Ma, da dove e’ venuto questo attore della politica?
Nasce a Gallipoli da una stimata famiglia di commercianti di vino e olio nel
1889.
Irrequieto, a sedici anni si trasferisce a Venezia dove si diploma ragioniere.
Prestissimo inceppato nelle trame femminili si sposa, relegando poi la moglie
a Gallipoli per quasi tutta la vita.
A Venezia, tenta anche lui si seguire le orme del commerciante, mettendo un
deposito di vini. Ma e’ lo scoppio della Prima Guerra Mondiale a toglierlo
d’impaccio, si arruola volontario e grazie ad un corso per allievi sottufficiali
diventa caporale dei bersaglieri. Subito si distingue per molti atti di eroismo,
viene promosso tenente sul campo e si congeda con il grado di capitano.
In guerra svela anche un aspetto del suo carattere che fara’ la sua fortuna
(e la sua disgrazia): quella dell’attaccamento maniacale ai suoi comandanti;
in trincea, al colonnello Sante Ceccherini, un paio d’anni dopo a Benito Mussolini,
che lo manda a Trento per organizzare il fascio locale.
Subendo gli odi e l’ostracismo di Farinacci, nel 23 - sempre su incarico di
Benito - lavora per l’inquadramento della Milizia, che assume il nome di Milizia
Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Alle elezioni del 24 entra alla Camera
come deputato della Puglia.
Ma e’ dopo il delitto Matteotti, che Starace si mette in luce quanto alla
sua abnegazione per il Duce, che tenta in ogni modo di difendere dalle minacce
piratesche di Farinacci. Il suo intento riesce pero’ solo in parte, il ras
di Cremona infatti affronta Benito virilmente, qualcuno addirittura riferisce
che gli abbia dato uno schiaffo
Nel 26 torna alla Vicesegreteria del Partito, diviene luogotenente generale
della Milizia, entra nel Gran Consiglio.
Seguendo le direttive del Duce fa un repulisti di tutti i capi fascisti ribelli
della sede di Milano, fra cui il potente Mario Giampaoli, accusato di condurre
vita troppo dispendiosa e libertina.
Ma fa fuori anche il Sottosegretario agli Interni Leandro Arpinati, uomo di
forte carattere, perbene, che ha la colpa di detestare gli imbrogli da sottogoverno
di cui il Regime ha preso a macchiarsi.
Peraltro, Arpinati, che di Starace ha una pessima stima, di lui si lamenta
con lo stesso Mussolini che, all’accusa che sia un ‘cretino’ risponde “Ma
e’ un cretino obbediente!”
Ed e’ proprio questa obbedienza feroce che ne fa un uomo pericolosissimo.
Appena qualche giorno dopo l’investitura a Segretario del partito nel dicembre
del 31, fra l’imbarazzo dei gerarchi, inventa quel “Saluto al Duce”
che - con la proclamazione dell’impero - diviene l’altisonante “Camice
nere! Salutate nel duce il fondatore dell’Impero” al che le camice nere
scattano sull’attenti con “A NOI!”
Benche’ Mussolini non approvi completamente questa formula, non la vieta;
essa soddisfa aspetti profondi del suo egotismo, ne conserva l’uso anche dopo
la defenestrazione del Segretario. Ve n’e’ traccia addirittura nel prologo
della dichiarazione di guerra, dove Starace e’ sostituito da un semplice annunciatore.
Segue d’istinto le manie di grandezza di Mussolini, tante’ subito dopo intraprende l’iniziativa che la parola DUCE vada scritta sempre in maiuscolo. E - a caratteri cubitali - incide sui muri delle case le frasi piu’ roboanti del Regime.
Mussolini piu’ di una volta si serve di Starace anche per presenziare manifestazioni
a cui non vuole partecipare, o che detesta e si annoierebbe! Si ha l’impressione
del palafreniere che regge il cavallo quando il cavaliere e’ stanco. Talvolta
addirittura, si teme d’essere di fronte ad un secondo Duce, se non sapessimo
della sua quasi patologica fedelta’ al primo.
“Respirava per suo ordine” dira’ anni dopo la figlia Fanny.
Con entusiasmo tenta di introdurre l’uso di chiudere le lettere con un “Viva
il Duce” ma Mussolini gli fa notare come tale formula risulti grottesca
in occasione di notizie tragiche, un licenziamento, un lutto, un abbandono!
Piace invece il suggerimento furbesco, di lasciare la luce del suo studio
a Palazzo Venezia accesa fino a tarda notte, in modo da dare l’impressione
che il timoniere vegli costantemente.
