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ANTONELLO DA MESSINA
"Il naturalismo"
di Marco Maggioni




Marco Maggioni
un esperto di orientamento al MANAGEMENT


LEI - vediamo se sai chi è una delle figure cardine del '400, insieme a Masaccio, Brunelleschi, e Piero della Francesca

LUI - certamente Antonello da Messina

LEI - e sai pure perché?

LUI - sì, fu l'unico e comunque il primo che riuscì a conciliare le due tradizioni stilistiche piu' importanti dell'epoca: quella fiamminga e quella italiana

LEI - e , in due parole, che stili erano? Come si caratterizzavano?

LUI - ma insomma, possibile che mi fai ricordare sempre la scuola, con queste domande...ho superato l'età..

LEI - su, non te la prendere, lo sai che l'apprendimento non ha età...è sempre il tempo per imparare qualcosa! Ah ah

LUI - su questo non ho dubbi, per questo stiamo qui, per parlare coi nostri ospiti illustri, dobbiamo a loro parecchio di quello che sappiamo oggi

LEI - non tergiversare...non hai ancora risposto alla mia domanda

LUI - e va bene.. dunque...lo stile fiammingo e lo stile italiano del rinascimento, no? Che differenze c'erano? Bè, la prima puntava sulla luce e sulla descrizione naturalistica della realtà, la seconda, quella italiana, metteva al centro di tutto l'uomo, e dava alla composizione un forte rigore formale. Va bene? Troppo sintetico, professoressa? Posso tornare a posto?

LEI - bravo, sì, dopo quest'ultima domanda: dove divulgò poi questa sintesi Antonello da Messina ?

LUI - dove allora poteva essere meglio capita e sviluppata

LEI - e cioè?..

LUI - ma Venezia naturalmente

LEI - e quindi? Qual è il suo grande merito?

LUI - essere esistito...professoressa

LEI - spiritoso! E poi?

LUI - aver dato il là al rinascimento veneziano

LEI - bene! Promosso. Diventiamo seri, ora?

LUI - hai cominciato tu, questa volta! Tornando ad Antonello, pensavo che, per assurdo, forse il suo vantaggio è stato proprio quello di non essere nato e cresciuto a Firenze, ti pare? Non sarebbe stato altrimenti l'artefice della fusione tra arte fiamminga e arte italiana

LEI - c'è del vero in quel che dici, perché lui dalla Sicilia certo ebbe pochi contatti con le novità fiorentine, anche se....anche se certamente da qualche parte dovette pur assorbire gli insegnamenti di Piero della Francesca....

LUI - e già poiché sono parecchio evidenti in alcune sue opere, ma non si sa in che modo e dove, vero?

LEI - andiamo comunque per ordine. Cerchiamo di dare il quadro d'insieme della situazione nel meridione d'Italia. Per collocare meglio il fenomeno Antonello...

LUI - immagino sia necessario riflettere sulla situazione politica per comprendere gli indirizzi culturali dell'Italia meridionale. C'era una bella differenza con quella dell'Italia centrale e, in particolare, di Firenze

LEI - altroché! innanzitutto Firenze è una repubblica. la famiglia de' Medici vi ha un'importanza preponderante, ma resta sempre comunque una famiglia privata accanto ad altre famiglie private. Voglio dire: è il lavoro di tutti i cittadini che porta ricchezza, quella ricchezza usata per costruire chiese e palazzi, per commissionare statue e pitture, per trasformare il volto della città.....

LUI - ...in Sicilia, invece, c'è un regno, è questo che vuoi dire! Hai ragione, bella differenza! C'è il regno degli Aragona di Spagna, fin dal 1282, dopo le dominazioni bizantina, araba, normanna, sveva, angioina

LEI - ...con tutti questi passaggi... era molto facile che si inserissero forme gotiche straniere, e poi fiamminghe, no?. In quel periodo prevalgono gli influssi catalani, tanto per fare un esempio. è visibile non soltanto in pittura ma anche in architettura

LUI - un esempio pratico...?

LEI - sì, la chiesa di Santa Maria della Catena a Palermo, ad esempio, dell'architetto Matteo Carnelivari. Ti basta? Ché, mi volevi prendere in castagna?

LUI - francamente sì...brava. Ora tocca a me fare l'erudito, cosa credi qualcosa ricordo dalla scuola

LEI - ho visto ho visto!

