L'EVASIONE DI HERBERT KAPPLER
DALL'OSPEDALE CELIO DI ROMA
IL 15 AGOSTO 1976
Nota storica di Pier Luigi BaglioniPremessa
Herbert Kappler descritto nella Enciclopedia Treccani in CD Rom:
Kappler Herbert. Colonnello delle SS, inviato in Italia nel 1939 come consulente della polizia fascista e dell'ambasciata tedesca, ebbe poi, nel 1943, poteri assoluti nella Roma occupata dai Tedeschi. Pretese 50 kg d'oro dagli Ebrei romani, che poi deportò ugualmente. Nel 1944, come rappresaglia per l'attentato di via Rasella, fece giustiziare 335 prigionieri italiani. Fu condannato all'ergastolo, dopo la guerra, da un tribunale italiano. Vecchio, ammalato di cancro, K. aveva ottenuto di essere ricoverato all'ospedale militare del Celio, a Roma. Aiutato dalla moglie Annalise Walther-Wenger, riuscì clamorosamente ad evadere nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 1977 e a riparare in Germania. La fuga suscitò grande scalpore. Morì il 9 febbraio 1978 a Soltau nella casa della moglie. Era nato nel 1907 a Stoccarda.Eccidio delle Fosse Ardeatine secondo l'Enciclopedia Incarta:
In una cava adiacente la via Ardeatina, a Roma, il 24 marzo 1944 i nazisti fucilarono 335 ostaggi, partigiani, ebrei, detenuti politici, semplici civili, prelevati per rappresaglia dopo che il giorno precedente un attentato dei GAP in via Rasella aveva provocato la morte di 32 soldati e durante la notte ne morì un 33esimo. Voluto da Hitler, organizzato dal comandante delle SS a Roma Herbert Kappler, l'eccidio ebbe tra gli esecutori l'ufficiale nazista Erich Priebke, che nel 1997 è stato condannato da un tribunale italiano per crimine contro l'umanità.Prima di entrare nella storia della incredibile evasione del colonnello Herbert Kappler condannato all'ergastolo per i crimini commessi durante l'occupazione nazista di Roma è d'uopo rientrare nel clima politico dell'Italia di quella seconda metà degli anni '70 quando smorzatasi la spinta propulsiva dell'apertura democristiana a Pietro Nenni e la nascita del primo centro-sinistra DC PSI, si era stabilizzata una situazione politica che marciva verso il 'compromesso storico' tra DC e PCI. Difatti di elezione in elezione si concretizzava una tendenza di spostamento a sinistra dell'elettorato nel senso che voti MSI, PLI ed anche PSDI si spostavano sulla DC e PSI mentre da questi due partiti defluivano verso il PCI. Caratterizzando codesto processo il 20 giugno 1976 le elezioni politiche avevano segnato una forte avanzata dei comunisti di Berlinguer a spese dei due principali partiti di governo, ma PSI e DC confermavano la tenuta facendo propria la perdita secca del MSI (che dopo poco subirà una forte scissione) e l'arretramento di PSDI e PLI (infine per la prima volta venivano eletti alla Camera anche alcuni parlamentari del Partito Radicale e di Democrazia Proletaria). Conseguenza di codesto voto fu un governo monocolore Democratico Cristiano guidato da Giulio Andreotti che si avvaleva della astensione di tutti gli altri partiti (PCI, PSI, PRI e PLI) escluso l'estrema sinistra DP e l'estrema destra MSI.
Nel paese infuriava il terrorismo delle Brigate Rosse. Poco prima di quelle elezioni a Genova il Procuratore Generale della Repubblica Francesco Coco era caduto in un agguato, assassinato insieme ai due poliziotti di scorta. Infuriavano ancora scandalo Lockheed per corruzione di due ex ministri della Difesa Gui e Tanassi (poi condannati entrambi dopo il via della Camera). Continuava a Catanzaro il tragico tormentone dei processi a Valpreda per la strage di Piazza Fontana.... Insomma il discredito della classe politica nazionale toccava il livello più basso dal dopoguerra. Solo il PCI, che da poco aveva superato le crisi della destalinizzazione, e della 'Primavera di Praga' soffocata dalle truppe sovietiche; accreditando la sua 'diversità' e l'autonomia dal servilismo all'URSS caratteristico del periodo post bellico col documento del 1975 sul 'socialismo nella libertà' detto dell'Eurocomunismo, firmato dai due più grossi partiti comunisti occidentali l'Italiano ed il francese; manteneva un certo ascendente sul popolo comunista nonostante i terribile eventi del decennio precedente. Tanto che il neo primo ministro Giulio Andreotti, l'anno prima, prendendo i complimenti del presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter per aver tenuto fuori dal governo i comunisti; gli diceva pari pari che però maturava nel paese la futura collaborazione con loro. Cosa che in quel 1977 stava appunto avvenendo. Ora, l'ingresso del PCI nella maggioranza di governo poneva le solite questioni di coerenza tra quanto teorizzato alla opposizione a quanto il governo avrebbe realizzato avvalendosi del suo apporto. Ma come nella collaborazione DC PSI il divario tra le enunciazioni e le realizzazioni era stato forte (ricordiamo al riguardo le insistenti polemiche di Riccardo Lombardi sulle 'inadempienze'); anche il governo delle 'covergenze parallele', prova generale per attuare il 'compromesso storico' iniziava a slittare sullo stesso terreno paludoso.
