ALESSANDRO PAVOLINI
di
Enzo Cicchino
Pavolini. Di Faust possiede il genio, il cuore, il tormento.
Di Mefistofele l'acutezza del conoscere, i fini reconditi, il trucco per ridurre a servo l'uomo.Fascista per impazienza. Per esser contro. Per l'ambizione di scalfire.
V'e' una purezza estetica nelle sue azioni. E come un gatto si muove per le vie di Firenze sfiorando il marciapiede con il suo sguardo arpionico.
Vive sospeso in una elevazione principesca. E' figlio del grande Paolo Emilio, Accademico d'Italia, professore di sanscrito, glottologo, studioso di fama internazionale.Fin da ragazzo, Pavolini e' subito protagonista. Un capobanda che sa essere il centro. Enigmatico. Agitatore. Aggressivo quanto basta per veder roteare bastoni ed urla.
E come Faust e' malato di insoddisfazione, del non possedere il tutto. Entra nei circoli letterari. Collabora a "Solaria". Pubblica i primi racconti. Suo intento e' scrivere versi e bastonare i sovversivi.
E' ammirato. Coccolato. Odiato.
Per la sua pancetta prominente lo chiamano 'Buzzino'.
Diventa centurione della Milizia ma anche promettente campione del ciclismo.
E' da questa precocita', forse, che rimane travolto... Non possiamo comprendere Pavolini se non lo immaginiamo come un terribile eterno adolescente.Il 28 ottobre del 22 si trova per caso a Roma per un esame all'Universita', si accoda alle squadre dei fascisti fiorentini che entrano nella Capitale. Un colpo di fortuna che gli permette di fregiarsi della sciarpa littoria ed essere un veterano.
Vince premi di poesia. Di tutti i gerarchi che si atteggiano ad artisti e' l'unico che lo e' per davvero.
La sua arte incede con naturalezza come un uccello in un refolo di vento. Pubblica un romanzo "Giro D'Italia" sul ciclismo, poi "Scomparsa d'Angela" una raccolta di racconti fortunatissima che riceve il plauso della critica, anche non fascista.Amico dei fratelli Rosselli, Alberto Carocci.
Nel 24 si laurea contemporaneamente in scienze sociali a Roma ed in legge a Firenze. Frequenta i salotti della ricchissima famiglia ebrea e fascista Giorgio ed Elisa Uzielli. Elisa diventera' la grande pasionaria del fascismo toscano, Giorgio -pur esule in Francia- per motivi razziali, si fara' seppellire a Parigi con in dosso la camicia nera.
Da giovane si distingue come attore di teatro, brillante; presto decidera' per tavole di ben altro palcoscenico.
Dirige l'assalto fascista all'Universita' di Firenze per impedire a Gaetano Salvemini di tenere una sua lezione di storia. "Con gli occhi pieni di acuminato odio, come fossero occhi di un rettile" dira' Piero Calamandrei, presente.La fortuna, imperterrita, lo assiste.
E' l'amicizia intellettuale con il federale Luigi Ridolfi, che lo fa emergere per la prima volta nella carriera politica.
Fonda il giornale della Federazione Fascista di Firenze: "Il Bargello", che pur essendo una testata di partito diventa subito una rivista culturale capace di dar voce anche ad intellettuali in odore di eresia.
Al tempo stesso diventa giornalista del "Popolo d'Italia".Nel 27 affianca Ridolfi come Vicefederale, nel 1929 gli succede. A 26 anni Alessandro Pavolini e' uno dei piu' giovani Federali d'Italia; non ne ha alcun imbarazzo, anche se la gelosia dei fascisti piu' retrivi tempesta la direzione del partito di lettere anonime.
La sua condotta e' integerrima. Ottiene le simpatie del segretario Augusto Turati, il quale fa sapere che proprio di talenti come Pavolini il fascismo dovrebbe circondarsi.Vien da chiedersi, perche' - Pavolini - scrittore di successo, corra cosi' precipitosamente fra le braccia della politica, dai sentieri cosi' scivolosi!? invece di godere della propria arte!?
Perche' ha cosi' bisogno di incertezza!?
L'insoddisfazione e' forse il tarlo.
Ma questo lo porta anche a dare sempre il meglio si se'.
Deciso a far tornare Firenze capitale dell'arte, stimola con forte slancio oculate sinergie fra economia e cultura.
Fa rinascere il Calcio in Costume. La odierna Mostra dell'Artigianato. Il Maggio Musicale Fiorentino. Il circuito Automobilistico del Mugello. Fa costruire da Luigi Nervi lo Stadio Comunale. Da Giovanni Michelucci la Stazione di Santa Maria Novella. Completa l'autostrada Firenze - Mare. Non ultimo realizza anche un vastissimo piano di edilizia popolare.
E' cresciuto nella Firenze di ieri, ma quando -nel 34- eletto deputato, Pavolini parte per Roma, lascia la Firenze di oggi.Ciclista per passione, applica il suo spirito agonistico anche alla cultura. In polemica con Starace, l'inventore delle parate oceaniche, commenta: " Inquadrare i giovani ai quali piace essere nel coro e' semplice, non e' semplice inquadrare i talenti a cui piace discutere!"
Nel 1932 ha l'idea di creare una specie di Olimpiade del sapere a cui dovrebbero partecipare tutti gli studenti universitari. La prima edizione si tiene a Firenze. L'iniziativa, sponsorizzata dal Regime, diverra' poi famosa con il nome di "Littoriali della Cultura".