LUI - dunque: se non sbaglio anche Napoli subì la dominazione normanna, ma, dopo il periodo svevo, si sottomette agli Angiò, francesi, che vi regnano fino alla conquista aragonese del 1442, spagnoli, giusto? Che periodo confuso! insomma l'intera Italia meridionale si unisce poi sotto un'unica corona, quella di Spagna

LEI - Come in Sicilia, anche a Napoli l'arte è espressione della volontà sovrana, partiva dall'alto, insomma....

LUI - niente a che vedere con l'aspirazione popolare e borghese dei fiorentini, che partecipano tutti all'evento artistico.. con passione genuina!

LEI - ....nel meridione abbiamo perciò un prevalente indirizzo borgognone, fiammingo, e, successivamente, spagnolo

LUI - comunque Napoli non è che fosse tagliata fuori dal resto d'Italia, nel senso dell'influenza artistica di Firenze...

LEI - no certo, già nel '300 vi hanno operato artisti provenienti da altre parti d'Italia: Giotto, e Simone Martini, ad esempio

LUI - Nel '400 vi lavorano poi Francesco Laurana, Giuliano da Sangallo, Francesco Martini ...è così che, a poco a poco, modificano in senso rinascimentale le tendenze artistiche locali

LEI - In pittura però sono i fiamminghi che dominano l'ambiente

LUI - sai dirmi qualche nome?

LEI - vuoi mettermi alla prova di nuovo, eh!

LUI - bè, sai, con quei nomi lì non si scherza, ricordarli non è facile!

LEI - ebbene.. Jan Van Eyck e Roger Van der Weyden, ti basta?

LUI - accidenti, complimenti mia cara...anche se la pronuncia...

LEI - grrr...C'era però un noto pittore locale, di nome Colantonio, di Napoli, che sa fondere il minuzioso particolarismo fiammingo con il colore denso, di origine borgognona. ecco da dove proviene l'eclettismo della cultura napoletana all'epoca di Alfonso di Aragona

LUI - e questo, mi par di capire, fu molto utile ad Antonello, visto che si formò nella sua bottega

LEI - sicuramente, perché Antonello proveniva dalla Sicilia, dove il padre Giovanni, modesto scalpellino, poco poteva avergli insegnato. giunge così a Napoli,
per formarsi nella bottega di Colantonio

LUI - è risibile vero l'affermazione del Vasari che ipotizza un viaggio del pittore nelle Fiandre per impadronirsi della pittura ad olio?

LEI - gli storici sono tutti concordi che fosse molto improbabile, ma che abbia avuto modo di imparare proprio a Napoli

LUI - grazie appunto all'influenza fiamminga. Spieghiamo piuttosto in che consiste questa ondata fiamminga. Forse l'ondata piu benefica che a quei tempi abbia vissuto l'Italia, visto che di tutt'altre ondate è stata attraversata negli ultimi secoli. Parlo naturalmente delle invasioni

LEI - hai perfettamente ragione. Per cui vale la pena far capire che il rinascimento è un fenomeno europeo e che lo scambio delle tecniche e delle teorie ne ha garantito lo sviluppo e lo splendore

LUI - mi pare che proprio poco dopo la metà del Quattrocento si verifica in Italia un fondamentale mutamento tecnico nella pittura su tavola: il passaggio dalla pittura a tempera a quella ad olio. È così no?

LEI - L'urgenza era talmente sentita che la stessa vecchia tecnica della tempera si cercava di modificarla in tutti i modi, di domarla per esigenze espressive diverse

LUI - per dare ad esempio un più accentuato effetto naturalistico

LEI - In precedenza, infatti, le superfici dipinte a tempera cos'erano? erano il risultato di un accostamento di campiture, così si chiamano, più o meno estese, di colore omogeneo

LUI - l'esigenza allora, era invece di dare al dipinto un carattere più fuso, unitario

LEI - Si ottenne quest'effetto con una stesura del colore a 'velature', cioè tramite successive passate di patina di colore, sovrapposte le une alle altre sino a raggiungere la tonalità voluta

LUI - c'era poi un'altra esigenza, quella di associare, in un medesimo dipinto, sfondi più trasparenti, aerei, a forme in primo piano più plastiche...più verosimili. Questo comportava l'accostamento di tinte più acquose con altre più dense e compatte