Mussolini vede in lui il perfetto complice, sa che non diverra’ mai suo nemico. Starace e’ un’ombra che non gli fara’ mai ombra, per questo lo terra’ alla Segreteria del Partito per ben otto anni! L’incarico piu’ duraturo del ventennio.
Con zelo, per impartire le sue direttive l’entusiasta Segretario reintroduce
il Foglio di Disposizioni, gia’ voluto da Augusto Turati, con cui invia ai
singoli gerarchi delle Province ogni sorta di ordini.
E’ pedante, retorico, tronfio, dogmatico. Nel testo vi si riconosce lo stile
del ragioniere. E’ suo il progetto di creare l’italiano nuovo, irregimentato,
fanatico, convintamente fascista.
Diventa l’uomo piu’ contestato, bistrattato, oggetto della satira popolare.
E lui non smette di darne occasione, come quando interviene sul modo di festeggiare,
o di creare gli addobbi per il Natale, insistendo che… il presepe e’ fascista,
l’albero… no! perche’ e’ di importazione e borghese.
In linea con questo principio inventa la lotta contro le parole straniere
nella lingua italiana: water closet diviene sciacquone; panorama,
tuttochesivede; cotillons, cotiglioni, whisky, spirito d’avena.
Ma se la prende anche con le italianissime ‘posa della prima pietra’ , ‘insediarsi’,
‘onorevole’.
Mondano. “Grande sciupatore di ballerine” lo definisce Mussolini. Il
suo territorio di caccia sono le artiste, o le cantanti, del Carro di Tespi.
“Mi piace cavalcare” suol dire col cipiglio ironico “Percio’ amo
i cavalli e le donne”. Ma lui e’ davvero uno sportivo, nell’ippica batte
anche campioni importanti.
Nel 1936 insieme a Farinacci e Ciano partecipa volontario alla Guerra d’Etiopia.
Prima di partire per l’Africa - consapevole dei rischi che la sua assenza
puo’ comportare nel partito - ha anche l’accortezza di rimettere il mandato
nelle mani del Duce.
Sugli altipiani abissini, ancora una volta Starace riesce ad essere protagonista,
come nella Grande Guerra, guidando la sua colonna in una discussa impresa
a cui dedichera’ un libro La marcia su Gondar . Tanta e’ l’enfasi
di cui la riveste, che indispettisce perfino il Duce, che lo fara’ penare
ben due mesi prima di restituirgli il mandato della Segreteria.
Proverbiali rimangono i contenuti paradossali dei suoi Fogli di Disposizioni
con i quali chiede la abolizione del pantalone a righe. E poi la campagna
contro ‘la stretta di mano’ raggiunge parossismi ragionieristici! Deve essere
sostituita con il saluto romano, braccio teso, ben in piedi, mano alzata a
170 gradi.
Assillante la campagna contro il ‘lei’ - ritenuto spagnolismo e borghese -
a favore del fascistissimo ‘voi’, per il quale struttura tutta una serie di
cavillose possibilita’ in cui debba essere sostituito con il ‘tu’.
E’ cosi’ pressante in questa propaganda che la rivista “Lei” deve cambiar
nome e diventa “Annabella”.
Starace inventa ‘il ‘sabato fascista’.
Con la promulgazione della settimana di 40 ore, infatti ogni sabato e’ obbligatorio
l’addestramento ginnico, militare e paramilitare. L’Italia, per adulti e bambini
diventa una grande caserma. Comunque v’e’ anche un aspetto collaterale positivo.
Questo costringere i giovani, ad aver cura di se’ attraverso l’attivita’ sportiva
e’ anche un modo di sopperire a carenze sanitarie endemiche di cui soffrono
vaste aree del paese, in particolare il Sud. Ed il pugliese Starace vuole
che il partito si faccia carico delle urgenze sociale dei meno abbienti.
In linea con questa politica i ragazzi delle regioni povere sono mandati per
la prima volta ad imparare a leggere ed a scrivere nelle scuole rurali. Ed
a curarsi la scoliosi, la pellagra, ma soprattutto la denutrizione per fame
nelle colonie marine e di montagna appositamente create.
E’ lui che ha l’idea di utilizzare l’orbace, un particolare tipo di lana sarda, grezza, come stoffa per le camice nere dei fascisti. Potrebbe sembrare un capriccio, invece e’ un modo per aiutare la difficile economia dei pastori sardi.
