteristiche. Si è deciso di prendere in considerazione una città antica e mediterranea come Elea nel Tirreno meridionale perché questo sito magno-greco, pur essendo relativamente conosciuto, avrebbe potuto probabilmente sollecitare un approccio e un approfondimento didattico, di tipo non tradizionale per scoperta e per guida, stimolando l'uso delle nuove tecnologie, soprattutto di Internet. Dall'intreccio transazionale, interattivo, interdisciplinare e transdisciplinare tra storia e tecnologia dell'antichità, partendo da Elea, in interazione costante e metaforica con la contemporaneità avrebbe dovuto prendere forma un micro modello didattico, che, parafrasando Mandelbrot, in scala concettuale e grafico-Informatica, non tanto caoticamente, a sua volta sarebbe potuto divenire un macro modello.
Inoltre, dopo il matrimonio tra storia e tecnologia e durante il processo di crescita della nuova prole, da esso generata, ci siamo resi conto sulla nostra pelle, che, pur non lavorando materialmente e direttamente con alunni, la didattica per scoperta e per guida(esperta), applicando intensamente e massicciamente le nuove tecnologie e soprattutto internet a un settore quasi abbandonato della ricerca didattica e storica, la civiltà materiale del mondo antico, ci spingeva, come probabilmente avrebbe spinto gli alunni del Terzo Millennio, nell'Oceano informatico, navigando con la bussola di Internet, strappando alle profondità abissali e squarciando misteri e segreti, che decifrati appassionatamente dal gruppo di ricerca, andavano a costruire una nuova mappa geografica, grafica e concettuale. Questo ci ha spinto ad avere uno sguardo più innovativo negli approcci, nelle metodologie e nei mezzi adoperati. Il lavoro qui presentato avrebbe richiesto più tempo di elaborazione e di riflessione, perciò si è deciso di offrirlo al pubblico e soprattutto ai docenti nella forma di materiali e di suggestioni, così da consentire ad essi ampia libertà di scelta, di gestione, di interpretazione e, perché no, di riformulazione. Poiché lo riteniamo un lavoro in continua elaborazione, una volta pubblicato, ci aspettiamo dai docenti interventi, integrazioni, critiche, suggerimenti ed eventualmente la disponibilità da parte di qualche istituzione scolastica ad imbarcarsi con noi in una avventura laboratoriale, al fine di sperimentare qualche tappa del nostro percorso didattico.
Parte primaL'INIZIO DELL'AVVENTURA AD ELEA
Introduzione storica su Elea antica
L'inizio della Storia dell'Occidente in età antica, dal VI secolo a. C., è la storia di un popolo, della sua civiltà e della sua tecnologia. I Greci di Focea in Asia minore, insieme ad altri compatrioti, furono i produttori e i propagatori di un complesso ed articolato progetto strategico-militare di conquista del Mediterraneo occidentale, basato sul principio del dominio tecnologico globale.
La fondazione di Elea nel VI secolo a.C. in Italia meridionale, nell'attuale Cilento in Campania non fu una scelta dettata dal caso. L'allocazione delle risorse umane e tecnologiche intorno a un promontorio marino, circondato da fiumi e foreste, anche se in territorio impervio, fu un'operazione strategica che si avvalse delle conoscenze strategiche più avanzate dell'epoca. Il sito di Elea, sorto intorno a sorgenti di acqua di gran pregio ed importanza, era il terminale di una rete di collegamenti mercantili-militari che da Marsiglia focese, passando per Alalia corsa, giungevano alle città della Grecia e dell'Asia mediterranea.
I porti e le possenti mura che vennero immediatamente costruiti e che circondavano la città sono la manifestazione di un disegno politico che mirava a dotare la nascente realtà urbana di una forza dissuasiva tale da scoraggiare l'eventuale ritorno offensivo dei Lucani, gli indigeni semi-selvaggi dell'interno, gli "aborigeni bianchi", abitatori sfuggenti di impenetrabili, ignote e misteriose foreste, affascinati e intimoriti dalla città "di pietra", presenza ostile e misteriosa di un altro mondo nel loro mondo.
La città appariva munita di colossali mura perimetriche dotate di basi avanzate che dal mare, scavalcando colline e montagne, infiltrarono la presenza eleatica a molti e molti chilometri di distanza dal mare. Le postazioni più avanzate della città erano allestite con i mezzi più progrediti di difesa e offesa dell'epoca: torri balistiche adibite al posizionamento e al lancio dei proiettili di grosso calibro delle catapulte pesanti.