LEI - si usavano in genere sostanze colloidali, aggiunte, come agglutinati, alla miscela dei colori e dell'acqua

LUI - che io sappia erano per lo più composte di uovo, gomme, lattice di fico, cera

LEI - perfetto, bravo

LUI - più tardi furono sostituite da sostanze più grasse, che prepararono l'avvento della tecnica a olio vera e propria

LEI - Nella pittura a olio si usava, infatti, come sostanza addensante, l'olio vegetale di lino e di noce, misto a trementina; il colore così ottenuto dava grandi vantaggi, poiché permetteva di accentuare la luminosità delle tinte, di ampliare la gamma dei pigmenti, e poteva essere steso in modo molto liscio e accurato, ma anche con pennellate larghe e rapide

LUI - Si potevano usare la spatola e perfino le dita, come faceva Tiziano, e, importante, molto importante, era più facile fare correzioni e ritocchi all'opera

LEI - E' certo che la tecnica a olio fu adottata nelle Fiandre prima che in Italia. Nella penisola apparve intorno agli anni settanta, del 1400 naturalmente, fu usata per la prima volta da Piero della Francesca in Italia centrale e da Antonello da Messina in Italia meridionale

LUI - E a Venezia, e a Firenze, gli artisti che lavoravano presso il Verrocchio, come Leonardo. Ma l'hanno veramente inventa i fiamminghi?

LEI - Nelle Fiandre essa comparve già nella prima metà del 400, ma non è giusto dire che essa venne inventata dai fiamminghi: era già conosciuta nell'antichità e nel medioevo, non veniva però utilizzata perché i colori impiegavano troppo tempo ad asciugare. I fiamminghi recuperarono dunque una tecnica nota, ma seppero, questo sì, anche inventare gli accorgimenti tecnici che evitassero gli inconvenienti

LUI - del resto fino al XVI secolo la tecnica a olio non fu usata dai pittori in modo esclusivo: si adottava piuttosto una tecnica mista, con velature alternate di colori a tempera e a olio, si conciliava così la lucentezza degli olii con le garanzie di durata e di solidità della tempera

LEI - ma, sai, le tecniche usate da ciascun artista sono difficili da riconoscere. analizzare una ad una le successive velature che compaiono in un dipinto non è tanto semplice da un punto di vista tecnico, ne sanno qualcosa i restauratori!

LUI - Quando si parla di pittura a olio nel XV secolo s'intende quindi comunque sempre la tecnica mista di olio e tempera. quanto alla tecnica di ciascun pittore, ognuno la custodiva gelosamente, si trattava di vero e proprio segreto professionale

LEI - la preparazione dei supporti e dei colori, oltre alla loro stesura, comportavano spesso procedimenti molto complessi

LUI - Leonardo da Vinci è preciso: riporta nei manoscritti la formula usata per preparare l''imprimitura' così si chiamava, delle tavole

LEI -...... mastice di trementina distillata due volte, con aggiunta di bianco e di cerussa, calce, acquavite, arsenico e sublimato corrosivo stesi sulla tavola, su cui venivano poi passati uno strato di olio di noce bollito, uno di vernice, uno di bianco; la tavola così preparata veniva lavata con orina, quindi levigata con la pomice

LUI - pensa tu! accidenti, era complicato prepararsi a dipingere, va bene che era un lavoro questo che lo facevano fare ai garzoni, ai giovani assistenti, immagino

LEI - sì, certo, tornando a noi, anzi ad Antonello, abbiamo ribadito che l'ambiente napoletano in cui si forma è nettamente fiammingo. tutt'al più cominciano a circolare le idee che daranno vita, più tardi, al raffinato umanesimo letterario napoletano

LUI - in una delle sue prime opere, il San Girolamo nello studio, è evidente sì l'influenza fiamminga. La descrizione accurata dell'ambiente, gli oggetti ben definiti e collocati

LEI - sì...però... occupano tutti uno spazio e occupandolo, lo definiscono.

LUI - che vuoi dire?

LEI - Antonello costruisce uno spazio prospettico, ambiente e profondità sono misurate dalla distribuzione delle cose rappresentate e dal degradare proporzionale delle grandezze rispetto alla distanza. Ora, la prospettiva non è un fatto oggettivo, che chiunque, purché guardi la realtà senza pregiudizi, può constatare ....è frutto di pensiero, di una intenzione culturale oltre che tecnica....