La settimana del Ferragosto 1977 si era aperta col polverone delle polemiche sulle spartizioni negli enti pubblici al cui tavolo delle trattative di lottizzazione era presente anche il plenipotenziario del PCI Elio Quercioli. In quella diffusa distribuzione di poltrone, i comunisti pur di aggiudicarsene qualcuna nelle Banche ed nella RAI TV (neo condirettore Sandro Curzi per la terza rete), avevano sottoscritto una lunga lista di nomine clientelari della DC tra cui la riesumazione di Gian Paolo Cresci, fedelissimo di Amintore Fanfani, e di Gianni Pasquarelli ex direttore de Il Popolo, quotidiano del partito della DC. Insomma il 'nuovo modo di governare ' si rivelava tale e quale al vecchio, col solito accaparramento dei partiti di ogni spazio istituzionale e della società economica.
Vi pongo, e mi pongo, una domada: In tale contesto sarebbe stato possibile da parte del governo Andreotti prendere l'iniziativa di chiedere al Presidente della Repubblica la Grazia per il colonnello Kappler detenuto a vita in Italia per la condanna all'ergastolo come criminale di guerra? Lo avrebbe consentito il PCI che con la sua astensione teneva in piedi il Governo? No certamente: a dimostrarlo è proprio quello che è avvenuto coi governi di centro sinistra post Tangentopoli in riferimento all'altro criminale di guerra Erich Priebke.
Il boia delle Fosse Ardeatine, la strage eseguita in rappresaglia di altra strage, è Herbet Kappler. Al momento ha 70 anni, trenta dei quali passati nella Fortezza Militare di Gaeta. E' sofferente di artrosi; inoltre durante gli ultimi anni della detenzione a Gaeta gli è stato riscontrato un cancro al retto. Per farlo curare dalla Fortezza era stato trasferito all'Ospedale Militare del Celio a Roma. Da prigioniero, il 19 aprile 1972, si era sposato con frau Annelise Wengler che nel 1977 aveva 64 anni. Dopo il matrimonio Ella si era impegnata con lui di farlo tornare in patria: "Vedrai ti riporterò a vedere i posti che ti sono stati più cari" gli aveva promesso. A tale fine svolgeva una attivissima quanto inconcludente attività di promozione sia con le autorità italiane che tedesche. Aveva sollecitato l'appoggio dei cittadini tedeschi che per la sua liberazione si erano mossi migliaia. Inoltre in Germania 400 deputati del Bundestag l'avevano chiesta per iscritto al Governo italiano. La medesima cosa aveva fatto il cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt ed il presidente della Repubblica Walter Scheel. Schmidt l'aveva sollecitata personalmente ad Andreotti nell'incontro di giugno a Londra. Essendo previsto per il 19 agosto a Verona un ulteriore incontro, il cancelliere si apprestava a reiterare con maggiore forza la stessa richiesta.
Stante così le cose, un governo normale non avrebbe avuto nessuna remora a compiere un atto di clemenza umanitaria se, d'altronde, la stessa cultura del maggior partito di governo poggiava sul perdono, e entrambi rifiutavano ideologicamente la vendetta al posto della giustizia. Ma al presidente del Consiglio Giulio Andreotti era impedito dalla opportunità politica un atto umanitario di concessione della grazia a Herbert Kappler e lasciarlo andare a finire i giorni nel paese natale. Ma nell'Italia 'nata dalla Resistenza' e basata sul presupposto dell'antifascismo quella strada non era percorribile. Impossibile ad un governo che gode dei voti del PCI graziare un criminale nazista ancorché vecchio, malato, con 31 anni di galera già scontati. Ma siccome Andreotti e l'altra Italia volevano togliersi la scabrosa vertenza col paese amico, ricorsero al sotterfugio della 'grazia all'italiana' cioè liberando il prigioniero fuori dalle procedure giuridiche istituzionali. Così tra il 14 ed il 15 agosto del 1977, alle ore una di notte precise, Herbert Kappler taglia la corda dal nostro paese. Racconterà frau Annelise di averlo liberato lei facendolo scendere dalla finestra con una corda da alpinista. Fuori attendeva una autovettura di grossa cilindrata, colore rosso, che ella stessa aveva parcheggiato all'arrivo.
