Programma agrario fascista
del 1921
LINEE DI SOLUZIONE
Nell'affrontare il problema agrario, premettiamo che, per la natura politica e per la forma succinta della presente relazione, non potremo fare e non faremo una esposizione dottrinale e particolareggiata, Il nostro studio non è un manuale Hoepli. Del resto esistono in Italia condizioni diversissime da regione a regione, ed è necessario limitarsi ai problemi piú gravi. Tratteremo la questione nei suoi aspetti politici, a grandi linee, per segnare la nostra via in quest'anno 1921.
Altri proseguirà gli studi nel futuro.
1) La terra a chi lavora, può essere una formula superficiale, demagogica e dannosa, se se ne promette un'applicazione a tamburo battente. In realtà la questione è complessa e la applicazione del principio richiede una poderosa preparazione. Cominciamo dal latifondo. Non è possibile quotizzare oggi il latifondo, poiché non si divide la malaria, non si divide il deserto, la mancanza di strade, di acqua potabile, di canali irrigatori, di attrezzi, di bestiame, di capitali, di case. Gran parte delle invasioni, come furono praticate segnatamente in Sicilia, si ridussero a cavalcate e a processioni di turbe spesso ingannate dal demagogismo elettorale.
Alcuni socialisti, come A, Vacirca, sono favorevoli al latifondo! Noi siamo contrari, decisamente contrari, per una infinità di ragioni, e principalmente perché vi è necessità di sistemare la popolazione sempre in aumento.
Ma dichiariamo che prima di procedere alle quotazioni, occorrono strade, acqua potabile, sistemazione idrologica del suolo, sicurezza pubblica, abitazioni, capitali per la valorizzazione agraria. Ai servizi pubblici, segnatamente alle strade, alle acque e alla pubblica sicurezza deve provvedere lo Stato.
Per il resto occorre una ben organizzata e sviluppata alleanza col credito, con i piccoli Istituti e con le grandi Banche.
L'aumento di produzione, di cui si parla sino alla noia, non verrà se non dopo questa trasformazione fondiaria.
L'on. Toscanelli dà giustamente una grande importanza allo sviluppo del credito. Einaudi efficacemente sintetizza il problema; dicendo che la utilizzazione dei latifondi deve essere lenta, graduale, costosa. Se sarà tumultuaria sarà disastrosa. A coloro che presentano la obiezione del bestiame, si può indicare un rimedio negli erbai moderni.
2) Grandi Aziende. Le grandi aziende industriali sono generalmente sane. Solo l'ignoranza potrebbe confonderle con il latifondo. La grande azienda, come dimostra il Senise, Ispettore delle Bonifiche, uomo politicamente molto a sinistra, comporta spesa minima e reddito massimo. Non si potrebbe dividerla senza aumentare la spesa e diminuire il reddito, con grave danno sociale. Per di piú la grande azienda permette la cultura di terreni periferici, con utilizzazione della mano d'opera senile, femminile, infantile. Anche qui, come per le fabbriche, è questione di maturità. Non si possono improvvisare i valori tecnici. Una grande azienda agraria industrializzata potrebbe essere rilevata da una cooperativa, senza regresso agricolo e senza danno nazionale, solo nel caso che tale nuovo organismo avesse effettivi valori tecnici e amministrativi, non inferiori a quelli che si vogliono sostituire.
Nel Mezzogiorno, come riferisce il Sansone, dell'Opera Nazionale Combattenti, le cooperative molto spesso sono sorte senza valori tecnici e anche senza serietà, per effimero demagogismo elettorale.
3) Sminuzzamento dei fondi. Nazionalmente è di danno non solo il latifondismo, ma anche la polverizzazione dei fondi. Chi deve recarsi in terreni lontani e dispersi ai quattro punti cardinali, perderebbe il suo tempo. Occorrerebbe stabilire un termine giuridico di divisibilità, e riformare il diritto successorio per arrotondare i terreni attorno alla casa, con cessione di quelli dispersi in altri centri.
4) Fallimento parlamentare e ministeriale. Tutta l'azione parlamentare e ministeriale si può dire in fallimento, per incompetenza di deputati e ministri, per accertamento e conseguente miopia dei burocratici, per artificiosità e rigidità di provvedimenti.
Bisogna decentrare, e soprattutto non attendere da Roma, ma presentare e imporre a Roma provvedimenti che abbiano una logica e una utilità locali.
L'ultimo progetto che porta le firme di Micheli, Meda e Fera (N. 1083) presenta nuove pastoie burocratiche contro gli espropri, e va combattuto.
Meraviglia che il responsabile diretto sia proprio un popolare.
5) Opera Nazionale Combattenti. Invece di creare nuovi colossali Istituti centrali e regionali, che disciplinino il rivolgimento agrario, conviene dare aiuto, sviluppo, perfezione a quelli che già esistono, e principalmente all'Opera Nazionale Combattenti, la quale svolge anche un'azione agraria. Essa ha rilevato molti fondi dalla Corona e anche dai privati, e li affida per la coltivazione a combattenti. Ha un capitale di oltre 300 milioni.
L'azione dell'Opera è meritoria e non condividiamo gli appunti di taluno sullo scarso suo sviluppo.
È sufficiente dire che essa deve creare tutto ex-novo, e organizzare non solo i contadini, ma anche se stessa in ogni regione. Gli ostacoli sono dati non solo dalla impreparazione culturale e politica delle moltitudini, ma anche dalla impreparazione della tecnica in Italia.
