Lo scioglimento della Concentrazione antifascista
di Parigi in una relazione
di Giuseppe Emanuele Modigliani
giugno 1934
Modigliani ha presentato, in data 2 giugno, alla segreteria della Seconda internazionale la seguente relazione, che viene tradotta dal tedesco:
"L'antifascismo italiano all'estero è alla svolta della sua storia. La Concentrazione antifascista - vale a dire il cartello di partiti e di gruppi antifascisti, aventi sede a Parigi - è stata sciolta. Il suo giornale la "Libertà" ha cessato di uscire.
"So meglio degli altri che i movimenti di profughi politici non hanno che un valore potenziale e che sarebbe tradire la verità il volerli presentare come importanti tanto da potersi ripromettere risultati immediati. I movimenti, anche illegali, che vivono ed operano all'interno nei vari paesi sono piú efficaci. Tuttavia i movimenti di emigrati politici sono, se non altro, indici rivelatori di forze soffocate all'interno di un paese, ma non completamente eliminate. Ritengo perciò che quello che si va svolgendo nelle file antifasciste italiane all'estero meriti di essere rilevato.
"L'utilità di costituire un cartello di partiti e di gruppi di sinistra era stata riconosciuta da parte di profughi politici italiani, già prima della fine del 1926 ed il cartello fu regolarmente costituito. Si creò "La Libertà", nell'aprile del 1927. Agli inizi il cartello ebbe l'adesione del partito socialista unitario (Internazionale operaia socialista), del partito socialista massimalista, del partito repubblicano, della confederazione generale del lavoro italiana e della "L.I.D.U.". Quest'ultima raggruppava, oltre alla maggioranza di socialisti e di repubblicani, anche i piú esposti fra gli antichi capi del sindacalismo rivoluzionario italiano.
"Continuazione non espressa ma sicura del riavvicinamento fra i partiti di sinistra provocato, in Italia dall'assassinio di Matteotti, la Concentrazione antifascista si industriò, già in origine, di accentuare il suo carattere di formazione democratica molto accentuata. Ciò le procurò l'opposizione di astio e di lotta dei comunisti, senza ottenere l'adesione pubblica di quelli tra gli emigranti italiani, che pur figurando fra gli antifascisti piú pronunciati, non hanno ritenuto dover arruolarsi, in modo preciso, ai gruppi politici di sinistra. E ciò ebbe per conseguenza che, abbastanza presto, la Concentrazione giunse a porre in capo del suo programma antifascista l'instaurazione, in Italia, di un regime repubblicano aperto a tutte le realizzazioni socialiste. Queste rivendicazioni furono ritenute siccome impossibili a realizzarsi, senza il previo abbattimento, totalitario e rivoluzionario, del Regime fascista. Non devesi dimenticare che tanto la costituzione della concentrazione antifascista che il suo orientamento definitivo nel senso suddetto, si sono verificate quando era lecito credere che, sotto la pressione dall'estero ed in seguito al crollo economico e finanziario all'interno, il Regime fascista italiano non avrebbe potuto mantenersi a lungo. Quanto a me, mai mi sono dato a queste previsioni ottimiste e alle conclusioni che altri ne traevano, ma conviene riconoscere che esse sembravano possibili sia in seguito ai crolli catastrofici che la politica fascista provocava nelle file medesime delle imprese capitaliste italiane, sia in seguito all'entità di azione che manifestavano, all'interno del paese, i gruppi illegali, sia per il fatto che, prima del 1932, si poteva credere che l'Europa intera, o press'a poco, avrebbe finito per insorgere contro la vergognosa e pericolosa dittatura di Benito Mussolini.
"E per rendere completo questo stato di entusiasmo e di speranza, ecco che i socialisti riescono, nel luglio 1930, a ricostituire l'unità socialista; ed ecco ristabilirsi e rafforzarsi in Italia, proprio in questo momento, l'opera di tutti coloro che consideravano la lotta contro il Fascismo come il ritorno alla libertà, contro ogni dittatura.