Scavi recenti nell'area urbana eleatica hanno messo in luce la presenza di un castello di probabili ascendenze siculo-ellenistiche che, rappresentando un caposaldo strategico avanzato dominante, fungente da cerniera tra i diversi quartieri della città, costituiva forse "il saliente" strategico atto a chiudere o ad aprire i quartieri della città antica, costruiti a scacchiere e a compartimenti stagni. Se attaccata, la città poteva chiudere ermeticamente la sacca invasa e isolare il resto della città dal quartiere eventualmente conquistato. Inoltre questo sistema difensivo a compartimenti stagni avrebbe agevolato un'eventuale azione controffensiva, consentendo un'azione avvolgente da parte degli attaccanti dei rimanenti quartieri intanto riorganizzatisi.
Ai naviganti provenienti dal mare Elea doveva ricordare altre fondazioni greche sparse per il Mediterraneo a testimoniare il gusto scenografico ed "ecologico" dei greci di Focea : colline e montagne incombenti quasi ad anfiteatro su un mare incontaminato circondato da immense e verdissime foreste al cui interno si celavano incredibili tesori e segreti nascosti negli angoli più riposti della flora subtropicale che formava e forma ancora oggi un mondo "a parte".
Alcune fonti antiche, greche in particolare, pochissime e rare invero, affermano che gli Eleati custodivano e proteggevano gelosamente i segreti
delle arti "meccaniche", a testimonianza della consapevolezza dell'essenzialità strategica delle conoscenze tecnologiche probabilmente più importanti ieri di oggi.
D'altra parte un popolo come quello eleatico da sempre esiguo, eternamente minacciato e circondato da nemici che non erano solo i Lucani, ma anche i Cartaginesi e gli Etruschi nel mar Tirreno, non poteva che giocare la carta estrema e strategica della qualità, vale a dire l'ingegno che divenne tecnologia avanzata al servizio del dominio strategico globale nel Mediterraneo e fuori del Mediterraneo.
Ma diamo uno sguardo più da vicino agli elementi di questa strategia alla lunga vincente. Il sito scelto e destinato a divenire la patria degli Eleati, se studiato attentamente e accuratamente, come sicuramente essi fecero, aveva tutte le caratteristiche per divenire uno dei centri propulsori più dinamici dell'economia e dell'industria antica.
Il mare era profondo, le acque abbondavano di pesce, il sale e le saline erano a portata di mano, le fonti d'acqua dolce numerose e pregevoli, le foreste sconfinate e stracolme di legno nobile e pregiato; le vie di comunicazione via mare e via terra consentivano l'accesso ad altre materie prime strategiche vicine e lontane.
Ma partiamo dall'Agro-alimentare. Quando la penetrazione greca nel Nord Tirreno sembrò diventare difficile (ma in effetti essa aumentò, a causa della concorrenza etrusca e cartaginese), i Greci inventarono, brevettarono e svilupparono su scala industriale la tecnologia triadica avanzata della vigna-vino-anfora legata a filo doppio a quella dell'ulivo-olio-anfora. Il territorio circostante lentamente si trasformò, ma le foreste non scomparirono, anzi, scavi recenti hanno evidenziato la loro protezione da parte greca con mura extraurbane; probabilmente si scelsero semplicemente i terreni più adatti alla coltivazione della vigna e dell'ulivo.
I preziosi e costosi liquidi, prodotti ad alto valore aggiunto ieri come oggi, erano bisognosi di sofisticate, accurate e sapienti tecniche di coltivazione, possibili a condizione di possedere notevoli accumulazioni e concentrazioni di capitali, ed erano conservati e scambiati in anfore di terracotta in tutti i mercati del Mediterraneo; essi furono il veicolo di una penetrazione non solo commerciale ed industriale, ma anche culturale, propagatrice di stili e modelli di vita che, proprio attraverso i prodotti di relativo largo consumo, errano destinati ad incidere e a scardinare molto più nel profondo tradizioni e costumi di popoli e "nazioni"molto meno progredite tecnologicamente e forse culturalmente, spesso dai Greci sdegnosamente definite "barbare".
Ma se il vino, grazie alle lunghe navi degli Eleati, si diffuse fino alle foreste della Germania e oltre, facendo avanzare la colonizzazione e la civiltà greca al di là di Marsiglia e delle altre città fondate dai Greci (Nizza, Antibes, Ampurias e tartasso) raggiungendo e superando le Colonne d'Ercole (lo Stretto di Gibilterra) per inoltrarsi negli inospitali e glaciali Mari dei Nord, i cereali continuarono ad essere coltivati in misura sufficiente a nutrire una popolazione in equilibrio instabile.
