“Ne’ volpe, ne’ leone, il duce non
ha fatto che intestardirsi su una strada imboccata una sera di rancore”.
Questo e’ l’amaro commento di un giornale svizzero all’annuncio della firma
del patto d’acciaio nel ’39.
Ed era una strada senza sbocco.
La stessa che sembrava percepirsi in quel disagio di Mussolini quando,
all’ascolto di quel corale generoso “Duce! Duce!” epilogo di ogni suo discorso,
lui si ritirava dal balcone e scompariva nel buio antro di Palazzo Venezia…
rapidamente.
Cosa gli passava nella mente?
Forse la possibilita’ di abbandonare Hitler ed unirsi alle democrazie occidentali
come l’Italia della Grande Guerra? Ma a quel punto, con la Germania al
Brennero sarebbe stata fatta fuori dalla gelida furia nazista e sarebbe
stato vano sperare in un aiuto di Francia ed Inghilterra, le quali avrebbero
visto con piacere come i due dittatori si tagliavano il collo.
Rimanere neutrali? Ma quanta
ripugnanza poi avrebbero fatto ai vincitori! che avrebbero potuto manifestare
tutto il loro disprezzo e biasimo per l’ignavia italica! Avrebbe provato
forse cosi’ ripugnanza per il bluff di cui erano impregnati i suoi roboanti
discorsi da ridurre le sue bellicistiche parole a quelle di un misero istrione.
Se questi potevano essere alcuni
dei dubbi che tormentavano il suo pensiero, forse maggior conforto poteva
trarre dalle reazioni della varie cancellerie europee e del mondo le quali,
dopo tutto, ritenevano la firma di quel patto nulla piu’ che un punto di
arrivo quasi obbligato e prevedibile.
Grandi annoto’ nelle Memorie:
“E l’Inghilterra? La notizia dell’alleanza italo-tedesca rattristo’,
ma non commosse eccessivamente gli inglesi. Per taluni essa non era altro
che la conferma di una situazione gia’ di fatto preesistente. Da altri,
ed erano numerosi, essa non fu considerata come una posizione definitiva
per l’Italia”.
L’ambasciatore inglese Loraine,
quando ancora non era stato firmato in modo definitivo il Patto, cosi’
scriveva il 9 maggio a Lord Halifax…
3. Dopo aver letto attentamente il testo pubblicato del trattato di
alleanza e l’articolo di Gayda su di esso sul Giornale d’Italia di ieri,
non si puo’ non essere colpiti dalla pienezza dell’identificazione dell’Italia
nella politica e nelle armi con la Germania. Il trattato obbliga ogni parte
a dare piena assistenza militare anche in una guerra che noi considereremmo
di aggressione.
4. La mia impressione e’ che il conte Ciano ed i suoi amici personali
lottino per legare indissolubilmente la sorte dell’Italia alla Germania
e credano nelle guerre foudroyante e nella capacita’ della Germania e dell’Italia
a intraprenderla con successo; che al signor Mussolini piacerebbe ancora
lasciarsi una via aperta alla riconciliazione con le democrazie, ma si
sente respinto; che la pubblica opinione informata italiana si rassegnera’,
certo con riluttanza, alla politica di affondare o nuotare con la Germania
a meno che intervenga in tempo molto breve una gradita riconciliazione
con le democrazie, per la quale essi si aspettano che le democrazie paghino
un prezzo.
5. Nello stesso tempo non posso credere che Mussolini possa
proporsi di legare il suo paese al carro tedesco cosi’ completamente come
il trattato fa sembrare, e cio’ che segue e’ la mia ipotesi e i suoi motivi.
6. Parlando approssimativamente, egli ha acquistato il diritto
a essere consultato da Hitler e il prezzo pagato e’ l’alleanza. In quattro
occasioni, abbiamo motivo di credere, Hitler ha agito senza parvenza di
effettiva consultazione con il suo partner dell’Asse; e Mussolini ha dovuto
prendere o lasciare. Era impossibile per Mussolini spezzare l’Asse, perche’
era vago. E’ possibile per Mussolini spezzare l’Alleanza se la Germania
non la osserva. Abbiamo qui oltre a cio’ la possibile spiegazione dell’estrema
suscettibilita’ di Mussolini a qualsiasi cenno straniero che l’Asse poteva
essere spezzato e stava indebolendosi.
