In una situazione quale l’attuale che potrebbe chiamarsi di estrema fluidità, è difficile - se non impossibile - fare delle previsioni sullo sviluppo degli eventi e sulle fasi avvenire della guerra. Bisogna dare larga parte all’imprevisto (vedi guerra russo-finlandese) e tenere conto di quanto può accadere nella politica di paesi lontani come gli Stati Uniti o il Giappone.
Pace negoziata di compromesso.
Allo stato degli atti, tale possibilità
è da escludersi. È vero che forti correnti pacificiste si
agitano pubblicamente in Inghilterra e sotterraneamente in Francia, ma
gli obiettivi di guerra degli Alleati, sono tali - oggi - che un compromesso
è impossibile. Esso non potrebbe che partire dall’accettazione del
«fatto compiuto» delle conquiste tedesche e russe a nord-est,
ma questo non si concilia con la proclamata volontà di ricostituire
la Polonia, la Cecoslovacchia e persino l’Austria. Una pace di compromesso
può essere più agevolmente accettata dalla Germania, non
dalle grandi democrazie, le quali tuttavia non sarebbero aliene dall’accettare
il «fatto compiuto» del bottino polacco fatto dalla Russia,
se la Russia «mollasse» la Germania.
Il sig. Welles ha - dopo il suo pellegrinaggio
- concluso che per una pace negoziata i tempi non sono ancora maturi.
Operazioni militari terrestri.
È prevedibile che i franco-inglesi assumano
l’iniziativa delle operazioni, cioè di un attacco al Westwall
sul fronte occidentale? Allo stato degli atti, è da escludere.
Le forze terrestri inglesi in Francia sono molto esigue; la situazione
demografica della Francia non è tale da consentire le perdite
gravissime che un attacco al Westwall imporrebbe. Quanto al morale
dei soldati francesi è difensivo, non offensivo. I
franco-inglesi sono alla ricerca di un fronte terrestre, meno incomodo,
di quello occidentale e a tale scopo è stato preparato l’esercito
di Weygand. Ma questo famoso fronte non si delinea ancora dal punto di
vista geografico. Balcanico? Caucasico? Libico?
I franco-inglesi continueranno quindi:
a) a non assumere iniziativa di operazioni su
terra;
b) a operare più controffensivamente che
offensivamente sul mare e nell’aria;
c) e soprattutto a rendere più
ermetico il blocco attorno alla Germania.
Operazioni germaniche.
Da parecchi mesi si parla di una offensiva germanica
contro la Maginot o contro Belgio e Olanda per arrivare alla Manica.
A rigore di logica anche questa offensiva sembra doversi escludere per
i seguenti motivi:
a) perché la Germania ha già raggiunto
i suoi obiettivi di guerra e può quindi attendere l’attacco avversario;
b) perché è troppo rischioso giocare
il tutto su una carta, poiché se l’offensiva fallisse del tutto
o si concludesse con un insuccesso e ci fossero perdite rilevanti, una
crisi interna nella Germania sarebbe inevitabile, dato che anche il morale
del popolo tedesco è complessivamente mediocre e in taluni grandi
centri come Berlino e Monaco meno che mediocre. È quindi probabile
che fra la guerra di attacco e quella di resistenza, la Germania sceglierebbe
l’ultima e cioè:
1) metterà tutto in opera per resistere
al blocco;
2) assumerà l’iniziativa di operazioni
marittime e aeree sempre più vaste di controblocco. L’offensiva
terrestre avrà luogo o nell’eventualità di una certezza matematica
di schiacciante vittoria o come carta della disperazione se il blocco a
un certo momento non consentisse altra via di uscita.
Posizione dell’Italia.
