Archivio poesia - poetry

 

 

"Senso d'appartenenza"
di Roberto Salvatore

 

Sono nato a Torino nel 1971. Mi occupo di una societa' di vendita di servizi tecnologici alle aziende di cui curo l'organizzazione generale.Da sempre la mia passione per la letteratura e per la scrittura mi porta a scrutare cio' che di piu' vario si puo' considerare.
La mia e' una costante analisi poetica di cio' che appare sulla superficie del quotidiano. A volte la mia poesia diventa ermetica per poter meglio esprimere una comunicazione viscerale, intuitiva.
Spero che questo esercizio non annoi mai me stesso, ne' tantomeno chi mi legge. In realta' gli scritti sono privati, ad uso e consumo di pochi amici; spaziano dal saggio al racconto breve, alla poesia.


 

"Senso d'appartenenza"

""E' tempo di dannata cautela!
Andare avanti a trascorrere giorni di delicata memoria estetica,
rimaneggiando battute a caccia di momenti passati, non paga.
Meglio, stamparsi di fronte a carta stampata.
Rileggere la propria vita attraverso il proprio blog interiore.
Fissare chiodi inchiodando l'attimo.
Presente. Presentare se stessi a se stessi.
Conciliarsi col proprio respiro e ascoltarlo.
Poi ci si può scindere a destra o sinistra, con quello o
l'altro, pakistano, cinese, arabo, messicano. Gay o ciarlatano.

Poco importa se sul pullman di turno tre minuti prima del
fischio d'inizio della Finalissima attesissima ci si ritrova a
schiacciar bottoni e far entrar pensionati con sacchetti di plastica stropicciati
e ci si stropiccia gli occhi con pugni serrati.
Buffon, tu che li usi a rimbalzare lontano l'alieno a scacchi!

Ci sono le regole, le trappole e poi rimane spazio per il
buonsenso imparato.
Quando i bisogni fondamentali della piramide di Maslow sono
soddisfatti.
Quando la propria regione di comfort condiviso dal nostro
bel senso di appartenenza ci culla e,
da sopra, apine e stelline colorate ci solleticano illusioni.

La mosca nel ronzare sulla ''munnezza'', crede che quello
sia il paradiso...finchè non si posa su un fiore. Poi non gli basta
più un fiore. E muore...

Bisogni fondamentali. Relatività di valutazione. Giudizio.
Funzioni del vivere sociale. Interconnessioni.
Interferenze. Condizionamenti.

E allora prendere contatto col proprio respiro vuol dire
prendere contatto con tutto ciò di cui siamo in relazione, finanche
con il crollo della rappresentazione fisica del potere globalizzato.
Che è crollo di un sistema. Nascita di un'altro. Principio dei vasi
comunicanti.
'Vasi' d'amore. Stato di cose. Ispirare, espirare.

Basta! Io resto qui e guardo.

Guardo la bellezza dell'incoerenza, dei passi sghembi, dei
ritmi sincopati,
del sensazionalismo delle notizie, degli orgogli
gorgoglianti delle casalinghe in piazza Castello a beffeggiare
l'orgoglio della diversità,
dell'ostentata modestia,
dell'acquisto del solito giornale da trent'anni tutte le mattine,
delle file il giorno dei saldi e delle file per un secchio
d'acqua lurida.

E penso.

Ai sogni di chi ha fatto la fila per motivi diversi.
Ai diversi che hanno filato con i loro sogni.
Ai giornalai che hanno acceso camini con notizie non lette
da attenti acquirenti sessantenni.
A cammini di sessantenni nei loro deserti interiori.
A caldarrostai che offrono notizie appetitose.
E non mi dò risposte sul perchè cinesi e pakistani e
americani e nuovi arricchiti o nuovi poveri si ritrovino sullo
stesso pullman a contarsi le loro certezze o incertezze.

Io viaggio. Mi reggo, per quel che posso e scendo.

Adesso scendo, mi è sembrato di scorgere uno scorcio di una
bellezza infinita...""

 

LE DIMENSIONI DEL TEMPO


La dimensione di questo tempo d'estate
é quella delle serrande chiuse,
degli ombrelloni e dei tavolini di bar all'aperto che sembrano parlare
tra loro
in certi momenti dove il vento sembra trovare un passaggio veloce tra
i palazzi
assolati.