Se le argille del Cilento consentivano la fabbricazione di anfore, vasi e ceramiche su larga scala, non meno importanti erano le tegole e le murature in poligonale della città che fecero si che essa, in breve tempo, riversasse per tutta l'area della Magna Grecia questa massiva capacità tecnologica nel campo delle costruzioni civili, sottoponendo ovviamente a embargo i segreti delle tecnologie militari delle costruzioni.
Se nulla sappiamo dei congegni meccanici utilizzati per costruire la città, ancor meno note sono le tecniche di costruzione navale che erano la punta di diamante della strategia militare e commerciale della città eleatica. Basti pensare che le imbarcazioni erano volutamente e contemporaneamente navi da guerra adibite al commercio: navi lunghe non meno di 32 metri, che nascondevano i segreti di una tecnologia capace di affrontare anche lunghi e pericolosi viaggi in alto mare, probabilmente uniche nel Mediterraneo. La loro caratterizzazione delle navi in senso militare ci comunica in modo inequivocabile che essi, gli Eleati, non disdegnarono mai l'attività predatoria, piratesca e corsara nelle acque del Mediterraneo.
Possenti rostri e forse l'impiego di ordigni incendiari su navi potentemente e pesantemente armate e corazzate, vertiginosamente lanciate a velocità incredibili da equipaggi perfettamente "integrati" nella macchina poderosa dello scafo, rendevano i "legni"greci congegni tecnologici di una micidiale precisione e di una capacità distruttiva di cui ancora oggi ci si meraviglia.
Furono proprio queste navi, veri e propri gioielli di una tecnologia avanzatissima, i cui segreti furono gelosamente e scrupolosamente custoditi, che con la loro attività predatoria alternata a quella commerciale consentirono ai Greci di raggiungere e colonizzare le aree lungo i corsi del Guadalquivir, dell'Ebro, del Rodano, dell'Arno, dei Tevere, del Po, dell'Adige e del Timavo. Stagno, rame ed argento erano materie prime che le navi trasportavano per Elea e le altre città acquirenti. Le città greche della Gallia (Marsiglia, Nizza, Antibes) quelle della penisola iberica come Ampurias e Tartesso e quelle della Grecia e dell'Asia Minore non costituirono solo una Rete commerciale, finanziaria e culturale, ma, all'occorrenza, anche strategica e militare: Elea, come le altre città greche del Mediterraneo, in caso di conflitto globale, era pronta a raccogliere la sfida dell'Alleanza contrapposta, formata da Persiani, Fenici, Cartaginesi ed Etruschi.
Le navi eleatiche, oltre al piombo, probabilmente di provenienza non magno-greca, per essere allestite e armate, necessitavano ovviamente di legno pregiato, di pece e resine che le foreste del Cilento fornivano in abbondanza. Su queste foreste del Cilento e della Lucania i Greci esercitavano un controllo strategico determinante ai fini del decollo e del mantenimento della loro egemonia globale nel Mediterraneo. Le materie prime strategiche provenienti da questa enclave superprotetta e sottoposta a rigoroso controllo militare erano soggette a embargo e gelosamente custodite, perché in esse si celava una parte notevole dei segreti tecnologici e militari della città eleatica.
Se abbastanza evidente è l'importanza vitale del legno delle foreste lucane per la costruzione, I'allestimento e l'armamento delle lunghe navi, non altrettanto lampante appare l'uso del patrimonio arboreo a fini ancora più strategici. In ogni caso le manipolazioni dei materiali arborei, dai pini alle querce, nascondevano segreti tecnologici cosi avanzati e quindi ricercati dai laboratori eleatici, da costituire forse un "Eldorado"molto più appetibile dell'altro Eldorado di metalli preziosi e non preziosi che andava dalla mitica Tartesso iberica alla brumosa e nebbiosa galassia britannica, dove pure i Greci si avventuravano, oltrepassando le correnti delle misteriose-Colonne d'Ercole.
Le foreste del Cilento e della Lucania, attraversate e raggiunte per mezzo dei corsi naturali dei fiumi che allora erano molto più profondi e navigabili di oggi, aprivano agli scienziati e ai tecnici ellenici i loro forzieri naturali, dispensatori di tesori sapientemente custodite le resine, le peci prelevate dagli alberi delle foreste lucane ad opera dei 'trapper' e dei 'siringeros' ellenici si trasformavano magicamente e "chimicamente"in vernici, collanti, mastici, conservanti e farmaci i cui segreti di fabbricazione erano rigorosamente e abilmente protetti.