Tra i vincitori Pietro Ingrao, Franco Fortini, Aldo Moro, Michelangelo Antonioni.Pavolini conosce l'ambiente universitario, sa che i ventenni criticano il Regime per lo scarso coraggio nell'attuare il corporativismo. E col tempo diventano sempre meno fascisti.
I Littoriali hanno l'effetto bruciante di stimolare l'incontro fra i migliori cervelli che diverranno oppositori del Regime. Forse lui se ne rende conto, ma e' proprio qui che emerge il suo essere che sconfina. Anche nel ruolo dell'incendiario Pavolini e' l'unico a saper essere unico.E' l'incontro con Ciano che lo stravolge. La sua carriera politica balza a livello nazionale. Eppure tutto nasce da un giuramento falso che Alessandro compie a favore del coetaneo Galeazzo per fargli ottenere il distintivo di squadrista Ante Marcia. Ciano nel 22 e' ancora un pacifico liberal nittiano, ma Alessandro Pavolini giura che ha fatto parte, a Firenze, della sua stessa squadra di picchiatori "La Disperata".
La loro complicita' e' profonda. Stesso anno di nascita 1903, stessa estrazione borghese, entrambi scrittori innamorati di una letteratura fatta di trappole, spirali, versi e capoversi,
In pubblico Alessandro ha sempre l'accortezza di esaltare Ciano, ponendosi, se necessario, in disparte. Ne riceve una protezione disinteressata.
Dal "Popolo d'Italia" balza a inviato speciale per il "Corriere".
Le sue corrispondenze dalla Scandinavia diventano un libro ancor oggi pubblicato "Nuovo Baltico"
Subito dopo, Pavolini, diventa Presidente della Confederazione fascista dei Professionisti e Artisti. E' un incarico di grande prestigio, che gli permette da un lato di essere uno degli artefici, dall'altro uno dei controllori, della cultura italiana.
Non riceve che consenso.
I letterati lo riconoscono uno di loro, lo amano per le sue idee liberali e antinaziste.Giornalista dell'azione. E' in Germania nel luglio del 34, appena qualche giorno dopo la Notte dei Lunghi Coltelli. Ne rimane indignato, non tanto per l'orrore quanto per la gratuita' con cui i delitti sono commessi.
V'e' un che di felino nella sua cronaca, da lasciare interdetti.Settembre '35 Pavolini viene scelto da Ciano come tenente aviatore e giornalista nella sua squadriglia operante in Abissinia.
Particolare il suo atteggiamento verso gli etiopi.
" Distanti, o vicini, fanno un mondo a se', che non ci riguarda" scrive "Li vediamo passare, lontano, con quel loro bellissimo passo, alto contro il cielo Troppo alti per essere forti. Al ritmo tende la loro fatica, come il rematore al banco. Ritmiche e soltanto ritmiche sono nell'amore le loro donne "Di quella guerra lui ne diventa l'aedo, anche se le atrocita' italiane sono continue. Spesso si fa uso di bombe all'iprite.
Nella squadriglia, in volo, e' un falco avvolto da altri uccelli nervosi. Ama la guerra. Eppure non la ama da futurista, con i suoi scoppiettanti orrori. Lui la ama per l'intensita' del dolore vissuto. Per la sofferenza inferta e la crudelta' empia che lo affligge!
Sente il piacere del tiratore scelto, che mira verso inermi dalle fessure dell'aereo su cui vola. Non ha turbamento per i massacri. Il suo e' un razzismo sottile, impietoso.
Nell'azione si astrae. Tutto e' luce, parola, suono; e la guerra possiede lo stesso malessere di un racconto. "Ad un certo punto non vedo piu' uomini e tiro a certi cavalli, poi a un gregge lontano. Un cenno di piede mi richiama, solo allora mi accorgo che tutti hanno finito di sparare, che tutto e' finito!" scrive, senza aver nulla di cui pentirsi.
Nella primavera del 37 partecipa all'ultimo volo intercontinentale del dirigibile Zeppelin, recandosi a Buenos Aires, dove per incarico di Mussolini vi celebra il primo anniversario della fondazione dell'Impero.
Sfumata e' la sua posizione nei confronti dell'antisemitismo, "un odio -quasi- raccapricciante" definisce quello nazista.
Nel 38 entra a far parte della Commissione per la bonifica libraria con il compito di impedire la circolazione di libri scritti da autori di origine ebraica, o comunque non in linea con le direttive del Ministero della Cultura Popolare.
Nel luglio del 39 accompagna Galeazzo Ciano in Spagna, per presenziare i festeggiamenti per la vittoria franchista.
31 ottobre 1939. La svolta.
Mussolini lo nomina a Ministro della Cultura popolare. Ha 36 anni ed un potere immenso che tocca i destini della radio, cinema, teatro, editoria, giornali.
D'ora innanzi e' la sua volonta' il polso emotivo del paese.
Ed e' questa l'occasione per porre in atto il suo talento di prestigiatore della comunicazione. Occupa in Italia lo stesso ruolo di Goebbels in Germania.In principio tutto pare facile. Non v'e' piu' bisogno di apporre censure. La macchina del consenso e' cosi' oliata che chi scrive sa gia' cosa scrivere; eppoi il Regime finanzia i giornalisti con laute prebende per rinforzarne lo zelo.
