Dichiarazione degli interventisti rivoluzionari
sulla "tregua" di classe
aprile 1915
La monarchia italiana non rinunzia al suo sistema storico. Nell'ora in cui l'interesse nazionale reclama il gesto liberatore, che può darci un glorioso diritto di cittadinanza fra i popoli vessilliferi di progresso, l'ambigua politica dinastica tende invece alla soddisfazione di meschini egoismi, che ci ribadiranno ai polsi le antiche catene di servitú verso gli imperi centrali.
Noi sentiamo perciò il dovere di suggellare oggi la nostra e l'altrui responsabilità con una parola chiara e definitiva.
Dal giorno in cui scoppiava il grande conflitto che dilania il mondo, abbiamo fatto violenza a noi stessi, imponendo una tregua alla nostra azione di parte, non già perché avessimo rinunziato alle idee rivoluzionarie; ma perché per l'ulteriore affermazione dei principî nostri, abbiamo riconosciuto la pregiudiziale necessità della guerra contro il militarismo oppressore accampato nel cuore dell'Europa, ed in pari tempo della risoluzione delle questioni di nazionalità secondo giustizia.
Le ragioni d'intervento che noi affermiamo sono quelle stesse che Asquith ripeteva alla Camera dei Comuni d'Inghilterra nel suo discorso del 1° marzo p.p. con le memorabili parole:
"Noi non dovremo mai ringuainare la spada sino a quando il Belgio non avrà tutto e anche piú di quanto ha sacrificato, sino a quando la Francia non sarà definitivamente al sicuro contro la minaccia di una aggressione, sino a quando i diritti delle nazioni minori d'Europa non saranno fissati su una base intangibile, sino a quando la prepotenza militare della Prussia non sarà completamente distrutta".
Queste parole dimostrano che il programma del nostro interventismo non ha nulla di utopistico e che può benissimo essere accettato anche da uno Stato monarchico, che non metta gli interessi dinastici al di sopra degli interessi nazionali; che esso è particolarmente vero per l'Italia, poiché riassume le piú alte e legittime aspirazioni della nostra nazionalità, che d'altra parte rientrano perfettamente nel vasto quadro delle aspirazioni mondiali verso un piú giusto assetto dell'Europa in base al riconoscimento del diritto di nazionalità per tutti i popoli.
All'intervento cosí concepito - che non può esplicarsi altrimenti che con la rottura violenta della triplice alleanza e la guerra contro gli imperi centrali a lato della triplice intesa - noi siamo pronti a dare tutto il nostro appoggio, accettando di condividerne le responsabilità nella forma piú leale: Diciamo cioè che, qualora la monarchia dichiarasse la guerra che noi auspichiamo sentiremo il dovere collettivo di continuare fino a vittoria raggiunta nella tregua rivoluzionaria, ed il dovere personale di accorrere sui campi di battaglia per offrire il nostro sangue alla causa della libertà dei popoli, contro il militarismo teutonico.
Ma con eguale franchezza diciamo che né sangue, né tregua possiam promettere per ogni altra azione che la monarchia avesse in animo di svolgere compromettendo l'Italia nelle viltà e nelle speculazioni tristi di una politica obliqua ed usuraia.
La grave responsabilità della guerra può essere da noi accettata soltanto per altissime ragioni ideali (le rivendicazione dei diritti di tutte le nazionalità) e per la necessità di abbattere un ostacolo formidabile al progresso umano (il militarismo tedesco); ben altro,dovere ci detta l'eventualità che l'Italia ufficiale abbia a fare il giuoco della Germania con qualche diversivo sostanzialmente ostile alla triplice intesa. In questo caso, non l'opposizione passiva, ma la piú vivace opposizione attiva di tutte le nostre forze, ci si imporrebbe come un dovere assoluto,
E lo stesso dovere compiremmo contro ogni mercato della nostra neutralità a base di compensi territoriali. Noi diciamo che la sola neutralità onesta - anche se imbelle - è quella che non chiede di essere pagata. La neutralità che specula sui conflitti ne' quali gli altri profondono sangue e ricchezza, è la neutralità di Shlok. Un popolo non può ricavare da una simile politica usuraia che odio e disprezzo, entrambi ben meritati. Per ciò, se anche le trattative avviate da Bülow potessero darci - cosa impossibile - i piú larghi compensi territoriali, noi affermeremo pur sempre la nostra decisa ed assoluta opposizione all'ignobile traffico dell'onore italiano, dividendo fin d'ora la responsabilità nostra da una simile vergogna che dovrà pesare tutta intera ed esclusivamente sulla monarchia, restando a noi il compito di fargliela scontare con la piú sollecita severità.
Questo anche nel caso non difficile che la baratteria venisse condita con un simulacro di guerra sul tipo di quella che nel 1866 ci coprí d'onta e ridicolo.
Riassumiamo: La tregua della nostra azione rivoluzionaria può durare soltanto se la monarchia dimostri di volere l'intervento dell'Italia nella guerra europea, ponendosi direttamente contro gli imperi centrali in base al programma enunciato da Asquith alla Camera dei Comuni d'Inghilterra il 1. marzo ultimo scorso. In questo caso accetteremo di condividere la responsabilità della guerra e riconosceremo il dovere di offrire il nostro sangue pel conseguimento della vittoria, persuasi che la distruzione del militarismo tedesco ed il risolvimento delle questioni di nazionalità, compensi il grave sacrifizio con lo spianarci la via alle conquiste future.
In ogni altro caso (neutralità mercanteggiata, o diversivo coloniale) noi saremo irriducibilmente contro la speculazione monarchica: Non solo rifiutando ogni solidale responsabilità e negando il nostro personale concorso, ma rivendicando fin d'ora il diritto ed il dovere della opposizione rivoluzionaria alla ignominia che si meditasse dí compiere per interessi dinastici ai danni della nazione e della libertà dei popoli.
Questo manifesto porta le firme dei piú noti interventisti militanti nel campo sovversivo:
Mussolini,
De Ambris,
Mantica,
Masotti,
Oberdan Gigli,
Libero Tancredi,
Rygier,
Comandini,
Zuccarini,
Michele Bianchi,
Ciardi,
Decio Papa
... ecc. ecc. ...