Gli anni ’70: i diritti civili

 

di Marco Maggioni

 

Il movimento studentesco del 1968 dà il via in Italia ad un periodo di fermenti sociali, una grande stagione di azione collettiva. 

Sono gli anni ’70. L’organizzazione della società italiana è messa in discussione, a tutti i livelli. 

Il movimento di protesta, dalle università e dalle scuole, si diffonde nelle fabbriche…….. dilaga in tutta la società.

La politica punta alle riforme, cerca di contenere la protesta collettiva.

E’ la stagione dei diritti civili.

Sono anche “gli anni di piombo”. Due tensioni contrapposte: una semina morte, l’altra rivendica e conquista diritti. Anni inquieti, decisivi. Intanto la coscienza civile degli italiani cresce e si impone.

 

Molte battaglie parlamentari e di piazza trovano soluzione negli anni  ‘70.

Tre in particolare, cambiano il volto del paese: l’introduzione del divorzio, il diritto di famiglia, la liberalizzazione dell’aborto. 

 

 

Il matrimonio civile non è indissolubile – il divorzio è legge dello stato-   1970

 

La battaglia per l’introduzione del divorzio non è una manifestazione di principi anticlericali, è semplicemente il riconoscimento di un diritto:  il diritto di porre fine a un matrimonio infelice.

 

Il divorzio è l’inizio di tutto. Una Italia cattolica, che tuttavia sa distinguere tra reato e peccato, tra scelta individuale e libertà di coscienza.

A dispetto di convenzioni e appartenenze.

 

Ci sono resistenze molto forti anche a sinistra, non tanto tra i socialisti che sono tra l’altro i promotori della legge - Loris Fortuna è un deputato socialista e aveva proposto questa legge anni prima- ci sono resistenze fortissime tra i comunisti. Lo stesso Enrico Berlinguer è inizialmente contrario all’istituzione del divorzio. 

 

La Democrazia cristiana blocca l’iter parlamentare del progetto, già fatto oggetto di forti attacchi da parte delle gerarchie ecclesiastiche.

Nel 69 sono introdotti nella proposta di legge ulteriori suggerimenti del liberale Antonio Baslini; frattanto i comunisti assicurano il loro appoggio.

Alla Camera, l’opposizione alla legge conta solamente sui voti della Democrazia Cristiana e del Movimento Sociale.

 

A novembre la Camera dei deputati approva la legge Fortuna-Baslini con 325 voti favorevoli e 283 contrari.

Diventa legge dello stato il 1 dicembre 1969.

Un’importante vittoria dell’Italia laica.

 

L’introduzione del divorzio è una vera e propria rivoluzione, perché fino agli anni 60, inizio anni 70, in Italia si pensa che i diritti civili non siano maturi. La classe dirigente politica pensa che questo paese sia un paese prevalentemente cattolico, agricolo e conformista. Lo pensano anche i comunisti. Invece il paese è cambiato profondamente. 

Del resto anche i partiti laici, liberali, repubblicani socialisti, in fondo non credono molto che la battaglia dei diritti sia accolta bene in una popolazione a maggioranza cattolica e comunista.

 

 E’ questo il primo frutto dell’onda lunga sollevata dal movimento studentesco ed operaio, dalle manifestazioni del movimento femminista, ma anche da settori cattolici, più legati, come le ACLI, al mondo operaio.

 

Sono però soprattutto i radicali che fin dal 1965 danno vita alla Lega Italiana per il Divorzio. E’ una iniziativa di Marco Pannella, Adelaide Aglietta e Adele Faccio: avranno un ruolo da protagonisti in tutte le successive battaglie per i diritti civili.

 

Contemporaneamente alla legge, la democrazia cristiana, che ha grossi problemi nei suoi rapporti col Vaticano, perché ne teme la disapprovazione,   chiede subito in parlamento di far passare immediatamente la legge che regola il referendum abrogativo, in modo da avanzare subito la campagna per abrogare per via referendaria la legge approvata dal parlamento.

Il referendum si terrà poi nel 1974.

 

La legge sul divorzio è sottoposta a referendum abrogativo

1974 

  

La consultazione popolare è stabilita per il 12 maggio.

Due anni prima la Democrazia Cristiana voleva rinviare ad ogni costo il referendum. Invece, adesso, Fanfani, segretario del partito, vi intravede la possibilità di un rilancio della Democrazia Cristiana e nello stesso tempo suo personale: mira alla Presidenza della Repubblica.

