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Merletti ed affini
Anni '60. Carmela fatica 'ncoppa a ru pallon' pi fa ru pizzeglie. La produzione del tombolo e dei merletti è tipica nelle campagne isernine. Per le donne è simbiosi con il lavoro nei campi, con il lavoro in casa, con le bestie che le attorniano, con le galline che ruspano, che scardano becchime ed erba sull'aia coperta di lisce, di lastre di pietra, di chianche, la stessa tecnica degli antichi romani per pavimentare le strade. Con questo metodo venivano anche pavimentate le umili fredde case dei contadini, e le stalle. Di contadine a far merletti ce ne sono tre, uno scannetto con il pallone sopra infatti è stato momentaneamente abbandonato e coperto da un panno. Più indietro v'è una bambina che sta imparando anche lei la difficile faticosa arte del fare ru pallone (così veniva chiamato questo lavoro) che serviva per ricamare e comprare la dodda, la dote. Era un'arte, quella dei tummarielli e spilli  che rovinava gli occhi ed a cui bisognava esercitarsi da bambine, altrimenti si perdeva la pazienza e non si acquistava la passione. Gli si dedicava l'impegno che si poteva, anche solo pochi minuti al giorno, secondo le occasioni; quel lavoro -per le donne- era una specie di salvadanaio del tempo.
anni '80. Zi Lucia Baialardo lavora cu ri tummarielli in coppa a ru pallone pi fa ru pizzigli

La città di Isernia è nota in tutta Italia per la produzione del tombolo, lavorazione che si fa risalire al basso Medioevo quando nel Molise sorsero numerosi conventi benedettini, centri di preghiera e di operosità. La lavorazione di pizzi e merletti era l'impegno prevalente di tante nobili fanciulle destinate al convento dalle severe leggi feudali.

La produzione tipica del Molise è il merletto ad ago, con il cosiddetto "punto in aria".
Viene comunque usato anche il "tombolo", pur se d'origini venete, di Chioggia. Probabilmente nel Molise questo tipo di artigianato giunse da Venezia per merito dell'interscambio culturale esistente tra la città lagunare ed Agnone. Infatti si dice che per tradizione i cuochi del doge provenissero tutti da questa nota città sannitica.
Quanto al merletto, quelli molisani restarono sempre nell'ambito provinciale e non superarono mai per eleganza quelli di Burano da cui la tradizione venne importata e che venivano inviati a tutte le corti d'Europa; addirittura alcune operaie venete furono convinte a trasferirsi in Francia per aprirvi una scuola.

mani che lavorano ri tummarielli sul pallone con sopra applicato il merletto
Il pallone spesso è un cuscino riempito di paglia di grano con ad una estremità un elastico che ne stringe l'apertura, a sua volta chiusa da un pezzo di cartone.

Quest'arte non è solo un fenomeni italico. In Germania era conosciuta già dal 15esimo secolo: Erzgebirge, Harz, Frankenwald, Liebenau (presso Hannover) e Abenberg (presso Norimberga) erano centri famosissimi e lo sono in parte ancor oggi. Lassù questo artigianato si fa risalire al 1400, dapprima si diffuse tra i ceti popolari, in seguito tra le comunità religiose e le famiglie aristocratiche.

Altra area italiana dove la lavorazione del merletto ebbe grande merito fu l'area di Cantù.
Secondo la ricercatrice Elisa Ricci, l'arte di tessere i merletti a imitazione della trina di Milano venne divulgata a Cantù, nel secolo XVII, dalle monache di santa Maria o di S. Ambrogio che probabilmente insegnarono alle converse del posto come si manovrano i fuselli sul tombolo. Più tardi, questa industria, come la chiamava nel 1774 il marchese Odescalchi, fu di un certo sollievo anche ai poverelli dei paesi vicini. La raccolta comunque e la vendita dei merletti furono ben presto monopolizzate da pochi mercanti, pizzicagnoli o merciai, che anticipavano il refe o gli arnesi dell'arte; e quindi ricompensavano le donne, non in denaro, ma con generi di prima necessità come aghi, roba da mangiare, o tessuti per la dote delle figlie. La stessa cosa ricordo, da bambino, accadeva a mia madre Maddalena, ad Isernia, dove questi commercianti si chiamavani ri pizzigliari, in quanto il merletto in dialetto viene chiamato pizziglio da pizzo.

    Per tradizione il merletto si lavora con attrezzi antichi: sul tombolo imbottito (ru pallone), cilindrico o piatto, viene fissato un cartone che riporta il disegno da riprodurre mediante i fuselli (ri tummarielli), attrezzi di legno di forma allungata su cui si avvolge il filo necessario e che sono sempre in numero pari da una decina fino a qualche centinaio. Essi vengono intrecciati secondo un ordine preciso e con combinazioni varie seguendo il disegno sottostante. La trina ottenuta viene fissata mano a mano con spilli di acciaio. Si può utilizzare per personalizzare e abbellire camicette, fazzoletti, tovaglie, asciugamani e tutto ciò che si desidera, sia come inserto sia come pizzo di finitura applicato a punto cordonetto, Parigi o mezzo punto, punto turco, etc.
un esempio di disegno per merletti, questo esemplare, per una ragione di miseria è stato riprodotto a mano da un modello logoro, in trasparenza alla finestra. Non era fondamentale in pratica che il disegno fosse perfetto, la maestria delle donne agiva per approssimazione verso un ideale lavoro che ciascuna aveva nella propria mente.