Gli anni ‘70      LE STRAGI DI STATO
 
di Marco Maggioni

 

 

Tg del 13 dic. 1969: “molti dei testimoni dicono che erano le quattro e trenta….quando nel salone della banca affollata…….è avvenuta una esplosione…una buca… un metro di larghezza.

Ci sono state esplosioni a Milano, a Roma , nel salone della banca….per lo scoppio 14 morti e 60 feriti…….il fatto…è il più grave da dopo la guerra.

Rumor: cittadini innocenti e ignari…ignominiosa….

TESTIMONI

“a chi giova, creare una tensione …di asprezza così grande…non giova ai lavoratori”

non bisogna mettere tutto insieme…attentati con scioperi….atti criminali questi…lo sciopero è un buon segno, di buon funzionamento della democrazia”

 

La ‘madre di tutte le stragi’

12 dicembre 1969

 

Piazza Fontana è uno spartiacque, l’origine delle vicende tragiche degli anni 70.  Un punto da cui partire per capire.

Da lì nasce quella che sarà chiamata la ‘strategia della tensione’: dal 1969 al 1984. Quindici anni.

Piazza Fontana, dunque, per il Paese uno shock, le indagini ….frenetiche.

Gli indizi sono tanti.

 

A soli 4 giorni dall’attentato, affiora la pista nera.  Un professore di Treviso, Guido Lorenzon, esponente democristiano della provincia, fa sapere ai magistrati che Franco Freda, noto teorico del nuovo nazismo, può essere l’organizzatore della strage.

 

Ma la denuncia di Lorenzon cade nel vuoto. Gli inquirenti vanno in una direzione diversa, decidono di seguire la pista anarchica

L’istruttoria punta in particolare contro un gruppo di anarchici tra cui Mario Merlino, Roberto Gargamelli, Pietro Valpreda.

 

Giuseppe Pinelli, ferroviere, appartenente ad un altro gruppo viene interrogato alla questura di Milano. Il suo interrogatorio si conclude in maniera tragica e ancora non del tutto chiarita.

L’anarchico precipita dalla finestra dell’ufficio del commissario Calabresi, durante il suo interrogatorio e muore nel cortile della questura. 

 

Il commissario Calabresi verrà scagionato dall’accusa di essere il responsabile per la morte di Pinelli tre anni dopo il suo assassinio, il 17 maggio 1972 a Milano.

 

Nel frattempo la polizia è sulle tracce di Valpreda.  Lo accusano subito della strage. Il ballerino nega. Ha un alibi. 

Ma c’è un testimone oculare, il tassista Cornelio Rolandi: afferma di aver portato Valpreda davanti alla Banca dell’Agricoltura.

L’alibi di Valpreda non convince. Non ha senso seguire altre indagini. 

È  formalmente imputato di strage.

Perché incolpare subito proprio gli anarchici? 

 

Gli anarchici hanno fama di bombaroli, creata da precedenti storici, lontani in verità. Erano forza minoritaria della sinistra isolata quindi facile da colpire.

Probabilmente si tratta del depistaggio di un depistaggio. qualcuno, probabilmente l’Ufficio Affari Riservati ritene di potersi inserire in questo gioco creando un diversivo, gli anarchici.

 

Ci vorranno tre anni e alla fine del 1972 la pista nera prende il sopravvento.   

Determinanti le dichiarazioni dell’ex agente dei servizi segreti Carlo Digilio, collaboratore di giustizia, secondo il quale le organizzazioni di estrema destra di quegli anni - La Fenice, Avanguardia nazionale, Ordine nuovo - non sarebbero che le truppe di trincea d'un esercito occulto, teleguidato da esponenti degli apparati dello Stato e legato alla Cia.

In questo scenario, la strage di piazza Fontana sembra diventare qualcosa di più di un attentato terroristico. Lo conferma Vincenzo Vinciguerra, ex militante di Ordine Nuovo, reo confesso e condannato all’ergastolo per la strage di Peteano.

 

VINCIGUERRA: "La strage del dicembre '69 doveva essere il detonatore che avrebbe consentito a determinate autorità politiche e militari la proclamazione dello Stato d'emergenza".

 

 

L'allora presidente del Consiglio Mariano Rumor, contrariamente a quanto sembra che i neofascisti e i loro alleati si attendessero, dopo la strage di piazza Fontana non proclama lo "stato d'emergenza", atto essenziale per instaurare un regime autoritario.

   

Dopo varie traversie processuali e un lavoro monumentale:  92 faldoni, 60.000 pagine di documenti, 463 interrogatori, arriva la sentenza di primo grado, è  il 30 giugno 2001. Trentun anni dal tragico evento. 