Non più il Fanfani del primo centrosinistra. Ora vuole recuperare i valori cattolici più tradizionali.

 

La sua campagna elettorale è drastica: il divorzio mette in discussione la sopravvivenza stessa della famiglia italiana, e perfino matrimoni fra omosessuali saranno possibili se passa il divorzio.

 

(tribuna politica in tv, maggio 1974: Fanfani : “ soffriamo della esaltazione dei diritti nella dimenticanza dei doveri. La legge Fortuna Baulini esalta il diritto di un coniuge a dividere irreparabilmente la famiglia, trascurando i doveri che un padre e una madre hanno verso l’altro coniuge e verso i figli. Soffriamo dello sgretolamento di molte istituzioni sociali e noi vogliamo aggravare lo sgretolamento della famiglia”)

 

Paolo VI disapprova la legge ma rimane in disparte.

Perché il divorzio faceva tanta paura e suscitava tanto sgomento?

 

L’idea che un uomo e una donna potessano essere autorizzati, da sposati, a non considerare questo legame una cosa seria, e a passare quindi a un altro legame, è come un lasciapassare alla libertà di sesso indiscriminato.

Per quei tempi, una vera rivoluzione, che per altro è già cominciata negli anni ’60 con l’avvento della pillola anticoncezionale, che in Italia viene liberalizzata molto più tardi che negli altri paesi. 

 

(tribuna politica – maggio 1974: Berlinguer: “non è tale legge legge che rompe le famiglie, essa è stata fatta solo per tener conto che purtroppo alcuni matrimoni possono fallire. Chi si trova in queste condizioni va punito o va aiutato?. Ebbene la legge si propone di aiutarlo. Si propone cioè di rimediare agli inconvenienti economici, giuridici e morali di una unione coniugale che da tempo è fallita e che non può essere piu’ mantenuta e ricostituita”.

 Almirante: “…e allora italiani e italiane, non votate per…con i comunisti per i comunisti,non votate come vorrebbero che votaste quelli delle brigate rosse, perché si tratterebbe in caso di vittoria del no, anche di una loro vittoria. Non votate come vi hanno invitato a votare quelli del manifesto, di potere operaio, di lotta continua, la vittoria del no sarebbe anche una loro vittoria”)

 

E’ il 13 maggio 1974: Taviani, ministro degli interni, annuncia risultati del referendum.

 

La destra cattolica ha invocato per prima l’istituto del referendum, ma questo gli si rivolta contro in modo del tutto inaspettato. E’ una svolta.

 

Si festeggia dovunque la vittoria. E’ festa.

Il nuovo movimento femminista, nato al di fuori dei partiti e delle organizzazioni femminili tradizionali, celebra così la sua prima vittoria.

 

Ne seguono altre, e numerose, alcune determinanti per quanto hanno modificato i costumi e la mentalità degli italiani. Come ad esempio il nuovo diritto di famiglia.

 

 

Si stabiliscono per legge nuovi equilibri tra diritti e doveri nella famiglia  1975    

 

Che cosa cambia nella vita della coppia italiana? Il marito continua ad andare in fabbrica o in ufficio, la moglie continua a lavorare anche lei, in casa o fuori, i figli vanno a scuola. Come sempre.

Eppure dal 19 maggio del ‘75 la legge assicura la assoluta parità giuridica al marito e alla moglie, sia che l’uomo lavori e la donna no, sia che l’uno sia uno scapestrato e la donna una ereditiera. Le differenze, davanti alla legge, scompaiono.

 

Il giudice ha il compito di vigilare sulla assoluta parità tra marito e moglie.

In caso di discordia, ad es. sulla scuola da scegliere, l’ultima parola spetta al magistrato. Una norma rivoluzionaria.

Come quella che abolisce la patria potestà e quella che condiziona all’accordo dei coniugi la scelta della città in cui vivere.

E’ un diritto di famiglia che tenta di equilibrare i diritti doveri dei coniugi, alla pari, visti però dalla parte dei soggetti più deboli, la donna e i figli  

 

Di colpo secoli di costume patriarcale sono cancellati. L’uomo non ha più un ruolo giuridico e morale prevalente. Parità nella coppia. Una conquista notevole per le donne.

 

Il nuovo diritto di famiglia riconosce in sostanza i diritti dei componenti più deboli della società, attua finalmente quello che la Costituzione aveva prescritto nel 1948, cioè la parità tra i coniugi in seno alla famiglia.