Il suo accanimento sportivo non si arresta neppure dinanzi agli stessi gerarchi, i quali sono i primi a dover dare l’esempio. Muscolosi, sportivi, sono obbligati ad offrire l’immagine virile del paese. Non scherza, li invita a Roma, costringendo i loro corpi panciuti ad ogni sorta di acrobazie, a saltare nel cerchio di fuoco, a lanciarsi in volo su un carrarmato, o esibirsi in frenetiche scorrerie a cavallo.
Purtroppo i Fogli di Disposizioni non sono solo di contenuto grottesco, fra
questi ci sono anche quelli deprecabili a favore del nazismo, della guerra,
contro gli ebrei.
E’ tra i sostenitori piu’ solerti delle leggi razziali, piu’ di una volta
le sue espressioni di antisemitismo colpiscono la sensibilita’ della gente.
Quando l’editore ebreo Angelo Fortunato Formiggìni per disperazione
si butta giu’ dalla torre di Modena, trucido e’ il suo commento: “Fortunato
e’ morto proprio come un ebreo, si e’ buttato dalla torre per risparmiare
il colpo di pistola”.
Fra una popolazione ampiamente riluttante, Mussolini si sta servendo di Starace
come testa d’ariete per far penetrare la pratica delle leggi razziali all’interno
del paese!
Ma se don Achille tormenta gli italiani con le sue adunate ginniche, in realta’
e’ Mussolini -nell’ombra - che ordina. Se entra con mano pesante nella vita
privata delle famiglie, e’ il Capo del Fascismo, che come una donna fascinosa
vuole essere il centro dell’alcova. C’e’ una stretta congiunzione tra gli
atti obbligati da Starace e i desideri nascosti del Duce; che vanno dal saluto
romano, alla politica demografica ed alle intimita’ piu’ assolute.
Mussolini attraverso Starace e’ onnipresente, astratto, irreale, perdendo
ogni rapporto concreto con il paese, viene deresponsabilizzato, svanendo in
quel roboante insieme di coreografie e processioni per divenire altro da se’,
un Dio assiso nell’Olimpo di Palazzo Venezia da cui si sporge con voce tonante.
Il risultato e’ lo scollamento del fascismo dal paese, avvolgendo l’uomo che
lo ha prodotto in una magnifica nube di incenso che somiglia sempre piu’ a
un polverone.
La gente ne rimane frastornata, perde anche la stessa consapevolezza del consenso
che dona. E di questa completa spersonalizzazione Starace e’ colpevole!
Ed ancor piu’ colpevole per aver sostenuto e condotto a forme estreme quegli
aspetti del fascismo piu’ deteriori, vuoti, discutibili. Non a caso e’ proprio
durante il suo Segretariato che la politica italiana abbandona quell’impianto
sostanzialmente moderato pacifista -grosso modo valido fino al 33- e passa
ad un profilo aggressivo, di conquista, guerrafondaio, filo nazista e razzista.
Certo non e’ solo Starace ad essere colpevole di questo scivolone morale del
paese, ma Starace e’ responsabile dell’aver sposato acriticamente le tesi
del capo. Colpevole di non aver mai avuto dubbi. Colpevole di essere stato
zelante esecutore di ordini superiori. Ed ancor piu’ reo di non aver compiuto
mai nessun tentativo di alleviarne le conseguenze. Semmai andando qualche
volta ben oltre le direttive che Mussolini stesso gli impone.
Ma, cosa nasconde questo attore della politica?
Quest’uomo che sulla scena pecca delle stesse manie del Capo? …che presenzia
adunate simili? che lo imita nel tono e nei discorsi? O meglio, quando fa
un discorso pubblico e’ lo stesso Benito che glielo scrive, lui si limita
a leggerlo.
Riflettiamo.
La peculiarita’ del rapporto fra lui, gli Italiani e il Duce e’ unica!
Ci si e’ mai chiesti perche’ il popolo per tanti anni avra’ la sensazione
di obbedire agli ordini di un uomo del Partito che opera autonomamente, senza
limiti! Addirittura, alle spalle ed all’insaputa del Duce!? Una impressione
strana, da creare inquietudine e che non ci saremmo mai attesi in uno stato
totalitario!
Ma e’ proprio in questo la strategia sottile!
Sara’ proprio questo equivoco, abilmente tessuto negli anni, che permettera’
al Duce di farne un comodo capro espiatorio per scaricare su di lui gli errori
politici di un ventennio.
Ogni Regime ha bisogno di prepararne uno in tempo. Mussolini ha scelto Starace.