Le stesse sostanze contenute nelle terre che circondavano Elea non soddisfacevano solo le industrie delle costruzioni, delle terre-cotte e delle ceramiche, ma contribuivano anche alla produzione di farmaci di largo consumo. Le resine e le peci naturali ricavate dalle foreste lucane e le sostanze terrose erano sostanze naturali che, adeguatamente lavorate, entravano nella vita quotidiana degli uomini antichi: nel vino, nella cura delle malattie, nei cantieri navali, nei cosmetici e probabilmente nella fabbricazione di materiale bellico strategico come il materiale incendiario di cui disponeva probabilmente l'armata eleatica.
Ma la foresta dispensava anche le fibre naturali ricavate dalla flora subtropicale che rendeva Elea da questo punto di vista privilegiata. Gran parte dei contenitori delle derrate alimentari erano intrecciati con fibre naturali simili a quelle in vimini. Ma le fibre naturali della foresta servivano anche all'altro grande polo industriale-alimentare legato al mare a alle sue opportunità:la pesca. Non è chiaro fino a che punto le fibre naturali fossero adoperate solo per l'allevamento dei molluschi ad uso alimentare. Non è da escludere l'ipotesi che il mare di Elea consentisse anche l'allevamento e la produzione di molluschi atti alla secrezione di sostanze purpuree. Non è del tutto chiaro se gli Eleati ricavassero da sostanze forestali o da sostanze provenienti dal mare gli additivi indispensabili alla colorazione dei tessuti che tanta parte avevano nella vita quotidiana.
Probabilmente lo stesso mirto era utilizzato per la concia delle pelli di pecora e di capra.
Ma era ancora l'uso sapiente ed intelligente del mare che forniva uno degli elementi dominanti della dieta eleatica che poi sarà detta mediterranea: il pesce azzurro, conservato e salato nelle giuste proporzioni e dosi con il sale delle saline locali, anch'esso esportato tanto da permettere l'apertura di una vera e propria "Via del Sale"che dal mare eleatico si inoltrava all'interno della Lucania, affiancata da un'altra via commerciale e strategica, che, partendo da Elea, conduceva nella direzione ionio-adriatica.
Una città come Elea, circondata da nemici per terra, i Lucani e per mare gli Etruschi e i Cartaginesi, formata da cittadini ossessionati dall'idea dell'accerchiamento territoriale e psicologico in terra straniera, eternamente in lotta per la sopravvivenza, alle cui origini c'era una accumulazione e concentrazione "capitalistica" frutto di attività predatoria e commerciale, poteva continuare a svilupparsi e a godere del suo benessere a condizione che puntasse quasi tutte le sue carte sulla incessante, permanente e ricorrente innovazione tecnologica, strettamente intrecciata a una formazione del cittadino consapevole dell'unicità del contesto ambientale e storico in cui era costretto a muoversi e a vivere.
Una certa dose di standardizzazione (fondamentalmente conservatrice e di origine tecno-militare) della vita sociale e politica di Elea non si notava solo ovviamente in strutture socio-militari compatte come la falange oplitica, formazione a base tattico-strategica, contadina, di origine logico-binaria, e la flotta con la sua rapidissima interscambiabilità militare-commerciale, ma anche nelle sue forme di democrazia "blindata"che nascevano da una Scuola di filosofia e di scienza estremamente sofisticata tanto da assomigliare a una specie di macchina razionale tendenzialmente predisposta al dominio strategico della società non solo eleatica e mediterranea.
