MATRIMONIO E SESSO
TRA I NATIVI AMERICANI  PELLEROSSA
di Pier Luigi Baglioni





La pulsione innata di 'fare sesso', la più forte dopo quella della sopravvivenza, dopo il periodo animalesco del sesso libero, è stata risolta dalla specie umana 'civilmente' cioè con la istituzionalizzazione dell'accoppiamento nel matrimonio: Il maschio sceglie una compagna per la vita ed in cambio di protezione e sostentamento Ella lo soddisfa sessualmente, almeno questo era il senso antropologico del matrimonio anche se la religione ne rendeva sacri i termini finalizzandoli alla procreazione quindi alla continuazione della specie (va da se che nella nostra contemporaneità con l'emancipazione della donna e la sua indipendenza economica tali termini siano saltati). Ebbene se oggi i due sessi sono sullo stesso piano nella volontà di 'stare insieme' si può dire che questa parità decisionale era propria da sempre nella cultura Pellerossa ed il matrimonio anche tra di loro era alla base della loro società. Tuttavia ciò non basta per sapere come era vissuto il sesso nelle  tribù indiane poiché l'innamoramento reciproco e lo sbocco in coppia matrimoniale sono  espressione universale del suo ordinamento, mentre 'fare sesso' ne è l'esplicazione generale. Pertanto parlerò prima della pratica sessuale tra i sessi, e poi del matrimonio naturalmente definendo le cose nel popolo 'rosso' dell'America prima di essere dominato dalla cultura bianca.
D'altronde la materia è affascinante perché gli accenni alla sessualità dei Pellerossa sono labili e si basano soprattutto sui racconti che in epoca successiva alla invasione hanno fatto i grandi capi, come Alce nero e Geronimo, ormai vecchi, intristiti e vinti a qualche scrittore bianco (con l'autorizzazione del governo e la supervisione dell'esercito) dentro le riserve prima di morire.
Nella Confederazione degli Irochesi, pacificata dal Grande Capo Deganawida, veniva applicata la legge delle "famiglie uterine", cioè il matriarcato. La famiglia difatti aveva come riferimento la donna in quanto madre. La linea di discendenza proseguiva dai suoi figli facendo perno sulle femmine. Erano i maschi che si staccavano dal clan di provenienza per entrare ed aggregarsi a quello della sposa o compagna. Gli Irochesi abitavano l'est del continente dalla costa atlantica ai grandi laghi ed erano prevalentemente stanziali.
Non così gli indiani delle praterie che hanno retto la fase ultima e definitiva della invasione bianca.  Queste tribù, che prima del 1500 erano anche esse stanziali ma con agricoltura e forme sociali meno evolute degli Irochesi; dopo i primi cruenti o pacifici contatti con le colonne di spagnoli provenienti dal Messico avevano completamente rivoluzionato il loro modo di vivere. Per loro il cavallo fu ciò che per noi fu il vapore (tant'è che la misurazione della sua potenza è appunto detta in HP, cavalli appunto).  Le tribù che ferme su un suolo povero, spesso arido, vivevano in ristrettezza; col cavallo acquistarono la mobilità che fu alla base di un grande periodo di abbondanza trasformando radicalmente la loro cultura sia rispetto a se stessi che verso la natura: Se prima per cacciare il bisonte dovevano spingere le mandrie verso i burroni con necessario ma grande speco e dispregio verso gli animali; cavalcando i destrieri i cacciatori si mettevano individualmente alla prova del coraggio e decidendo in consiglio quanti bufali fossero da abbattere. La fonte primaria del cibo diveniva sacra e gli indiani oltre che rispettarla glie ne erano religiosamente grati.
In questa fase (che durò quattro secoli prima dello sterminio) nelle tribù indiane delle pianure  la libertà sessuale non poteva che essere accentuata rispetto alle altre.  La verginità era pur considerata un valore se in certe cerimonie sacre protagoniste dovevano rigorosamente essere fanciulle illibate. Le indicavano la generale reputazione e, banditi i nomi nel villaggio, se qualcuno sapeva del contrario ma stava zitto una volta scoperto avrebbe subito dolorose punizioni. Ancora, se una ragazza madre trovava difficilmente nuovo marito (tanto che le mamme delle nubili 'allegre' le riempivano quotidianamente di tisane con effetto antifecondativo).