"Solo per un tempo e ciò specialmente nel 1927 e 1928 si era Potuto credere che solo i comunisti sarebbero stati capaci di organizzare un movimento antifascista italiano all'interno del paese e ciò perché socialisti, repubblicani e liberali radicali erano stati cacciati oltre le frontiere, dal movimento terrorista di fine 1926, prima che a questi partiti fosse riuscito di darsi una costituzione illegale all'interno del paese. I comunisti, invece, abbondantemente soccorsi dalla "Komintern", vi avevano provveduto nel 1925. Ma ciò che socialisti e democratici non poterono fare prima dell'espatrio, essi si industriavano a farlo dopo l'espatrio e già, nel 1929, si potevano verificare i primi risultati. Non darò dettagli. È facile comprendere il perché. Non citerò nomi, impressi nei nostri cuori, di quelli che, in seguito alla loro condotta eroica, sono stati trascinati davanti al Tribunale speciale oppure inviati nelle isole maledette. Per meglio comprendere gli avvenimenti posteriori bisogna tener presente che, in un primo tempo, questa ripresa di lotta antifascista all'interno del Paese è stata segnata da quella ideologica che forzatamente si impone nei movimenti diretti piú da capacità individuali che da sforzi delle masse; da un'ideologia che è piú facile adottare quando si tratta di lavorare, nelle catacombe, per la rinascita dell'azione politica degli oppressi. Il che significa che, dopo lo sforzo particolarmente eroico dei pionieri e dopo le prime condanne clamorose, contatti sono stati stabiliti e che la propaganda clandestina ha potuto essere organizzata all'interno del paese. Ci si trovò cosí, sin dal 1930, di fronte ad un movimento illegale di una fisionomia speciale. I socialisti vi prevalevano numericamente. Ma il determinismo economico della loro dottrina e le direttive classiste, che ne conseguivano, provocavano all'interno il sorgimento di nuovi gruppi clandestini con predilezione per le iniziative individuali, caratterizzanti la mentalità degli intellettuali delle classi medie, che dominavano in questi raggruppamenti. Ciò ci conduce a tanti altri movimenti, che il socialismo ha conosciuto un po' dappertutto nel xix secolo. Non bisogna sorprendersi se i rivoltosi stessi cominciano a scegliere direttive e metodi d'una volta. E non è di certo un puro caso se'questa rinascita, all'interno dell'Italia, dello spirito di lotta socialista e di liberazione politica viene fatta con la medesima parola d'ordine: "Giustizia e Libertà", che costituí il nome e la parola d'ordine delle prime organizzazioni socialiste, sorte al mezzodí d'Italia, 70 anni fa, sotto l'impulso caotico, ma efficace di Michele Bakounine. Comunque sia e non potendo tali considerazioni menomare l'importanza della costituzione nell'interno del paese di gruppi di "Giustizia e Libertà", sta il fatto che facilmente e rapidamente si stabilirono rapporti fra il partito socialista unitario e "G.L.", tanto piú che un'intesa di tal genere si inquadrava perfettamente con l'ottimismo, nei riguardi della possibilità di abbattere il RegimE mussoliniano, che regnava sempre nei ranghi dell'emigrazione politica italiana.
"A dire il vero l'intesa con "G.L." non suscitò il medesimo entusiasmo fra gli aderenti alla "Concentrazione antifascista", specialmente fra i repubblicani tradizionalisti una opposizione [cominciò] a delinearsi che provocò una crisi profonda nel partito repubblicano all'estero. Ma in fine, nel 1932, delegati di "G.L." entrarono nella "Concentrazione". Si ritenne allora che "G.L." si adattasse definitivamente e completamente alle direttive concentrazioniste, tanto piú che, sulla fine del 1932, la "Concentrazione" unanime metteva in rilievo e precisava la sua adesione alle direttive emancipatrici e costruttive della socialdemocrazia.
"Come si vedrà, tali previsioni non si sono realizzate, ma prima di dire ciò Che è possibile dire su questo fiasco, merita segnalare quello che la "Concentrazione" aveva saputo fare fino ad allora.