Non vi meravigliate. Ecco qua il giudizio di Azimonti, uomo competente in materia ("Giornale di Agricoltura della Domenica", Piacenza, 9 gennaio 1921): Il Genio Civile è una miseria, la legislazione una iniquità; esistono chiacchiere sulla irrigazione, ma non vi è uno studio concreto; l'unico bacino meridionale non è ancora impermeabile; i dati di Omodeo, di cui si serví Turati, sono errati.
Lo stesso Azimonti dice che delle.cooperative poche funzionano bene: in Sicilia si ebbero fuochi di paglia, in fatto di cooperazione rurale nel Mezzogiorno c'è tutto da fare (testuale).
Ma chi ha anima creativa, dinanzi alla difficoltà si ritempri. Dopo ciò ci sia permesso qualche nostro rilievo generale e spassionato sull'opera. Noi siamo contrari alla polverizzazione dei fondi. Si facciano delle quote globali per cooperative o per famiglie, non per individui, altrimenti per i combattenti che avranno una figliuolanza numerosa, potrà sorgere un nuovo problema.
In Italia non si può costituire l'Homestead, perché la nostra razza non è a formazione storica particolaristica, come l'anglo-sassone, ma a formazione di clan. Quindi non è possibile costringere una famiglia a vivere in una casa isolata.
Ma l'unico rimedio è quello delle colonie. I tedeschi si recavano a colonizzare l'America meridionale in plotoni organizzati, con il tecnico a capo e il pastore protestante.
Senza ricorrere ai tedeschi abbiamo la tradizione romana.
Caio Gracco mandò in Africa 6000 combattenti proletari che costituirono la colonia di Giunonia (Mommsen).
Bisognerebbe tradurre (purtroppo dal tedesco!) opere specifiche sulle colonie romane.
Occorrerà anche decentrare l'Opera, e espropriare i fondi degli Enti pubblici, come propone il Sansone.
Nel Lazio occorre un'azione sui salariati in genere e sui guitti in ispecie.
In Sicilia occorre far scomparire i gabellotti.
Nella stessa Sicilia si potrebbe tentare una vasta cultura del cotone (Bruccoleri).
L'Opera Nazionale molto dovrà fare non solo per collocare i combattenti e per aumentare la cultura nell'attuale periodo mentre dai Dardanelli non vengono piú navi granifere, ma anche per provvedere ai nuovi prossimi bisogni della razza, quando tra non molto saremo nella vecchia penisola non piú 40, ma 50 milioni di abitanti.
Siamo nel Mediterraneo il popolo piú prolifico. A Versailles ci osteggiarono per questo.
Occorre provvedere con animo romano alla colonizzazione interna ed esterna.
6) Contro il social-comunismo. Il carattere primo che dovremo dare alla nostra azione agraria, sarà di recisa implacabile ostilità alla Propaganda social-comunistica.
Il socialismo e il comunismo applicati al problema agrario, si risolverebbero nella statizzazione delle terre, cioè nella trasformazione di tutta l'Italia in un unico latifondo amministrativo collettivisticamente. Di certo i tesserati social-comunisti hanno interesse alla statizzazione, perché essi non lavorerebbero e darebbero i quadri per la burocrazia, costituendosi in casta di sfruttatori parassitari. Ma è terrorizzante l'idea che per amministrare l'agricoltura italiana si debba creare una enorme incompetente parassitaria burocrazia. I disastri delle amministrazioni statali delle Ferrovie e delle Poste, sono sufficienti!
Se il Commissariato dei Consumi, ente embrionale socialistico-borghese, costa allo Stato oltre un miliardo per sole spese di... disservizio, l'amministrazione social-comunista di tutta l'agricoltura (sementi, macchine, concimi, lavorazione, ripartizione, trasporti) costerebbe piú di quanto si ricaverebbe dalla terra!
Dobbiamo dire al contadino che il social-comunismo è esiziale alla nazione perché porterebbe alla disorganizzazione generale, creando una casta di nuovi leviti rossi, incompetenti e prepotenti.
Dobbiamo dire che il social-comunismo è contrario agli interessi dei contadini, perché toglierebbe loro a un tempo la terra e i frutti di essa.
Dobbiamo dire che i commissari soviettisti in Russia fanno "razzie" spietate nelle campagne, che i mugik si difendono a fucilate. Il social-comunismo in sostanza tende a costituire delle organizzazioni politiche urbane privilegiate, mantenute dai contadini. Simile teoria conduce a questo bivio: o i contadini si ribellano e affamano la città, oppure limitano il lavoro al proprio sostentamento. In ogni caso il comunismo è padre della fame.
Nel Mezzogiorno esso porterebbe anche al separatismo politico. Ecco perché nei contadini, quando avremo loro dato la terra, troveremo i piú sicuri e decisi ausiliari per la lotta contro il socialismo e il comunismo, regimi che noi lasciamo alle formiche, alle api e ad altri animali inferiori.
FASCI COLONICI
Rivolgiamoci all'Homo Rusticus che è la migliore e la piú sana e piú sicura varietà dell'Homo Sapiens. Ma decisamente, con un'azione organizzata. Il problema non potrebbe essere risolto con missioni touristiche.
Proponiamo che sia creata in seno ai Fasci una Sezione Agraria per la propaganda, la organizzazione, la tutela dei contadini. In sostanza, come rileva anche l'Opera, il problema è nella organizzazione, da tutti i lati.
Proponiamo che siano organizzati dei Fasci Colonici, i quali agiscano in base ai principi esposti.
All'on. Turati, rispondiamo che dalla ignoranza nasce il bolscevismo, il quale a sua volta è il padre della fame.
I Fasci, opponendosi alla miseria social-comunista, tendono alla generale prosperità di un popolo troppo grande nella storia bimillenaria e nella vita odierna per essere paragonato alle tribú primitive della steppa.
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