PIERO DELLA FRANCESCA
"La misura"
di Marco Maggioni
Marco Maggioni
un esperto di orientamento al MANAGEMENT
LEI - ciao, carissimo, dove vorresti andare oggi?
LUI - finora siamo sempre stati a Firenze, certamente la ragione c'era. non è il momento ora di girare un pò per l'Italia? che ne dici, cara compagna d'arte!
LEI - lo chiedi proprio a proposito, caro mio, poiché, verso la metà del '400 si attenua parecchio l'attività culturale e artistica di Firenze. ora ci sono Urbino e Roma, che primeggiano, ancora prima di Venezia, di Ferrara e di Napoli di cui avremo occasione di parlare più in là...
LUI - bene. Non è male scorrazzare per il territorio italiano.. e parlare d'arte.. gli orizzonti si allargano... e le buone conoscenze pure!
LEI - prossime tappe Urbino e Roma, allora! Perché queste città? sono quelle che offrono un modello di sviluppo artistico diverso da quello fiorentino. A Firenze, lo abbiamo visto, si era sviluppata molto rapidamente una scuola artistica d'avanguardia, soprattutto grazie a....
LUI - be, grazie agli stessi artisti che ebbero il privilegio e la gentilezza squisita di nascere in quel periodo
LEI - non fare lo spiritoso sempre, volevo dire...certo, ci vogliono gli artisti, ma ci vogliono anche i soldi, credi a me, per fare quel pò pò di opere che hanno fatto! potevano contare, gli artisti 'squisiti', sul supporto finanziario di una gran quantità di committenti, laici ed ecclesiastici, pubblici e privati, molto più squisiti di loro, visto che gli hanno permesso di lavorare, o no?
LUI - come capita oggi, allora!
LEI -eh! Certo, lo stesso!....magari! comunque...diversamente che a Firenze, quindi, a Urbino e a Roma non c'erano banche, lo sviluppo artistico dipese unicamente dalle rispettive corti, quella dei Montefeltro e quella del papa
LUI - che io sappia però nessuna delle due corti seppe dare vita ad una valida scuola artistica locale. è per questo che furono costretti a chiamare artisti da altri centri, vicini e lontani
LEI - sì, proprio così. è una capacità anche quella, però: sapersi circondare dai migliori sulla piazza culturale e artistica...come Federigo da Montefeltro... che, da quando divenne duca di Urbino, nel 1444, fu uno dei piu attivi mecenati che l'Italia abbia mai conosciuto
LUI - sorprendente quest'uomo, è vero! nonostante la sua giovane età ha saputo trasformare una città, che dico: un paese! che, sino ad allora era ai margini delle vicende culturali dell'epoca, in uno dei maggiori punti di riferimento dell'Umanesimo, italiano ed europeo, non è poco!!
LEI - per questo dico che fu un fenomeno raro. Chiamò a sé architetti, pittori, letterati, creò un vero e proprio centro culturale ...con un suo stile...un suo carattere ben definito, bella avventura la sua!
LUI - pare fosse un uomo molto colto, Federigo. Amava gli spettacoli teatrali, aveva al suo servizio il meglio dell'epoca, ad esempio l'umanista Vespasiano da Bisticci, fu lui che impiantò a Urbino una delle più fornite biblioteche del tempo
LEI - che in gran parte poi fu assorbita dalla Biblioteca Vaticana, è vero. Ricchissima di testi classici
LUI - e in campo filosofico? Pure, sempre aggiornato. sono noti i suoi rapporti con il fiorentino Marsilio Ficino, il neoplatonico. Dì un pò, che caratteristiche avevano invece le arti figurative?