"La "Libertà", settimanale, era arrivata negli anni 1931-32 ad una tiratura di 20 000 copie. Il contrabbando della stampa clandestina a destinazione dell'Italia dava risultati. Tutti gli emissari dell'emigrazione politica, giunti nell'interno del paese, non ebbero a subire la sorte del nostro eroico Pertini (arrestato a Pisa e condannato a 10 anni di reclusione). Specialmente per lo sforzo delle organizzazioni socialiste all'estero prove tangibili di solidarietà degli italiani, sparsi per il mondo, si ebbero con afflusso assai largo di contributi. Il bilancio annuale della "Concentrazione" saliva da 312 mila franchi, nel 1928, a 383 000 nel 1929; a 478 000 nel 1930, a 495 000 nel 1931, per mantenersi, nel 1932, ai 383 000 franchi e ciò malgrado la crisi economica mondiale che decurtava ovunque - in America non meno che in Europa - le risorse degli emigranti italiani. Ma piú della crisi economica, ecco delinearsi la nuova situazione internazionale europea caratterizzata dal colpo hitleriano in Germania e dal colpo papale e fascista in Austria. E come era da aspettarsi, l'antifascismo italiano non ebbe da felicitarsi di questi sbalzi, poiché, inutile nasconderlo, essi hanno aiutato il RegimE mussoliniano sia a rafforzare la sua manomissione all'interno, sia ad attenuare le ostilità e le antipatie all'estero.
"Di fronte a questo peggioramento di forze fra il Fascismo e l'antifascismo un contrasto si delineò, lentamente ma progressivamente, nei ranghi dell'antifascismo italiano e cioè fra quelli che si rifiutavano di rivedere la loro concezione antiquata di una rivoluzione antifascista, come nel 48, e quelli che aderivano sempre ancora all'idea - marxista e realista - che la rivoluzione antifascista non avrà possibilità di riuscire se non nel giorno in cui le masse avranno riottenuto la loro capacità di azione. Ed i socialisti si dichiaravano, sempre piú numerosi e sempre piú decisi, per la seconda concezione. I capi all'estero di "Giustizia e Libertà" restarono sempre piú fedeli alla concezione della'rivoluzione antifascista, che chiameremo individualista nei confronti della concezione socialista.
"Necessariamente questo contrasto non poteva tardare a uscire dai limiti di una discussione puramente dottrinaria per accentuarsi in occasione di decisioni concrete, riguardanti la propaganda e l'azione. Il risultato ne fu: confusione nella propaganda e paralisi nell'azione. I socialisti avendo proposto di scatenare in Italia un'agitazione per un'amnistia reale e generale, ecco gli altri a non volerne sapere, ravvisandovi un certo che di diniego dell'intransigenza e la proposta venne sabotata. Lo stesso successo riguardo allo sforzo per una ripresa dell'azione sindacale operaia nell'interno del paese. Adesione apparente, ma nessun vero tentativo di esecuzione. I comunisti che presero a beffarsi dell'idea se né sono poi impadroniti e se ne servono.
"Quando il colpo hitleriano ebbe a provocare la pericolosa illusione che una buona piccola guerra preventiva non sarebbe da respingere, perché essa finirebbe col liberare il mondo dal Fascismo ecco che purtroppo oltre ai democratici anche i capi di "Giustizia e Libertà" non celarono le loro simpatie per simili idee, contro le quali, salvo poche eccezioni, i socialisti italiani sono stati sempre unanimemente contrari. Ed in questa occasione e cioè sulla fine dello scorso dicembre ci si poteva domandare se l'intesa fra "G.L." ed i socialisti non avesse ricevuto un colpo irreparabile, tanto piú che, proprio allora, nell'interno del paese e nei ranghi dell'antifascismo militante stava svolgendosi una revisione delle direttive tattiche, che stava per giungere a suggestioni abbastanza precise da parte dei camerati in Italia.
"Dopo le esperienze fatte militando nei gruppi di "G.L.", creati nell'interno del paese per lo piú da socialisti, alcuni compagni in Italia sono giunti alla conclusione che era tempo di rinunciare alle illusioni di un rivoluzionarismo alquanto primitivo, incapace di trascinare le masse e che occorreva ricorrere a metodi tattici, tenendo grande conto del fatto che, nella lotta politica, i lavoratori ed in generale le classi popolari, non possono agire isolatamente da cospiratori cosí comodamente come fanno gli elementi piú colti delle classi medie. Ciò ha per conseguenza che, per portare le masse nella lotta, è necessario presentare rivendicazioni totalitarie, senza rinunciare alle rivendicazioni frammentarie (culturali, sindacali, amministrative ed altre) quando queste possono attirare maggior numero di manifestanti e specialmente quando queste possono portare a manifestazioni pubbliche, sulle quali è impossibile tacere, per togliere alle stesse il lampo di energia che le caratterizza. Non vi è dubbio che vale la pena di essere teoricamente e dottrinariamente meno rivoluzionari, quando si è in grado di ottenere risultati piú ampi, piú durevoli, piú profondi.