Certo non e’ detto che le cose sarebbero dovute andare per forza come sono
andate, e neppure che la premeditazione fosse stata cosi’ razionale, tuttavia
le premesse dell’insidia c’erano tutte.
Spesso e’ fatto segno di ironia e sarcasmo. -Starace chi legge!- si vede di
frequente.
Gli studenti poi, goliardicamente, gli scrivono l’epitaffio:
Se e’ di moda sbeffeggiarlo, per rendergli giustizia bisogna anche dire che
con il suo Foglio di Disposizioni Starace tenta anche di scagliarsi indignato
contro i gerarchi e gli uomini di potere disonesti! Disapprova che molti,
per nulla meritevoli, si siano iscritti al partito solo per fama di carriera!
Altro male che si picca di combattere e’ la cultura della raccomandazione,
dell’ungere le ruote. A questo tema spinoso dedica decine di ordini,
facendo nomi e cognomi ed anche minacce esplicite di intervenire personalmente.
Polemizza per lo sperpero di denaro pubblico, infastidito dalle manie di protagonismo
dei suoi uomini, che talvolta si fanno costruire enormi podi per i loro vuoti
discorsi. E nel giornalismo pretende asciuttezza, concisione, cosi’ pure nelle
relazioni che gli vengono inviate, di cui aborrisce le sviolinature.
E’ severo perfino contro chi scrive il suo nome troppe volte in uno stesso
articolo. Lui stesso, se proprio qualcuno e’ costretto a citarlo… chiede che
lo chiami semplicemente ‘Il Segretario nazionale del partito’ e scritto una
sola volta!
Nonostante il valore della sua intelligenza sia stato spesso materia di ironia,
tenta di inocularne, ove possibile, fra i dirigenti delle istituzioni pubbliche,
di cui spesso contesta l’inerzia, la dabbenaggine, il menefreghismo. Rimprovera
uno di questi per aver tollerato, nella sua provincia, lo sfruttamento dei
minori nei lavori a domicilio.
Dei gerarchi, che lo odiano, poi… ha costantemente fustigato le malefatte,
i soprusi, gli sprechi durante le cene, che in clima di austerita’ vengono
chiamati ‘ranci’.
Nonostante le sue disposizioni, dopo otto anni gli italiani sono ancora gli
stessi.
Achille Starace avrebbe voluto moralizzare a suo modo anche certuni comportamenti
di Galeazzo Ciano non si rende conto che il bersaglio e’ troppo in alto.
Si dice che la stessa donna Rachele abbia preso di petto il marito imponendogli
di cacciarlo.
Renzo De Felice anni dopo affermera’ che non e’ il bersaglio - Ciano - ad aver indotto Mussolini a liberarsi del Segretario, piuttosto l’ira, per essere stato contraddetto dal capo della polizia Arturo Bocchini, il quale -allo scoppio della Guerra, in relazione allo spirito guerriero degli italiani- frena l’entusiasmo del Duce, precisandogli… “Non e’ vero che gli italiani sono favorevoli alla guerra” come invece garantisce Starace “Ma la presentono con angoscia ed orrore!”
Ottobre del ’39.
Il fascismo di Mussolini, che si e’ guadagnato l’antipatia di tutto il popolo
italiano, ha bisogno del capro espiatorio. Starace ha 50 anni. Il Duce lo
defenestra e mette al suo posto Ettore Muti.
Lo stesso Ciano, che piu’ di tutti ha voluto questo epilogo, trova impietosa
la crudezza del congedo. Mussolini ne informa Starace mentre stanno tornando
da una riunione, in macchina, senza darne ragione, senza nulla. Il giudizio
che nei Diari pero’ Ciano da’ di lui e’ inappellabile:
“Starace ha fatto i due piu’ gravi errori nei confronti del popolo italiano.
Ha creato una atmosfera di persecuzione ed ha annoiato con mille piccole cose
di carattere personale. Gli italiani vogliono essere governati col cuore.
E mentre sono disposti a perdonare persino chi ha loro fatto del male, non
perdonano chi li ha scocciati”.
Per nemesi l’allontanamento di Starace e’ per Mussolini anche l’errore piu’
grave da un punto di vista politico e personale. Sui lunghi tempi questa perfidia
gli si voltera’ contro. Infatti ne’ Ettore Muti, che subito gli succede, ne’
Carlo Scorza - il segretario del Partito durante il Gran Consiglio - muoveranno
un dito per salvare il loro Capo. Starace sicuro avrebbe reagito, facendo
intervenire la Milizia, e certo non avrebbe permesso che poi il suo Duce fosse
cosi’ facilmente arrestato a Villa Savoia il giorno seguente.