La Scuola eleatica di filosofia e poi di medicina si innestava sul retroterra tecnologico e culturale favorevole alla razionalizzazione di un percorso storico iniziato in Asia Minore e sviluppatosi sulle coste del Cilento. La nascita e la formazione di un primo pensiero razionale a Elea ben si colloca e si spiega all'interno di una città e del suo territorio la cui sopravvivenza era in gran parte legata alla sua forte sapienza tecnologica, necessitata dall'ostilità e dall'asprezza dell'ambiente circostante. Il "pensiero forte"di un popolo profugo, incessantemente alla ricerca della Terra Promessa e di una sua "Israele" trovava la sua manifestazione più lucida e qualificata nelle figure carismatiche di Parmenide e Zenone, costruttori di una filosofia e di una politica razionale volta ad equilibrare le esigenze del proletariato artigiano e marinaro rispetto all'aristocrazia mercantile, finanziaria e fondiaria della città. Il sistema politico eleatico non fu mai veramente e pienamente democratico, ma oligarchico e conservatore; tuttavia mai chiuso in se stesso, perché bisognoso, in quell'ambiente, dell'apporto di tutte le componenti della società; sempre guardingo e vigile nel rafforzare il suo patrimonio intellettuale e il suo dominio tecnologico-strategico:tanto è vero che anche i Romani dovettero, a distanza di secoli dalla sua fondazione, rivolgersi agli Eleati, richiedere l'intervento della sua potente e affermata flotta militare per continuare la lotta intrapresa dai Greci contro i Cartaginesi e finalmente vincerla nel Mediterraneo. E ancora i Romani andarono a curarsi nelle acque e nel clima di Elea - Velia per ritemprarsi e trovare sollievo nella dieta, nella medicina e nella farmacologia eleatica.
D'altra parte l'interesse eleatico per la geometria e la matematica scaturiva da esigenze reali poste dai problemi urbanistici, architettonici ed agrari che inducevano l'elite intellettuale della città a intuire un legame profondo e reale, una specie di armonia naturale tra il mondo dei numeri, delle linee e il reale, legame, ci sembra, riproposto oggi, a distanza di millenni, dall'approccio "frattale" e dai suoi modelli complessi. D'altra parte la stessa "tecnologia"retorica, scoperta, indagata e definita dai Greci, al contrario di quello che si crede, postula anch'essa, proprio a partire dalla retorica antica, un altrettanto profondo legame tra le parole e le cose. Tutto questo non poteva che incidere pesantemente sul tentativo non solo eleatico di spiegare il mondo e di nominarlo indirettamente e direttamente con lo sviluppo della tecnologia, compresa quella retorica. Alla luce di queste considerazioni, appare conseguente e coerente il progetto eleatico di razionalità oligarchica in politica interna ed estera attraverso la concentrazione della strumentazione governativo- amministrativa e commerciale-militare.
DIECI SECOLI DOPO ANCORA ELEA
Introduzione storica su Elea bizantina e medievale
Nel VI secolo d. C. Elea-Velia ancora primeggiava nel Mediterraneo grazie alla sua flotta mercantile che continuava a commerciare con la Gallia e Marsiglia.
Dalla fine del VI-VII secolo d. C. , anche per effetto di fenomeni sismici, sotto la spinta di Goti e Longobardi, la gente di Elea si disperse per il territorio circostante, fondando nuovi borghi e soprattutto torri, castelli e fortezze, guidata in questa operazione dai Bizantini. In questo modo assistiamo alla disseminazione di una popolazione di una grande, illustre e progredita città greca per un territorio che si trasformava di nuovo ed ulteriormente nel tentativo di adattarsi alle nuove e imprevedibili condizioni storiche.
Il potenziale tecnologico e culturale di Elea-Velia non andò dissipato come si potrebbe supporre; aI contrario, l'innata elasticità mentale e organizzativa e la duttilità ambientale delle genti greche ebbe l'opportunità, pur nelle condizioni di estrema difficoltà poste dalle invasioni barbariche, di tradursi in un progetto di rimodellizzazione e rimodulazione del territorio che non ha precedenti nella storia del Mediterraneo medioevale e bizantino.
Già dal VII secolo d. C. l'Impero bizantino, di cui Elea-Velia faceva parte, fu sottoposto al travaglio di un riposizionamento strategico che lo spinse ad introdurre il complesso sistema amministrativo e militare dei temi.
Di fronte all'invasione prima gotica e longobarda e poi saracena in territorio italico, i Bizantini, con la collaborazione della popolazione locale, istituirono il tema di Lucania che inglobava i residui del territorio eleatico-velino e del suo comprensorio cilentano.
Il sistema tematico bizantino, compreso il tema di Lucania, come l'antica Elea, appariva organizzato a paratie stagne, e per lo meno all'interno del tema di Lucania, a scacchiere. Una fitta rete di torri, castelli e fortezze si diramava dal mare alle montagne con sbarramenti che spesso seguivano il percorso dei dirupi montuosi più inaccessibili. I due poli strategici massicciamente fortificati, che racchiudevano l'immensa impervia e aspra "fortezza del Cilento"o Lucania tirrenica, erano il Kastron di Agropoli al Nord e il Kastron di Policastro al Sud. Il sistema strategico delle torri, dei castelli e delle fortezze bizantine nel tema della Lucania tirrenica, per quanto interagente e comunicante al proprio interno, era organizzato in modo tale che la caduta di un elemento del sistema non costituisse un ostacolo alla continuità tattica e operativa degli altri superstiti.