Le donne quindi possono progettare autonomamente il loro futuro, il futuro dei propri figli, insieme al marito, a parità col marito.

Il nuovo diritto di famiglia riconosce uguali diritti ai figli nati dentro il matrimonio e ai figli nati fuori del matrimonio.

 

 

Intanto in parallelo nella società giovanile nasce un equivoco, la rivendicazione di diritti inediti porta a pensare che il diritto alla libertà individuale significa essere liberi di fare qualsiasi cosa, anche farsi del male. E’ il tempo della droga.  Il diritto alla vita come uso estremo della vita stessa.

 

Distruggersi pur di non assecondare il sistema dominante, e scoprire poi che la droga diventa un padrone peggiore del peggior governo o del peggior Sistema con la esse maiuscola.

Gli esiti sono distruttivi, preoccupanti. Le azioni repressive inadeguate a cancellare il fenomeno.

 

 

Nel 1970 la diffusione degli stupefacenti in Italia non è ancora allarmante. 

Spinti da motivazioni diverse, i più giovani, i più fragili, abbandonano lo spinello per l’eroina.

Nel 73 la cronaca registra il primo morto per eroina in Italia. Nel 74 sono otto, nel 75,  25.  

Un tentativo di disciplinare la materia arriva a fine anno con la legge 685 del 22 dicembre.

Assolta la modica quantità per uso personale di droghe sia leggere che pesanti, condannato lo spaccio, obbligatoria la cura. l’allarme resta comunque rosso.

Nascono centri antidroga e comunità terapeutiche.

 

Il partito radicale da tempo rivendica l’uso dello spinello quale alternativa a droghe deleterie e mortali.

Da qui le battaglie per legalizzare l’uso delle droghe leggere. Pannella sfida più volte le autorità ostentando in pubblica piazza il fumo di sigarette di hashish o marijuana.

 

Intanto il movimento delle donne che, dal 1975, acquista rilievo nazionale, raggiunge il suo apice negli anni successivi.

Si combatte unite per la legge sull’aborto.

 

Da un’importante questione dei diritti civili il tema dell’aborto si allarga a quello della condizione femminile nella società italiana, fino a portare in piazza su questi temi 50 mila donne nella manifestazione di Milano 

 

Contro la violenza, per una libera sessualità, per la libertà d`espressione - 1976  

 

È il 10 aprile. L’Italia del 76, a parte casi eclatanti di limitazione della libertà d’espressione, continua a percorrere la strada della modernizzazione.

Fanno sentire per la prima volta a livello di massa la loro voce le donne.

 

Il femminismo mira non tanto alla parità con gli uomini ma alla definizione di una vera e propria sfera di diritti delle donne in quanto tali.

 Ridefinire le basi stesse della politica. In contrasto con i vecchi modelli sia della sinistra tradizionale sia della nuova sinistra. ‘ il personale è politico’ è il loro slogan.

 

E’ l’antitesi della pratica dei gruppi rivoluzionari. Per loro l’obiettivo di una rivoluzione finale è più importante delle relazioni personali.

 

Uno dei gruppi più influenti è il Movimento di liberazione delle donne italiane, collegato al piccolo Partito radicale, che dalla metà degli anni 70  diventa il principale gruppo di pressione in favore dei diritti civili.

 

Parco Lambro

 

Doveva essere una grande festa,  una festa del diritto alla vita, alla libertà sessuale.

Da tutta Italia confluiscono giovani proletari e studenti.

 

Le differenze tra ``nuova'' e ``nuovissima'' sinistra, tra le diverse anime del femminismo stesso, risaltano e si scontrano in occasione del Festival del Parco Lambro, a Milano, il 28 giugno.

 

E’ un fallimento. Per la prima volta all’interno dello stesso movimento giovanile ci si guarda in faccia. Si scoprono differenze enormi. Differenze di censo, di cultura, di ideali, di pratiche politiche.

Proletari venuti dal sud e borghesi benestanti e contestatori a confronto. Delusioni, spaccature, violenze, riflessioni critiche. Il diritto alla vita ha troppi interpreti che la rivendicano in modi e obiettivi diversi.

  

La frattura è durissima. Uno scontro non solo generazionale, e neanche solo ``politico'', nel senso tradizionale che se ne da.

È un salto antropologico: uno scontro che mette a confronto due modi di concepire la vita e la società: due universi vitali, che non possono che essere antagonisti.

 

Solo le donne hanno idee precise, diritti da rivendicare con determinazione, voglia di lottare su cose concrete. Come per il tema della violenza ad esempio.