Il PNF nel 1943 sara’ agli sgoccioli, ma con Starace l’epilogo di Mussolini
sarebbe stato sicuro diverso!
Nel maggio del 1941, di ritorno dall’Albania, riceva la seconda grande umiliazione,
viene cacciato anche da Capo di Stato Maggiore della Milizia. “L’opera
da voi svolta in questi ultimi tempi non mi ha soddisfatto” dice Mussolini
“Avro’ bisogno di voi al momento della ripresa in Africa Orientale”
Ma la ripresa non ci sara’ e Starace rimane
definitivamente allontanato.
Alle sue pietose lettere e rimostranze non riceve dal Duce che altre offese,
perfino l’ordine di essere buttato giu’ per le scale di Palazzo Venezia a
calci.
Pur con grossi limiti e’ stato un uomo coerente, non ha mai abusato del suo
potere per arricchirsi, o circondarsi di una corte di amici. Perdendo ogni
incarico resta povero, con problemi seri per mettere insieme il pranzo e la
cena.
Con la repubblica di Salo’ si trasferisce a Milano in un piccolo appartamento
di Viale Libia, lo raggiunge anche la famiglia, ma non vive con lui che gli
e’ stato sempre lontano. Anche i militi della RSI lo detestano, accusandolo
di aver deteriorato lo spirito dell’originale fascismo.
Da Milano non dimentica ancora una volta di scrivere a Mussolini, che nel
ricevere posta si ricorda di lui e lo fa internare nel campo di concentramento
di Lumezzane dal 30 giugno al 9 settembre 1944, rimproverandogli di aver scritto
a Badoglio durante i 45 giorni.
Pensa finalmente d’essere protetto, almeno per oblio.
Invece il 28 aprile 45, tre giorni dopo la fuga di Mussolini da Milano, mentre
in tuta da ginnastica fa la solita corsetta mattutina in strada, un gruppo
di partigiani, quasi scherzando “Dove vai Starace?” gli grida. Lui
risponde che sta andando a prendere un caffe’. Ed invece non scherzano, e’
la conferma che vogliono... perche’ lo arrestano.
Portato in una scuola. Durante la farsa del processo che segue, qualcuno lo
fotografa, con quell’aria da furetto selvatico, gli occhi discoli, mossi ancora
dalla stessa forza impertinente con cui per otto anni ha fatto trottare gli
italiani. Non supplica, neppure quando mezz’ora piu’ tardi i partigiani lo
condannano a morte.
29 aprile 1945. E’ portato a Piazzale Loreto a cospetto di Mussolini e dei
gerarchi appiccati alla pensilina.
Costretto per sberleffo a fare il saluto romano “Fate presto!” dice…
dopo di che la raffica. E viene appeso accanto agli altri, per i piedi.
Il documento di circa 11 minuti esistente presso l’Istituto Luce, riguardante
Piazzale Loreto, non e’ il materiale completo di quanto fu effettivamente
filmato quel giorno. Esso fu sequestrato dagli Alleati e poi restituito debitamente
censurato nel dopoguerra.
Cosa cela la parte mancante? Sicuro episodi terribili. Fra questi… la fucilazione
di Starace.
Di essa pero’ se ne puo’ intuire qualche attimo nei frammenti rimasti.
…Questo potrebbe essere il camioncino con il quale i partigiani lo conducono
in piazza…..
….Quest’altro il momento in cui la folla perentoriamente si allontana per
fare largo alla fucilazione.
Ecco… il suo cadavere! Ancora fumante sull’asfalto.
Qui pende triste accanto agli altri corpi.
L’indifferenza, la superficialita’ e la faciloneria con cui Starace viene condannato a morte e’ il simbolo di come sia approssimativa, casuale, la giustizia degli uomini.
Fu ritenuto ancora un volta colpevole. E colpevole di tutti i mali immaginabili
del Regime, e delle sofferenze inferte al popolo dalla guerra, dei morti,
della guerra civile, dell’occupazione tedesca, dei bombardamenti!
E non vollero credergli neppure quando disse che il fascismo lo aveva punito,
che Mussolini lo aveva imprigionato. Quando disse che era stato ridotto a
nulla!
Ma c’era bisogno di fare pulizia con il passato, ed Achille Starace era un
truciolo ancora ingombrante.
I Documenti Luce
Nel file .zip e’ presente l’elenco di tutti i cinegiornali reperibili su Starace presso l’Istituto Luce in Roma.