La stanza di degenza del generale era sorvegliata da cinque carabinieri. Sulla porta della camera fu trovato il cartello: "PREGO NON DISTURBARE SINO ALLE ORE 10 DI DOMATTINA". I carabinieri avevano diligentemente rispettato l'invito. Poi, dopo quell'orario, entrati nella camera e trovandola vuota, non dettero neppure subito l'allarme. Sul principio nessuno parlò di fuga addebitando l'assenza ad una passeggiata dentro l'ospedale nonostante che la moglie nei giorni precedenti gridasse di continuo: "Sta morendo! Sta morendo!" Infine, quando è scattato l'allarme oramai Herbert Kappler & Signora erano già riparati in Germania.
Ma è andata proprio così? Già allora da parte mia, come di molti, ne avemmo il dubbio sospettando una azione congiunta dei servizi italiani e tedeschi per raggiungere l'obiettivo di liberare Kappler senza farne assumere paternità al governo Andreotti. Solo ai giornalisti italiani stranamente non venne in mente tale possibilità. Per non compromettere le forze politiche parlarono di Delle Chiaie, dell'organizzazione segreta nazista in tutela dei vecchi gerarchi, della massoneria con al centro il sempiterno onnipresente Licio Gelli. Il parlamentare comunista Davide Lajolo, ex capo partigiano, excusatio non petita accusatio manifesta, dichiarò: "Non credo a complicità dirette del governo" addebitando la fuga ai "generali italiani che, durante la Resistenza mentre i partigiani morivano sulle montagne, stavano dalla parte dei nazisti" tirando fuori la variante dei 'corpi separati dello Stato' e tacitare lo sdegno delle associazioni partigiane, circoli ebraici, e l'Italia 'democratica e antifascita'. Paradigmatico il comunicato delle Botteghe Oscure: "Se non si dimostra che lo Stato sa assicurare la giustizia il caso Kappler sarà uno siluro non solo contro il governo Andreotti ma contro il nuovo clima politico che si è instaurato da poco in Italia". Tanto tuonò che non piovve affatto per parafrasare un certo adagio. L'Italia dimenticò presto e si lasciò canzonare abbastanza facilmente. Il Governo compì l'atto dovuto della 'ferma richiesta di estradizione' (se poi la chiese veramente) e poco a poco, un chiodo scaccia l'altro, lo sdegno generale si placò. D'altronde gli italiani erano in vacanza, ed il ferragosto è il giorno più adatto per fare certe cose.
L'unico a non agitarsi ma compiere fatti fu il generale dei Carabinieri Enrico Mino che immediatamente rimosse tutti i comandanti dell'Arma sulla piazza di Roma: quello della VI° Brigata, della Legione, del I° Gruppo e della Compagnia Celio (come si sa lo stesso generale dopo morirà misteriosamente cadendo con l'elicottero alla maniera di Enrico Mattei con l'aeroplano).
Quella evidente 'fuga agevolata' per mio conto pesa ancora sulla coscienza del nostro paese come tanti misteri ancora irrisolti, Ustica, piazza Fontana, le stragi di Bologna e Brescia. Antilope Kobbler che per assonanza mi ricorda sempre il quasi contemporaneo caso della fuga di Kappler. Diceva Pier Paolo Pisolini ai tempi degli 'scritti corsari' contro il Palazzo: "Io so ma non ho le prove. Nemmeno indizi. Ma so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, immaginare tutto ciò che si tace...". Mettendo insieme i pezzi frammentari di un quadro coerente anche più modesto web writer traggo le mie conclusioni e di tutta questa storia costruisco la mia verità. Deduco, cioè, che questa nostra classe politica, abituata a pilotare le cose verso gli obiettivi voluti secondo la legge oppure contravvenendo a essa; per contentare la Germania che chiedeva la grazia e la restituzione del 'suo' Kappler senza assumerne la responsabilità abbia architettato tutta la messa in scena per non sfidare l'impopolarità che è cosa diversa dalla pubblica opinione di cui se ne stropicciano ampiamente. Traducendo 'la grazia all'italiana' in sintesi ritengo che, con la scusa dello stato precario di salute dovuto al cancro al retto, prima dalla Fortezza di Gaeta Kappler venne trasferito all'ospedale militare del Celio di Roma. Da qui, la notte precedente il Ferragosto, i 'servizi' lo calarono in giardino dalla finestra, mentre frau Annelise fingeva ancora di vegliarlo. Infine, appendendo il cartello 'not disturb' alla porta, usciva dalla camera portando in mano la valigia vuota per farla vedere ai guardiani affinchè confermassero la sua versione di averci nascosto il marito. Ella si prese la colpa, e la dignità 'antifascista' dell'Italia fu salva. L'indicibile presa per i fondelli terminò a tarallucci e vino, come dicono a Roma, ed il ministro della Difesa Lattanzio accettò la parte di capro espiatorio lasciandosi destinare ad altro incarico. L'indignazione nazionale fu sedata da un giornalismo nazionale servile e acquiescente al potere, assai diverso da quello dell'Europeo che andò a spulciare sulla morte del bandito Giuliano ridicolizzando la versione ufficiale che aveva completamente travisato la realtà dei fatti. Cioè che Pisciotta e non la Polizia di Scelba aveva eseguito la sua eliminazione.
