Benito Mussolini
a colloquio con
il Gran Mufti
Mohamed Amin el Husseini
27 ottobre 1941
APPUNTO IN DATA 31.X.XXIl Gran Mufti ha cosí riassunto il contenuto della conversazione da lui avuta con il Duce, nell'udienza accordatagli il 27 corrente e le sue impressioni.
Dopo aver ringraziato il Duce e l'Italia per quanto hanno fatto per la Causa araba e per la sua persona in particolare, egli ha detto che il popolo arabo - il quale pone le sue speranze nel Duce - desidera l'unità, l'indipendenza e la sovranità completa sulle terre della Palestina, della Siria, del Libano, dell'Irak e di alcuni Emirati arabi soggetti all'Inghilterra.
Egli ha illustrato i grandi interessi che legano l'Italia al popolo arabo che è cosí vicino all'Italia ed all'Impero.
In nome della lotta che, da tanti anni, gli arabi combattono contro l'Inghilterra e dei sacrifici di sangue e di beni da loro incontrati, gli arabi chiedono un accordo chiaro con le Potenze dell'Asse per addivenire ad un trattato che garantisca la loro completa indipendenza.
Essi chiedono che sia abolito il Foyer Ebreo in Palestina e che gli Ebrei ricevano nei Paesi arabi lo stesso trattamento riservato loro nei paesi dell'Asse.
Un impegno solenne che consacri l'accordo delle Potenze dell'Asse con le aspirazioni del popolo arabo avrebbe immense ripercussioni in tutti i Paesi arabi e su quelli mussulmani e faciliterebbe la pronta conclusione di concreti accordi tra l'Italia e la Germania con il nuovo stato arabo per tutte quelle questioni politiche, commerciali, culturali e di altro genere che interessano i Paesi dell'Asse, e principalmente l'Italia.
L'Eminenza ha poi illustrato al Duce come, tra i cristiani ed i mussulmani dei Paesi arabi, esista da molti anni la migliore collaborazione e come essi al di sopra della religione si considerano fratelli perché arabi. Molti dei collaboratori diretti del Mufti nella lotta in Palestina sono cristiani, e molti cristiani sono stati impiccati, fucilati od uccisi dagli inglesi nella lotta per l'indipendenza araba.
Quando il Mufti ha finito di parlare il Duce gli ha risposto assicurandolo che egli si interessava alla causa araba da tempo rendendosi conto della importanza di intrattenere buone relazioni con gli 80 000 000 di arabi che sono vicinissimi all'Italia, appena a due ore di volo dalla Sicilia, nonché ai mussulmani che sono piú di 300 000 000 nel mondo intero.
Avendo il Mufti accennato all'interessamento portato dal Duce, nel 1922 prima di salire al potere, verso le aspirazioni arabe espostegli a Ginevra dalla Commissione siro-palestinese, alla lettera inviata fino dal 1936 al Duce per invocarne l'aiuto ed al discorso del Duce a Tripoli nel 1937, il Duce ha detto che il suo discorso era stato determinato dalle manovre inglesi, che accusavano l'Italia di essere ostile agli arabi ed ai mussulmani in Libia ed in Etiopia.
Il Duce ha proseguito che gli arabi hanno dato prova di meritare l'indipendenza e di essere pronto a fare in tal senso una dichiarazione. "Vi dichiaro che gli arabi hanno diritto di avere la loro completa indipendenza ed a governarsi da loro. Particolarmente gli arabi del Medio Oriente hanno diritto all'indipendenza ed a sfruttare le loro ricchezze, sviluppare i loro porti sul Mediterraneo ed i loro traffici in piena libertà. Sono pronto a fare ogni sforzo per aiutarli politicamente e spiritualmente e a dar loro armi".
Il Duce ha continuato accennando alla difficile posizione degli inglesi nel Mediterraneo dopo la conquista di Creta. Tale posizione è poi migliorata in seguito all'occupazione della Siria e dell'Irak, ed in seguito agli avvenimenti in Iran ed a quelli che incombono nell'Afganistan. Ma le truppe dell'Asse minacciano sempre piú le posizioni degli inglesi che saranno cacciati dal Medio Oriente.
Il Duce ha continuato dicendo che gli inglesi ripetono di voler continuare la guerra per dieci anni. Lo facciano pure. Anche noi siamo pronti a continuare la guerra per dieci anni e vinceremo e se essi pensano il contrario non ci conoscono. "Continueremo la guerra e resteremo a fianco della Germania fino alla fine". La forza inglese diminuisce ogni giorno. Nel 1942 sarà la guerra nel Mediterraneo: l'Egitto ed il Canale di Suez sono le piú sensibili arterie degli inglesi e colpirli là è piú importante che colpirli nella stessa Inghilterra.
Gli arabi, ha continuato il Duce, possono svolgere un importante compito in questa fase e il Vostro arrivo è proprio nel momento opportuno in cui dobbiamo unire i nostri sforzi a quelli degli arabi. Il Duce si è dichiarato sicuro che gli arabi, i quali hanno dato prova della loro maturità per l'indipendenza, avranno l'occasione favorevole per fare il loro dovere.