LUI - ho capito che vuoi dire: la prospettiva è una concezione dello spazio con un'origine storica ben precisa. quando Antonello ha dipinto questo quadro ad olio, aveva già avuto importanti sviluppi altrove. Ma come arrivano fino ad Antonello?

LEI - il mistero è proprio questo. Il dipinto non ha certo alcun rapporto con la pittura toscana, ma è ugualmente concepito nello spirito di una cultura umanistica. Il santo non è l'eremita nella sua cella, e basta

LUI - come nei dipinti fiamminghi

LEI - ma lo studioso nel suo scrittoio; e questo è situato in un vasto e nobile edificio con alte volte e anditi a colonne. E in più, la novità assoluta! Il tutto è come osservato dall'esterno, attraverso una larga porta ad arco ribassato, cioè secondo la direzione della luce che vi penetra e, seguendo le linee prospettiche del pavimento, va a concentrarsi sulla figura posta al centro, molto vicina al vertice di una piramide visiva di cui il muro con la porta è la sezione..

LUI - tutti accorgimenti tipici della pittura fiorentina insomma

LEI - Indubbiamente Antonello si pone, come se lo erano posto i fiorentini, il problema della rappresentazione dello spazio; ma la novità sta nel fatto che lo risolve con un procedimento inverso, grazie all'esperienza fiamminga. Non è la figura che domina lo spazio col gesto, con l'azione, ma è lo spazio che si restringe, si concentra fino a trovare nella figura il suo punto focale

LUI - è opera pienamente rinascimentale, ma l'interesse del pittore, almeno dal punto di vista quantitativo, è rivolto più all'ambiente che non alla figura umana

LEI - solo più tardi Antonello, infatti, quando tenderà al monumentale, punta di più alla presenza dell'uomo

LUI - si accosta alla visione toscana, probabilmente mediante la conoscenza di Piero della Francesca

LEI - già, dove abbia incontrato il grande pittore è ignoto: a Roma, nel 1459 secondo alcuni, a Firenze secondo altri. Certo, viaggiando nell'Italia centro settentrionale, deve avere avuto modo sicuramente di vedere le opere di Piero, si è maturato su di esse e le ha interpretate a modo suo

LUI - è interessante notare una cosa: l'obiettivo della ricerca di Antonello è aggregare, fondere quasi.. luce, prospettiva, figura: è questo che spiega la qualità essenziale dei suoi ritratti, ad esempio

LEI - dici bene, senza dubbio è uno dei primi grandi ritrattisti dell'arte occidentale

LUI - ha subito evitato la posa a medaglione di profilo, erano tanto in voga allora, preferì la posa a tre quarti, dei fiamminghi

LEI - Aveva una capacità quasi fotografica nel rendere i tratti fisionomici ....

LUI - ...il carattere, soprattutto, dei suoi soggetti

LEI - Lo schema è sempre lo stesso: un busto tagliato sotto le spalle, la testa girata verso destra, gli occhi del ritratto fissi in quelli dello spettatore, il lato
destro del volto illuminato

LUI - ...sempre di scorcio

LEI - ..... mentre il sinistro si riempie d'ombra

LUI - hai notato come nei ritratti successivi, per accentuare l'effetto volumetrico, dispone sempre uno zoccolo di marmo in basso?

LEI - sì, per trasformare così il quadro in una sorta di finestra

LUI - ....da cui la figura dipinta si affaccia, con il busto sempre posto in diagonale; e sullo zoccolo, regolarmente, mette la propria firma, scritta su un cartellino dipinto

LEI - sì, di questo genere è il cosiddetto Ritratto Trivulzio

LUI - firmato e datato 1476

LEI - eccezionale per l'indagine psicologica, la resa morbida dell'incarnato, l'accordo cromatico tra la pelle abbronzata e il rosso dell'abito....

LUI - a volte parli come un libro stampato...

LEI - che vuoi! C'è un linguaggio per ogni specializzazione. Faccio di tutto però per semplificare, chè non si sente?