Strane semmai sono talvolta le sue 'veline' che invia ai direttori dei giornali. Famosa quella con cui si invita a non pubblicizzare il "Digestivo Impero" perche' abusa di quel nome cosi' importante. Oppure quando chiede che le cronache ed i commenti delle partite di calcio si limitino al solo giudizio tecnico senza epiteti offensivi all'arbitro.
Una domanda imbarazzante per i piu' intransigenti del partito e' il come mai Mussolini abbia scelto un intellettuale cosi' accomodante per un posto dove per natura moralmente bisogna essere dei perfidi.
Solo dopo il 10 giugno 1940 si accorgono quanto il Duce abbia visto giusto. Pavolini e' riuscito ad ammaestrare cosi' sottilmente gli italiani al punto da far loro volere la guerra, accettandola come imprescindibile e necessaria.Da quel giorno Pavolini sposa la guerra, ne fa il suo inno, lo strumento con cui comporre le mille cantiche ed i cento romanzi che non ha piu' scritto!
E comincia a menar menzogne in pasto alla gente con la stessa efficacia che se fosse un menar le mani!
Filtrare, ignorare, volgere il senso della realta'. Trasforma le sconfitte in ripiegamenti, le distruzioni in vittorie, la penuria di viveri in capacita' di resistere, ogni male in bene ed ogni bene nel delirio di credere fino in fondo nel successo e nel Duce.
Vive un autoaffondamento della ragione.Inventa trasmissioni radiofoniche: "Radio Combattente" "L'ora del Soldato".
Ma alla radio si ascolta ancora jazz, swing, musical; e nei cinema si proiettano i film di Hollywood, nonostante gli Alleati siano -i nemici-.
E' un esperto di mass media.
Elettrizzante, flessibile. Consapevole che per tenere incollato il pubblico alla propaganda bisogna offrirgli le cose che ama. Guarda al sodo. All'effetto.
Riesce ancora a stupire. Nel dicembre 41, presentata da Emilio Cecchi, tradotta da Cesare Pavese, permette che esca in libreria "Americana" la prima grande antologia di letteratura statunitense nel novecento.
Eppure da qualche giorno l'Italia e' in guerra contro gli Stati Uniti.Dai microfoni dell'EIAR rassicura le truppe garantendo servizi di informazione essenziali e promette: "La radio vi fara' da posta, portera' a vostra moglie le vostre notizie e dando a voi le sue. E se non avete moglie, ve la trovera'!"
Il 'Mussolini pensiero riesce ad infondere al 'Pavolini scrittore' il suo bisogno di parole sensibili che tocchino il cuore della gente. Che infondano forza.
In buona parte Pavolini ci riesce almeno fino a quando la catastrofe e' rimediabile.
Si e' spesso riflettuto sulle scelte di quest'uomo. Il perche' sia caduto in quella caleidoscopica gabbia del potere! Tuttavia, a suo modo, rimane un uomo libero, non e' uno strumento nelle mani del Duce. Lui crede nello stato etico. Per lui la parola del Capo e' la parola dell'anima, e' la parola della Legge.Ai giornalisti radiofonici non solo chiede una indiscussa lealtà ma soprattutto "Spirito virile e fede nella vittoria". Ama il famoso Mario Appelius, Giovanni Ansaldo, Asvero Gravelli, tuttavia di costoro non condivide lo stile. "Un radiocommentatore deve parlare col tono di chi si intromette in un conversazione tra una piccola cerchia di amici, non deve tenere un comizio, fare il tenore, o il tribuno, come spesso avviene!"
Insoddisfatto. Annoiato dal suo essersi perso fra le maglie di un dio crudele che gli dona il potere ma gli toglie l'arte. "Che equivoco essermi messo in questo ufficio!" mormora. E per qualche settimana partecipa alla campagna di Grecia con una squadriglia da bombardamento, ma non e' esperienza esaltante. Percepisce i frantumi, la sconfitta, la vergogna di perdere. Forse e' qui sull'Acropoli di Atene che gli tornano in mente gli eroi omerici, e carezza l'idea del grande gesto, pensa alla bella morte cui, confuso, immagina lo condurra' il meritato inferno della vita.
A Roma, di ritorno dalla Grecia, ha un violento alterco con il Maresciallo Badoglio, che incontra per caso a Palazzo Venezia nell'anticamera di Mussolini. Per poco non giungono alle mani, ritenendolo il responsabile del collasso militare nei Balcani.
E' un gesto avventato di cui dovra' pentirsi.Nel 42 concede il placet a Luchino Visconti per realizzare "Ossessione". "Siamo di fronte ad un film crudo ed audace, di avanguardia, che segna l'inizio di un'epoca!" lui stesso scrive quando lo vede la prima volta agli inizi del 1943.
Nonostante le critiche continuera' a farlo proiettare nel Norditalia anche durante la Repubblica di Salò.Il 18 aprile del 1942 invia questa velina alquanto irritata: Il "Popolo di Roma" in una cronaca da Chieti parla di un soldato che tornato in licenza ha ucciso la moglie adultera. Tali notizie non vanno pubblicate!"
E neppure che operai italiani sono vittima dei bombardamenti Alleati in Germania.
E di nuovo parole! Dinanzi a corpi ammassati in coda sulla porta dei negozi!Alle sconfitte continue, alle navi che affondano, ai soldati congelati per il freddo, o bruciati nel deserto dal sole lui non risponde che con grandi illusioni! conforto avaro per i muti greggi di fanciulli e donne che ruspano fra le macerie alla vana ricerca di un congiunto!