Sono deciso a rilasciare la dichiarazione per l'indipendenza dei Paesi Arabi e sono pronto a farlo, ha aggiunto il Duce, ma essa avrà piú forza se fatta ufficialmente a nome dell'Asse. Ne discuterò con il Führer e la faremo. Quando ho fede in una causa lo dichiaro e lo eseguisco immediatamente.
Il Duce ha poi rilevato che gli ebrei non hanno alcuna ragione storica o razziale o altra per costituire uno stato in Palestina. Si è dichiarato anti-sionista da lungo tempo e d'accordo completamente con il Mufti per quanto riguarda lo Stato sionista in Palestina. "Se gli ebrei lo vogliono, che fondino Tel Aviv in America. Dove essi sono, come Voi Mufti avete detto, essi lavorano per l'Inghilterra come spie, come agenti, come propagandisti", perciò sono i nostri nemici, ha continuato il Duce, e non avranno alcun posto in Europa.
Neppure in Italia, dove essi sono non piú di 45 000 su 45 000 000. Sono pochi ma ciò nonostante resteranno qui solo quelli che lo meritano: non piú di 2 500.
Il Duce ha aggiunto di sapere che la lotta degli Arabi contro gli ebrei è basata sulla politica e non sulla religione. La religione degli Arabi infatti è molto tollerante con le altre religioni.
Rispondendo ad un accenno del Mufti circa l'importanza di vedere l'Irak unito alla Siria ed alla Palestina per le sue inderogabili necessità di avere uno sbocco e gravitare verso il Mediterraneo, il Duce ha risposto: "Ciò è necessario".
Il Mufti ha spiegato come, pur considerandosi fratello con tutti gli altri arabi e specialmente con quelli di Egitto dell'Hegiaz e dello Yemen, egli intendeva parlare solo a nome degli arabi del Medio Oriente che dipendono dall'Inghilterra, perché gli Stati hanno già un sovrano che può parlare per loro. Ciò non esclude che il futuro Stato Arabo patrocinato dal Mufti e dalla sua Organizzazione non abbia già, e non avrà nel futuro, ancora maggiori legami stretti con gli Stati già indipendenti. Tali legami gioveranno ora ed in avvenire all'Asse. Per tali Paesi il Mufti ha chiesto all'Asse di rispettarne l'indipendenza.
Il Duce ha concluso di essere molto lieto di vedere il Mufti ospite di Roma. A nome suo personale e del Governo e del Regime lo ha assicurato che avrebbe trovato in Italia completa tranquillità e sicurezza come a casa sua. "Noi faremo quello che desiderate".
Avendo il Mufti allora accennato che si sarebbe recato a Berlino fra qualche giorno e che sarebbe tornato con Gailani, il Duce gli ha manifestato il suo compiacimento e lo ha assicurato che sarebbe stato lieto di vedere in Italia anche Gailani e gli altri seguaci.
Nell'accompagnarlo alla porta, nonostante che il Mufti avesse insistito per dispensarnelo, il Duce ha terminato: "Contate su di me personalmente ed abbiate fiducia. Io conto su di Voi e sono sicurissimo personalmente e per la causa del mio Paese. Siate sicuro che gli arabi avranno il loro Governo, la loro indipendenza, il loro Stato secondo le loro aspirazioni".
Subito dopo l'udienza il Mufti mi ha detto di essere estremamente contento e soddisfatto. Nessuno degli esperti inglesi o degli altri stranieri con i quali ha discusso a lungo la questione araba hanno saputo dimostrare con cosí poche parole di conoscerla a fondo e con la massima chiarezza. Voi italiani avete, mi ha detto, la grande fortuna di essere guidati da un tale Capo che non appartiene però a voi soli ma al mondo intero.
Mi ha poi detto di aver sentito sinora il peso della grave responsabilità di tante vite e di tanti interessi sacrificati per suo ordine nella lotta contro l'Inghilterra. Per ultimo il sacrificio del solo Governo che ancora rimaneva agli arabi del Medio Oriente: quello dell'Irak.
Gravissima responsabilità egli si era assunto garantendo ai suoi seguaci che l'Asse li avrebbe aiutati, rispettando la loro indipendenza.
Grande fiducia egli aveva posto, nonostante dubbi e diffidenze, nell'Italia, e per questo aveva desiderato di vedere, prima di tutto, il Duce.
Oggi egli si sente completamente rassicurato e convinto di poter rassicurare i suoi seguaci.
Mac Donald, egli mi ha detto, nel 1936, mi ha giurato sul suo onore e su quello dell'Impero britannico che il compromesso accettato dagli arabi per la Palestina sarebbe stato rispettato contro ogni pressione contraria degli Ebrei. Tale giuramento fu posto a verbale, ma non fu rispettato. Il Mufti non era però stato rassicurato dal giuramento di Mac Donald e dal verbale in sue mani. Oggi egli considera di aver molto piú: piú che in un trattato scritto egli ha fiducia nella parola, nello sguardo, nell'atteggiamento del Capo del Fascismo.