La vera dimensione é
quella dei portici curvi a sopportare i pesi del passaggio di traffico
per ore e giorni interi
di seguito....
di seguito l'uno all'altro...
sotto il peso dei vari piani,
dei tavoli pieni d'arance a Natale, di teglie intere e ripiene d'ansia
e di vigliaccherie

di grassi orgogli borghesi, sbrodolati senza ritegno

portici sotto il peso della neve sorniona ancor piu' su... sopra i
tetti ora assolati.

Mi accorgo di una dimensione comoda.
come se finalmente si trovasse finalmente immersa nel silenzio
dignitoso che le spetta.

Come se finalmente il passaggio di quell'unica sirena isolata
nell'immobilita' del tempo
scandisse il senso dello stare
del semplice esistere della fisicita' dei palazzi del centro,
sezionati da decine di vie fatte per separarli.

E ci passo dentro

quei portici
quelle vie
quei palazzi

Affianco

quei portoni verniciati di nero
quei cortili curati, lucidi di marmo o verdi e terrosi che
scruto al passaggio di auto lucide di calandre e bordini di vecchie
Fiat tenute bene
da anni.
quelle finestre basse un poco all'ombra spezzata dal tintinnio di
posateria spaiata.

 

 


Weekend

Si sale piano sui tornanti innevati,
profumo di stufe fumanti,
cenere di faggio deposita piano e opaca sul brillare di raggi chiarissimi,

attorno, il silenzio delle due di pomeriggio,
riempie assordante la domenica fredda della valle.

Taglia veloce l'ombra a metà i prati, i massi erratici,
pachidermi del tempo immemore,
percorsi da muschio verde scuro,
chiarissimo alla luce violenta di luglio,
violacea delle sette di sera;

gocciolano i tetti sciolti dalla stretta notturna,
buia,
stirandosi chiare le frange ghiacciate,
timidamente in attesa dei primi liquidi
echi,
rintoccano caldi nella morbida consistenza bronzea,
scattanti come eroi greci riemersi da abissi ionici.

Giro di chiave, bavero in su.

Sibilando, circuiti stampati,
chiamando a sè elettroni veloci,
ruvido, poi morbido,
parte il V6, rotondo.

Sotto,
i bar, finite le curve,
aprono lenti valvole d'acciao;

soffia il vapore deformando sinuoso,
le luci in modalità week-end.

Scorrono gli steccati, le case a bordo strada.

Quarta, quinta, profumo di pelle, profumo di caffè.


Rivoli - To, 14/02/2010

 

 

Focale dell'iride su infinito

Focale dell'iride su infinito.

Libera lo sguardo,
stemperando in trasparenti lattiginosi strati di luce,
al di là delle ultime cascine, degli ultimi cavi elettrici di periferia,
delle desolate pareti rocciose,
incrostate di ghiaccio.

Scioglie l'inchiostro le imperiture coincidenze,
celle d'attimi sequestrati,
in ampi campi di grigio azzurrato,
allungandosi oltre il visibile,
l'intelligibile.

Focale dell'iride su infinito.

Dondola lo sguardo tra realtà e
illusione,
delirando abbandoni atemporali,
galleggiando su puerili plasticità del tempo.


Rosa chiaro,
orizzontale estensione grigio-azzurra,
bianco-grigio, chiarissima opalescenza di luce,
stratificando sciolgono in lievi dune soffiate dal vento,
vitree clessidre gravitazionali.

Rivoli, 28/02/2010

 

 

Display

Ticchettando tastiere touch

segnano il tempo incravattati ,

impiccati e contemporanei, intrappolati da coincidenze

da prendere al volo.

Volano plastificati i sorrisi

e la neve, ticchetta sulle panchine vuote dei giardini.

Bianco e sintetico, il display acceca e chiude chiocciole ricurve in eterei bit.

Grigio infinito, opaco e morbido di luce soft,

apre il cielo a focali che si perdono in atmosfere acquose,

onde lunghe solitarie, oceaniche,

attraversano e segnano il tempo naturale.

Non c’è tempo per il tempo:

è solo triste guerra a colpi di secondi.

 

Rivoli, 26/01/2012




 

 

webmaster Fabio D'Alfonso


 
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