Questa è la mia sintetica ricostruzione del caso Kappler. Nel suo libro dedicato al racconto della fuga, frau Annelise, conferma la tesi della discesa del marito dalla finestra ancora oggi discussa. Ritengo che così si fosse impegnata dire in cambio della liberazione, ma credo anche che tale storia sia una falsità preconfezionata onde far tutti felici e contenti nella classica maniera delle favole che finiscono in gloria. All'italiana, appunto.
ooOoo
Pier Luigi Baglioni.
Sono nato casualmente a Tavarnelle Val di Pesa vicino a Firenze
Il 1° aprile 1932. Mio padre aveva aperto li un forno che pero' gestì per poco.
Nel 1933 si trasferì a Castelfiorentino suo paese natale. Si inguaiò col segretario fascista così per non essere arrestato scappò clandestinamente in Francia. Qui si arruolò nelle Brigate Internazionali. Nel 1937 tornò a Tolone dove (moglie e due figli, io e mia sorella di due anniminore) lo raggiungemmo (sempre clandestinamente). Ho vissuto degli agiati e felici nella Francia del triennio precedente la seconda guerra mondiale. Nel 1940, fummo rimpatriati coattamente dal Governo Petain e consegnati alla polizia italiana. Noi venimmo lasciati liberi, mio padre processato a Firenze dal Tribunale Speciale, ebbe cinque anni di confino politico a Ventotene. In seguito a questi avvenimenti (senza la guerra sarei stato naturalizzato francese) ho abitato dal 1940 al 1943 coi nonni paterni a Castelfiorentino e dopo la liberazione a Siena. Nel 1946 la famiglia si stabilì definitivamente a Genova dove ho compiuto gli studi diplomandomi Perito Industriale. Con tale titolo nel 1955 entro nelle Acciaierie SIAC di Cornigliano (già Ilva, poi divenute italsider, ed infine acquisite dal privato Riva). Da studente lavoratore, quando nel '67 la riforma universitaria consentì l'accesso dei diplomati all'università, mi iscrissi alla facoltà di Sociologia di Trento appena fondata. Non giunsi alla laurea per la nota turbolenza di quel periodo che mi vide tra i protagonisti del genovese 'autunno caldo' del 1969.
In fabbrica, lasciando la funzione di tecnico aziendale, mi dedicai prima all'attività sindacale nella UIL di Giorgio Benvenuto, e poi, chiamato dall'on Giuseppe Machiavelli nella federazione genovese del PSI dagli anni '70 al 1976 feci parte del gruppo dirigente della stessa. Sorpreso e deluso dallo scandalo Teardo, e dall'arresto del fratello dell'on. Machiavelli, abbandonai l'attività di partito e sindacato fondando in cooperativa Radio Sampierdarena (ora estinta) ove condussi per 15 anni, quotidianamente, la lettura commento dei giornali. Nel 1984, con l'opportunità del licenziamento agevolato, lasciai la fabbrica per dedicarsi completamente narrativa.
Ho scritto tre romanzi tuttora inediti. Sei racconti per altrettante antologie. Nei vari concorsi letterari a cui ho partecipato ho conseguito segnalazioni e riconoscimenti Bellaria (Premio 'MER'), Pontedera (Premio 'Giovanni Gronchi'), Meleti di Lodi (Premio Mons. Carlo Salvadori); e tre Primi Premi. Nel 1998 primo classificato a Rivanazzano Terme (Premio 'Giovanni Mosca'), nel 1997 primo classificato al Premio del Arvangia di Alba -Cuneo- e nel 1999, ancora primo premio del Circolo culturale 'Campanile delle Vigne' di Genova.
Dal 2000 la mia attività si esplica completamente come 'web writer' di internet. In rete ha la sua pagina web < space.tin.it/clubnet/piebagl > e cura il sito dedicato alla cultura dei pellerossa < www.fisk,it/riservaindiana. Inoltre suoi racconti sono ospitati nei 'web magazine letterari' di internet.
bapilu@tin.it