 

TG del 30 giugno 2001: lettura sentenza: “Ergastolo per il neonazista Delfo Zorzi, espatriato in Giappone dove conduce vita agiata come imprenditore, per Carlo Maria Maggi, all’ora capo di Ordine Nuovo nel Triveneto, e per il milanese Giancarlo Rognoni, leader dell’organizzazione di estrema destra La Fenice.

 

Freda e Ventura sono coinvolti in concorso in strage. Tuttavia, non possono più essere processati essendo già stati assolti per lo stesso reato nei precedenti dibattimenti.

 

Ma l’11 marzo 2004 la verità giudiziaria si capovolge. I tre imputati principali della strage di piazza Fontana, dopo aver avuto in primo grado una condanna all'ergastolo, sono stati infatti tutti assolti in appello. Per la seconda corte d'assise d'appello di Milano gli estremisti di destra Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni "non hanno commesso il fatto".

 

In materia di stragi si contano una trentina di sentenze contraddittorie.

Tutto ciò dimostra che la verità storica non può fondarsi sulla verità processuale. La verità processuale non è la verità, è un aspetto parziale della verità che viene conseguito attraverso determinate procedure e determinati metodi che nella maggior parte dei casi  non sono adeguati a risolvere casi così complessi, così oscur.i in cui occorre misurarsi con centinaia di migliaia di pagine di fascicoli processuali,

La verità storica viene costruita in modo diverso, quasi mai si fonda sulle sentenze dei giudici.

 

La strage di Peteano   

1972

 

Da TG del 31 maggio 1972 ore 22.35: “ Avvertita da una telefonata anonima, una pattuglia dei carabinieri, giunge in località Peteano, in provincia di Gorizia.

La chiamata, arrivata al centralino del pronto intervento, ha descritto un’auto da controllare: una Fiat 500 presenta due fori di pistola sul parabrezza. Insomma, un normale controllo.

I carabinieri si avvicinano, la esaminano, uno di loro cerca di aprire il cofano: l’auto salta in aria. Collegato al gancio di apertura un ordigno con detonatore a strappo.

Muoiono, dilaniati dall’esplosione, tre carabinieri, gravemente feriti due.

 

Chi ha ordito questa trappola micidiale?

 

L’inchiesta sulla strage di Peteano rivelerà un’intricata trama fatta di depistaggi, servizi segreti, golpisti di vecchia data, militari infedeli e neofascisti convinti di lottare per la rivoluzione.

 

 

Ogni caso di strage ha come naturale suo seguito una serie di depistaggi.

In alcuni casi i depistaggi servono a creare piste alternativ, in modo da indicare nella sinistra, in particolare nella estrema sinistra, i responsabili dei delitti appena avvenuti.

In un secondo momento i depistaggi rispondono ad altre esigenze.  Ad esempio, nel caso di Peteano, dove la strage è compiuta da un elemento di estrema destra, il depistaggio scatta ugualmente, soprattutto per coprire il segreto inconfessabile dei rapporti dell'estrema destra con i Servizi. Il depistaggio diventa lo strumento per evitare che vengano alla luce connessioni inconfessabili.

 

Solo nel 1984 l’attentato ha un responsabile. Vincenzo Vinciguerra, militante di Ordine Nuovo, confessa. Dopo essere stato latitante in Spagna e poi in Argentina, si costituisce nel ’79, ma va in carcere per un’altra accusa.

Dopo cinque anni decide di parlare.

Non ripudia il suo passato.

Si assume la responsabilità completa e totale dell’attentato.

L’unico fatto realmente rivoluzionario, dice, è proprio quello di Peteano, azione di guerra contro lo Stato, non contro la folla, in maniera indiscriminata.

 

 La destra estrema, la più radicale, sostiene ancora Vinciguerra, quando si sente tradita e ha contro gli apparati dello Stato, quegli stessi che appoggiavano e guidavano le loro azioni, reagisce e uccide.

 

 

Certamente le stragi in Italia sono un elemento di intervento nella politica italiana, ma  per sovvertire, per fare un colpo di stato, o per produrre qualcosa di diverso?  Probabilmente sono servite, per assurdo che possa sembrare,  per stabilizzare. Vale a dire che la destabilizzazione realizzata con la strage ha per obiettivo la stabilizzazione  del regime esistente in Italia.  Fare in modo cioè che non si producano grandi cambiamenti di carattere politico, nuove leggi, che non si allarghi l’area dei diritti civili, ma al contrario che lo Stato rimanga asserragliato in se stesso e prenda sempre più dei lineamenti di carattere autoritario.