LUI - insomma!! a volte sì a volte no, ma non ti preoccupare, lo so che è difficile, e lo è ancora di più per i nostri ascoltatori, credimi, non tanto per alcune parole difficili o inconsuete che possiamo sciorinare...vedi? Sciorinare ad esempio.... ma quanto per la difficoltà ad immaginare ciò che non si vede. E' questo il punto!

LEI - Del resto questa è la nostra sfida...

LUI - e chissà se la vinciamo!

LEI - comunque un barlume dei capolavori che andiamo raccontando riusciremo a far vedere, no? e soprattutto a far capire! Ad esempio mettiamoci alla prova con il Salvador Mundi, del 1465: lo schema anche qui è ancora fiammingo

LUI - non è quel quadro che grazie alla trasparenza del colore si scorge un cambiamento del gesto della mano, un ripensamento del pittore?

LEI - esatto, forse a distanza di qualche anno, Antonello si pente, modifica la posizione della mano, prima rivolta al petto, per farne un piano prospettico....

LUI - cioè rivolta verso di noi, verso chi guarda...

LEI - sì, dà così più forza alla luce che colpisce lo schermo frontale del volto

LUI - la determinazione fisionomica del volto di Cristo coincide palesemente con la determinazione prospettico-luminosa dello spazio

LEI - adesso sei tu che fai il difficile, come la mettiamo?

LUI - hai ragione, in sostanza volevo dire che espressione e struttura sono un tutt'uno, l'uno al servizio dell'altro

LEI - è ancora più evidente, nella "Vergine annunziata"

LUI - quella di Palermo, per intenderci

LEI - i piani della tavola, del leggìo, della mano protesa riflettono sul volto la luce che scende dall'alto; l'intensità della luce è così attenuata e permette alla
forma del volto e del velo di assumere una regolarità quasi geometrica

LUI - Non è possibile che l'artista attribuisse probabilmente un significato o un motivo ideologico-religioso a questa geometria luminosa?

LEI - è molto probabile, per questo fa impressione l'aderenza della sua pittura con le teorie allora in voga di Gian Battista Alberti.....però l'Alberti stava prevalentemente a Firenze

LUI - quindi piuttosto lontano...è anche vero, d'altro canto, che Antonello si distingue comunque....un qualcosa di indefinito ma preciso...è presente in tutta la sua opera...

LEI - non fare il misterioso, dai, di che parli?

LUI - della sua sicilianità.

LEI - ah! Non c'è dubbio!

LUI - Vedi ad esempio la Vergine annunziata! le caratteristiche fisiche, quella serietà morale, la cosciente accettazione del dramma. Non sono tutte caratteristiche di una cultura siciliana?

LEI - Come sono fiorentini gli uomini donatelliani, così sono siciliani quelli di antonello: questo è certo!

LUI - sì, e si vede!! Pochi, prima e dopo di lui, sono tanto ....comunicativi. Ad esempio, non rappresenta l'evento evangelico secondo l'iconografia tradizionale

LEI - dove lo spettatore cioè ha solo il compito di osservare, è solo un estraneo

LUI - Invece lui lo coinvolge lo spettatore, gli fa fare la parte dell'angelo, in un certo senso, diventa coprotagonista del quadro, con la vergine stabilisce un colloquio diretto, ne riceve l'annuncio LEI - E' verso di lui spettatore, cioè noi, infatti, che si volge muovendosi nello spazio, liberamente

LUI - anzi, prende possesso dello spazio, con la mano destra che avanza, con la sinistra si chiude i lembi del manto...

LEI - non c'è dubbio, l'espressionismo psicologico di Maria è evidente, è frutto di una sensibilità tutta meridionale, unita ad una severità costruttiva della forma. Me lo fai descrivere, il quadro della Vergine annunziata? È troppo bello!

LUI - vai pure!

LEI - Il tavolo e il leggio con il libro aperto sono visti di spigolo, danno così una impostazione tridimensionale con la presentazione contemporanea di due lati, il primo accenna alla larghezza, il secondo alla profondità; il viso è tagliato verticalmente da una linea ideale, che scende dalla piega del manto sulla fronte, attraversa il naso, il mento, il collo, fino all'angolo chiuso dalla mano; un viso costruito sulla linea curva, un ovale perfetto incorniciato dal manto, le sopracciglia dolcemente arcuate, le palpebre ombrate, l'iride, la pupilla, le narici, le labbra

LUI - è quasi poetica questa descrizione così dettagliata, complimenti, mi sembrava di vederla davvero!