LEI - spiccarono sicuramente per il loro carattere prettamente matematico. La corte di Montefeltro, verso il 1470-80, fu la sede delle più ardite sperimentazioni prospettiche, i valori guida erano chiari: armonia nelle proporzioni e bellezza ideale nelle figure geometriche
LUI - ed è qui che si inserisce il nostro protagonista di oggi, scommetto! Chi più di lui perseguì questi valori e li difese a spada tratta? Signori, a voi Piero della Francesca, che ad Urbino proprio eseguì alcune tra le sue opere più celebri, oltre a scrivere i suoi famosi trattati
LEI - non c'era solo lui comunque nella capitale di Montefeltro, vi risiede Leon Battista Alberti, vi si reca Paolo Uccello, l'architetto Luciano Laurana, vi lavorano il Perugino e Melozzo da Forlì, e.... numerosi artisti fiamminghi: questo come vedremo è particolarmente importante
LUI - non è neanche da sottovalutare il ruolo personale esercitato da Federigo da Montefeltro stesso di cui è noto l'interesse per l'architettura, per la matematica, per le arti
LEI - l'esempio di Piero della Francesca però fu unico: è lui che garantisce coesione alle esperienze artistiche di Urbino
LUI - il grande equilibrista dell'arte del 400!
LEI - ma che dici! Equilibrista? Altro che, aveva i piedi ben piantati per terra
LUI - ma io volevo parlare del suo grande equilibrio espressivo
LEI - ah, mbè! In questo senso sono d'accordo! la pittura di Piero è "centrale": è il momento di sintesi del secondo Rinascimento
LUI - va oltre il realismo e il plasticismo di Masaccio e del primo Rinascimento
LEI - sì, le sue composizioni sono piene di armonia, di ritmo unitario ....
LUI - geometrie rigorose e luminosità sorprendente. come usava i colori lui è davvero raro vederne di uguali nel '400
LEI - Inoltre Piero ebbe un'altra funzione importante. Fece da filtro con l'arte che proveniva da un'area geografica fuori d'Italia, le Fiandre. Un luogo che aveva conosciuto, come Firenze, un grande sviluppo economico, culturale e artistico. L'arte fiamminga, insomma
LUI - certo, Piero della Francesca ebbe un successo formidabile nella sua epoca. Con la sua opera, in pratica, mutò il corso della storia dell'arte in centri fondamentali come Urbino, Roma, Ferrara, Venezia, influenza i migliori pittori della seconda metà del secolo, praticamente. Perché tanto successo? Qual è la chiave per capire?
LEI - bella domanda. Impegnativa. Innanzi tutto la sua poetica era rigorosa, era formulata con grande evidenza e chiarezza, e questo dava autorevolezza alle sue opere. Da Masaccio prende la maestosa plasticità delle figure...
LUI - ma non certo la drammatica attualizzazione delle scene sacre
LEI - no, infatti. L'immagine dipinta, per Piero, doveva essere la sede del dominio razionale degli elementi figurativi, non uno studio della psicologia umana
LUI - Per questo rifiuta anche le strade battute da Donatello e da Filippo Lippi, vero?
LEI - sicuro! Al suo spettatore non chiedeva un coinvolgimento emotivo, ma intellettuale
LUI - per questo Piero si sentì attratto da Paolo Uccello. il suo rovello mentale, il formalismo geometrico di opere come il Monumento a Giovanni Acuto, così astratto ed essenziale, deve averlo colpito molto...
LEI - è vero, sì, ma è anche vero che non apprezzava le troppe divagazioni e fantasie medievali di Paolo; oltretutto quel suo dinamismo sperimentale non era in linea con l'armoniosa organizzazione geometrica di Piero della Francesca
LUI - i colori di Paolo, poi, quei rossi e quei verdi innaturali, erano estranei alla sua sensibilità...così...misurata
LEI - lo affascinavano invece gli smalti armoniosi e brillanti di Beato Angelico. Se vogliamo, la maestosità della forma di Masaccio, coniugata con il colore di Beato Angelico: questo è Piero della Francesca
LUI - ma quale doveva essere l'elemento unificante di un dipinto se non poteva essere né il dinamismo né l'espressività?
LEI - puntò tutto sull'architettura: ciò che rende bello un edificio, anche se non descrive una storia, è il ritmo che lega le parti tra di loro e all'insieme, è l'accordo metrico, la composizione
LUI - quello che dici mi fa pensare alla musica, ecco, proprio così, un quadro di Piero della Francesca è di una tale compostezza di ritmi, di scansioni figurative e coloristiche, di proporzioni perfette, che mi fa pensare alla musica, alla armonia musicale, alla orchestrazione di una sinfonia di Bach, ad esempio, che dici? Oso troppo?