"Ed ecco che tali suggestioni, abbenché venissero dall'interno del paese, ebbero per risultato di precipitare le decisioni dei capi all'estero di "G.L." e ciò in un senso che doveva provocare la rivolta unanime del partito socialista italiano. La maggior parte dei capi all'estero di "Giustizia e Libertà" non sono entrati nelle file del socialismo che in esilio. E molti di loro non si schierarono al nostro fianco, in Italia, se non dopo l'avvento al potere del grande Benito. Ciò li indusse, recentemente, a non ribellarsi all'idea di mettersi in guerra - come lo hanno fatto - contro il socialismo italiano, rimproverandogli di non essere stato il piú forte quando era solo a battersi con il Fascismo, armato dal capitalismo e fiancheggiato, ancor prima della marcia su Roma, da tutte le forze dello Stato italiano. Peggio ancora. Quando nel febbraio scorso una protesta di sdegno ebbe a scoppiare nei ranghi del partito socialista italiano contro tali attacchi, che venivano purtroppo dai nostri alleati, i dirigenti all'estero di "G.L." ritennero essere giunto il momento opportuno, per colmare la misura, che essi covavano da lungo e che avevano mantenuto segreta fino allora.
"Secondo le loro proposte, tutti i partiti tradizionali italiani di sinistra, ricostituitisi in esilio, avrebbero dovuto sciogliersi; un solo partito caotico avrebbe dovuto formarsi. L'accesso a questo partito si sarebbe dovuto negare ai socialisti che non erano d'accordo coi dirigenti all'estero di "G.L.". La struttura confusionaria e quasi dittatoriale di questo nuovo partito caos avrebbe dovuto essere fatta in modo da subire l'influenza preponderante di coloro, che non nascondevano piú di voler un socialismo senza socialisti e cioè un partito socialista aclassista ed antimarxista. Oltracciò il nuovo partito caotico non doveva aderire alla II Internazionale, se non previa accettazione di certe condizioni. E ciò voleva dire che i socialisti italiani dovevano uscire dalla Internazionale socialista.
"Forse le critiche sollevate in Italia nelle file stesse degli aderenti a "G.L." e che riguardano le direttive tattiche seguite dai capi di questa organizzazione, hanno servito a spingere i capi all'estero di "G.L." a tentare l'assalto al movimento socialista tradizionale ed al p.s.i. Vero è pertanto che questo piano caotico e contradittorio di un partito socialista senza socialisti non è affatto stato improvvisato. Questo piano appariva, da qualche tempo, a molti intellettuali, privi di ogni esperienza delle realtà operaie e classiste, come quello atto a togliere lo snervamento della attesa. Trattasi di intellettuali troppo facilmente rivoluzionari. "G.L." aveva finito per non essere piú l'organo comune dell'azione in Italia del cartello dei partiti, che costituiva la concentrazione. Essa si era trasformata in una nuova associazione politica non solamente autonoma, ma decisa ad ogni costo a fare quello che le garbava.
"Ciò avrebbe causato minori inconvenienti se "G.L." non fosse stata il punto di concentramento dell'antifascismo all'interno del paese, riconosciuta tale nel passato, da tutti gli aderenti alla Concentrazione. Essa era, per conseguenza, l'organo comune di azione nell'interno del paese, che doveva agire in nome e secondo le direttive dell'antifascismo repubblicano e socialista. Dopo l'evoluzione interna nella "G.L." e dopo le manifestazioni esterne, alle quali abbiamo accennato, "G.L." avrebbe potuto restare, nel cartello concentrazionista, come una formazione politica nuova, ma essa avrebbe dovuto rinunciare alla rappresentanza collettiva di tutto il cartello, nell'interno del paese.
"Una proposta, in questo senso, è stata presentata dai socialisti in una riunione movimentata, tenutasi alla concentrazione antifascista a Parigi il 3 maggio. I repubblicani si dichiararono per questa proposta, che avrebbe potuto permettere alla "C.A." di continuare la battaglia in comune. Ma i dirigenti all'estero di "G.L." non vollero saperne. Essi pretendevano di riservarsi non si sa quale preminenza di azione nell'interno del paese e non si scostarono dal loro piano di voler impadronirsi del movimento socialista italiano. E quando ogni tentativo di un accordo si manifestò inutile, non ci fu piú nessuno che potesse credere che la concentrazione avrebbe potuto sopravvivere a questa scossa mortale".