LEI - certo che Antonello si è trattenuto pare pochi anni nell'Italia settentrionale,

LUI - ...ma la sua presenza si è sentita, eccome!

LEI - ...la sua pittura ha avuto una importanza determinante per lo sviluppo del rinascimento a Venezia

LUI - in sintesi possiamo affermare che il nostro Antonello, partendo dalla concretezza dei fiamminghi invece che dallo spazio teorico del Brunelleschi, è giunto a conclusioni molto vicine a quelle di Piero della Francesca, non è così?

LEI - Proprio così! rimane solo da stabilire se e quando, prima del viaggio di Antonello a Venezia, sia avvenuto l'incontro dei due artisti

LUI - sempre che ci sia stato! del resto, nel Polittico di San Gregorio, a Messina, del '73, e nella quasi contemporanea Annunciazione di Siracusa, i riferimenti sono così precisi da non poter essere casuali

LEI - ma non c'è dubbio! Basta vedere il polittico di San Gregorio ....Antonello si serve del fondo d'oro come di una superficie riflettente, gli serve per definire con esatta misura i volumi di luce in cui si inseriscono le figure

LUI - ed è quello che ha fatto Piero della Francesca nel Polittico della Misericordia, appunto: soltanto che Antonello, fa diventare la luce teorica e perfezionista di Piero una luce anche naturale

LEI - non è poco! Gli basta un minimo scarto dagli assi prospettici, e voilà, quanto calore in più, quanta umanità...

ANTONELLO - io, signori miei, scusate se interrompo, ma Piero della Francesca non l'ho mai conosciuto, purtroppo

LUI - accidenti, ci ascoltavi. Eri qua da molto?

ANTONELLO - da sempre.... devo dire che quello che ho visto di lui, di Piero, mi è bastato per capire che stavo andando per la strada giusta. Forse lui è un po' più ragioniere di me....

LUI - che forza! Chiamare ragioniere Piero, il grande Piero

ANTONELLO - sì, così, per simpatia. Sapete, tra noi pittori, ci si prende in giro. Figuratevi, io devo tutto a Piero della Francesca! sono solo un pò più istintivo di lui. del resto io sono figlio della mia terra, la Sicilia assolata, piena di contrasti, di sentimenti forti, come dicevate giustamente prima

LEI - parlaci della tua esperienza veneziana, è quella che maggiormente ha influito su di te, come tu del resto hai influito su una generazione di pittori

ANTONELLO - Nel 1475 sono chiamato a Venezia per dipingere la Pala di San Cassiano. E' il momento, per capirci, in cui Giovanni Bellini si è ormai staccato dal Mantegna e si è avvicinato alla problematica spaziale di Piero; è tramite lui che ho avuto modo di avvicinarmi al maestro aretino!. Fra il 1475 e il 78 a Venezia, dipingo la Pala, un olio su tela. Ve la descrivo, volete?

LUI - e ce lo chiedi?....padrone sei!

ANTONELLO - C'è la Vergine sul trono in prospettiva, impostata secondo volumi tondeggianti, è col colore che rendo questa plasticità. i santi intorno: San Nicola, a sinistra, con gli occhi chiari, intensi, con il ricco manto e soprattutto, con in mano un libro messo di scorcio, uno scorcio molto accentuato, e poggiate sopra tre mele. Qui mi sono veramente divertito. Volevo proprio dare un forte effetto stereoscopico, tridimensionale, perché, vedete, come mi pare avete già detto voi, io ho preso molto a cuore lo spettatore futuro delle mie opere. Forse sarà la mia anima meridionale, non so, ma per me il rapporto con l'altro è determinante; la conferma, io voglio dagli altri, di esistere, voglio essere gratificato dall'attenzione dell'altro, anche se non cerco l'ammirazione, se c'è anche questa, meglio, per carità. Voi mi direte che centra tutto questo? C'entra c'entra, cosa credete, è che io faccio di tutto perchè le mie figure si rivolgano fuori dal quadro, come se guardassero ad un ipotetico spettatore, gli porgono la mano, come la vergine di cui avete parlato, e così le mele, proiettate all'esterno, sono come un'offerta a te che guardi, a te che stai osservando proprio me e io ti voglio premiare per la l'attenzione che mi riservi, ci stringiamo la mano insomma, almeno questo è il mio tentativo, ed è questa forse la mia differenza con la scuola fiorentina, sono grandi quei maestri, certamente, senza di loro non esisterei neppure, ma la loro freddezza, la loro visione architettonica e matematica, così razionale e irraggiungibile, mi sgomenta un pò, io non faccio altro che metterci un pò di mio, son fatto così, ho bisogno di calore umano e mi sembra di esserci riuscito