LEI - no, no, e poi, sai, ad ognuno è permesso di sentire quello che vuole e di fare le associazioni che ritiene più opportune, l'essenziale è che siano credibili, e poi, chi ha detto che gli specialisti detengono la verità
LUI - su questo ho pensato spesso, la verità è soggettiva, la realtà invece è oggettiva, ma siccome siamo noi a interpretarla la realtà, ecco che anch'essa diventa soggettiva, giusto?
LEI - bravo, il filosofo! Piero passò la sua vita artistica, piuttosto lunga, a cercare di risolvere proprio questo quesito, l'oggettività della verità, il suo intento è quello di trovare regole universali entro cui contenere tutte le realtà possibili
LUI - e devo dire che quasi ci riesce, come ci riesce appunto Bach qualche secolo dopo con la musica
LEI - del resto erano le idee che Alberti teorizzava nei suoi trattati e manifestava nei suoi progetti architettonici. perché non calare quindi questi concetti nella pittura? Con maggior rigore di quanto non fosse fatto fino ad allora?
LUI - già, ma come iniziò il nostro? Per avere avuto le idee così chiare chissà quali esperienze ha avuto da giovane
LEI - veramente si sa poco dei suoi inizi, sicuramente non poté apprendere l'arte a Borgo di San Sepolcro dove nacque. era un paesino al confine tra Toscana e Umbria, e neanche la vicina Arezzo, culturalmente poco dotata allora
LUI - l'unica era Firenze, allora!
LEI - Si sa che nel 1439, a vent'anni, lavorava con Domenico Veneziano a un ciclo di affreschi, andati perduti, per la chiesa di S. Egidio, a Firenze appunto.
Piero della Francesca nasce nel 1416 da una famiglia di mercanti che commerciano in pellame e lana. come primogenito, nelle aspettative dei genitori Piero avrebbe dovuto seguire le orme paterne, la sua educazione è affidata a un maestro di abaco
LUI - abaco?...vuoi dire la parte superiore di un capitello?
LEI - no, no, la parola voleva dire anche 'tavoletta' su cui si faceva di conto...su cui questo maestro gli dà i primi rudimenti di aritmetica, algebra e geometria, indispensabili per apprendere la contabilità mercantile. Ma ben presto nel giovane si fa strada la vocazione artistica, anche se per tutta la vita avrà un particolare interesse per le scienze matematiche
LUI - e ben presto gli tocca confrontarsi con i due poli ideologici dell'epoca, per lo meno quella della cultura figurativa fiorentina
LEI - vuoi dire Masaccio e il Beato Angelico.....
LUI - sì, certo, ma anche Filippo Lippi e Paolo Uccello più vicini a lui
LEI - Il naturalismo del Lippi non lo interessa; è certamente piu' attratto dalla soluzione intellettualistica di Paolo Uccello
LUI - tuttavia, non si tratta di scegliere tra due correnti: se l'arte deve avere un valore universale, non vi possono essere più sistemi, così diceva lui. Ho capito giusto, vero?
LEI - sì. La sua ricerca unitaria avrà orizzonti sempre più larghi, fino ad includere la radicale alternativa fiamminga. Tutto il suo lavoro si svolgerà fuori di Firenze: ad Arezzo, a Borgo San Sepolcro, a Rimini a Ferrara, a Roma e , soprattutto, a Urbino
LUI - accidenti la sua è stata davvero una funzione cardine, di snodo, con la cultura dell'Italia centrale, quella meridionale, con Antonello da Messina e quella settentrionale a Venezia, con Giovanni Bellini
LEI - non c'è dubbio, la nuova cultura si irradia da Urbino. Solo più tardi, al principio del Cinquecento, dominerà a Roma con il Bramante e Raffaello. Firenze rimarrà quasi isolata, almeno fino a Michelangelo
LUI - torniamo a Piero della Francesca e alla sua pittura!.
LEI - Le prime opere di Piero sono il polittico della Misericordia, per Borgo San Sepolcro e il Battesimo di Cristo
LUI - dai, descrivili!