Nessuno si sarebbe aspettato da un intellettuale come lui una cosi' golosa forza di manipolazione.
Poco passa ed ecco le fasulle verita' del Regime galleggiare sulle onde della storia come relitti espugnati!
Agli inizi del '41 organizza un incontro fra la attrici cinematografiche ed i soldati feriti che rientrano dal fronte. Una ingenuita' enorme. Sarebbe dovuto essere un incontro di propaganda invece fa emergere solo l'incresciosa distanza tra chi muore al fronte e chi e' ancora felice, lontano dalla guerra.
Senza che lui lo sappia tra questi volti ce n'e' uno che ancora non conosce ma che lo segnera' di un amore profondo sino al resto della vita: Doris Duranti.
Il loro incontro pero' avviene solo sul finire del 41, mentre in incognito, entrambi, si aggirano tra quel che resta delle macerie di Livorno bombardata.
Lei non sa neppure chi sia quell'uomo che le si avvicina e le parla; svagato, assorto, incupito da efferati silenzi.
E' un amore che nasce d'istinto, fra incognite voragini. Ed intessuto di furtivi incontri.
Con Alessandro, Doris, perde ogni stereotipo di donna mangia uomini, rimarra' soltanto donna. Innamorata di un uomo che le creera' sempre piu' pericoli.
E non sarà facile neppure per Pavolini averla nascosta amante. Lei e' di origine ebrea e questo desta scandalo, Mussolini stesso chiede perentorio di lasciarla, ma al fermo diniego del ministro ha l'idea di farsi proiettare in privato il film IL RE SI DIVERTE dove lei compare a seno nudo.
"Ti capisco" mormora il Duce.
Un consenso inatteso, tacito, che fa nascere tra i due una singolare complicità; solo con Pavolini, forse, Mussolini parla di Claretta, una confidenza avuta con nessun gerarca."Capii subito che Alessandro era un uomo tormentato" racconterà Doris Duranti anni dopo "Diceva di aver rinnegato - per la politica - la sua vera vocazione, la letteratura. Borbottava che faceva il ministro per dovere. Il suo ideale era quello di vivere in un luogo scosceso e deserto, con una penna e una candela. Come amante non aveva mai una lira. Mai visto regali. Un Natale fui io stessa a comprare i regali ai suoi bambini".
L'amicizia con Goebbels nasce invece nel giugno '41 durante un viaggio in Germania, si rivedranno poi piu' volte, al Festival del Cinema, a Venezia.
Pavolini. Ogni suo pensiero e' spesso fuori dalle regole. Quando nel gennaio del 43, riceve le confidenze del suo amico Romano Bilenchi, ormai antifascista, gli risponde "Tu puoi aver cambiato idea, io no. Io sono salito sulla tigre, non posso scenderne!"
Viene a sapere che Mussolini ha deciso di rimuoverlo da Ministro della Cultura il 6 febbraio del 1943.
E' in casa di Doris Duranti quando riceve una telefonata da un funzionario del Ministero il quale ha la premura di avvertirlo, prima che l'Agenzia Stefani ne divulghi la notizia.
Mussolini sta cercando di salvare il salvabile del Regime, allontanando, con un rimpasto di Governo, gli uomini che hanno fatto il Ventennio. Non e' un discredito per il loro operato. E' solo un disperato tentativo.Pavolini non rimane disoccupato, Mussolini gli affida la direzione del giornale della Capitale "Il Messaggero".
E cosi', giornalista, torna ad essere la farfalla che rotea nella spirale abbagliante. Non riesce, come il collega Bottai, o Grandi, a spezzare i ponti con il Regime.
Lui ne ha bisogno. Non puo' farne a meno. Per lui, nel mentire e' l'arte! Ha bisogno di continuare a convincersi che le lacrime sono lucciole di cristallo e non semplice pianto.Badoglio non ha dimenticato. Ora deve fuggire. Subito dopo il 25 luglio, la folla assale Il Messaggero, Pavolini riesce a salvarsi appena in tempo. Ha paura della vendetta, si nasconde. Nel buio le pupille degli occhi sono spine luminose. Per non farsi riconoscere si è tagliato i baffi.
Sua intenzione e' trasferirsi in Germania, continuare la lotta.
Ma è senza una lira. Ancora una volta è Doris Duranti che lo aiuta, staccando 32 sterline in oro dal suo braccialetto ed inviandogliele di nascosto."Dal Regime ho avuto tutto. Intendo restituirgli tutto!" al fratello Corrado, che lo va a salutare, dice con un sorriso: "So perfettamente come andrà a finire: in fondo a questa strada mi aspetta il plotone di esecuzione".
Dopo una sosta all'Ambasciata tedesca, il 28 luglio -all'alba- decolla per Konigsberg, un piccola cittadina della Prussia Orientale; vi trova anche il figlio del Duce, Vittorio.
E' qui, a Konigsberg, che -secondo la testimonianza di Edmondo Cione- Pavolini comincia ad assumere la sua terza dimensione, quella di vate della purificazione fascista. Chi ha tradito deve morire in un lavacro di sangue.
Gli uomini del 25 luglio sono i grandi accusati.