 

Dietro a queste stragi anche altri intravedono un mondo di relazioni, trame, rapporti segreti e inconfessabili.

Innanzi tutto c'e il settore più legato agli ambienti americani atlantici, preoccupati di una possibile posizione neutralista o comunque meno allineata dell'Italia alle esigenze atlantiche.

Ci sono poi le esigenze dei settori politici che puntano ad una interruzione di collaborazione di centro sinistra, e alla ripresa delle coalizioni centriste.

C'e chi in questo senso va ancora più avanti, e sogna una riforma di tipo costituzionale, presidenziale e autoritario, ispirata a meta strada fra l'esempio del colpo di stato dei colonnelli greci e quello della repubblica presidenziale francese.

C'e poi il ruolo delle organizzazioni imprenditoriali preoccupate della pressione salariale senza precedenti e della ingovernabilita delle fabbriche, e al di sotto di tutto questo c'e la presenza della manovalanza dei gruppi dell'estrema destra che sognano un ritorno al passato e identificano se stessi negli squadristi che avevano marciato su Roma.

 

Una bomba alla questura di Milano

1973

 

Ore 10.57 del 17 maggio: nel cortile della Questura di Milano si è appena conclusa la cerimonia per commemorare il commissario Luigi Calabresi ad un anno dalla sua uccisione .

 

Le vittime sono quattro e più di 40 i feriti. Tutti comuni cittadini. 

L'attentatore è subito bloccato. E' Gianfranco Bertoli, sedicente "anarchico individualista", un veneto appena rientrato in Italia dopo un periodo trascorso in un kibbutz israeliano.  

 

In realtà Bertoli, come emergerà dalle indagini, già condannato per furti, rapine, minacce, ubriachezza molesta e porto abusivo di armi, risulterà essere stato un informatore dei servizi segreti e in stretto contatto con gli ambienti dell'estrema destra veneta.

Gli atti processuali confermano che a manovrare Bertoli sono stati gruppi veneti e cellule milanesi di Ordine Nuovo.

 

Nel mirino della strage di Milano ci sarebbe stato Mariano Rumor, presidente del Consiglio al momento della strage di Piazza Fontana, che, come abbiamo visto, alcune frange dell’estremismo di destra avevano accusato di non aver proclamato lo stato d’emergenza.

 

Lo scopo dell'attentato alla Questura di Milano non ha l’esito voluto.

 

Il procedimento per la strage prende spunto dalle dichiarazioni di Carlo Digilio e Martino Siciliano. Ambedue affermano di far parte di quel vasto gruppo che avrebbe organizzato e diretto quasi tutti gli attentati e le stragi consumate tra la primavera del 1969 e il maggio del 1974, quando, con la strage di Piazza della Loggia a Brescia, si chiude la prima fase della strategia della tensione.

 

 

La strategia della tensione ha una sua fase ascendente fino al 1973.

Dal 1973 inizia la smobilitazione di questa strategia di contrapposizione frontale con la sinistra.

La democrazia cristiana teme eventuali emorragie elettorali a favore del Movimento sociale che solo nell'anno precedente aveva avuto già un primo importante successo elettorale. Inizia così, attraverso l'ufficio affari riservati del ministero degli interni, ad utilizzare in modo cinico i gruppi della destra extraparlamentare contro il movimento sociale e l'intera destra, in modo di evitare il rischio di questa spina nel fianco.

 

 

martedì 28 maggio -  Brescia 
1974

 

Sono le 10, 12.  un ordigno posto in un cestino della piazza esplode: otto morti, più di cento feriti. Nella centralissima piazza della Loggia i sindacati hanno indetto una manifestazione di protesta contro la violenza neofascista.

Lo sgomento nel paese è alle stelle. 

 

Dopo appena mezz’ora, il vicequestore di Brescia dà ordine ai vigili del fuoco di lavare la piazza con gli idranti, prima dell’arrivo del magistrato sul posto.. Spariscono così, immediatamente, tutti i reperti utili, comprese le tracce di esplosivo. Le indagini si bloccano subito.

 

E ancora una volta, strane coincidenze.

Il 9 maggio, una ventina di giorni prima della strage, il Capitano dei carabinieri Francesco Delfino aveva coordinato le operazioni che avevano condotto all’arresto di Carlo Fumagalli, fondatore dell’organizzazione di estrema destra MAR, movimento d’azione rivoluzionaria. Un duro colpo per l’eversione di destra.

 Ma qual è allora l’obiettivo dei terroristi? Forse vendicarsi dei carabinieri per quell’arresto?