LEI - ci sei riuscito sicuramente ed è questo che ti fa unico. la Pala di San Cassiano è un punto fermo per il rinascimento veneziano, non tanto per la composizione architettonica, da cui dipenderanno tante pale locali, quanto piuttosto perché il volume lo crei attraverso il colore e non, come a Firenze, attraverso la linea e il chiaroscuro

LUI - è questo uso del colore, insomma, che rende i tuoi ambienti tutti più caldi, più umani, come dicevi, maestro

LEI - purtroppo la pala di San Cassiano non si è conservata tutta integra, ma da quel poco che si vede si deduce che le figure dei Santi erano raggruppate intorno all'alto trono della Madonna, comprese in un vasto spazio architettonico. Ecco, qui hai utilizzato la luce per fondere le strutture con una atmosfera raccolta, intima

LUI -riesci a umanizzare perfino cose inanimate, incredibile

ANTONELLO - da una parte volevo dare alla composizione un'impostazione monumentale che in effetti non aveva precedenti nelle opere siciliane a me note. Dall'altra però volevo sdrammatizzare la severità delle linee architettoniche, è così che ho calibrato il rapporto tra spazio e figure, con effetti di luce: la luce penetra, mette in vibrazione la superficie del colore, dissolve la durezza delle linee..... Nella Crocifissione di Anversa, non so se avete presente, i tre corpi nudi degli uomini in croce li ho disposti molto in alto, proiettati contro il cielo, come se si vedessero dal basso, uno sfondo di spazio libero. Anche qui ho voluto osare. Lo schema delle tre croci con i personaggi ai piedi preganti, ho voluto modificarla a modo mio contro ogni tradizione, lo so. Ma secondo me, lanciando quelle tre croci contro il cielo, per di più un pò oblique rispetto all'asse del quadro, do un segnale in più, creo una specie di spirale visiva che permette una partecipazione maggiore di chi guarda, ne è coinvolto pure lui, non può farne a meno, direi. È sempre quello il mio cruccio e la mia preoccupazione, riuscire a catturare l'attenzione di chi guarda

LEI - e così fai del resto anche col San Sebastiano, dove è evidente il legame con Piero della Francesca

ANTONELLO - sì, non dimentichiamo che questo è il tema su cui anche il Mantegna ritorna più volte, ha sempre insistito sul nesso ideologico tra eroe classico e martire cristiano, e, per associazione simbolica, tra la figura nuda del santo e il frammento di architettura antica a cui è legato

LEI - questa è l'interpretazione storico-simbolica, tu, maestro ti sei opposto e dai una interpretazione mitologico-naturalistica. aggiungi un calore cromatico, partecipi alla narrazione in maniera umana, ti allontanani dal rigore razionale, lucidamente matematico, di Piero. riveli così, una volta di più, la tua origine meridionale

ANTONELLO - l'ideale del Mantegna della forma tormentata, spezzata, tutta spigoli è esattamente il contrario del mio di ideale: basterebbe vedere come colloco i frammenti della colonna a terra: rette e curve, cilindro e sfera, queste sono le linee e le geometrie che uso, ben diverse da quelle del Mantegna. Cilindriche le forme del nudo del Santo, cilindrici il tronco dell'albero, i comignoli sui tetti, piane le pareti della piazza, ovoidale, quasi sferica, la testa del santo. Il piano ha una funzione precisa: riflette la luce, e la superficie curva, il cilindro, la diffonde tutta in giro, uniformemente. Un'alta luce meridiana invade infatti la piazza, avvolge il fusto del nudo, che la diffonde. La vita si è fermata: la gran luce fissa le piccole figure lontane; aderisce, quasi rientra, nel disegno del pavimento, il soldato dormiente; la donna che appare lontana con il bambino in collo è invischiata nel raggio che la raggiunge e la ferma. Il santo, con la bellezza un pò molle, del corpo nudo, non soffre, guarda lontano, la sua non è un'estasi mistica: le frecce confitte nel suo corpo segnano l'ora con le ombre corte, come fossero meridiane....questo mi ero prefisso e questo ho rappresentato