LEI - Il primo è uno schieramento di figure isolate, in piedi. la Vergine, statico e maestoso idolo, allarga il mantello come a formare una cupola semisfericao una abside, vi accoglie i devoti che sono raffigurati molto più piccoli; il tutto su fondo oro. Una vera e propria struttura architettonica senza strutture; è un prisma di spazio riempito dalla luce, una luce che investe le figure ed è riflessa dal fondo dorato
LUI - è l'illuminazione, quindi, che costruisce il volume. Qui stabilisce e realizza un concetto chiave che era anche un pò di Masaccio. E cioè far coincidere la figura umana con spazio geometrico, sono un tutt'uno. Per questo non ha bisogno di inserire elementi architettonici. La figura umana è architettura di se stessa, se si può parlare in questo modo...
LEI - ...selvaggio! Però comprensibile! C'è identità assoluta insomma di geometria e luce
LUI - esatto
LEI - Nel polittico della Misericordia, ad esempio, figure e cose sono ridotte a pure entità geometriche. Nel Battesimo di Cristo invece lo spazio è un paesaggio aperto fino all'orizzonte, pieno di luce chiara e trasparente, come nell'Angelico. Ma non c'è propagazione della luce
LUI - cioè? Vuoi dire che non vi è trasmissione di luce? Ogni cosa non è illuminata da una fonte di luce precisa, ma la trova in sé. Quindi luce fissa?
LEI - sì, e ancora... nessuna serie di linee prospettiche e di piani colorati, ma un progressivo allontanarsi di macchie brune di boschi sui campi chiari. c'è il Cristo, c'è Giovanni Battista che lo sta battezzando, tre angeli dietro un albero osservano, di sfondo un corpo di un battezzando che si spoglia. Nessuna gerarchia tra figure umane, alberi, paesaggio, tutto ciò che si vede è, non vi sono gradi o diversi modi di essere
LUI - ho capito, pura contemplazione visiva. Poiché tutto è rivelato e certo, non può esservi ansia, tensione religiosa. Tutto di testa. Pura armonia
LEI - La verità si rivela: è conoscenza, norma per l'agire sociale. Si risolve così la vecchia disputa sull'arte che mostra cose non vedute o che si occupa solo di ciò che si vede: l'intelletto non possiede nulla che gli occhi non possano vedere, gli occhi non vedono nulla che l'intelletto non possa capire
LUI - accidenti, ambizione sublime la sua. E il bello è che ci riesce!
LEI - A Firenze si aprirà, di lì a trent'anni, il dilemma tra idea e fenomeno, tra Botticelli e Leonardo. Per Piero, tra idea e fenomeno l'identità invece è assoluta
LUI - E' una affermazione di capitale importanza, questa. Mi chiedo: se nel fenomeno, nelle cose... io vedo tutto quello che c'è da vedere, non ha più senso andare a cercare una struttura ogni volta che mi aggiro tra le mutevoli apparenze del reale: ogni cosa si costituisce immediatamente come realtà assoluta, è struttura e forma, contemporaneamente!
LEI - e bravo il filosofo, dai, ancora... illuminaci di saggezza
LUI - mi prendi in giro, come sempre... Non ha senso, dunque, immaginare uno spazio assoluto, geometrico, universale, entro cui si inquadrano le cose particolari: lo spazio si dà interamente nelle cose, ogni cosa è forma dello spazio. Hai capito le cose che stiamo capendo?
LEI - ma infatti! Ogni grande artista è un capitolo a sé. Un approccio superficiale potrebbe far pensare che tutti i pittori del Rinascimento si somiglino molto, ma niente è piu sbagliato
LUI - bèh, certo bisogna essere proprio superficiali; però è anche vero che il rischio c'è, soprattutto per chi non è un gran frequentatore d'arte. Ma è sufficiente un pò di sensibilità e si intravedono subito le differenze e si comincia quindi ad apprezzarle. Soprattutto si comprende come quello fosse un periodo dinamico, in ebollizione, pieno di geniali soluzioni e punti di vista
LEI - Piero, appunto, per sancire il suo punto di vista, scriverà un trattato di prospettiva. il titolo è De prospectiva pingendi . per dimostrare, come dimostra, che la prospettiva non è una premessa dell'operazione pittorica, ma è la pittura stessa
LUI - ecco qua!