Nei tepee la promiscuità era consuetudine: Per evitare contatti carnali, incestuosi e no, la disposizione dei giacigli vedeva al centro del lato opposto l'ingresso i letti dei genitori con le femmine dalla parte della madre e i maschi da quella del padre. I vecchi, specialmente la nonna, stava accanto all'ingresso con funzione della poliziotta: sorvegliava che nessuno entrasse o uscisse durante la notte senza il suo permesso, prendendo a bastonate chi si fosse posato nel letto non suo.
Esisteva il divorzio col ripudio da parte dell'uomo, ma non era infrequente che anche la donna lasciasse il marito per andare con un altro.  Tutto doveva avvenire però alla luce del sole, non era ammessa la relazione amorosa segreta alle spalle del marito: all'adultera veniva tagliata la punta del naso portando con se per la vita la sua vergogna.  Degli uomini nulla si dice, in questo senso la società  era maschilista tant'è che picchiare la moglie per un Apache era cosa normale che fu anche fonte di scontri all'interno delle riserve quando per i bianchi quello era un reato.
Tra i costumi della gioventù Pellerossa quando un giovane s'innamorava di una ragazza non poteva abbordarla e dichiararsi subito ma doveva percorrere alcuni preliminari di obbligo. Spesso la ragazza, specialmente se bella e procace, era strettamente sorvegliata dai genitori; così i primi contatti non erano facili. Il giovane indiano doveva appostarsi vicino al tepee di lei ed attendere che uscisse da sola, magari di notte per fare pipì. Oppure infrattarsi vicino al lago, al fiume, o alla fonte d'acqua ove ella attingeva l'otre di famiglia o andava a lavarsi. Nei primi abboccamenti doveva essere sola, non vista da alcuno, affinché si comportasse con  sincerità dimostrando o no la sua compiacenza. Se dai primi contatti il giovane indiano capiva di piacerle, che la ragazza corrispondeva al suo sentimento, Egli allora andrà dal padre a dichiararsi e contrattare il numero dei cavalli da offrirgli in cambio del suo consenso al matrimonio. Ecco come Alce Nero racconta la conquista matrimoniale dell'amico Cavallo Alto:
<< Due vecchi indiani avevano una figlia unica e non volevano separarsene. La sorvegliavano strettamente di giorno e la legavano al letto ogni notte. Il giovane indiano Cavallo Alto, pazzo di lei e corrisposto, andò dal padre a trattare i cavalli necessari al cambio ma trovò un rigido diniego. In questo caso poteva aggirare l'ostacolo del padre fuggendo con lei mettendo la famiglia di fronte al fatto compiuto. Ella, messa al corrente della scelta, non rifiutò. Così Cavallo Alto, aiutato dal cugino che si era offerto, organizzò il ratto notturno. Si introdusse nottetempo nel tepee, tagliò i lacci, mentre con la mano sulla bocca impediva a lei di gridare. Poi la trascinò fuori dove l'amico lo aspettava col cavallo pronto e si fece aiutare a metterla in groppa. Ma dopo vari tentativi l'operazione non riusciva perché Cavallo Alto era troppo agitato e svegliò i vecchi facendo fallire il ratto. Deciso a non rinunciare studiò col cugino un'altra strada: andare ad un villaggio di Crow accampati a tre giorni di cammino, uccidere il guardiano dei cavalli, e rubarne cento. Così fece  portandoli davanti alla tenda del padre disse: "Ecco i cavalli, questi credo bastino!" Il vecchio annuì con la testa rispondendo: "Quello che volevo, però, non erano i cavalli, ma dare in sposa mia figlia a un vero uomo. Ora so' che lo sei." E fu così che Cavallo Alto ebbe in sposa la ragazza che amava e certamente meritava >>.

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