 

 I carabinieri, normalmente, durante le manifestazioni, si schieravano sotto il portico di piazza della Loggia, proprio vicino al punto in cui sarebbe esplosa la bomba.

 

Ma quel giorno la pioggia decide per tutti: sotto il portico si rifugiano i partecipanti alla manifestazione, mentre i carabinieri si spostano verso il cortile della Prefettura.

 

Sono trascorsi quasi 29 anni dalla Strage, da allora otto processi, un solo risultato: nessun colpevole.

 

 

   

Strage del treno Italicus

1974

 

Un'altra bomba.

Esplode sul quinto vagone del treno Italicus che collega Roma a Monaco di Baviera. È il 4 agosto. L’esplosione avviene all’ingresso della stazione di San Benedetto Val di Sambro, 50 chilometri da Bologna.

 

Un ordigno ad alto potenziale, a base di "termite", esplode in un treno affollato di gente che si sposta per le vacanze estive.

Difficili i soccorsi, nel buio del tunnel. si estraggono dalle lamiere del treno 12 morti e 44 feriti.

La bomba sarebbe dovuta esplodere al centro della galleria, con un impatto di morte ancora maggiore.

L’inchiesta giudiziaria è, ancora una volta, lunga, inconcludente.

 

Anche la strage del treno Italicus è una strage senza colpevoli, come quella di Brescia.

 

Un volantino di Ordine nero tuttavia proclama: «Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l'autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti». Giancarlo Esposti, giovane militante di destra, accusato, sulla base di un approssimativo identikit della strage di Brescia, era stato ucciso in uno scontro a fuoco dalle forze dell’ordine qualche giorno dopo la bomba di Piazza della Loggia.

 

Le indagini sull'Italicus e sui fatti di Brescia spezzano il fronte dell'omertà.

Molti neofascisti cominciano a parlare. I giudici chiedono conferme o aiuti ai Servizi segreti per indagare sulle alte complicità. Niente. Si alza il muro: «segreto di Stato». 

 

Sono così deludenti gli esiti processuali da indurre il Parlamento a istituire una Commissione con il compito di accertare le ragioni che hanno impedito l’individuazione dei colpevoli.

Dal maggio 1988 la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle stragi inizia a ricostruire la strategia della tensione. Dai lavori emerge con tutta evidenza un filo conduttore:  piazza Fontana, via Fatebenefratelli, Peteano, Brescia e Italicus sono episodi che, pur attribuibili ad autori diversi, si collocano in un medesimo contesto eversivo.

 

 

La strage alla stazione di Bologna
1980

 

2 agosto. Le lancette dell’orologio della sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna segnano le 10.25……quando esplode un ordigno ad altissimo potenziale.

Sul primo binario, a pochi metri dalla sala d’attesa, un treno fermo. E’ come un muro che crea un’onda d’urto. E quest’onda d’urto provoca il crollo dell’intera ala sinistra dell’edificio.

E’ una strage: 85 morti e 200 feriti.

La più grave che si sia mai verificata in Italia.  

 

Poche settimane prima, il 27 giugno, un Dc-9 Itavia era precipitato nelle acque di Ustica.

Due eventi vicini nel tempo ma apparentemente lontani.

Eppure, informative dei servizi segreti mettono in relazione Bologna e Ustica. E’ una trama imperscrutabile, un filo doppio, che condurrebbe al terrorismo internazionale.

 

Per gli inquirenti, però, la pista più accreditata è quella dell’eversione di destra.

Quattordici anni più tardi, il 16 maggio del 1994, la Corte di assise di Bologna giudica colpevoli della strage, quali autori materiali, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, fondatore del NAR, nuclei armati rivoluzionari.

Mambro e Fioravanti, pur ammettendo le proprie responsabilità in omicidi rivendicati dai NAR, negheranno sempre e risolutamente di essere colpevoli per la bomba alla stazione di Bologna.

 

La Corte ritiene inoltre colpevoli di depistaggio, di inquinamento delle indagini, Licio Gelli, Gran maestro della Loggia massonica P2, Francesco Pazienza, agente del Sismi, e due ufficiali del Sismi, Pietro Musumeci e Giuseppe  Belmonte.

 

 

1980: 11 anni da piazza Fontana.

Stragi…. eversione ….e servizi deviati.

 

 

(SCHEDA)

 

dal 1969 al 1980 in Italia

 

60      bombe e attentati                                  

8        bombe inesplose:                                   

16     stragi :                                                  

           con 136  morti                                       

          e 770       feriti                                        

 

webmaster Fabio D'Alfonso