LUI - è un'apparizione mitica, non è un fatto storico, questo martirio, lo spazio e il tempo si personificano: tant'è vero che l'albero sorge come per incanto dal pavimento di marmo

ANTONELLO - Il tema del mito, come tramite o comunicazione tra umanità e natura, aveva già ispirato a Giovanni Bellini opere come l'Orazione dell'orto e la Pietà, non so se avete presente; per me che ho vissuto più profondamente l'esperienza di Piero della Francesca, la comunicazione diventa identità, il mito rivelazione, il sentimento della natura conoscenza

LEI - l'incontro tuo con Giovanni Bellini a Venezia, è certo decisivo per il futuro della pittura veneta. D'ora in poi si cercherà nel mondo classico non più la filosofia, ma la poesia della natura

ANTONELLO - se ho dato questo contributo ne sono fiero, ma, insisto, se non avessi fatto quei viaggi che ho fatto nel nord d'Italia, così proficui ed entusiasmanti, non starei qui a parlare con voi, ve lo assicuro. Comunque grazie per avermi dato la parola, spero di aver chiarito qualcosa in più di quello che sapevate, se volte fatemi pure altre domande, perché occasioni come questa non me le faccio certo sfuggire, poter parlare addirittura a tante persone che ascoltano lontane, impensabile per me, eppure...chi si muove da qui.. ve l'ho detto, io amo comunicare col mondo

LUI - bè maestro, andiamoci piano, anche noi abbiamo dei limiti, di tempo per esempio....siamo agli sgoccioli

ANTONELLO - ma come, se proprio adesso abbiamo detto che il tempo e lo spazio si umanizzano, se a voi va bene continuiamo, siete pure simpatici!

LEI - mi dispiace, abbiamo solo pochi minuti

ANTONELLO - ho capito, d'accordo, anche voi siete oberati da regole, da schemi fissi, non è colpa vostra lo so, ma almeno fatemi raccontare gli ultimi anni vissuti in Sicilia, dove ero tornato, a Messina, mia città natale

LEI - Era il 1476 e continui a lavorare, sino alla morte avvenuta nel 1479

ANTONELLO - mah! La morte, sapete, è un fatto accidentale...infatti.. vedete...siamo qui a parlare

LUI - direi che questo vale per voi grandi artisti...lasciate opere talmente grandi che continuate a vivere in quelle...

ANTONELLO - comunque...visto che siete così bene informati, sapete anche che la Pietà....

LUI - ora conservata al Prado, a Madrid

ANTONELLO - ....la Pietà risale all'ultima fase siciliana...e della mia vita. L'idea iconografica del Cristo morto, seduto e sorretto alle spalle da un angelo addolorato che gli copre un braccio con il manto, l'avrete già notato, è ripresa da Giovanni Bellini, però .....però, volevo dare un qualcosa in più: il volto tragico appena rovesciato all'indietro, irrigidito nell'ultimo spirito di vita, con la bocca aperta...le palpebre appena socchiuse.... ho voluto rendere tutto molto naturalistico insomma..

LEI - anche se, bisogna dirlo, il paesaggio, invece non ha lo spessore atmosferico dei tuoi migliori tentativi, maestro

ANTONELLO - lo so, lo so, se è una colpa morire in momenti poco opportuni questa è stata certamente una colpa. che volete, io avevo un figlio, Jacobello, anche lui pittore, meschino! Ha ereditato la mia bottega, e giustamente ha portato a termine le opere lasciate interrotte, che doveva fare!. Poveretto, ha fatto il possibile, si è ispirato alle opere di suo padre, certo, e che poteva fare di più: uno l'anima o ce l'ha o non ce l'ha. Lui non ce l'aveva. Punto. Ciao a tutti e vi ringrazio ancora per l'attenzione e la stima che mi portate. Ho il privilegio di chiudere io stesso questa puntata tutta dedicata a me e al meridione. Un saluto alla mia amata Sicilia!


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