LEI ... e sviluppa una complessa casistica in cui dichiara che la prospettiva non è la legge o il principio della visione, ma la visione stessa nella sua totalità
LUI - non sarebbe giusto ora chiamarlo di persona e farci raccontare ancora qualcosa della sua esperienza?
LEI - hai ragione, ci siamo lasciati prendere dalle nostre argomentazioni. Comunque sempre di lui parlavamo
PIERO -Chi mi ha chiamato?
LUI - scusa, ti abbiamo distratto? Stavi scrivendo qualche altro trattato, maestro?
PIERO - basta e avanza quello ho scritto. C'è tutto là dentro...tutto quello che occorre sapere e fare per concepire un'opera pittorica.. ma voi cosavolevate sapere da me che già non sappiate..
LEI - se tu potessi raccontarci la tua esperienza ad Arezzo e ad Urbino presso il duca.. sono i tuoi periodi magici, ci hai lasciato il meglio di te
PIERO - ho sempre aspirato a dare il meglio di me, certo, ma francamente so che potevo fare di più, se solo fossi vissuto ancora un pò
LUI - perbacco! per la tua epoca 72 anni di vita non erano affatto pochi, e poi, sappi, che la tua opera ha avuto ottimi e illustri continuatori
PIERO - va bene, va bene
LUI - ci puoi raccontare come hai affrontato il problema o il tema della storia, dopo le esperienze di Ferrara e Rimini?
PIERO - Io mi chiesi: la successione, il divenire della storia, si può ridurre a fenomeno fisso, sempre uguale a se stesso, a valore unico? E' una domanda che ha anche implicazioni religiose: si può conciliare la verità fissa del dogma col divenire della storia religiosa?
LUI - pensavi alla grande! Ma tu come l'hai risolto il dilemma?
PIERO - non l'ho risolto, lo confesso, forse ci sono andato vicino e comunque quella era la mia ambizione, il mio obiettivo. L'evento storico, anche il più insignificante, una volta che lo rappresento, sta lì, visibile, assume valore in sé
LEI - secondo me ci sei riuscito benissimo. nel rappresentarlo, l'evento tu lo rendi come sacro, immutabile e tutto grazie ad una perfetta armonia tra struttura, prospettiva colore e luce. Complimenti!
LUI - Questi temi, comunque, sono quelli che hai affrontato per il ciclo di affreschi nel coro della Chiesa di San Francesco ad Arezzo. Le storie della Croce
PIERO - sì, ora ve le descrivo. Le tre pareti sono divise in riquadri di grandezza diversa: nelle zone basse sono rappresentate due battaglie, la composizione è così serrata che dà allo spettatore la sensazione visiva che esse sostengano gli affreschi che stanno sopra. Nella seconda zona vi è il racconto della visita della regina di Saba a re Salomone e sulla parete di fronte, il racconto della invenzione della Croce; la costruzione è meno folta e le figure sembrano allinearsi lungo la parete. Infine nella morte di Abramo e nella restituzione della Croce a Gerusalemme, le due scene nelle lunette della zona più alta, il cielo domina e le figure sono rade, in modo da dare all'occhio un'illusione di leggerezza
LEI - in pratica con questa progressione visiva il tuo intento è di dare al complesso pittorico una funzione architettonica. Inoltre è evidente che escludi ogni effetto drammatico o di movimento, ogni accentuazione del pathos
PIERO - no, un momento! Non è che elimino le figurazioni che rappresentano il dramma e il movimento, solo che le includo in una composizione di equilibrio estetico ed estatico. Non vi sono per me soggetti drammatici o episodici o filosofici o dogmatici. Tutto ciò che si costituisce come fenomeno assume valore di rivelazione totale: e non è detto che si tratti del personaggio principale o del fatto culminante della storia
LEI - come il fenomeno della luce nel tuo sogno di Costantino. il raggio di luce scende con l'angelo e colpisce la tenda conica: che atmosfera! è uno dei primi notturni, dei primi effetti di luce particolare nella storia del quattrocento
LEI - un effetto notte diremmo oggi applicandolo al cinema!