In ogni caso, di fronte all'avanzata dei Longobardi e dei Saraceni, i Bizantini. insieme alle popolazioni del territorio velino, resistettero agli assalti saraceni nel Ridotto strategico superfortificato e protetto del Kastron di Agropoli fino al IX secolo d. C. Reperti di architettura militare bizantina presenti e visibili ancora oggi nell'enclave velino-lucana ci informano sui segreti della tecnologia militare greco-bizantina, che non sembra discostarsi molto dalle radici eleatiche. L'idea e la pratica di un complesso fortificato elastico e duttile dal mare all'interno delle montagne con torri, castelli e fortezze era già riscontrabile nell'Elea greco-antica. Le varianti velino - bizantine consistettero nella riduzione e concentrazione della potenza muraria:nel sistema medievale-bizantino le pieghe della roccia e del terreno, insieme alle abitazioni civili vennero integrate nella rete dell'architettura militare. Se in altre città della cosi detta Lucania tirrenica questa trasformazione è oggi meno evidente, ad Amalfi e nel suo entroterra sembra di ritrovarci in una appendice di Elea tra il greco e il bizantino.
Probabilmente già in epoca greca e romana non pochi Eleati, vuoi per motivi commerciali che per fenomeni sismici, avevano cominciato a lasciare la loro terra d'origine. Il fenomeno si dovette accentuare con l'intensificarsi delle invasioni barbariche. D'altra parte non dimentichiamo che i Greci di Elea continuavano ad avere rapporti nel Mediterraneo con le antiche sorelle delle città greche : basti pensare a Marsiglia, ma anche a Napoli e a Salerno. A Napoli e a Salerno operavano in pianta stabile imprenditori edili velini, che, in forza della loro grande tradizione e vocazione costruttiva, contribuivano notevolmente alla vita economica e finanziaria delle due città, richiamando e attirando compatrioti dotati in altri settori, come ad esempio quello medico e farmaceutico.
Dopo la caduta dell'ultimo baluardo bizantino, Agropoli, a difesa del tema della Lucania tirrenica, è probabile che la diaspora eleatico-velina accentuasse la sua direzione di marcia e di emigrazione verso Amalfi, che, infatti, dalla fine del IX secolo dopo Cristo cominciò a raggiungere il suo massimo splendore al riparo dell'ombrello protettivo della flotta bizantino. La Lucania tirrenica, il Cilento e l'enclave eleatico-velina vennero chiuse in una morsa che andava dal porto di Amalfi al tema di Calabria, dal quale soprattutto i Bizantini, continuarono ad attuare ed operare una manovra tattico-strategica a tenaglia, infiltrando le proprie truppe anche attraverso le montagne del confine campano-pugliese-lucano.
Il sistema dell'architettura militare amalfitana sembrava ricalcare in parte la tipologia costruttiva delle fortificazioni eleatico-bizantine dal mare al vertice delle montagne con torri, castelli e fortezze distribuite sapientemente per creare un arco elastico, duttile e impenetrabile, quasi a scacchiere con punti estremamente strategici mobili a difesa di un territorio compatto che dal mare risaliva alla montagna.
Negli insediamenti dei profughi velini nei territori circostanti del Cilento si notava la stessa fenomenologia costruttiva di Amalfi : abitazioni arroccate ed elevate con difficoltà di accesso molto spesso simili anche negli interni.
E' probabile che la stessa Scuola medica salernitana affondasse le sue radici nella diaspora eleatica, iniziata forse già nel periodo greco-romano e incrementatasi in epoca medioevale bizantina. L'industria delle erbe officinali e mediche arricchì da allora Salerno, che custodisce i segreti dell'arte medica eleatica, della sua dieta mediterranea e della sua medicina intesa come cura preventiva e naturale.
Ma neanche i Saraceni nel IX secolo riuscirono a spazzare via le vestigia dell'antica città greca. I Bizantini, dai non ben definiti confini del tema di Calabria e dal mare, insieme agli Amalfitani e contro il predominio dei Longobardi, erano ancora operanti con la loro flotta militare lungo le coste del Cilento. E proprio intorno a ciò che rimaneva di Velia incomincia a spuntare una nuova civiltà, quella dei monaci italo-greci, che nella ricerca spasmodica del sacro e delle sue manifestazioni e nello slancio vitale della loro predicazione e della loro marcia trionfale, trovava la sua ragione di esistenza.