Lui non ha fatto parte del Gran Consiglio, vede la complessa operazione del voto contro Mussolini dall'esterno. Non sa che in un certo senso di quel risultato ne e' complice lo stesso Duce, il quale dopo l'arresto ha inviato un telegramma di congratulazioni a Badoglio, offrendo collaborazione.
Il 12 settembre i paracadutisti del generale Kurt Student recuperano, in un albergo di Campo Imperatore, sul Gran Sasso, Benito Mussolini: ormai abbandonato a se stesso dal Re e Badoglio in fuga.Il 14 settembre il Duce viene condotto a Berlino.
Per volonta' di Hitler nasce la Repubblica Sociale.Mussolini, contro le attese di tutti nomina proprio Alessandro Pavolini Segretario del nuovo Partito Fascista Repubblicano.
Ancora oggi pare misteriosa questa scelta, visto che il fascismo per risorgere avrebbe avuto bisogno di un uomo di fegato e non di un intellettuale che fino a ieri e' stato giudicato troppo raffinato e salottiero.
Se questa osservazione e' vera, quale ragione avrebbe motivato il Duce!?
Vittorio Mussolini anni dopo azzarda: "Mio padre ha scelto Pavolini forse perchè amico di Ciano".
E' infatti la sorte di Galeazzo, il marito di sua figlia e padre dei suoi nipoti che sta a cuore segretamente al Duce, ma e' un segreto che non potra' mai esprimere chiaramente. Spera solo che Pavolini, amico, riconosca l'amico.
E' una scelta fatta di non detto. Di desideri. Parole oscure. E come tutti i sogni che si fondano sul mistero dell'anima destinato al nulla.
Forse neppure Mussolini si rende conto di quanto sia stato cattivo maestro per il suo geniale ministro.Il cuore e' un regno di spirali. Inconciliabile. Il suo confine e' la coerenza assoluta. Ogni perdono, impossibile. Non e' piu' di questa terra, anche se continua a vivere, mangiare, incontrare sporadicamente Doris e combattere a monosillabi rumorosi d'urla e ordini.
S'ingolfa in gesti marziali esatti dalla virtu' guerriera di un popolo, il cui entusiamo di lottare, ormai, si e' liquefatto.In un incontro, rapido, avuto con lei, cerca di convincere Doris Duranti a non seguirlo al Nord, dove risiede il Governo, vuole che resti a Roma, gli dispiace che anche lei corra rischi inutili solo per amore. Ma lei, e' donna. E solo per amore Lo segue.
27 settembre 43, durante la prima riunione del Governo di Salò incrocia nell'anticamera della Rocca delle Caminate il volto disperato di Edda. Non si dicono nulla.
Forse, in questo rancore profondo per l'amico e contro tutti, si percepisce il tormento mai risolto verso il padre: il potente professore Paolo Emilio Pavolini, quando, bambino, lo vide fuggire per seguire una donna finlandese per cui prova amore e lo lascia solo.
E' un tradimento, negli affetti, che non perdona.
E' il ricordo di questo abbandono del padre, forse, che riaffiora in molti dei suoi strani comportamenti verso Mussolini.Nella realta' di Salo' e' forse un uomo piu' importante del Duce. Ha preteso, con la nomina a ministro, che tutte le decisioni della Repubblica Sociale passino tra le sue mani, ogni legge deve portare la sua firma.
Ed in molti ci si chiede perche'!? Perche' il fascista Pavolini lo e' -fascista- cosi' accanitamente!?
Il motivo e' nel fatto che -alcuni, degli uomini ragionevoli del Governo- vorrebbero sviluppare, all'interno della RSI un patto di pacificazione e di fratellanza tale da ridurre i conflitti politici.
A questa idea e' favorevole lo stesso Mussolini.C'e' chi propone soluzioni politiche somigliantissime a libere elezioni. Ed a Milano lo stimatissimo Carlo Borsani suggerisce, per rendere tutto piu' semplice, di eliminare addirittura l'aggettivo 'fascista'.
A Pisa viene impedita la fucilazione di alcuni partigiani da parte dei tedeschi.
Ed a Venezia il federale Eugenio Montesi, dopo aver liberato gli antifascisti, durante una riunione in piazza, concede a tutti la parola, compreso il comunista Giaquinto.Ma per Pavolini "Ormai i ponti alle spalle sono bruciati" e trova indecorose queste novità.
Pero' sono solo gli attentati dei Gap e le rispettive rappresaglie nazifasciste che cancellano ogni proposta di moderazione.
Quel piu' che indigna i fascisti di buon senso e' la continua uccisione dei loro esponenti piu' illuminati, i meno guerrafondai, come il federale di Milano Aldo Resega."Le squadre del partito procedano all'immediato arresto degli esecutori materiali e dei mandanti morali degli assassinii. E previo giudizio dei tribunali speciali, detti esecutori, o mandanti siano passati per le armi!" alla fine si ordina.
Quanto all'organizzazione militare, Pavolini, al contrario di Graziani, insiste per un esercito politico fortemente motivato e combattivo. Vorrebbe il partito in armi, visto che gli iscritti sono circa 250.000.
E' solo il successo inatteso della leva militare indetta da Graziani nell'autunno '43 che per il momento blocca la sua richiesta.14 novembre: l'atteso giorno!
Congresso del Partito Fascista Repubblicano, a Castel Vecchio, in Verona. Sarebbe dovuto essere il preambolo di una Assemblea Costituente, invece e' una riunione cosi' caotica che quando nella sala si alzano espressioni volgari, il raffinato segretario urla:
"Queste sono espressioni da caserma!"