7. Prendendo per sincere, come in un certo senso possiamo ragionevolmente
fare, le recenti dichiarazioni di Mussolini che l’Italia ha bisogno di
pace, l’alleanza lo pone in una posizione piu’ forte per frenare Hitler
da mosse che coinvolgerebbero l’Italia in una sgradita e impopolare guerra.
E l’Italia si e’ assicurata il pieno appoggio tedesco se essa lancia un
altro coup.
8. Nel complesso io propendo a credere che l’alleanza e’ preferibile
all’Asse. La situazione e’ piu’ positiva: l’alleanza deve essere accettata
come un forte fattore, sia che ci piaccia o no. Essa puo’ , in modo proprio
concepibile, portare a una azione tedesca che offenda persino i sentimenti
e la pazienza italiani. Puo’ alla fine, e se puo’ essere preservato per
un certo tempo il precario stato di non-guerra europea, dare a noi e ai
francesi un preciso fattore con cui negoziare, perche’ le potenze dell’Asse
hanno ora unito la loro politica e le loro ambizioni. L’alleanza si puo’
dimostrare meno elusiva dell’Asse.
9. Ma anche se abbiamo il diritto di nutrire queste lievi speranze,
e decidiamo stante tutto cio’ di perseverare nei nostri tentativi di evitare
una rottura con l’Italia e di mantenere una mano tesa che essa puo’ afferrare,
non possiamo essere ciechi di fronte a fattori piu’ minacciosi, e cioe’:
la convinzione del Duce che l’associazione italo-tedesca sola sia capace
di procurare utili all’Italia; la sottolineatura fatta da Gayda del carattere
predatorio della prossima guerra da parte dei non possidenti contro i possidenti;
il graduale soccombere dell’Italia, che sembra inevitabile, al vassallaggio
politico e all’inferiorita’ economica con la Germania”.
Testo
Il patto d’acciaio
Art. 1.
Le Parti Contraenti si manterranno
permanentemente in contatto allo scopo di intendersi su tutte le questioni
relative ai loro interessi comuni o alla situazione generale europea.
Art. 2.
Nel caso in cui gli interessi
delle Parti Contraenti siano minacciati da avvenimenti internazionali di
qualsiasi natura, Esse inizieranno immediatamente consultazioni sulle misure
da adottare per la tutela di questi loro interessi.
Qualora la sicurezza o altri
interessi vitali di una delle Parti Contraenti dovessero essere minacciati
dall’esterno, l’altra Parte Contraente darà alla Parte minacciata
il suo pieno appoggio politico e diplomatico allo scopo di eliminare questa
minaccia.
Art. 3.
Se, malgrado i desideri e
le speranze delle Parti Contraenti, dovesse accadere che una di Esse venisse
trascinata in complicazioni belliche con un’altra o con altre Potenze,
l’altra Parte Contraente si porrà immediatamente come Alleato al
suo fianco e la sosterrà con tutte le sue forze militari per terra,
per mare e nell’aria.
Art. 4.
Allo scopo di assicurare,
per il caso previsto, la rapida applicazione degli obblighi di alleanza
assunti con l’art. 3, i Governi delle due Parti Contraenti approfondiranno
maggiormente la loro collaborazione nel campo militare e nel campo dell’economia
di guerra.
Analogamente i due Governi
si terranno costantemente in contatto per l’adozione delle altre misure
necessarie all’applicazione pratica delle disposizioni del presente Patto.
I due Governi costituiranno,
agli scopi indicati nei summenzionati paragrafi 1 e 2, Commissioni Permanenti,
che saranno poste sotto la direzione dei due Ministri degli Affari Esteri.
Art. 5.
Le Parti Contraenti si obbligano
fin da adesso, nel caso di una guerra condotta insieme, a non concludere
armistizio e pace se non di pieno accordo fra loro.
Art. 6.
Le due Parti Contraenti,
consapevoli dell’importanza delle loro relazioni comuni con le Potenze
loro amiche, sono decise a mantenere e a sviluppare di comune accordo,
anche in avvenire, queste relazioni, in armonia con gli interessi concordanti
che le legano a queste Potenze.
Art. 7.
Questo Patto entra in vigore
immediatamente al momento della firma. Le due Parti Contraenti sono d’accordo
nello stabilire a dieci anni il primo periodo della sua validità.
Esse prenderanno accordi in tempo opportuno, prima della scadenza di questo
termine, circa il prolungamento della validità del Patto.
...S’udiva della porta un cigolio cosi’ infelice che strappava le unghie al mignolo dei piedi…