Là dove i principi longobardi del Cilento non riuscirono a rilanciare un minimo di dinamica economica e sociale, essi, i monaci, si posero alla testa di un movimento sociale e civile senza precedenti. Essi, eredi della tradizione greco-bizantina di reattività ed adattabilità alle esigenze delle nuove realtà e delle nuove situazioni, aggregarono, col loro modello di vita, fondato su una esemplarità di vita contemplativa e produttiva, le popolazioni disperse e scoraggiate da anni ed anni di invasione e di abbandono. Essi spronarono i contadini e i montanari del Cilento e della Lucania verso un nuovo e duraturo progetto di espansione agraria, tutelato dal manifesto interesse dei Longobardi e dalla solerte vigilanza degli strateghi bizantini, che nei monaci italo-greci scorgevano il braccio secolare di Bisanzio.
Intorno ad edicole, cappelle, chiese, monasteri ed abbazie si insediarono nuclei numerosi e consistenti di contadini e montanari alla ricerca di un minimo di stabilità e sicurezza. I monaci, insieme ad essi, disboscavano, dissodavano, irrigavano e coltivavano nuove terre. Il paesaggio agrario lentamente si andò trasformando. Proprio nell'enclave territoriale di Velia sorsero numerosi santuari che proteggevano l'intensa attività agricola e pastorale dei monaci italo-greci e dei contadini. Essi reintrodussero, rivitalizzandola, la coltivazione della vigna e dell'olivo. Introducono anche il baco da seta, trasformando radicalmente l'economia dei territorio. Capre e pecore fornivano pelli e foraggi in grande quantità, attirando sulle coste eleatiche le mire commerciali degli Amalfitani. Di nuovo i porti velini ricominciarono a vivere e a rianimarsi.
Il culto greco-ortodosso sembrò riprendere il sopravvento su quello latino, i monasteri italo-greci divennero delle grandi potenze agrarie, commerciali, finanziarie e culturali. Fu in questi cenobi che si salvarono tanti capolavori dell'antichità greco- romana e del Medioevo bizantino. Fu in questi monasteri che fino al XVII secolo si poterono trovare ancora tracce di una grecità persistente e dura a morire.
Verosimilmente l'interesse manifestato dai Bizantini per il Cilento e la Lucania tirrenica si potrebbe spiegare anche con la necessità strategica che essi avevano di salvaguardare le riserve di legname costituite dalle foreste lucane non lontane dal mare e relativamente raggiungibili attraverso le vallate segnate dai corsi dei fiumi. L'esportazione del legno da costruzione sia civile che navale-militare era sottoposta dai Bizantini ad embargo e quindi esso non era né commerciabile né vendibile liberamente, soprattutto a danno della marineria saracena. E' probabile inoltre che le stesse foreste lucane fossero attentamente e accuratamente sorvegliate dai Bizantini perché esse producevano resine e peci fondamentali nella preparazione e fabbricazione della super-arma strategica bizantina, il fuoco greco di cui ancora oggi non si conoscono fino in fondo i segreti tecnologici e chimici. Esso, associato ad altre sostanze rimaste ancora in parte misteriose e lanciate da una specie di lanciafiamme, generava una miscela esplosiva e altamente infiammabile simile al napalm.
Furono i Normanni, guerrieri venuti dal freddo del Nord, ad interrompere questa nuova ed autonoma avventura del mondo greco-bizantino. Essi annullarono la potenza dei monasteri italo-bizantini del Sud, ne concentrarono le ricchezze, feudalizzando ed accentrando le energie vitali sprigionate dal mondo rurale italo-bizantino in una morsa mortale. Il dinamismo economico e sociale dimostrato dal modello monastico italo-bizantino fu soffocato nel sangue. E anche il rito greco-ortodosso, la liturgia e la cultura italo-bizantina vennero lentamente, ma inesorabilmente compresse e represse fino alla loro totale estinzione a favore del ritorno trionfante del rito latino e del processo di rilatinizzazione. Ci saranno ancora altri brevi momenti di gloria per questo pezzo dimenticato e abbandonato di Grecia e Bisanzio, ma non sarà mai più come prima.