Il 28 novembre 1976 ventimila fiaccole accese, le donne manifestano a

Roma al grido riprendiamoci la notte.

 

 

Le donne, specie quelle della nuova sinistra, rifiutano la distinzione tra uomini di appartenenza politica diversa: l’ideologia sessista è in tutti gli uomini dicono, non importa se di destra o di sinistra.

 

Il movimento femminista diventa un fenomeno di massa. 

Alcuni settori del movimento teorizzano l’assoluta separatezza dal maschio.

Altri collettivi rifiutano il concetto dominante del fare politica, scelgono forme di autocoscienza o approfondiscono tematiche legate alla sessualità della donna: come la prevalenza dell’orgasmo clitorideo su quello vaginale o il rifiuto della penetrazione maschile.

 

Cosa vuol dire per una donna poter scegliere quando avere un figlio? Prima di tutto avere una informazione precisa dei metodi per evitare una gravidanza indesiderata, la conoscenza dei mezzi contraccettivi è indispensabile per una maternità libera e cosciente. Uno dei temi fondamentali delle lotte delle donne.

 

Nuove norme regolano l’interruzione della gravidanza

1978      

 

22 maggio. L'aborto non è più reato. Si conclude così un'azione parlamentare, politica e civile durata quasi un decennio.

La lotta per l’aborto libero e gratuito e più in generale per la liberazione della donna erano gli obiettivi principali del movimento.

 

La legge sull’aborto è stata più combattuta di quella del 70 sul divorzio, perché la questione dell’aborto suscita sentimenti molto profondi.

C’è chi lo ritiene un attentato alla vita. La Chiesa cattolica lo ritiene un omicidio. Infatti dopo l’approvazione di questa legge si vede che non c’è una corsa all’aborto come metodo contraccettivo, tanto più che sono passati ormai dieci anni dal libero commercio della pillola, che le giovani generazioni sono più istruite, più pronte a cogliere le informazioni, le comunicazioni.

Hanno anche una cultura igienica e medica molto superiore a quella delle generazioni passate, soprattutto le donne.

 

 

La materia in tutti questi anni è rimasta regolata dal codice rocco del 1930 , il quale considera l'aborto un reato e la donna che vi ricorre una criminale.

 

In questo regime giuridico si è diffusa la piaga dell'aborto clandestino.

Ha raggiunto dimensioni di massa dando luogo spesso a complicazioni sanitarie, a rischi di vita per la donna. Non tutte possono permettersi il viaggio all’estero.

Contro il regime giuridico in atto due le iniziative: il referendum abrogativo promosso dai radicali e le proposte di legge per legalizzare l'aborto.

 

Il cammino parlamentare procede tra colpi di scena.  Forte è la tensione politica. si arriva addirittura allo scioglimento anticipato delle Camere.

Il referendum promosso dai radicali slitta, è fissato per l'11 giugno 1978. 

   

Il partito radicale invece propone di cancellare o modificare attraverso il sì tutte le norme che a suo giudizio limitano la libertà di scelta di una donna che voglia abortire.

Ogni donna, sostengono i promotori di questo referendum, anche se di età inferiore ai 18 anni, anche se interdetta, deve avere la libertà di decidere da sola l’interruzione della gravidanza.

 

Sostanzialmente quello che la legge riconosce è il diritto delle donne a decidere della loro maternità. Naturalmente la decisione dell’aborto è una decisione in extremis, contro la maternità, ma è un diritto riconosciuto alle donne pur con qualche limitazione, regolamentazione.

 

L'aborto può essere un problema di coscienza ma non deve più essere una occasione di sfruttamento economico e di offesa fisica e morale delle donne.

 

La società civile è stata la vera protagonista della dialettica politica del nostro paese.

Gli anni Settanta non sono solo “anni di piombo”. Sono anni di passione civile, creatività, spregiudicatezza. Valori e atteggiamenti subito assimilati dal piu’ ampio mercato dello spettacolo e dell’intrattenimento.

 

 

 

Dal 68 al 78, una vera e propria rivoluzione culturale ha portato in Italia una stagione di riforme istituzionali, di conquiste salariali e di qualità del lavoro, di rivalutazione di importanti componenti sociali (le donne, i bambini, i giovani, gli anziani), di profonde mutazioni nella mentalità collettiva e nei rapporti interpersonali.

Un decennio che a buon titolo può essere ricordato come “la stagione dei diritti civili”.

 

 

 

webmaster Fabio D'Alfonso