"Questa - e' - una caserma!" rispondonoIl manifesto politico approvato, in 18 punti, e' stato redatto da Mussolini, Nicola Bombacci e Pavolini, con la supervisione dell'ambasciatore germanico Rahn. E' una bozza che sostanzialmente riprende il tema del corporativismo, piatto forte: la socializzazione delle aziende! che questa volta sarebbe dovuta avvenire sul serio.
Nella sala di Castelvecchio troppe volte rimbomba il tetro "Morte a Ciano!" Un grido colmo di rancori, tessuto con lividi applausi.
Pavolini per calmare gli animi illustra come la morte di un fascista, a Brescia, sia stata vendicata con l'uccisione di undici comunisti. L'assemblea ne e' entusiasta. Al che lui, sorpreso, ribatte di non voler essere un sanguinario ma che e' solo una necessita'.
Il Congresso non e' neppure finito che giunge notizia della proditoria uccisione del Federale di Ferrara Igino Ghisellini.
Parte, feroce, una spedizione punitiva.
Altri morti si aggiungono sulla coscienza dello scrittore Pavolini che scrive, ormai, solo con il crepitio del mitra.
Alcune raffiche gli sono rimproverate in modo particolare, quelle del plotone di esecuzione dei cinque condannati a morte a Verona.
Si e' dibattuto a lungo su questa tragica vicenda. Poteva Pavolini salvare l'amico!?
Non ha voluto?
Non ha potuto?!Gia' il processo di Verona, celebrato subito dopo la festa della Befana del '44 e' una mostruosita' giuridica! possibile soltanto per effetto di una Legge Speciale che ha valore retroattivo.
Non era la prima volta infatti che il Gran Consiglio votasse contro Mussolini. La penultima era stata nel dicembre del 1939, quando si espresse contro l'entrata in guerra dell'Italia!
E come capo d'accusa ci s'inventa un reato incredibile: il 'tradimendo dell'idea'! che non esiste in nessun codice penale del mondo.
Eppoi la legge e' cosi' speciale che non ha previsto neppure che possano essere inoltrate domande di grazia a Mussolini.
Di questa dimenticanza ne e' colpevole anche Pavolini.
Ma e' proprio questo orrore che -in qualità di Segretario del Partito-, lo pone a decidere di quelle domande -che farne?!-.Ciano ancora si illude di un suo aiuto.
Trasferito dalla Germania nel Carcere degli Scalzi, confida a un amico: "Buzzino mi deve molto, senza di me sarebbe rimasto un giornalista!"
Ignora che l'amicizia e' un rasoio affilatissimo che bisogna stare ben attenti a non prendere dalla parte sbagliata.Ma Pavolini, storicamente parlando, forse non ha scelta. Hitler ha espressamente detto a Mussolini che una commutazione della pena capitale per gli imputati sarebbe stata accolta molto male dalla Germania.
Ma parte il Fuhrer, anche i fascisti di Salò vogliono Galeazzo Ciano morto. Minacciano continuamente di assalire il Carcere dove e' rinchiuso, per ucciderlo!
Solo l'intervento energico del Segretario del Partito evita che cio' avvenga.
Ciano ormai deve essere la vittima sacrificale che il Fascismo Republicano immola sull'altare della nuova patria. Forse invece e' solo l'ultima ferocia di un fanatismo che vuole vendere cara la pelle!E' il 10 gennaio sera quando viene emessa la sentenza di morte.
E gli imputati dovrebbero essere uccisi per un'azione che non era neppure reato nell'attimo in cui veniva commessa!La notte Mussolini rimane sveglio fino all'alba, in attesa che la richiesta di grazia del genero giunga sul suo tavolo.
Le domande di grazia, con quei brandelli di carta angosciosi tra le mani, Pavolini, non sapendo come uscirne, intraprende un lungo increscioso peregrinare fra i personaggi piu' in vista della Repubblica di Salo', cercando una soluzione accettabile. Ma quando tutti gli dicono che solo Mussolini puo' decidere la vita, o la morte, lui tergiversa, ambiguo.
Ma ignoriamo fino a che punto non sia sincero. Infatti avrebbe l'autorita' di dire "No!" subito!? Invece insiste in quel girovagare tutta la notte.
Una morsa lo stringe.
La paterna figura di Mussolini nell'ombra, in attesa di quei miseri scritti dei morituri.
La rabbia dei fascisti, l'odio dei tedeschi.
Si fa quasi l'alba, quando dal gelo della notte emerge un oscuro Console della Milizia di Verona, Vianini. L'uomo formalmente abilitato a dire "No".
Ma forse e' piu' vero che sia stato lo stesso Pavolini, alla fine, a decidere.
Le domande di grazia non vengono inoltrate.Che Mussolini non abbia scelta: che -certo- avrebbe graziato il marito di sua figlia ed i suoi colleghi, Pavolini lo sa.
E non puo' permettere ai fascisti di Salo' una rivolta contro il Duce! E neppure potrebbe permettere ai tedeschi di destituirlo e processarlo, come certo sarebbe avvenuto!
Non e' una fanatica impertinenza che dribbla il buon senso, il "No!" di Pavolini. E' solo costretto dalla storia ad assumere su di se' il terribile compito. Non se ne sottrae.