NEL TERZO MILLENNIO ELEA, CIO' CHE
RIMANE DI UN SOGNOIntroduzione geostorica sull'area del Mediterraneo e del Cilento oggi
Nell'era della globalizzazione sembrerebbe difficile cogliere un messaggio nell'eredità di Elea da tramandare e consegnare alle nuove generazioni.
Ma a noi pare che proprio nella storia di Elea-Velia possiamo trovare e sviluppare un modello che, opportunamente corretto e regolato, si rivela estremamente utile e attuale. Il razionalismo, il tecnologismo della città magno-greca si spinse nella direzione di un tentativo, tra i primi all'alba della civiltà umana, di dominio globale sugli uomini e sulla natura.
"L'errore eleatico" è stato quello di credere, come successivamente Bisanzio, che, affidandosi totalmente alla gioiosa macchina livellatrice e globalizzatrice della cultura tecnologica, si sarebbero d'incanto risolti gran parte dei problemi dell'umanità. Ma la storia dei Lucani prima e dei Longobardi e Saraceni poi sta a testimoniare la fragilità e la contraddittorietà di questo approccio ideologico e metodologico alla realtà. La mondializzazione e la globalizzazione Razionalistica e tecnologica trova, ieri come oggi, dei limiti fisiologici nella naturale e necessaria diversità e irriducibilità dell'uomo a una sola dimensione.
E proprio la costituzione e l'evoluzione del Parco Nazionale del Cilento, se opportunamente incentivata, potrebbe consolidarsi come modello di correzione e regolazione del processo mondiale di globalizzazione in corso. Salvaguardare e rivitalizzare il comprensorio cilentano con Elea, Paestum, Palinuro e altre numerosissime località di grande tradizione storica culturale e naturalistica in un'ottica non di conservazione, ma di dinamizzazione del territorio in interazione con l'uomo e i suoi bisogni quotidiani, significherebbe indicare una strada antica e moderna allo stesso tempo alle nuove generazioni.
Il passato di Elea, non mummificato né musealizzato, ma tratto dal suo letargo insieme al suo territorio vissuto per secoli ai margini del mondo, andrebbe utilizzato nella direzione di una riprogettazione e rivalutazione a fini eco-dinamici e produttivi all'insegna di uno sviluppo eco-sostenibile, umanamente sopportabile e ragionevole, proponendosi come modello accettabilmente alternativo alle logiche di sviluppo sfrenatamente capitalistiche e globalizzatrici.
Ridisegnare l'ambiente eleatico significa riconoscerne le peculiari caratteristiche: i prodotti naturali delle foreste e del mare protetti, ma allo stesso tempo incentivati verso un'economia di mercato e comunque limitati nella produzione e nella vendita da criteri di salvaguardia dell'equilibrio ambientate.
Certo, è evidente che comunque saranno necessari e utili dei luoghi istituzionalizzati in cui raccogliere la storia e i reperti archeologici, e non solo archeologici, del passato. Ma ciò dovrà avvenire contemperando tre esigenze fondamentali: la ricerca pura, la ricerca applicata e la capacità di attrazione e divulgazione del mondo greco-bizantino locale, puntando proprio sulla sua unicità.
Studiare e approfondire globalmente e scientificamente un universo come quello eleatico porterebbe ad ulteriori e significative scoperte, ma ancora più significativo e profittevole sarebbe per esempio indirizzare le tecniche e i materiali da costruzione velini verso una loro rivisitazione e utilizzazione economica in senso moderno, integrandole in una riprogettazione neo-architettonica del territorio, a partire dalle radici greco-bizantine.
Salvaguardare l'ambiente montano e forestale dovrebbe avere per conseguenza riscoprire e reinserire nel contesto di una agricoltura di montagna biologica lo studio e la coltivazione con criteri moderni delle erbe officinali e mediche della Scuola salernitana: nuovi farmaci e nuovi cosmetici naturali ed antichi. Rivisitare la foresta cilentana e lucana significherebbe rivalutare e riavvicinare le resine e le loro proprietà particolari e ancora in parte misteriose ed inesplorate che esse nascondono, rendendole finalmente disponibili.
Si potrebbero riattivare le risorse del mare e delle sue coste, riscoprendo e incentivando le antiche tradizioni dei pescatori greci, riselezionare le migliori qualità antiche e bizantine dei vini e dell'olio.
In altre parole si tratterebbe di riprogettare l'intero paesaggio del comprensorio, sfruttando le montagne e il mare, aprendolo a un nuovo turismo di qualità, tanto archeologico quanto naturalistico, riconsiderando i livelli di impatto ambientale.
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