PIERO - volevo solo dimostrare che la forma geometrica è universale sempre, non muta col mutare della luce. E così mi sono messo alla prova con questo soggetto che mi ha molto soddisfatto perché volevo rendere quelle atmosfere che avevo visto da qualche pittore fiammingo
LUI - a proposito, non dimentichiamoci. L'influenza della pittura fiamminga. Ne parliamo dopo? ora vorrei approfondire ancora gli affreschi del coro della chiesa di San Francesco ad Arezzo, ad esempio le due battaglie. lo spazio qui è di una maestosità mai vista prima, c'è il massimo equilibrio tra colore, luce, forme. al di là delle schiere compatte dei combattenti c'è il vuoto. Il fondo è definito come spazio dalla presenza delle aste delle lance, dalle toppe colorate dei vessilli, dagli enormi geometrici cimieri e dai pennacchi degli elmi. Insomma sembrano quasi sacre queste battaglie
PIERO - e sacre volevo che fossero, vedete io volevo dare un messaggio politico- religioso, e cioè: gli episodi alludono ad una ideale crociata che allora si voleva intraprendere per liberare Gerusalemme. Era un suggerimento al potere, al nuovo papa, Niccolò V, dopo il disastro delle truppe cristiane a Varna nel 1444 contro i turchi, era in vista l'organizzazione di un'altra crociata. se ne parlava come cosa possibile. Quindi raffiguro la vittoria del cristianesimo sul paganesimo, chiaro?
LUI - ora sì. Ma torniamo ai tuoi affreschi. Lo spazio per te si manifesta da sé con le cose, le figure, gli eventi. luce ed ombra non si contrappongono, si integrano
PIERO - la luce è spazio, lo spazio è omogeneo, del resto neppure le forme solide delle cose arrestano la luce, ne sono attraversate, riempite
LUI - Scusa se insisto, ma tutto ciò mi affascina, soprattutto perché sollecita evidentemente un mio innato estetismo che tu soddisfi ampiamente, nel senso che qualsiasi cosa tu vuoi rappresentare, quello che veramente conta non è tanto il racconto, il tema, quanto la composizione, l'equilibrio, il linguaggio che usi per raccontare, non vorrei essere troppo categorico, ma mi sono spiegato?
PIERO - ti sei spiegato benissimo e appoggio decisamente questa tua interpretazione. Perché è vero, la mia ansia compositiva prevale su tutto, anche sul soggetto che sto pittando. Sarò un fissato, ma, ad esempio, parlando di spazio: la stessa entità e densità di spazio è dentro e fuori dei corpi; sicchè non si ha mai la sensazione che una figura, un oggetto stia nello spazio, è un tutt'uno con lo spazio. I colori sono puri, alti, brillanti, accostati senza alcun riguardo per le sfumature così care a Gentile da Fabriano, per i delicati drappeggi prediletti dall'Angelico.. ma anche tra i colori vale la legge della proporzione, ogni colore è insieme se stesso e la media proporzionale degli altri
LUI - interessante questo concetto sui colori, per te anche il colore ha una funzione architettonica, nel senso che li distribuisci sulla tavola con una logica costruttiva, di rapporti di forza e di equilibrio statico
PIERO - bravo, vedo che hai capito benissimo e hai guardato molto le mie opere, perché, vedi, sono convinto che di primo acchito sembrano superficiali
LUI - perché perfette...
PIERO - solo dopo, analizzando e osservando bene si comprendono tante cose e il mio messaggio arriva
LEI - certo che la differenza col Beato Angelico è notevole: gli episodi dell'Angelico rivelano la presenza del divino nelle vicende umane, sempre piccoli effetti della grande causa; i tuoi episodi rivelano tutti la totalità del reale, e non sono sempre gli effetti di una causa, perché il tempo per te è uno come lo spazio e non può esservi successione
LUI - Una visione così globale dovrebbe far escludere ogni interesse al particolare; ma è vero il contrario. E' questa la grande novità di Piero, vero Maestro?