Eppoi un aspetto e' chiaro. Se la famiglia Mussolini deve pagare un prezzo per le sue incoerenze, con la morte di Ciano questo prezzo lo paga, e alto!Seppur venga a rivelarsi ottimo complice, i nazisti di Pavolini non si fidano. Per ordine della Gestapo, il 15 novembre 43, e' redatto a Roma, da Kappler, un minuzioso rapporto contro di lui. Gli si rimprovera l'amicizia giovanile con gli Uzielli, l'aiuto generoso agli amici di Ciano, il matrimonio del fratello Corrado con una donna ebrea. La sua relazione con Doris Duranti.
La ragione che sconcerta i tedeschi e' che, a loro, la sua violenza non basta. Troppo poco prevedibile. Troppo fuori dalle righe! come il vento di una umilta' spartana Fiera. Lazzaro dell'anima. Garzone della morte.
Uccide, o non uccide, per lui l'onore non puo' essere dischiuso che con la punta del pugnale.Nella primavera del 44 -i nazisti- fermano a Firenze Doris Duranti, vorrebbero deportarla.
Prima di condurla in prigione pero' non esitano a pretendere le sue grazie; la costringono a danzare per l'intera notte.
Solo a prezzo di forti umiliazioni Pavolini riesce a farla liberare. E la manda a Venezia. Dove sono approdati gli attori e le maestranze del cinema che hanno lasciato Cinecitta'.Nel giugno del 44 Pavolini torna ancora nella sua Firenze, l'esercito degli Alleati, dopo aver liberato Roma sta riprendendo la strada verso il Nord. Vi organizza una forte resistenza, schierando 400 franchi tiratori; appostati nei viali e sui lungarni. Poi, per far saltare in aria i depositi di materiale Alleati, arruola diverse squadre di sabotatori, tutti volontari.
Alla fine di giugno si incontra con l'arcivescovo di Firenze Elia Dalla Costa per informarlo che lascia tutte le opere d'arte concentrate nelle Gallerie e nei musei la' dove sono, senza trasferirle altrove, perche' vuole che -esse- non costituiscano preda bellica ma un omaggio ai diritti inalienabili di Firenze.
Quando gli Alleati vi entrano, la resistenza fascista e' stata organizzata cosi' bene che l'azione dei cecchini continuera' a lungo, mettendo in guai seri la polizia partigiana. Molti di questi volontari finiranno davanti al plotone di esecuzione.
Insoddisfatto per le continue diserzioni che affliggono sia le truppe di Graziani che la Guardia Nazionale di Ricci, non smette di rivolgersi a Mussolini per ottenere la nascita di un esercito politico.
E' Troskij il suo modello: "Come Troskij occorre trasformare il partito in una armata rivoluzionaria!"
Mussolini, con l'autorizzazione di Hitler, il 25 luglio 44 finalmente annuncia la nascita delle Brigate Nere. Pavolini ne e' emozionatissimo.
Armate dai tedeschi, formate da fascisti antemarcia e giovani fanatici, le Brigate Nere sono la risposta di Salo' alle brigate partigiane. Sara' loro rimproverato di essere gran canaglie, senza disciplina, protagoniste di orrendi delitti.
A ciascuna brigata e' assegnato il nome di un fascista repubblicano ucciso. Sara' tristemente famosa quella di Ravenna, denominata Ettore Muti.Con la barba mal rasata, il mingherlino mefistofele un tempo arrampicato sui camion del vetero squadrismo, ora e' a bordo di una macchina veloce, scoperta. Se ne corre indolente al freddo e al caldo, al sole ed alla pioggia, per gole dell'Appennino e delle Alpi, dalla Valle Padana al Piemonte, ovunque le sue Brigate siano in azione. Spesso, in macchina, e' alla guida, solo, o accompagnato dal fido Enzo De Benedictis: uno scampato di Bir El Gobi, sua guardia del corpo.
"Non mi resta che l'azione" confida alla moglie Teresa che tiene lontana dalla guerra, a Cortina. Doris, invece, fa del tutto per essergli accanto, si trasferisce da Venezia a Como. Testardamente. I loro incontri sono rari, rapidi, nervosi. Quanto basta.
Il 12 agosto del 44 mentre e' in corso, in Piemonte, presso Ceresole Reale, un attacco delle Brigate Nere contro formazioni partigiane, per una erronea valutazione delle forze resta prigioniero di un agguato.
Ha contro la 77a Brigata Garibaldi.
Valerio Borghese, che e' con lui, ed altri ufficiali fascisti, benche' feriti, riescono a tornare indietro. Pavolini ed il suo attendente, che si sono spinti troppo avanti, cadono a terra gravemente feriti, con la certezza di essere subito uccisi dal sopraggiungere dei partigiani.
Quando Enzo De Benedictis ha una idea: "Eccellenza, per carita' non muovetevi, devono crederci morti!"
Si salvano.A meta' dicembre 1944, da un lato l'illusorio attacco vittorioso dei tedeschi nelle Ardenne, dall'altro la tenuta della linea Gotica ed il successo in Garfagnana dei soldati di Graziani, fanno riaccendere una esigua speranza in Mussolini, che da Gargnano si trasferisce a Milano, in cerca di un ultimo disperato bagno di folla.
Pavolini e' con lui.
Piu' di 50.000 persone per tre giorni fanno loro ala per le strade. Dei partigiani e degli antifascisti neppure l'ombra. Un fenomeno popolare ancora oggi inspiegabile.