Se si avvererà la più improbabile
delle eventualità - cioè - una pace negoziata nei prossimi
mesi - l’Italia potrà - malgrado la sua non belligeranza - avere
voce in capitolo e non essere esclusa dalle negoziazioni; ma se la guerra
continua, credere che l’Italia possa rimanersene estranea sino alla fine,
è assurdo e impossibile. L’Italia non è accantonata in un
angolo d’Europa come la Spagna, non è semi-asiatica come la Russia,
non è lontana dai teatri di operazione come il Giappone o gli Stati
Uniti, l’Italia è in mezzo ai belligeranti, tanto in terra, quanto
in mare. Anche se l’Italia cambiasse atteggiamento e passasse armi e bagagli
ai franco-inglesi, essa non eviterebbe la guerra immediata colla Germania,
guerra che l’Italia dovrebbe sostenere da sola; è solo l’alleanza
colla Germania, cioè con uno Stato che non ha ancora bisogno del
nostro concorso militare e si contenta dei nostri aiuti economici e della
nostra solidarietà morale, che ci permette il nostro attuale stato
di non belligeranza. Esclusa l’ipotesi del voltafaccia che del resto gli
stessi franco-inglesi non contemplano e in questo dimostrano di apprezzarci,
rimane l’altra ipotesi cioè la guerra parallela a quella della Germania
per raggiungere i nostri obiettivi che si compendiano in questa affermazione:
libertà sui mari, finestra sull’oceano. L’Italia non sarà
veramente una nazione indipendente sino a quando avrà a sbarre della
sua prigione mediterranea la Corsica, Biserta, Malta e a muro della stessa
prigione Gibilterra e Suez. Risolto il problema delle frontiere terrestri,
l’Italia, se vuole essere una potenza veramente mondiale, deve risolvere
il problema delle sue frontiere marittime: la stessa sicurezza dell’Impero
è legata alla soluzione di questo problema.
L’Italia non può rimanere neutrale
per tutta la durata della guerra, senza dimissionare dal suo ruolo,
senza squalificarsi, senza ridursi al livello di una Svizzera moltiplicata
per dieci.
Il problema non è quindi di sapere se
l’Italia entrerà o non entrerà in guerra perché l’Italia
non potrà a meno di entrare in guerra, si tratta soltanto di sapere
quando e come; si tratta di ritardare il più a lungo possibile,
compatibilmente con l’onore e la dignità, la nostra entrata in guerra:
a) per prepararci in modo tale che il nostro
intervento determini la decisione;
b) perché l’Italia non può fare
una guerra lunga, non può cioè spendere centinaia di miliardi
come sono costretti a fare i paesi attualmente belligeranti.
Ma circa il quando, cioè la
data, nel convegno del Brennero si è nettamente stabilito che
ciò riguarda l’Italia e soltanto l’Italia.
Piano di guerra.
Premesso che la guerra è inevitabile e
che non possiamo marciare coi franco-inglesi, cioè non possiamo
marciare contro la Germania, si tratta di fissare sin da questo momento
le linee della nostra strategia, in modo da orientarvi gli studi di dettaglio.
Fronte terrestre. Difensivo sulle Alpi
occidentali. Nessuna iniziativa., Sorveglianza. Iniziativa solo
nel caso, a mio avviso, improbabile, di un completo collasso francese sotto
l’attacco tedesco. Una occupazione della Corsica può essere contemplata,
ma forse il gioco non vale la candela: bisogna però neutralizzare
le basi aeree di questa isola.
Ad Oriente, verso la Jugoslavia, in un
primo tempo, osservazione diffidente. Offensiva nel caso di un collasso
interno di quello Stato, dovuto alla secessione, già in atto, dei
croati.
Fronte albanese: l’atteggiamento verso
nord (Jugoslavia) sud (Grecia) è in relazione con quanto accadrà
sul fronte orientale.
Libia: difensiva tanto verso la Tunisia,
quanto verso l’Egitto. L’idea di una offensiva contro l’Egitto, è
da scartare, dopo la costituzione dell’Esercito di Weygand.
Egeo: difensiva.
Etiopia: offensiva per garantire l’Eritrea
e operazioni su Gedaref e Kassala; offensiva su Gibuti, difensiva e al
caso controffensiva sul fronte del Kenia.
Aria. Adeguare la sua attività
a quelle dell’Esercito e della Marina: attività offensiva o difensiva
a seconda dei fronti e a seconda delle iniziative nemiche.
Mare. Offensiva su tutta la linea nel
Mediterraneo e fuori.,
È su queste direttive che gli Stati Maggiori
devono basare i loro studi e il loro lavoro di preparazione senza perdere
un’ora di tempo, poiché, malgrado la nostra attuale non-belligeranza,
la volontà dei franco-inglesi o una complicazione impreveduta potrebbe
metterci, anche in un avvenire immediato, di fronte alla necessità
di impugnare le armi.