PIERO - devo dire che mi aiutarono due cose, una è la mia predilezione per la matematica, grazie ad essa ho sviluppato tutte le possibilità proporzionali, verso l'infinitamente grande e verso l'infinitamente piccolo. L'altra è l'esempio della pittura fiamminga che ebbi occasione di frequentare soprattutto quando ero ad Urbino
LEI - come avvenne il contatto? Con chi?
PIERO - Il primo contatto con l'arte fiamminga a dire il vero avviene a Ferrara, dove nel 1449 lavorava il van der Weyden. il problema fiammingo mi si pone però, solo ad Urbino, alla corte di Federigo da Montefeltro
LUI - Già il taglio di profilo dei due ritratti è infatti insolito, il Duca di Urbino e la moglie Battista Sforza, uno di fronte all'altra, si avverte già un interesse per la ritrattistica fiamminga, sempre così minuziosa, precisa
LEI - senza parlare della Madonna col Bambino e due angeli, di Senigallia, dipinta nel 1470
LUI - ah! Sì, c'è una luce magistrale, sembra che si materializzi, irrompe da una finestra in una stanzetta scura di sfondo e avvolge tutto con una perfezione...
LEI - questo è il Piero della tarda maturità, è allora che assorbi, maestro, i germi del naturalismo fiammingo
LUI - mai però rinunci al dominio geometrico della composizione
LEI - figurarsi!
LUI - Mi spieghi qualcosa sull'influenza dell'arte fiamminga nell'arte del rinascimento italiano?
PIERO - I pittori del Nord, non diversamente dagli italiani, intendevano raffigurare il mondo e l'uomo in forma veritiera, come si vede con gli occhi, insomma. Ma le differenze sono grandi tra arte italiana e arte fiamminga, in Italia si verificava anche, da parte degli artisti, un parallelo recupero dell'antichità classica, che ai pittori fiamminghi non interessava; c'era una ricerca intellettualistica di norme matematiche che regolassero la visione artistica, la prospettiva, per esempio, che non attecchì nelle Fiandre. I fiamminghi furono grandi empirici...che non seguivano regole, il mondo per loro era quello che cadeva sotto i loro occhi, e lo raffiguravano con la luce....il diffondersi della luce era l'elemento unificante delle loro opere, non il calcolo prospettico
LUI - per questo descrivono così minuziosamente tutte le cose toccate dalla luce, puntano su una puntigliosa e lucida indagine della realtà, analizzano sin nei più minuti particolari
PIERO - Eccelsero non a caso in tutti quei settori, come il ritratto o la pittura paesistica, in cui fondamentale è una stretta aderenza al dato ottico
LUI - inoltre, mi pare che i fiamminghi non praticano l'affresco, preferiscono decorare le pareti murarie con grandi arazzi multicolori
PIERO - sì, sono maestri della miniatura e soprattutto della pittura su tavola, vi applicano la tecnica dei colori ad olio, compatti e lucidi
LUI - ... adatti a raffigurare un mondo di guizzi luminosi e di dettagli minuti
PIERO - fu una importantissima innovazione l'adozione delle tinte ad olio, in sostituzione di quelle a tempera. Questo sistema divulgato dai pittori fiamminghi, dava ai dipinti una maggiore lucentezza ma anche una superficie pittorica grassa e compatta. LEI - Consentiva superiori effetti di naturalismo, soprattutto nella resa della luce, di cui profittarono ampiamente Piero della Francesca, Antonello da Messina, Giovanni Bellini
LUI - torniamo a noi...anzi al nostro Piero. l'esempio più luminoso di impaginazione architettonica perfetta è per me la Sacra Conversazione della pala di Brera. Quando la vidi la prima volta, ricordo, a scuola, ne rimasi completamente affascinato, quasi istupidito da tanta perfezione, tanto equilibrio, ce l'ho impresso nella memoria, scusate questa digressione personale...ma tu Maestro.. dicci...maestro!
LEI - se ne è andato
LUI - lo credo, si è stufato di sentire cose che sapeva benissimo, l'ha vissute in prima persona! Peccato.. , non si sarà offeso, spero! O lo abbiamo annoiato?