Mussolini e' felice. Ed anche Pavolini gli e' accanto a goderne. Sono i due uomini piu' odiati d'Italia.Mussolini parla al Lirico, parla ancora in Piazza San Sepolcro, e dinanzi al Castello Sforzesco. Pavolini e' costretto a proteggerlo dalla folla.
Esperienza incresciosa e' invece un altro viaggio, quando riceve da Mussolini il compito di portare alle popolazioni locali della Venezia Giulia il saluto e la solidarieta' dello stato italiano.
Dopo l'otto settembre e' accaduto che la Germania nazista abbia incorporato nel Reich parte del Veneto, del Trentino, della Venezia Giulia e del Litorale Adriatico comprendente l'Istria. Parte della Dalmazia poi l'ha ceduta alla Croazia di Ante Pavelich, creando con questo precedente molti dei presupposti per cui a fine guerra questi territori rimarranno in mani jugoslave definitivamente.
E' un deliberato arbitrio da parte di Hitler, ed e' la spina nel fianco per Mussolini, che -dai tedeschi- ne pretende invano la restituzione.
In gennaio del 45 percio' decide di inviare in quei territori appunto il Segretario del Partito per portare un suo personale messaggio di solidarieta'. Il modo in cui Pavolini viene accolto dai tedeschi durante la sua visita a Udine, Gorizia, Fiume, Trieste e' pero' decisamente cosi' ostile, umiliante, che viene costretto ad abbandonare e tornare indietro.Ma il maggior avvilimento e' quando, tornato a Maderno, trova il Generale delle SS Wolf che, freddamente gli dice che le Brigate Nere hanno davvero esagerato in crudelta' nelle loro azioni e che i tedeschi non intendono piu' rifornirle, d'ora in poi non riceveranno piu' armi ne' benzina. Disperato Pavolini comincia ad indagare su quali possano essere i motivi del voltafaccia, essendo i nazisti, quanto a ferocia, non certo inferiori ai fascisti.
La verita' e' che Wolf, per conto di Himmler, sta trattando in Svizzera la resa delle truppe tedesche in Italia e non vuole che ci siano incidenti che incrinino i gia' difficili rapporti con gli Alleati.
Pavolini e Mussolini non sanno nulla.Scampo di tutti, con l'approssimarsi della fine, e' la creazione del Ridotto Alpino Repubblicano, in Valtellina, un territorio strategicamente difendibile ove impegnarsi nell'ultima resistenza, che sarebbe dovuta essere le Termopili della Repubblica Sociale.
A Mussolini questa idea piace.
Nel suo delirio romantico pero', Pavolini sogna anche di trasferirvi, da Ravenna, le ceneri di Dante, in modo che le vette alpine si trasformino in simbolico altare di cultura e italianita'.
Il 24 aprile 45 con uno stratagemma costringe la sua amata Doris Duranti a porsi in salvo, riparando in Svizzera.Per vie diverse, sia lui che Mussolini, il giorno dopo, lasciano Milano per dirigersi verso Como, percorrendo il lungo lago, la strada che porta in Valtellina appunto.
Le strategie della storia per condurre gli uomini all'epilogo, sono semplici. A nulla serve la fertile immaginazione.
L'autocolonna dei gerarchi ha l'imprudente idea di unirsi ad alcune compagnie di germanici in ritirata, le quali, a Musso, vengono fermate da uno sparuto gruppo di partigiani.
Con una soluzione molto ambigua, i cui contorni sono ancora oscuri, dopo aver fatto salire Mussolini su uno dei camion, i tedeschi abbandonano i fascisti a se stessi.
Dopo una breve sparatoria vengono costretti tutti ad arrendersi e ad uscire da un artigianale autoblindo in cui gli uomini piu' importanti si sono nascosti.
Pavolini non cede, con un'ultima raffica di mitra si libera dall'accerchiamento e si rifugia su uno scoglio nel lago. Qui viene, ancora una volta ferito, gravemente.
Solo a notte tarda riescono a catturarlo, mezzo assiderato, ma vivo.Portato nel municipio di Dongo, nel pomeriggio del 28 aprile, ecco farglisi incontro, nelle vesti di capo partigiano, il nervoso ragioniere Walter Audisio, passato alla storia col nome di Colonnello Valerio, che legge, per lui ed i suoi infelici compagni la sentenza di morte.
Audisio e' nervoso, a Giulino di Mezzegra ha trovato Benito Mussolini e Claretta Petacci, che si era recato a fucilare, inspiegabilmente gia' uccisi. -Da chi?- E' ancora un mistero.
Sotto il ringhio dei mitra, nell'aria tersa -tutto- sembra essersi compiuto, nella morte.
Parte dei colpi si imprimono sulla ringhiera prospiciente il lago, a Dongo, nella piazza.
Sotto il ringhio dei mitra, nell'aria tersa -tutto- sembra essersi compiuto, nella morte.
Quando, all'improvviso, animato, sul groviglio dei corpi, qualcuno ancora annaspa, terrificante, col suo impermeabile scuro: e' Pavolini come un Faust ritroso ad abbandonarsi nell'inferno alza ancora il braccio, insanguinato, con lo sforzo di un saluto bruciato dall'ultima raffica.
I Documenti Luce
Nel file .zip e’ presente l’elenco di tutti i cinegiornali reperibili su Pavolini presso l’Istituto Luce in Roma.