LEI - speriamo che i nostri ascoltatori piuttosto non siano annoiati
LUI - volevo che ci parlasse del suo capolavoro assoluto, almeno per me è così. Parlo ovviamente della pala con la Madonna, i Santi e Federigo da Montefeltro in preghiera, detta anche la Madonna dell'uovo
LEI - in verità questa tavola si può considerare la summa dell'opera di Piero della Francesca. Per la prima volta l'architettura non è più soltanto una struttura di piani prospettici, non è uno sfondo, ma uno spazio vasto e profondo, dove le figure a semicerchio sono una delle componenti della struttura
LUI - qui ha raggiunto davvero un equilibrio perfetto, l'ambiente è il protagonista assoluto, in un solo sguardo avviluppa tutto quanto, le cose grandi e le cose più minute, tutto rientra magicamente in questa sorta di olimpica perfezione
LEI - E' come l'esperienza, non ha limiti di grandezze, non può fermarsi davanti al troppo piccolo o al troppo grande. Tutto concorre a stabilire l'equilibrio
LUI - Lo stesso Piero dà la chiave della sua teoria. Stupendo! È tutto concentrato lì, in un uovo, un uovo sospeso al centro della cavità absidale, a dimostrare da una parte la precarietà di un equilibrio, dall'altra ci vuole parlare anche della forza delle regole matematiche che, applicate correttamente all'espressione artistica realizzano unità di composizione, come quella di un uovo appunto. Piero, hai fatto centro!
LEI - E' questa l'ultima opera nota di Piero. Poi, negli ultimi anni della sua vita, perdette la vista, abbandonò la pittura e si dedicò completamente alla speculazione matematica
LUI - quest'opera, comunque, dimostra una cosa: che l'identità di esperienza e idea, di idea e di forma, costituisce il fondamento storico e ideale del classicismo del primo Cinquecento, quello perseguito poi da Bramante e da Raffaello
LEI - volendo fare una sintesi finale, c'è un elemento fondamentale per capire Piero della Francesca: è questa immobilità assoluta, questo silenzio, questa indifferenza che trapela dai suoi quadri, dalle scene che dipinge. Ecco il suo fascino!
LUI - è vero, sembra tutto pietrificato, in un equilibrio magico
LEI - Come fa anche Paolo Uccello: che blocca gli elementi della scena in una forma geometrica ideale
LUI - Anche se, contrariamente a Paolo, Piero incatena tutto in un'unica, coerente, lucidissima rete prospettica. E come in una ragnatela, ogni movimento èbloccato dalla struttura che avvinghia tutto e tutti in un perfetto equilibrio. L'immobilità di Piero significa la perfezione ideale degli oggetti: ciò che è perfetto è, in quanto tale, immutabile, ciò che è immutabile è immobile
LEI - E' la stessa perfezione, immodificabile, dell'idea matematica, che Piero riesce a raggiungere con la geometricità della prospettiva
LUI - infatti, tutto concorre a raggiungere questo effetto: la luce, chiara, diffusa, individua ogni oggetto, ne evidenzia la forma e la posizione. Non è una luce idilliaca o beatificante, no, è una luce diurna, ferma, razionale. Dà all'uomo la certezza, esalta le sue facoltà intellettuali. Il colore? Il colore è il mezzo che permette alla luce questa chiarificazione dell'oggetto-idea
LEI - a volte è il colore che fa apparire gli uomini fatti non di carne ma di marmo, e le vesti non di stoffa ma di preziose pietre dure
LUI - perfino il cielo non ha trasparenza atmosferica, è marmoreo anche lui, in armonia con tutti i colori del quadro
LEI -Questa durezza, questa impenetrabilità sono indispensabili per raggiungere il senso di isolamento di ognuno, la sua non partecipazione ai fatti transitori, la sua incorruttibile eternità
LUI - non sono i temi che interessano Piero, lui vuole cogliere il senso che lega gli uomini nel mondo, attraverso la loro riduzione a forme geometriche, eterne, e la loro collocazione prospettica.. ..oilà, ci stiamo avvolgendo anche noi, mi pare dentro la tela del ragno
LEI - è vero, sembriamo ipnotizzati quasi, il nostro Piero ragno fa questo effetto
LUI - anche questa volta ha colpito nel segno, allora!
LEI - ci congediamo così, avvinghiati nella rete armonica di Piero